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mercoledì 1 ottobre 2014

DE MAGISTRIS AL CAPOLINEA Il prefetto lo mette alla porta Sospeso da sindaco di Napoli

Napoli, il prefetto sospende dalla carica di sindaco Luigi De Magistris




Dopo una settimana di polemiche sta per arrivare la decisione del prefetto: Luigi De Magistris sarà sospeso dalla carica di sindaco di Napoli. Il destino dell'ex magistrato è nelle mani del prefetto della città, Francesco Antonio Musolino. Luigi De Magistris dovrà lasciare palazzo San Giacomo.  Musolino ha ricevuto da poco, in via ufficiale, gli atti relativi alla sentenza che condanna a un anno e tre mesi per abuso d’ufficio Luigi de Magistris. Il sindaco coinvolto nello scandalo da giorni ribadiva che non aveva intenzione di dimettersi dalla carica. E di recente aveva anche ricevuto il sostegno del “popolo arancione” di Napoli. 

"Mi ricandido" - Il caso de Magistris approda anche alla Camera. Il governo, nel corso del question time, risponderà a un’interrogazione sulle iniziative per la sospensione dalla carica di sindaco di Napoli di Luigi De Magistris e gli intendimenti per la possibilità di differire l’elezione del consiglio metropolitano. E sul caso De Magistris è stato chiaro anche il ministro degli Interni, Angelino Alfano: "Oggi il prefetto procederà agli adempimenti previsti dalla legge" e cioè alla sospensione da sindaco condannato. Intanto l'ex pm prepara la contromossa e reagisce così: "Dai mali si può ripartire e ci si può rigenerare: se verrò sospeso farò il Sindaco di strada e sarò così più vicino ai cittadini. Penso che mi ricandiderò, farò la campagna elettorale contro tutti, anche contro Cecchi Paone”. Infine De Magistris ha già un piano "b" qualora non dovesse tornare a palazzo San Giacomo: "Se non farò più il sindaco, farò il giocatore di basket". La battuta è arrivata, durante la presentazione della squadra di basket Ginova, in sala giunta a palazzo San Giacomo. "Sarà certamente più piacevole". 

D'ALEMA DICE ADDIO AL PD? La voce su Baffino: "Farà un partito" Ecco quanto prenderebbe...

L'indiscrezione sul Pd: "D'Alema pronto a fondare un nuovo partito"




Dopo la resa dei conti nella direzione Pd sulla riforma del lavoro, al Nazareno la minoranza si prepara per ribaltare il tavolo cercando strade alternative al renzismo. L'attacco di Massimo D'Alema e Pier Luigi Bersani al premier ha lasciato una coda di polemiche. Il partito di fatto è spaccato e la guerra sulla riforma del Lavoro e dell'articolo 18 agita ancora le acque del Pd. Cuperlo, Baffino e Bersani fanno blocco contro i renziani e in Parlamento preparano l'imboscata. Ma gli sgambetti a quanto pare non saranno solo in Aula, i ribelli dem starebbero portando avanti anche un piano che prevede la scissione. In pubblico D'Alema e Bersani negano questa ipotesi, ma di fatto come più volte ha ricordato Pippo Civati "se Renzi non cede sulla riforma del lavoro non è possibile scartare alcune soluzioni...". 

Un partito per Baffino - La mossa a sorpresa, ovvero la scissione, secondo quanto racconta il Foglio, potrebbe arrivare proprio da Massimo D'Alema. Secondo i rumors riportati dal quotidiano diretto da Giuliano Ferrara, Baffino starebbe pensando ad un partito tutto suo, indipendente dal Pd ormai feudo di Renzi. "Un autorevole esponente della cosiddetta sinistra radicale - si legge su ilFoglio - raccontava qualche giorno fa di aver incontrato D’Alema che gli ha detto scherzosamente una frase del tipo: a questo punto potremmo anche fare un partito insieme". L'ipotesi viene presentata come una boutade, ma a quanto pare al Nazareno, sponda Baffino, si fanno già i calcoli su quanto potrebbe valere in termini di consenso un ipotetico partito di sinistra guidato da D'Alema e Bersani.

Quanto vale il partito - Sempre secondo le indiscrezioni raccolte da il Foglio, un soggetto del genere potrebbe comunque prendere intorno all’otto per cento. Ma un ostacolo blocca il piano secessionista dei ribelli dem: la nuova legge elettorale. Se dovesse passare al partito dalemiano servirebbe almeno il 5 per cento per entrare in Parlamento, quota più realistica se si mettono da parte le suggestioni dei sondaggisti che parlano appunto dell'otto per cento. Così la minoranza dem preferirebbe andare al voto con il Consultellum, l'attuale legge elettorale in vigore dopo la bocciatura da parte della Consulta del Porcellum. 

La legge elettorale - Con un proporzionale puro il partito di D'Alema avrebbe più peso in Parlamento e dunque gioco facile nel tenere a bada il Pd renziano. Insomma l'ipotesi di una scissione appare in questo momento remota, ma dopo la direzione Pd e il regolamento di conti gli avvertimenti delle scorse settimane e le minacce a Renzi da parte di Civati, Cuperlo, D'Alema e Bersani potrebbero trasformarsi in una frattura che potrebbe ribaltare tutti gli equilibri politici. Non solo a sinistra. 

Effetti collaterali del patto del Nazareno: super sconto a Rai e Mediaset

Frequenze tv, per Rai e Mediaset maxi sconto




Viale Mazzini e il Biscione festeggiano. L'Agcom ha infatti regalato a Rai e Mediaset un maxi sconto sulle frequenze tv: Raiway e Elettronica Industriale, pagheranno ciascuna 13 milioni l’anno a partire da quest’anno per l’uso dei 5 multiplex che hanno in concessione per la durata di 18 anni. Con l’attuale sistema, che calcola il fatturato editoriale delle società e non le frequenze che utilizzano, Rai e Mediaset versano per il canone delle frequenze tv circa l’uno per cento del fatturato, per cui insieme pagano circa 50 milioni. Ma il sistema è stato, appunto, modificato con il passaggio dal sistema analogico al digitale: la legge n.44 del 2012 che ha convertito il decreto legge ’Semplifica Italia' indica che a pagare il canone per le frequenze siano gli operatori di rete, mentre prima pagavano le società televisive sulla base dei fatturati. La base per la valorizzazione dei mux è stata la cifra pagata da Umberto Cairo nella recente asta delle frequenze per un multiplex (31 milioni). Il calcolo di quanto lo Stato è di come 103,7 milioni di euro nei prossimi sette anni. L'Agcom assicura che verranno recuperati altrove. Dove? Nessuno lo sa. Di certo c'è che la Rai risparmierà almeno 113 milioni e Mediaset almeno 67.

Il canone - Nel provvedimento dell’Agcom si ipotizza anche un ’glide path’ ovvero un percorso di riduzione del canone per quei soggetti che sono considerati ’nuovi entranti'. Come a dire che lo Stato potrà scalare la somma dovuta nei 18 anni di durata della concessione garantendo un trattamento agevolato, se lo riterrà, rispetto a soggetti considerati ’incumbent’ come Rai e Mediaset. Lo scorso 6 agosto l’Autorità per le comunicazioni aveva esaminato i nuovi criteri per il canone annuale delle frequenze, dovuti dagli operatori di rete e non più dalle emittenti, ma aveva deciso di non procedere all’approvazione della delibera, sospendendo di fatto la decisione. L’Agcom aveva indicato ad agosto come motivazione del rinvio l’intenzione del Governo di «adottare modifiche al vigente assetto legislativo della materia nel prossimo mese di settembre». E in effetti non è escluso un intervento del Governo sul canone delle frequenze tv in via legislativa: lo strumento potrebbe essere il decreto sulle materie televisive (incluso il canone di abbonamento alla Rai) che l’esecutivo potrebbe varare per la metà di ottobre. E sono in molti a pensare che ci sia anche questo nel misterioso patto del Nazareno.

Il Cav confessa il suo errore: "Ecco dove ho sbagliato"

Berlusconi: "Il mio più grande errore? Non fingermi di sinistra"

di Salvatore Dama 


L’uveite all’occhio non è ancora passata. Ma, nel complesso, ai dirigenti ricevuti ieri a Palazzo Grazioli, Silvio Berlusconi è apparso in forma. Tonico. Tanto che in serata si concede un’uscita. In realtà, un semplice giro dell’isolato per inaugurare la biennale dell’antiquariato allestita dentro Palazzo Venezia. Ad aspettarlo c’è il finto Renzi di “Striscia la notizia”, interpretato da Ballantini. Silvio gli stringe la mano divertito. Il vero Matteo, l’altra sera, è stato bravo a mettere in riga “l’antiquariato” del Pd. I vari D’Alema, Bersani. Però il giudizio dell’ex premier sulla riforma del lavoro rimane sospesa. «Scendere a patti con la minoranza interna vuol dire annacquare la riforma dell’articolo 18», riflette Berlusconi. Tra le varie alternative che aveva davanti, Renzi ha scelto quella «meno coraggiosa». Ora bisogna vedere il testo che arriverà in Senato. Se la maggioranza è capace di votarselo con le proprie forze, «vuol dire che avranno avuto la meglio i mediatori». E allora Forza Italia non offrirà i suoi voti. «Io non sono di sinistra. E forse ho sbagliato. Se lo fossi stato, mi avrebbero portato in giro come la Madonna...». Ma meglio l’italia che la Turchia, dice Silvio, dove il suo ex amico «Erdogan sta facendo passi indietro terribili, dal laicismo spinto all'islamismo. È stato fatto un editto gravissimo: le ragazze possono andare all’università solo con il velo e non possono truccarsi».

Cose turche - Però arrivano cose turche anche dal Pd. Paolo Romani spiega qual è la linea azzurra: wait and see. «Fino a quando non avremo un testo chiaro, la legge delega resta confusa e imprecisa». Con la relazione in direzione Pd, nota il presidente dei senatori forzisti, «Renzi ha forse realizzato un obiettivo, tentare di ricomporre il dissenso all’interno del suo partito, ma ne ha mancato un altro: dare regole certe al mondo del lavoro». Mantenere la possibilità del reintegro anche dopo un licenziamento disciplinare «lascia che sia sempre un giudice a decidere». Insomma, il rischio è di lasciare la situazione inalterata. Peggio, di rimettere in discussione anche la riforma Fornero: «Non è chiaro se Renzi voglia fare un passo in avanti o indietro».  Ma anche la mediazione all’interno dei dem lascia il tempo che trova. Perché, spiega Renato Brunetta, «Renzi controlla la maggioranza del partito, ma non controlla i gruppi parlamentari». Per cui, secondo il capogruppo di Fi a Montecitorio, «il compromesso» di lunedì sera «sa tanto di imbroglio». Che Matteo abbia deluso le aspettative azzurre, lo si capisce anche dal commento di Giovanni Toti: «Riforma del lavoro, tanto rumore per nulla?», il tutto mentre «i giovani disoccupati aumentano». Il Jobs act è «ancora un compromesso al ribasso, si fa finta di cambiare ma non cambia nulla», attacca Annagrazia Calabria. A chiacchiere, attacca Raffaele Fitto, il capo del governo «si è espresso in modo coraggioso», ma nei fatti «ha annacquato il testo della delega». 

Non c’è Jobs act che tenga, invece, per gli ex dipendenti del Pdl. E per quelli di Forza Italia che potrebbero essere licenziati nei prossimi mesi per motivi economici, dal momento che il partito non ha più un soldo in cassa. Domani è in programma la riunione al ministero del Lavoro per decidere sulla concessione della cassa integrazione al personale ex pidiellino. Che sarà assistito, nella trattativa, dalla UilTucs.

Salasso luce e gas per gli italiani Spendono 200 euro più del resto d'Europa

In Italia il gas più caro d'Europa




Scatteranno da domani 1 ottobre, come comunicato dall'Authority per l'Energia, le nuove tariffe di luce e gas che prevedono rincari, rispettivamente, del 1,7% e del 5,4% sulle bollette degli italiani. Aumenti che si tradurrano, per la famiglia media italiana, in una spesa supplementare di 2 euro ogni trimestre per il gas e di 20 euro per l'energia elettrica. Il sito facile.it ha messo a confronto i costi delle forniture in Italia con quelle applicate nel resto d’Europa evidenziando come le tariffe in vigore nel nostro Paese diventeranno così più alte del 8,9% per l'energia elettrica e del 18,7% per il gas rispetto alla media Ue.

Nello specifico i consumatori italiani pagano 19,71 centesimi di euro/kWh per l'energia elettrica (rispetto a 18,09c€/kWh della media UE) e 90,02 c€/standard metro cubo per il gas (rispetto a 75,83c€/smc della media UE). Se le tariffe unitarie fossero in linea con quelle del resto dell'Unione Europea il risparmio di una famiglia italiana sarebbe di oltre 200€ circa all'anno.

L’analisi ha però evidenziato anche come, se confrontate con le tariffe in vigore nelle quattro principali nazioni europee (Germania, Regno Unito, Francia e Spagna), quelle italiane siano notevolmente maggiori per quello che riguarda il gas (+15,3%), ma inferiori per quanto riguarda l’energia elettrica (-9,3%).

Mentre per quanto riguarda l’energia elettrica l’Italia è più fortunata rispetto alle altre grandi nazioni del Vecchio Continente - soprattutto in confronto alla Germania dove le tariffe sono più alte principalmente per via della tassazione (che in quella nazione incide per il 45% rispetto al 13% dell’Italia) - la differenza maggiore tra il nostro Paese e il resto d'Europa si verifica per il gas.

In questo mercato i consumatori italiani si confermano i meno favoriti, con delle tariffe superiori del 28% rispetto al Regno Unito, del 24% circa rispetto alla Francia, del 19% rispetto alla Germania e del 9% rispetto alla Spagna.

Tutto ciò pur essendo il costo della materia prima e della distribuzione in linea, se non più bassi, di molti Paesi, come dichiarato dall’Autorità per l’Energia. In Italia pesano eccessivamente tasse e imposte che rappresentano ben il 37% della spesa totale (contro, ad esempio, l’11% del Regno Unito).

Di seguito le tabelle di confronto delle tariffe di energia elettrica e gas nei cinque principali Paesi europei:

Energia elettrica

Tariffe totali in vigore (€/kWh)

Italia: 0,1971 €

Germania: 0,2980 €

Spagna: 0,2307 €

Gran Bretagna: 0,2010 €

Francia: 0,1595 €



Gas


Tariffe totali in vigore (€/mc)

Italia: 0,9002 €

Germania: 0,7540 €

Spagna: 0,8203 €

Gran Bretagna: 0,7048 €

Francia: 0,7241 €

COME SALVARSI DALLA TASI Moduli, aliquote, pagamenti, sanzioni

Tasi, ecco come salvarsi dalla tassa sulla casa: moduli, aliquote e sanzioni

di Francesco De Dominicis 


Quindici giorni al caos Tasi. Dopo «tanta» attesa, ci siamo: tra due settimane scatta il pagamento dela nuova tassa sugli immobili. E la confusione - manco a dirlo - regna sovrana. Anche se non per tutti: pochissimi contribuenti, per la verità, hanno già preso le misure con il balzello che ha (in parte) sostituito l’Imu (la vecchia imposta municipale sulle abitazioni che, nonostante gli annunci, non è andata in pensione). Si tratta, in ogni caso, di pochissimi «fortunati» - che non vivono in grandi città - chiamati a pagare a giugno scorso la prima fetta di Tasi. La maggior parte dei proprietari di casa - si calcola circa 16 milioni di persone - il 16 ottobre è invece attesa alla cassa dai comuni, in tutti quelli che non hanno approvato a giugno la delibera sulle aliquote della cosiddetta tassa sui servizi indivisibili. Fra due settimane si paga l’acconto, il saldo finale a metà dicembre.

Rischio contenzioso - L’allarme rosso, dunque, è scattato. Per (almeno) due ragioni: sia perché ormai è chiaro, come dimostrato da numerosi centri studi, che i conto della Tasi sarà assai più salato rispetto all’Imu; sia perché errori di calcolo sono scontati e il rischio di contenzioso cresce sempre di più. Sta di fatto che in questi giorni la stampa specializzata, dal Sole 24 Ore al Corriere Economia, sta cercando il più possibile di fornire indicazioni e suggerimenti per orientare i cittadini nella ennesima giungla fiscale made in Italy. Dalle tipologie di immobili ai vari bollettini utilizzabili ecco alcuni suggerimenti utili.

Il bollettino - Tanto per cominciare, un miraggio: il bollettino precompilato. Sono davvero poche le amministrazioni territoriali che hanno spedito a casa il modulo con gli importi già definiti da pagare. Annunciato come una delle vere novità rispecchio al regime precedente, il modello per i versamenti Tasi già pronto per andare in banca o all’ufficio postale è rimasto una specie di oggetto misterioso. Ragion per cui è utile ricordare alcune questioni importanti. Come per l’Imu, la Tasi va versata singolarmente da ogni comproprietario: un modello F24 ciascuno, non si scappa. Esattamente come per l’Imu, si devono indicare il codice catastale del comune, il numero di immobili per cui si paga il balzello, l’anno di imposta e, ovviamente, l’importo conteggiato per tipologia di immobile (terreni edificabili, abitazioni principale, altri fabbricati). Non è finita: è necessario barrare anche la casella «acconto», mentre lo spazio «rateazione» va lasciato obbligatoriamente in bianco.

Mini-versamenti - Attenzione, niente minipagamenti: non va eseguito il versamento, infatti, se l’importo annuo dell’imposta calcolata è inferiore a 12 euro, anche se è opportuno verificare eventuali limiti differenti deliberati dai singoli enti locali. Quanto alle modalità di pagamento, dal domani sono vietati i modelli F24 cartacei per importi superiori a 1.000 euro: ne consegue che è obbligatorio usare i servizi di home banking offerti dalle banche o da Poste Italiane oppure utilizzare i servizi telematici dell’agenzia delle Entrate. Restano sempre validi, comunque, i bollettini postali con conto corrente dedicato unico (n. 1017381649), ma bisogna utilizzarne uno per ciascuna località in cui si posseggono immobili.

Pagamenti - Altro aspetto importante è quello delle scadenze ravvicinate. Ragion per cui è opportuno programmare spese e accantonamenti: occhio al bilancio familiare e a quello delle imprese, visto che la Tasi si paga anche su negozi, uffici, laboratori, capannoni, box e aree edificabili. Quello che è stato spacciato per un rinvio (dal 16 giugno al 16 ottobre) potrebbe rivelarsi un pericoloso boomerang: di fatto dal versamento della prima rata al saldo passeranno appena due mesi. Saldo che in molti casi si aggiunge all’Imu, rimasta in piedi per le cosiddette seconde case e altri immobili. 

Inquilini alla cassa - Chi paga? Anche qui brutte sorprese: pagano la Tasi, anzitutto, tutti i proprietari di immobili situati in Italia e pagano pure i titolari di diritto di usufrutto o chi ha diritti di abitazione e di uso. Ma alla cassa, ecco una novità poco gradita per chi un immobile non ha mai voluto acquistarlo, sono attesi pure gli inquilini. Sui quali scatta l’obbligo di versamento di una quota della Tasi variabile dal 10 al 30 per cento, secondo la delibera degli oltre 8mila comuni italiani. A Milano la quota è del 10 per cento, a Roma del 20 per cento.

Troppe aliquote - E quanto si paga? Qui si entra nel vero terreno minato. Tutto dipende dai sindaci che hanno definito le aliquote. Per l’abitazoine principale possono arrivare al 2,5 per mille o al 3,3 per mille. Per gli altri immobili, invece, gravati anche dall’Imu, l’aliquota è generalmente più bassa. In ogni caso, è previsto che la somma tra l’Imu e la Tasi non possa superare l’1,14%. In parecchi comuni - non tutti - è stata abolita la Tasi sugli immobili diversi dall’abitazione principale.

Cura Matteo: recessione, Pil in calo, 30 miliardi in meno Padoan si arrende: "Pareggio di bilancio rinviato al 2017"

Governo, nota al Def: Pil nel 2014 a -0,3%, pareggio di bilancio da rinviare al 2017




Pil in calo dello 0,3% nel 2014, in crescita lievissima dello 0,6% nel 2015 (si spera), pareggio di bilancio da rinviare di un anno, al 2017. I conti al governo Renzi non tornano più e a dirlo è lo stesso governo, per bocca del ministro dell'Economia Pier Carlo Padoan. "Il quadro macroeconomico è molto deteriorato rispetto al Def di aprile sia in termini di crescita, che è negativa, che in termini di occupazione", ha spiegato il ministro alla fine del Cdm che ha licenziato la nota di aggiornamento al Def, il Documento di programmazione economica e finanziaria che dovrà essere inviato entro il 15 ottobre a Bruxelles per il vaglio dell'Unione europea.

Recessione e 30 miliardi in meno - Le prospettive, ammette Padoan, sono grigie. Oltre ai dati sul Pil, che certificano lo stato di recessione, il rapporto deficit/Pil salirà al 3% quest'anno e scenderà al 2,9% nel 2015. Il rapporto debito/Pil sarà al 131,6% nel 2014 e salirà al 133,4% il prossimo anno. Per questo la situazione "richiama circostanze eccezionali", parola di Padoan per cui è "lecito immaginare un rallentamento del processo di aggiustamento del saldo strutturale, che avverrà in misura positiva ma ridotta rispetto a quanto immaginato nel Def di aprile". D'altronde la sola frenata del Pil costerà all'Italia qualcosa come 30 miliardi di euro e anche per questo il sottosegretario alla presidenza Graziano Delrio si affretta a precisare che "non ci sarà nessuna manovra aggiuntiva".

Pareggio di bilancio rinviato al 2017 - Bisognerà dunque agire su un'altra leva. Non quella dei paletti dell'Europa ("Il rapporto deficit/Pil al 3% è pienamente rispettato", assicura Padoan) e nemmeno qualche scorciatoia furbetta ma altamente impopolare: in finanziaria "ci sarà la conferma degli 80 euro, il rafforzamento del taglio del cuneo fiscale delle imprese, importanti risorse per gli ammortizzatori sociali in senso lato, che permetteranno di dare ulteriore spinta alla riforma del mercato del lavoro". E siccome ci saranno da trovare i fondi per i nuovi ammortizzatori sociali parte dei quali arriveranno, come da tradizione recente, dalla spending review e "dall'utilizzo dei margini di bilancio entro certi limiti". Però le privatizzazioni non "faranno cassa" e saranno "inferiori a quanto previsto (0,7% del Pil) ma recupereremo l’anno prossimo". L'unica soluzione allora è rinviare di un anno, al 2017, il pareggio di bilancio in termini strutturali: "A partire dal 2016 si riprenderà il ritmo di riduzione dello 0,5% per arrivare nel 2017 al pareggio di bilancio".