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giovedì 25 settembre 2014

La casta della Camera: niente tagli ai super-stipendi di commessi e dirigenti

Vietato tagliare i super stipendi della Camera




La diffida è arrivata nelle ultime ore al presidente della Camera, Laura Boldrini, al collegio dei questori e ai membri dell'ufficio di presidenza di Montecitorio. A inviarla è stata l'Osa, uno dei sindacati autonomi dei dipendenti degli organi costituzionali (ha un responsabile alla Camera e uno al Senato). Nel testo della diffida si intima ai membri dell'ufficio di presidenza di non procedere all’approvazione del documento attraverso cui si accoglie sia pure in forma diversa-anche dentro i palazzi della politica quel tetto massimo di 240 mila euro lordi annui che il governo di Matteo Renzi ha inserito nella pubblica amministrazione.

Da mesi infatti Camera e Senato si stavano accapigliando sulla necessità di inserire quel tetto anche all’interno delle loro amministrazioni. Le prime ipotesi erano state fatte a inizio estate. Quando stavano per essere approvate, è andata in scena la protesta dei dipendenti che avevano assediato con grande scalpore la Boldrini e i suoi collaboratori con ironici battimano. Una sorta di atipica manifestazione sindacale (i dipendenti degli organi costituzionali non hanno il diritto di sciopero). 

Certo ha facilitato questo imprevisto la lentezza delle istituzioni: l’ufficio di presidenza della Camera doveva varare quel tetto da 240 mila euro (che in realtà è di oltre 300 mila euro lordi) lo scorso 18 settembre. Ma non l’ha fatto, rinviando tutto a fine mese e ora rischiando uno scontro istituzionale molto delicato con la magistratura del lavoro. Anche se il tetto in sé riguarda solo qualche decina di dirigenti o funzionari avanti nella carriera, nella bozza di delibera che doveva andare in ufficio di presidenza si faceva riferimento anche a una rimodulazione degli emolumenti di tutte le altre categorie di personale. È evidente che se scendono gli stipendi apicali, anche quelli immediatamente sotto debbono essere adeguati per non avere livellamenti salariali a funzioni diverse.

In ogni caso il progetto allo studio nelle Camere è ben diverso da quello applicato al resto dei pubblici dipendenti. Innanzitutto perchè al tetto ci si arriverebbe gradualmente da qui al 2018. Poi perchè il livellamento è stato pensato come una sorta di contributo di solidarietà provvisorio: nella sostanza una volta raggiunto, l’anno successivo si tornerebbe agli attuali livelli retributivi. Terza differenza: dal tetto di 240 mila euro sarebbero esclusi i contributi previdenziali che verrebbero versati come se lo stipendio continuasse ad essere quello attuale, e quindi non mettendo a rischio gli importi pensionistici previsti anche con il regime contributivo. Quarta differenza: dal tetto vengono escluse le indennità di funzione- legate all'incarico ricoperto-che possono arrivare al massimo a 60 mila euro l’anno, e che continuerebbero ad essere cumulate. Quindi non esisterebbe un tetto per tutti, e lo stipendio più alto comunque potrebbe essere ancora di 370 mila euro lordi annui (240 mila di base, più 70 mila euro di contributi previdenziali, più 60 mila euro di indennità di funzione), e quella cifra si arriverebbe progressivamente solo nell'arco di un triennio.

Non certo una tragedia (dopo un anno il segretario generale della Camera passerebbe da 478 mila a 453 mila euro lordi annui) , ma il semplice allineamento degli organi costituzionali a una moderazione salariale che nel pubblico impiego ormai è legge, e che comunque si è fatta sempre più strada anche nelle imprese private.

mercoledì 24 settembre 2014

Bersani va da Floris e spara su Renzi: "Sei al governo grazie a me"

Di martedì, Pier Luigi Bersani: "Renzi governa con il mio 25%"




"Renzi ha preso il 40%? Con il mio 25% Renzi sta governando. Io non ci sono al governo, mi va bene, non chiedo riconoscenza ma rispetto". Così l'ex segretario del Pd Pier Luigi Bersani a Dimartedì, in onda ieri sera su La7. L'ex segretario Pd non ha risparmiato affondi nei confronti del premier: "Dall'entourage di Renzi mi vogliono spiegare, a me, come si sta in un partito. Ma vorrei chiedere: dove sta scritto nel programma di cancellare l'articolo 18?". 

L'attacco - L'articolo 18, ha proseguito "non è certamente un simbolo ma un suo aspetto simbolico sicuramente lo ha: non si può buttarlo via perché il lavoro non può essere inteso totalmente solo come salario ma è anche diritti e dignità delle persone". Il lavoro, ha detto ancora Bersani, "si dà con gli investimenti e servono regole precise per l'occupazione".

La minaccia - Renzi, ha continuato l'ex segretario Pd, "è svelto, intelligente, impaziente" ma deve avere "un rapporto più colloquiale e meno aggressivo". Anche perchè "non usciamo dai guai con improvvisi miracoli". Il presidente del Consiglio, ha continuato Bersani, "ha creato un'enorme aspettativa e ora deve cominciare a tirare qualche somma". Sul fronte economico, ha proseguito, "a fine anno saremo ancora con il segno meno ed è troppo facile dire che la soluzione sono i tagli alla spesa pubblica".

Peggio del peggio. Il curriculum "horror" di Piero Fassino: guarda cosa (e come) lo ha scritto. E c'è anche una balla spaziale... / Foto

Piero Fassino, il curriculum horror (e c'è anche una balla spaziale...)




La classe dirigente si può permettere un curriculum - permetteteci il giudizio - osceno (guardate la fotografia). E non tanto per i contenuti, ma piuttosto per la forma. I comuni mortali per mettere nero su bianco il foglio con cui cercano impiego spendono ore del loro tempo e spremono meningi. Piero Fassino, per esempio, invece no. La Repubblica Torino ha infatti scovato e pubblicato il cv del sindaco di Torino: un foglietto che si distingue per la sciatteria e la noncuranza con cui è stato compilato. Scritto a penna, parte con inchiostro blu e parte con inchiostro nero: roba che di solito, quando finisce in mano all'ufficio del personale, viene stracciata con disgusto per poi rotolare accartocciata nel cestino delle scartoffie. Ma per il democratico Fassino non è così. Nel suo curriculum vengono scritti con sufficienza i suoi ruoli in politica; nessuna competenza viene specificata, men che meno gli interessi, figurarsi il voto di laurea, l'argomento della tesi e tutto il pregresso percorso di studi. Inoltre Fassino afferma di conoscere "francese, inglese e spagnolo". Sul francese e sullo spagnolo non ci si può esprimere, ma sull'inglese invece sì: il fatto che lo conosca è una balla spaziale. Un comune mortale, infatti, quando nel cv scrive di conoscere una lingua è perché quella lingua la padroneggia con particolare dimestichezza e disinvoltura. Eppure nel febbraio del 2014, quando pubblicò su YouTube un videomessaggio (in inglese), in qualità di sindaco di Torino venne sbertucciato ad ogni latitudine. No, l'inglese il buon Fassino non lo padroneggia con dimestichezza...

A chi assomiglia chi? Il sondaggio semiserio dei nostri deputati alla Camera

A chi assomiglia chi? Il sondaggio semiserio dei nostri deputati alla Camera






Chi assomiglia a chi? Nel giochino intellettuale delle somiglianze fra volti noti e meno noti, i nostri politici ci cascano con tutte le scarpe. Pare che alla Camera, gli onorevoli politicians si sbellichino un mondo a indovinare le somiglianze più strambe e bizzare all'interno della stessa classe politica: la regola, come nei migliori divertissement, è che non ci siano regole: potete assomigliare ad altri politici, a giornalisti, a pallonari d'altre epoche e pure, udite udite, ad attori hollywoodiani. Ma andiamo con ordine. Se Andrea Orlando è la copia sputata di Mr Bean, che dire di Matteo Renzi? E dell'ex leader maximo in salsa dem Pierluigi Bersani che vogliamo dire? I nostri delegati a Montecitorio non hanno dubbi: è la copia carbone, precisa precisa, del giornalista Pierluca Terzulli (non paghi, pure di nome fanno assonanza). Rimangono il forzista Luca D'Alessandro, identico all'attore Raf Vallone e Guglielmo Epifani. Ecco, sapete a chi assomiglia l'ex segretario Pd secondo il parere autorevole dei suoi stessi colleghi? Ad Harrison Ford. Ma ne siamo così sicuri?

Rivoluzione Cisl: "Bonanni si dimette" Una donna in pole per la successione

Cisl, Raffaele Bonanni si dimette oggi 




Il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni oggi, mercoledì 24 settembre, annuncerà l'addio alla guida del sindacato. Fonti vicine a Bonanni spiegano che vuole accelerare il percorso di uscita (la scadenza del mandato era per il 2015 a 66 anni). La notizia dell'avvicendamento era stata anticipata nelle ultime ore da Dagospia. Da sottolineare che la rinuncia di Bonanni arriva proprio in uno dei periodi storici più critici per i sindacati, messi alle strette dal nodo "Articolo 18" e dalla riforma del lavoro voluta del governo Renzi. In pole per la successione, secondo i rumors, Annamaria Furlan.

Identikit - Cinquantasei anni, genovese, Annamaria Furlan ha iniziato la sua attività sindacale nel 1980 come delegata del Silulap, la categoria Cisl dei lavoratori postali di cui poi è divenuta segretaria provinciale e regionale. Successivamente Furlan ha guidato la Cisl di Genova e la Cisl regionale della Liguria. Dal 2002 è segretario confederale della Cisl dove si occupa del settore terziario e servizi, che comprende commercio, turismo, banche, assicurazioni, telecomunicazioni, spettacolo, editoria, trasporti, poste, authority, politiche agroalimentari ed energetiche. La Furlan, segretario generale aggiunto della Cisl, è stata eletta il 24 giugno scorso numero due della confederazione di via Po.

La riunione - Tra poche ore è prevista una riunione della segreteria confederale con i responsabili delle categorie e delle strutture regionali (riunione convocata all'ultimo, un indizio che sin dal principio aveva fatto pensare a un cambio della guardia). Comincia così un percorso che dovrebbe portare alla sostituzione del leader Cisl e al rinnovamento della segreteria confederale con il Consiglio generale, probabilmente nella prima decade di ottobre. Domani Bonanni, alla guida del sindacato dal 2006, presenterà le sue dimissioni all'esecutivo e con ciò decadrà tutta la segreteria confederale.

Da Milano a Roma in 2 ore e 30 minuti: la rivoluzione del nuovo Frecciarossa Guarda le fotografie del bolide italiano

Presentato il nuovo Frecciarossa 1000, il gioiello del trasporto ferroviario




Nel pomeriggio di martedì 23 settembre, alla Fiera di Berlino, è stato presentato il "più bel treno del mondo", come si legge in una nota delle Ferrovie dello Stato. E' il Frecciarossa 1000, il nuovo prodotto di FS che batte tutti i record, con una velocità massima di 400 km l'ora (velocità commerciale 360k/h) si è attestato alla fiera InnoTrans come il treno più veloce d'Europa. La velocità "supersonica" permette una marcata riduzione dei tempi di viaggio: da Roma a Milano, per esempio, si viaggerà in 2 ore e 20 minuti (rispetto alle tre ore necessarie fino ad oggi). Il restyling, inoltre - come potete vedere nelle foto -, coinvolge gli interni, resi più accoglienti e confortevoli.




La presentazione - Nel crocevia di treni, prototipi e progetti più innovativi e ambiziosi che ogni due anni popolano InnoTrans - la più grande fiera internazionale dell'industria del trasporto su rotaia - ha fatto la sua comparsa il Frecciarossa 1000. Il nuovo modello, costruito dalla joint venture AnsaldoBreda-Bombardier, è costato in totale 30 milioni di euro. Il nuovo Frecciarossa è dotato di 8 carrozze, dispone di 447 posti a sedere segmentati per quattro diverse fasce di clientela. Alla presentazione del convoglio hanno partecipato il ministro dei Trasporti Maurizio Lupi e l'amministratore delegato di Trenitalia, Michele Mario Elia. Il nuovo convoglio debutterà con un prima corsa inaugurale il 1 maggio in occasione dell'avvio di Expo e prenderà servizio da metà giugno.

Golpe 2011, le toghe danno ragione al Cav "Dati truccati per farlo fuori"

I pm stanno con Silvio "Le agenzie di rating truccarono i mercati"




Se la tesi della procura di Trani si rivelerà fondata, ci sarà la conferma (o quasi) del complotto internazionale macchinato per sfrattare Silvio Berlusconi da palazzo Chigi. Siamo nell’estate del 2011 e qualche mese più tardi, a novembre, l’allora premier rassegnò le dimissioni nelle mani del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Non c’era stata alcuna sfiducia votata in Parlamento al governo eppure il Cavaliere gettò la spugna. Per pressioni fortissime, dirà. E le parole pronunciate ieri dal pubblico ministero di Trani, Michele Ruggiero, sembrano dare corpo a quei sospetti. «Abbiamo la prova che è stata falsata l’informazione ai mercati finanziari» ha detto il pm chiedendo il rinvio a giudizio di analisti e manager dell’agenzia di rating Standard & Poor’s accusati di manipolazione del mercato. Prossima udienza il 28 ottobre: già si sa che Ruggiero concederà il bis con Fitch, «sorella» di S&P. Che ieri si è difesa sostenendo che si tratti di «accuse infondate» in quanto «non supportate da prova». 

Il fascicolo della procura farà il suo corso e, di là dall’eventuale giudizio, sarebbe azzardato scommettere fin d’ora su una sentenza di condanna. Restano in ogni caso i dubbi su un periodo opaco per il nostro Paese e per le sue finanze pubbliche. Complotto politico o meno, in quella fase c’è stata sicuramente una speculazione intensa sui titoli di Stato italiani con lo spread che arrivò nel giro di poche settimane a 570 punti e il Tesoro firmò per mesi emissioni con interessi generosissimi. Per l’Italia fu un incubo, ma quelle emissioni di btp ancora oggi fanno incassare cedole da sogno alle banche, straniere e italiane. (F.D.D.)