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giovedì 16 febbraio 2017

Taxi, la rivolta in piazza contro Uber Sciopero, Italia in tilt (colpa del Pd)

Taxi, la rivolta in piazza contro Uber: sciopero, Italia in tilt (colpa del governo)



Mezza Italia nel caos per la protesta dei taxi. Causa scatenante il rinvio a fine anno fissato dal decreto Milleproroghe con emendamento Lanzillotta-Cociancich del provvedimento contro "l'esercizio abusivo dei taxi" e il "noleggio con conducente", vale a dire Uber e auto Ncc. Sono scesi in strada migliaia di tassisti, con presidi a Roma davanti al Senato e proteste anche a Milano e Torino. In tilt la circolazione da e verso gli aeroporti di Ciampino e Fiumicino. Anche per questo il Garante "ha chiesto informazioni urgenti alle Prefetture dei capoluoghi di Regione" interessati dalle manifestazioni di piazza che "starebbero pregiudicando i diritti dei cittadini utenti".

Il Codacons, dal canto suo, depositerà un esposto urgente alle Procure della Repubblica di Roma, Milano e Torino, chiedendo di aprire una indagine sulla protesta dei tassisti, alla luce delle possibili fattispecie di interruzione di pubblico servizio e blocco stradale. "Ciò che sta avvenendo in queste ore è gravissimo e intollerabile - spiega l'associazione dei consumatori -. Senza alcun preavviso gli utenti sono stati privati di un servizio pubblico, con immensi disagi per i cittadini che in diverse città non riescono a reperire un taxi". "Una protesta assurda - conclude il Codacons - perché coinvolge e danneggia gli utenti, che non hanno alcuna responsabilità, e che potrebbe realizzare ipotesi penalmente rilevanti". 

Europa e Merkel, parole drastiche: il ministro Minniti dichiara guerra

Immigrazione, Marco Minniti: "Europa e Germania non aiutano l'Italia"



I richiedenti asilo trasferiti dall'Italia in altri Paesi europei secondo il programma di riallocamento sono 3.200, una cifra nettamente inferiore ai 40mila preventivati. Numeri che il ministro dell'Interno, Marco Minniti, ha bollato come "del tutto insoddisfacenti". Lo ha affermato in audizione al Comitato Schengen, dove ha aggiunto: "Nelle settimane scorse abbiamo chiuso un accordo con la Germania che ha accettato di accogliere 500 migranti al mese, tuttavia la disponibilità tedesca non risolve un problema che riguarda l'intera Europa. Faccio presente che le relocation erano obbligatorie". Secondo Minniti "il peccato originale è il regolamento di Dublino. Quando stabilisci che il Paese di primo approdo deve affrontare il problema, non si tiene conto del principio solidale dell'Europa e le risposte all'esigenza di cambiamento di quell'accordo verso un approccio più solidale non vanno nella direzione auspicata". Parole dure, quelle del ministro, che attacca in modo frontale l'Europa.

LA RAGGI FATTA FUORI "Complotto per incastrarla" Ecco che cos'hanno trovato

Un "complotto per incastrarla": la terza polizza di Romeo, la cassetta svuotata



Spunta una terza polizza intestata a Virginia Raggi, del valore di 8mila euro, accesa il 26 gennaio dopo la convocazione della sindaca di Roma dai magistrati nell'indagine sulla nomina di Renato Marra a capo del dipartimento Turismo del Campidoglio. A dare notizia degli sviluppi dell’inchiesta sono Repubblica e il Corriere della Sera che riferiscono anche che una cassetta di sicurezza intestata a Salvatore Romeo fu svuotata il 19 dicembre 2016, poco dopo l’arresto di Marra con l’accusa di corruzione. 

Sulla terza polizza, che appare difficile da spiegare, il Corriere della Sera parla del "sospetto di manovre per incastrare" la sindaca. Come ricorda Fiorenza Sarzanini sul quotidiano, Romeo "nel gennaio 2016, sei mesi prima che Raggi fosse eletta, aveva stipulato altre due polizze: una da 30mila euro, una da 3mila, entrambe intestate a lei. Quando la sindaca si presenta davanti ai pm, la polizia ha rintracciato soltanto le prime due. Le vengono mostrate e lei giura di non saperne nulla, dice di essere "sconvolta". Si scopre poi che "Romeo ha aperto una nuova polizza poco dopo la notizia dell'inchiesta su Raggi. Quanto basta per ipotizzare che sia una manovra per metterla in difficoltà, anche perché "era stato proprio lui dopo la scoperta dei primi due contratti" a chiedere "pubblicamente scusa".

Dubbi sollevati anche da Repubblica, che sottolinea un "tempismo apparentemente irragionevole, al limite dell'autolesionismo". Le domande dei pm a Romeo l’8 febbraio scorso erano incentrate proprio su questo, per capire perché "era stata accesa quella terza polizza in un momento in cui l'indagine della Procura aveva acceso un faro sulle precedenti due e la Raggi si preparava per giunta ad affrontare il suo interrogatorio? Per metterla in difficoltà? Per alzare una cortina di fumo?". Altro particolare su cui il quotidiano si focalizza è la cassetta di sicurezza, "aperta e svuotata del suo contenuto la mattina del 19 dicembre 2016, un lunedì, primo giorno utile di apertura della banca dopo una data che in questa storia conta. Il 16 dicembre, un venerdì, quando Raffaele Marra, che di Romeo è il fratello siamese in questa storia, viene arrestato per corruzione per la compravendita di favore di un appartamento del costruttore Scarpellini".

Raggi, spunta un documento bollente Cosa s'è azzardata a firmare (con Frongia)

Il documento che smaschera la Raggi. Ecco cosa ha fatto contro lo stadio


di Francesco Specchia



Virginia Raggi è davvero all'ultimo stadio. Stadio della Roma, intendo. Probabilmente ha ragione Vittorio Sgarbi il quale, in ogni tempo, luogo e posizione, si sgola contro il via libera della giunta Raggi al nuovo impianto di Tor di Valle, «la più grande speculazione edilizia mai vista nella Capitale...», appoggiato da una flotta di associazioni ambientaliste senza colore politico che variano da Italia Nostra al Comitato Salviamo Tor di Valle. E, mentre Sgarbi ventila una «pubblica disfida» urbanistico/retorica col consulente della Raggi Francesco «il Pupone» Totti, ecco che ora emerge in tutta la sua potenza il voltafaccia della sindaca. La quale, se oggi si sente sentimentalmente affine al popolo romanista e al suo circo pallonaro - lo sfavillio storico del panem et circenses - , soltanto il 3 dicembre 2014 diceva «il procedimento di approvazione dell'impianto sportivo è un'enorme speculazione immobiliare avente lo scopo fraudolento di assicurare enormi vantaggi economici a società private a scapito degli enti pubblici coinvolti e a discapito dei cittadini. Appaiono non sussistere i requisiti di pubblica utilità previsti dalla legge di riferimento».

Questo diceva Virginia, in un feroce esposto al Procuratore della Repubblica contro i palazzinari dello stadio; esposto firmato assieme agli allora magnifici (davvero) consiglieri comunali romani M5S tra cui Daniele Frongia,Marcello De Vito, Enrico Stefano, Davide Barillari,Valentina Corrado, che chiosava: «la scelta dell'area è scellerata, altro che quella ottimale. Da tale scelta scaturisce il piano economico miliardario e futuri costi, diretti e indiretti, per la collettività».

E la stessa, giusta, furia ecologica Raggi e il suo alter ego Frongia affermavano in drammatiche audizioni ai consigli comunali. Soprattutto Frongia, la «mente», con Raggi assenziente e sorridente affianco, in un delicato magliocino amaranto, affermava il 21 dicembre 2014: «Vi invitiamo (rivolto agli allora consiglieri Pd di maggioranza, ndr) a riflettere sulla base di quanto previsto dalla legge e dall' istituto nazionale di urbanistica... (con lo stadio) non c' è miglioramento della vita dei cittadini ma semplicemente di chi utilizza questa struttura. Voi che voterete questa delibera andrete a peggiorare la qualistà di vita dei cittadine...». Il Frongia spiegava i trucchetti lottizzatori dietro il progetto, di come «far lievitare i valori dei terreni da 78 euro a 780 euro»; dava, insomma, lezioni di «buona urbanistica» con slancio a metà fra Renzo piano e Zaha Hadid. Sicchè, dallo scranno dei Cinquestelle, allora all' opposizione, si levavano frasi come «gli emendamenti sono come lifting a un cadavere»; «nessuno avrebbe scelto quell'area»; «lo stadio è un regalo di Natale ai poteri forti»; «è contra legem»; «è un regalo non per i tifosi ma per i Parnasi e per gli Armellini» ai costruttori e ai palazzinari; «è un progetto che tradisce la lettera e lo spirito della legge ed il Piano regolatore ne esce stravolto).

Lo stadio tradisce i cittadini, il piano regolatore, lo spirito stesso di Roma, affermavano i Raggi Boys, facendone un refrain per l'intera legislatura. Lo spirito era lo stesso che coerentemente accompagna ora l' assessore all'Urbanistica Berdini. Che è un tantino pettegolo, ma tecnicamente attrezzato: «Sono contrario: abbiamo due stadi meravigliosi, Olimpico e Flaminio, quest'ultimo ora quasi pericolante...Stiamo a 13,5 miliardi di deficit per l'urbanistica non sensata, poi due miliardi accumulati in tre anni di Marino. Roma sta fallendo e noi parliamo del videogioco stadio, una follia urbanistica scellerata?». Il tutto accompagnato da relazioni tecniche su rischi idrogeologici e speculazioni edili. Naturalmente metà del Movimento, ancor oggi, la pensa come la pensava Virginia Raggi allora.

La quale Virginia fece una cosa cazzutissima vietando le Olimpiadi. Che adesso alle «ragioni delle bellezza» (direbbe Sgarbi) preferisca quelle del tifo matto e disperatissimo; bè, è più di un delitto, è un errore (direbbe Talleyrand).

Il colpaccio anti-Silvio di Salvini Imbarca tre ex big del Pdl / I nomi

Alemanno, Storace e Fitto: sì alle primarie di Salvini



Parteciperà anche il Polo sovranista di Gianni Alemanno e Francesco Storace alle primarie dell' 8 e 9 aprile annunciate da Matteo Salvini. A spiegarlo sono stati i due leader, presentando il congresso di fondazione del nuovo movimento, che si terrà dal 17 al 19 febbraio, al Marriot Park Hotel di Roma. «Berlusconi farebbe malissimo a sottovalutarle, non si può pensare che il leader si scelga in una stanza», ha commentato Storace. Nel prossimo fine settimana, quindi, "Azione Nazionale" di Alemanno e La Destra di Storace si fonderanno. «Lanceremo sul web un sondaggio aperto a tutto il popolo della destra per scegliere insieme il simbolo e il nome del nuovo movimento», fanno sapere i due leader. Favorevole alle primarie anche Raffaele Fitto.

Pd, la lite tra Orlando e Boschi sulla segreteria

Pd, la lite tra Orlando e Boschi sulla segreteria



L'uomo del momento, nel Pd, è lui. No, non Renzi, che sembra più l'uomo del passato, anche se si ricandiderà segretario al prossimo congresso. Ma Andrea Orlando, Guardasigilli in carica e da molti nel partito considerato come l'unico in grado di scongiurare la scissione. L'uomo, insomma, che sarebbe in grado, candidandosi e divenendo segretario, di tenere insieme le varie anime del Pd. Ieri orlando, riporta il quotidiano La Repubblica, è stato a lungo a colloquio con Bersani e poi con Cuperlo ma un faccia a faccia l'ha avuto anche con Maria Elena Boschi, che il quotidiano di sinistra definisce "la sentinella di Renzi a palazzo Chigi". Alla quale avrebbe tentato di spiegare le ragioni della sua scelta di correre per la segreteria: "Dobbiamo evitare la scissione, se va via mezzo partito il Pd che senso ha?". Maria Elena, però, l'avrebbe presa tutt'altro che bene e sarebbe uscita assai irritata dall'incontro col ministro della Giustizia.

Feltri: "Fini indagato? Ve la dico io qual è la vera beffa per Gianfranco"

Vittorio Feltri: "Fini rovinato dalla patata"


di Vittorio Feltri



Complimenti alla magistratura, che per indagare Gianfranco Fini (riciclaggio) ci ha messo sette anni, pochi in confronto all'eternità. Non sappiamo come andrà a finire, però siamo a conoscenza di come tutto cominciò. Era il 2010. Dirigevo il Giornale (sissignori, quello della famiglia Berlusconi) dove scrissi articoli critici sul conto dell' allora presidente della Camera, rimproverandogli di essere troppo duro nei riguardi del centrodestra, con i voti del quale egli era stato eletto ai vertici di Montecitorio, e troppo tenero verso la sinistra, che si esercitava quotidianamente nel tiro al bersaglio, vittima il Cavaliere, allo scopo di far cadere il governo. Fini infatti ogni giorno colpiva il suo socio in affari politici, Silvio, ricevendo gli applausi dei progressisti, ben felici di avere un amico tra i nemici.

I miei pezzi un po' acidi innervosirono parecchio la terza carica dello Stato, al punto che decise di querelarmi per diffamazione. Nel processo di primo grado fui condannato a 1500 euro di multa. In quello d' appello, celebratosi molto più tardi, quando il querelante non era più neanche parlamentare, venni assolto. Segno che non avevo torto. Ma questo è un episodio marginale, non per me bensì per il lettore che se ne fotte della mia trascurabile persona.

Lo stesso anno, il 2010, in estate fui messo al corrente da un grande giornalista, Livio Caputo, che Gianfranco aveva venduto per pochi soldi una casa a Montecarlo ricevuta in eredità da una nobildonna bergamasca. Motivo della donazione: finanziare la buona causa della destra.

Fini invece alienò il quartierino per altri scopi meno chiari. Tant'è vero che l'immobile risultò nella disponibilità di Giancarlo Tulliani, fratello di Elisabetta, convivente o moglie del presidente. L'operazione secondo le nostre fonti era avvenuta in modo tale che l'appartamento rimanesse della famiglia e non fosse destinato interamente a foraggiare il partito. Una manovra scorretta, per usare un linguaggio delicato.

Fini negò risolutamente ogni nostra affermazione, respingendola addirittura con indignazione quasi si trattasse di attacco a sfondo politico. Seguirono dibattiti televisivi in cui fui accusato di essere un servo di Berlusconi, colui che gestiva la macchina del fango facendo l'interesse sporco del premier. Daria Bignardi, ora direttrice capace di Rai3, mi invitò al suo programma, Le invasioni barbariche, e mi tese un agguato: tu sei il giornalista che infanga il presidente della Camera. Poiché sul display del mio cellulare avevo la foto di un gatto purtroppo morto da mesi, mi sfotté: come si fa a tenere l'effigie di una carogna anziché quella dei propri figli? Inutile dire che gliene dissi di tutti i colori. La registrazione della trasmissione si trova ancora su internet. Guardare per credere.

La stampa in blocco d'altronde faceva il tifo nella circostanza per Gianfranco e si divertiva a bistrattare il Giornale e il suo vituperato direttore. Giuseppe D'Avanzo, divo di Repubblica, una specie di pm prestato all'editoria, mi strapazzò e coprì di insulti perché a suo giudizio mi inventavo ogni schifezza per sputtanare gli avversari di Berlusconi. Altri commentatori lo emulavano.

Una gara a chi picchiava più forte sul Giornale e su di me. Una manifestazione pubblica e clamorosa di imbecillità degli scribi che, invece di accertare la veridicità della nostre notizie sullo scandalo di Montecarlo, si mobilitavano onde smontarle pur di proteggere Gianfranco, meritevole di appoggio in quanto anti-berlusconiano militante.

Trascorre oltre un lustro da quei tempi bui e la magistratura non solo scopre che avevamo ragione noi negletti, sul famigerato appartamento di Montecarlo, ma apre una inchiesta su altre delicate questioni che ha portato al sequestro di beni per 5 milioni della coppia Fini-Tulliani. La vicenda è collegata ai traffici di Corallo (giochi d' azzardo e similari) ormai noti e sotto la lente degli inquirenti. Ogni commento ulteriore sarebbe superfluo, tranne uno: il problema è sempre la patata più o meno bollente. Anche il povero Giancarlo quanto lo stesso Silvio è cascato sulla gnocca. Come si è invaghito di Elisabetta, tardivamente, si è rovinato e difficilmente riuscirà a salvarsi.

Sessismo o non sessismo, vari uomini si buttano via per inseguire gonnelle. La storia della Raggi è diversa. Di solito sono i maschi a mettersi nei guai per proteggere la signorina segretaria. Il caso della sindaca di Roma è singolare e si inquadra nel femminismo: lei è la prima donna che inciampa a causa del suo segretario. È l'evoluzione della specie, bellezza.