Visualizzazioni totali

lunedì 2 maggio 2016

Centrodestra, un sondaggio cambia tutto: Il futuro di Berlusconi è questo / I dati

Il sondaggio che cambia i piani al Cav: il futuro del centrodestra è questo



Anche dopo la scelta di sostenere Marchini candidato sindaco a Roma, Silvio Berlusconi ha continuato a ripeterlo: non si torna al Patto col Nazareno e l'appoggio a un centrista di estrazione "sinistra" come Alfio non è un messaggio distensivo verso Matteo Renzi. Ma c'è un sondaggio su Forza Italia e i suoi elettori che potrebbe cambiare le carte in tavola. 

Da Forza Italia a Forza Silvio - L'alleato perennemente in bilico Matteo Salvini è stato chiaro: se Forza Italia deciderà di combattere questa Unione europea andrà a braccetto con la Lega, altrimenti addio. Ma davvero il Cav avrà la volontà di voltare le spalle al Ppe e soprattutto ai moderati? Sul Giorno una rilevazione di Ipr Marketing fa propendere per l'esatto contrario. Attualmente i candidati sindaco di Forza Italia sono quotati tra il 10 e il 12%, con punte negative sotto il dieci. "Se la rottura dell'alleanza con la destra sarà sancita - scrive il direttore dell'istituto Francesco Ghidetti -, si potrebbe compiere la definitiva trasformazione di Forza Italia in Forza Silvio: un soggetto più esiguo di ispirazione marcatamente moderata che mantiene le distanze da Renzi, ma non una contrapposizione totale".

"Non ostili a Renzi" - Negli ultimi due anni il capitale di voti degli azzurri si è praticamente dimezzato, con le componenti di destra (il 9% totale) che si è rifugiato verso Salvini (+7%) e Meloni (+2%). Gli elettori che continuano a riconoscersi in Berlusconi e Forza Italia, nota GHidetti, sono dunque ora più "omogenei", moderati, "di centro". Anche per questo solo il 20% dei simpatizzanti azzurri vorrebbe un ricollocamento più a destra. La maggioranza vorrebbe un candidato premier simile a Marchini, Parisi e Lettieri: un moderato in grado di misurarsi con Renzi. Ma qui arriva il dato più significativo: il 50% degli elettori forzisti vorrebbe una politica dialogante nei confronti del governo. Calcare la mano contro Renzi (a cui gli elettori azzurri consultati da Ipr Marketing si dicono "non ostili") potrebbe far guadagnare qualche voto perso, ma rischierebbe viceversa di perdere lo zoccolo duro dei berlusconiani. 

Esami e ticket troppo cari: un anziano su tre non si cura

Esami e ticket troppo cari: un anziano su tre non si cura


di Edoardo Cavadini



In pensione sempre più tardi, con un assegno sempre più leggero e una speranza di vita minata dalla rinuncia volontaria alle cure mediche. Un quadro terrificante per la generazione '80 - quella che secondo le previsioni di mister Inps, Tito Boeri, potrà lasciare la scrivania non prima dei 75 anni - confermato dalla fotografia di quanto accade ai suoi nonni, i quali ricorrono sempre meno agli strumenti diagnostici del sistema sanitario nazionale non perché colpiti da un' epidemia di masochismo, ma perché costretti a decidere tra mettere la pagnotta sul tavolo e fare una risonanza magnetica. Lasciando la parola ai numeri, il 34% degli italiani che hanno superato i 60 negli ultimi anni ha rinunciato a sottoporsi a visite specialistiche a causa del costo elevato del ticket.

Tendenza confermata dal fatto che solo l' 11% di loro può permettersi di dedicare dal 20 al 30% del proprio reddito alle spese sanitarie, a fronte del 46% che non riesce a destinarvi più del 10% di quanto ha in tasca. Lo spiega una rilevazione effettuata dalla Confesercenti-Swg in occasione della Settimana della salute che partirà domani. La drammaticità di questi dati è sottolineata da Lino Busà, direttore della Fipac-Confesercenti. E non si tratta solo di usare la forbice per tagliare prelievi del sangue, radiografie e visite dall' urologo. Se le pretese del Ssn aumentano, non si può dire lo stesso della sua efficienza in termini di risposta immediata alle esigenze del paziente: così, a causa di liste di attesa spesso insuperabili, chi è già costretto a a praticare una spendig review su se stesso, in caso di emergenza deve sborsare fior di euro per accedere alle strutture private e così garantirsi cure tempestive. Si parla del 60% del campione nazionale di over 60.

Secondo un' indagine di Altroconsumo della fine dell' anno scorso, la voce sanitaria "mangia" il 14% del reddito netto familiare, con le spese per il dentista in cima alla classifica (1.300 euro in media l' anno). La conseguenza è che quattro italiani su dieci hanno difficoltà a saldare i conti per visite e prestazioni. Per far fronte a questo, spesso e volentieri si innesca un circolo vizioso che finisce per peggiorare le condizioni di salute già precarie: meno ci curiamo, peggio staremo in futuro. La spia è l' aumento dei giorni di malattia chiesti all' anno, passati da una media di 10 del 2010 a 13 nel 2015. E meno persone al lavoro significano meno capacità produttiva dell' azienda, con conseguente impatto negativo sull' occupazione.

Altro effetto collaterale dell' insostenibilità delle cure mediche è il boom dei prestiti: per Altroconsumo il 13% degli italiani ha chiesto soldi alle banche o a un familiare per pagarsi le spese sanitarie: in media si parla di circa 3mila euro l' anno, che però il 43% delle persone si dichiara certa di non poter restituire.

A gettare benzina sul fuoco è anche l' inversione di tendenza sulla speranza di vita che per la prima volta da anni ha segnato un calo: dagli 80,3 anni per gli uomini e 85 per le donne, del 2014, si è passati a 80,1 anni per gli uomini e di 84,7 per le donne, secondo i dati Istat più recenti resi noti nel rapporto Osservasalute 2015. Oltre a questo dato, per il quale non c' è da esultare, c' è poi la questione delle campagne di prevenzione e degli screening, che non si riescono a fare per mancanza di soldi e che alla salute della popolazione sono ovviamente correlati. L' Italia destina alla prevenzione il 4,1 per cento della spesa sanitaria totale, percentuale che ci piazza tra gli ultimi posti d' Europa.

Così si muore negli ospedali italiani: incendio, paziente bruciato vivo

Incendio all'ospedale San Camillo di Roma: morto un paziente



Tragedia all'ospedale San Camillo di Roma: un paziente ricoverato è morto a causa di un incendio sviluppatosi per cause ancora da accertare nel reparto Medicina del padiglione Maroncelli. Le fiamme sono divampate venti minuti dopo mezzanotte e sono state domate dall'intervento tempestivo dei vigili del fuoco, che non ha potuto tuttavia salvare la vita del paziente. Sulla vicenda ha annunciato un'interrogazione al presidente della Regione Lazio il vice presidente del Consiglio regionale, Francesco Storace: "Voglio sapere come era composto il turno, quanti medici e infermieri c'erano a quell'ora e come sia stato possibile che un incendio scoppiasse senza che nessuno riuscisse a intervenire per tempo e come mai non si trova la cartella clinica del paziente o nessuno, a distanza di ore, sia stato in grado nemmeno di identificarlo".

L'intervista / BOMBA SULLE PENSIONI Gli assegni agli immigrati In che anno fallirà l'Inps

Bomba sulle pensioni: gli immigrati faranno fallire l'Inps


intervista a cura di Francesco Borgonovo



C'è una tegola che grava sui conti dell'Inps. Un rischio concreto che però i tecnici e i politici cercano di occultare sotto strati di buoni sentimenti. Quante volte abbiamo sentito ripetere che "gli immigrati salveranno le nostre pensioni"? Beh, le cose stanno in un modo un po' diverso. A spiegarlo è Gian Carlo Blangiardo, docente all'Università di Milano Bicocca, tra i più autorevoli demografi in Italia. Non un pericoloso populista, dunque, ma uno studioso di rango, senza pregiudizi (lo dimostra il titolo di uno dei saggi dai lui curati sull immigrazione: L' immigrato. Una risorsa a Milano). Blangiardo snocciola dati, e ci fa aprire gli occhi su un problema molto serio.

Giorni fa La Stampa ha pubblicato un articolo sul futuro prossimo del nostro sistema pensionistico.E ha indicato il 2030 come «anno zero», quello in cui i conti dell' Inps saranno in pericolo. Che cosa accadrà?

"Arriveremo al punto in cui il sistema pensionistico sarà a rischio a causa delle variazioni dei potenziali pensionati. Gli ingressi nel sistema pensionistico tenderanno ad aumentare e crescerà il divario fra chi lascia la pensione (perché muore) e chi ne riceve una. Allora il sistema pensionistico dovrà cercare di far quadrare i conti. Ma c' è un altro problema".

Ovvero?

"È quello che io chiamo "effetto invecchiamento importato"".

Di che cosa si tratta?

"A partire dal 2030 avremo numerose persone non nate in Italia che raggiungeranno l' età per andare in pensione (attorno ai 65 anni). Parliamo di circa 200 mila persone all' anno che si aggiungono ai nostri figli del baby boom degli anni 60. Quindi non solo avremo a che fare con persone nate e invecchiate in Italia, ma anche con stranieri nati altrove e invecchiati qui".

Quali saranno le conseguenze di questo "invecchiamento importato"?

«Ci saranno per l' appunto circa 200 mila persone l' anno che diverranno anziane e avranno diritto alla pensione. Il fatto è che si tratta di soggetti che hanno iniziato tardi a contribuire. Perché magari si sono regolarizzati in età avanzata, anche a quarant' anni. Succederà quindi che queste persone avranno diritto alla pensione, ma i loro assegni saranno estremamente bassi, forse sotto i minimi di decenza. Se fra quindici anni ci troveremo tantissima gente in queste condizioni, qualcuno - anche legittimamente - dirà che queste persone non hanno abbastanza, e che si deve intervenire».
Nel senso che lo Stato dovrà in qualche modo aumentare quelle pensioni basse.
«È un problema latente, ma succederà. E dobbiamo tenerlo presente al momento di fare leggi e riforme».

Molti sostengono - lo ha detto anche il presidente dell' Inps Tito Boeri- che gli immigrati sono necessari per pagare le nostre pensioni.

"Questa è una affermazione che va letta nel modo giusto. Le faccio un esempio su di me. Fra tre anni andrò in pensione. Se guardo quello che verso oggi, tra l' università e il resto, e considero quello che ottengo in cambio, risulto una sorta di benefattore. Ma non sarà sempre così. Io mi aspetto che presto lo Stato mi renda quando andrò in pensione quello che io ho versato".

Lo stesso ragionamento vale per gli stranieri che oggi «anticipano» denaro che in seguito dovranno legittimamente ricevere.

"Sugli immigrati non possiamo limitarci a fare un discorso di cassa. Oggi il bilancio dell' immigrazione può essere anche positivo, perché abbiamo persone giovani che versano i contribuiti e non incassano. Boeri dice una cosa vera quando sostiene che i soldi degli stranieri servono anche a pagare le pensioni erogate oggi. Ma il ragionamento non può fermarsi qui. Dobbiamo considerare il sistema di competenza. E cioè calcolare che quello che viene versato oggi a fini contributivi è una anticipazione. Gli immigrati non stanno dando un contributo al Paese: stanno versando una somma che sta lì in attesa di essere restituita".

Quindi l' arrivo degli immigrati non salverà il nostro sistema pensionistico, tutt' altro.

«Ripeto: non si possono fare solo discorsi di cassa. Certo, un vantaggio l' immigrazione lo porta, da quel punto di vista.

Ma i contributi versati oggi dagli immigrati giovani non risolvono il problema dell' invecchiamento della popolazione». Perché anche gli immigrati invecchiano, appunto.

"Per invertire la tendenza sull'invecchiamento, servirebbero flussi di immigrati tali da pompare costantemente persone giovani, al ritmo di almeno 400-500 mila individui all'anno".

Beh, è quello che alcuni politici e analisti auspicano o teorizzano.

"Certo, una cosa del genere rallenterebbe l' invecchiamento. Ma porrebbe una serie di problemi collaterali. Come si fa a integrare un numero così alto di persone? Da tempo studiamo il problema dell' integrazione. Quello che emerge è che la vera soluzione è il tempo. Più c' è anzianità migratoria - cioè più gli immigrati passano del tempo qui - più c' è la possibilità che si integrino. Ma se hai ogni anno dei flussi di giovani così alti, come si fa a integrare? Il sistema ha dei limiti".

Dunque oggi l' immigrazione non risolve il problema dell' invecchiamento.

"Lo sposta. Gli immigrati ci danno una boccata d' ossigeno. Poi però anche gli immigrati invecchieranno e i nodi verranno al pettine".
Nel senso che dovremo restituire i loro i contributi che oggi versano per avere domani una pensione.

"Certamente, visto che solo una minima parte rientrerà al Paese d' origine. Del resto, scusate, ma non possiamo pensare che gli stranieri siano privi di buon senso. Se uno arriva qui da giovane e poi invecchia, perché dovrebbe andarsene proprio in tarda età? E cioè quando ha più bisogno di assistenza, quando magari ha figli e nipoti, insomma una famiglia? Dovrebbero tornare a casa da vecchi? Ma nemmeno per idea. Restano qui, e usufruiscono dei servizi. Hanno capito come funziona il sistema e se hanno dei diritti li esercitano. È molto raro che il sogno di tornare in patria si concretizzi in vecchiaia. Anche perché i legami si allentano. Se uno vuole tornare a casa lo fa magari durante le vacanze, non certo rinunciando alla cittadinanza o anche solo alla residenza e ai benefici che porta".

O magari torna a vivere in patria, ma con la pensione italiana. Succede già. In sostanza, quello che gli immigrati ci danno oggi dovremo renderlo poi, probabilmente con gli interessi.

"Sì, quello che ci danno dovremo restituirlo, forse anche di più. Prendiamo una cosa che dice Boeri, e cioè che ci sono gli immigrati che versano contributi, magari per un periodo limitato, e poi se ne vanno. Motivo per cui abbiamo accumulato un tesoretto da 3 miliardi. Sinceramente, io penso che se quel tesoretto non viene utilizzato in fretta, rischiamo seriamente di perderlo. Qualcuno dirà che non è giusto tenerselo. Prima o poi l' Unione europea o qualche altro organismo simile sosterrà che non stiamo rispettando princìpi di equità, e che dobbiamo restituire il tesoretto. Certo, ci vorrà tempo, ci vorranno accordi con i Paesi di provenienza degli immigrati. Ma presto o tardi chi ha versato contributi qui - fosse anche solo per un paio d' anni - vorrà che gli siano restituiti. E il tesoretto si ridimensionerà, per lo meno".

Oltre alle pensioni, il problema incombente è quello della sanità.

"È chiaro che ci sono dei rischi anche per il sistema sanitario, che per ora scricchiola ma tiene. Fra circa quarant' anni in Italia ci saranno 1,2 milioni di ultra novantacinquenni. Oggi sono meno di 200 mila. Tenendo presente che praticamente tutti prendono l' accompagnamento, cioè 500 euro al mese, fate i conti. Moltiplicate 1,2 milioni per 500 euro e otterrete quanto ci costerà tutto questo".

Eppure, dicono i dati dell' istituto «Osserva-Salute», l' aspettativa di vita degli italiani è calata. Per la prima volta dal Dopoguerra siamo di fronte a una inversione di tendenza.

"Diciamo la verità. L' aspettativa di vita degli italiani è già calata quattro volte dal Dopoguerra. Per la precisione nel 1975, nel 1980, nel 1983 e nel 2003. E tutte le volte che è diminuita (di 0,2 massimo 0,3 anni), l' anno dopo è aumentata di 0,6-0,7 anni. Può darsi che succeda anche nel 2016. La tendenza di fondo indica un progressivo aumento della sopravvivenza. E anche per questo bisogna vedere se il sistema sanitario potrà tenersi in piedi".

Diabolica Equitalia, il Fisco ci spenna Trovato un altro modo per multarci

Equitalia lancia un nuovo modo di multare gli italiani



Equitalia cambia, per sprecare di meno e incassare di più. Dopo i dirigenti spediti per qualche settimana in trincea, agli sportelli, per capire davvero che aria tira, e orari delle filiali allungati, è l'amministratore delegato Ernesto Maria Ruffini a spiegare il nuovo corso dell'agenzia di riscossione più temuta (e odiata) dagli italiani. E, giura, "il Fisco non farà più paura". "Fino a dieci mesi fa facevo l'avvocato tributarista, quindi il punto di vista del contribuente penso di capirlo bene", spiega Ruffini intervistato dal Messaggero. Innanzitutto, via alla semplificazione interna: "Dal primo luglio scompaiono le tre società Equitalia Nord, Centro e Sud e nasce Equitalia Servizi riscossione che opererà su tutto il territorio nazionale. Disperdiamo meno energie e rendiamo un miglior servizio. Da tre consigli di amministrazione, collegi sindacali, organismi di vigilanza si passa ad uno solo. In tutto sono 300mila euro l'anno di spese in meno".

Le rate e la domiciliazione bancaria - Il problema, però, è che alla fine le somme riscosse sono meno del 10% di quelle accertate. Servono tempi più brevi e maggiore efficienza, a cominciare dalle rate: "Lo scorso anno su 8,2 miliardi riscossi circa 4 vengono da rateizzazioni. È una scommessa fatta dai governi e dal Parlamento, e direi che è stata vinta. Il cittadino ha la percezione di potersi mettere in regola e nella maggior parte dei casi lo fa. Questo approccio è giustamente diventato strutturale grazie alle norme approvate lo scorso ottobre. Noi però vogliamo fare qualcosa di più". "Per le cartelle di pagamento entro i 50mila euro - anticipa Ruffini - inseriremo direttamente nella comunicazione la proposta di rateizzazione, con rate che possono scendere fino a 50 euro al mese. È un sistema in sperimentazione a Varese, Firenze e Lecce, che presto estenderemo: i contribuenti gradiscono, i fogli tornano indietro sottoscritti. Non fa mai piacere ricevere una cartella ma vedere subito che si può pagare gradualmente spinge a togliersi il pensiero. Nella stessa logica, i contribuenti possono fare la domiciliazione bancaria. Sembra una sciocchezza, ma a volte si saltano le rate per dimenticanza". 

Il problema cartelle - Ci sono poi le cartelle inviate, magari durante le ferie, e andate perse e da recuperare in Comune o alle Poste. E ancora, quelle che sembrano sbagliate: "Abbiamo deciso di non inviare cartelle nella settimana di Ferragosto o durante le vacanze di Natale, salvo quelle in scadenza. Da giugno le partite Iva e gli altri soggetti obbligati ad avere la Pec, la posta elettronica certificata, riceveranno le notifiche solo per questa via, e la stessa scelta la potranno fare le persone fisiche che non vogliono più avere i fastidi del sistema tradizionale. Quanto ai possibili errori, essendo Equitalia l'ultimo anello della catena è decisivo l'allineamento tra le banche dati della pubblica amministrazione".

domenica 1 maggio 2016

Il governo fa la festa agli impiegati: una categoria a rischio licenziamento

Il ministro Padoan: "Meno banche ma più solide. Ci sono troppi impiegati, bisogna licenziarli"



Nel giorno della festa dei lavoratori il governo fa "la festa" agli impiegati di banca. Intervistato da Repubblica, il ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan spiega come le riforme varate dall'esecutivo daranno maggiore solidità alle banche, ma queste soffrono ancora di un eccesso di occupazione. Quasi un controsenso in un'Italia dove la disoccupazione è ancora a livelli inaccettabili, eppure Padoan non la pensa così e cala la mannaia: "Lo scopo delle nostre riforme è quello: meno banche ma più solide e capaci di erogare credito a famibglie imprese. Però non nascondiamoci dietro un dito: c'è eccesso di occupazione che andrà gestito in tempi e modalità dovute. Con meccanismi che facilitano l'uscita dal lavoro dei bancari vicini alla pensione".

Il caso sbancati - Riguardo al decreto sui rimborsi, varato venerdì scorso dal Consiglio dei Ministri, Padoan ha sottolineato che "le misure consentono ad un consistente numero di risparmiatori e di obbligazionisti di ottenere un rimborso automatico fino all'80% dell'investimento. Non è una percentuale arbitraria - rileva il ministro - perché tiene conto del fatto che costoro hanno beneficiato di rendimenti e interessi che coprono il restante ammontare; abbiamo fissato questa soglia per evitare che qualcuno alla fine incassasse rimborsi superiori all'esborso iniziale. Chi non ha i requisiti o non vuole utilizzarli ha comunque la via d'uscita di rivolgersi all'arbitrato"

LINCIAGGIO DELL'"ORCO" Il presunto killer di Fortuna picchiato a sangue in carcere

Il presunto pedofilo killer di Fortuna picchiato a sangue in carcere



Raimondo Caputo, il 43enne presunto pedofilo e killer, accusato per l'orribile omicidio di Fortuna Loffredo, sarebbe stato linciato in cella dagli altri detenuti, che l'hanno aggredito e picchiato nella cella del padiglione "Roma" del carcere di Poggioreale.

A rivelare l'indiscrezione è Il Mattino: l'uomo sarebbe stato assalito nel giorno del suo arresto. A salvarlo dal pestaggio sono stati due agenti della Polizia Penitenziaria, che hanno sentito le urla dell'uomo giudicato già colpevole dai compagni di cella. Raimondo Caputo è stato trasferito per ragioni di sicurezza in un'altra cella, in isolamento.

Pietro Loffredo, il padre di Fortuna, ha parlato dell'arresto di Caputo: "Lui è una bestia che forse non ha neanche capito quello che ha fatto: in un altro Paese lo condannavano a morte".