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lunedì 24 ottobre 2016

Altro che la Panda Rossa di Marino... Vergogna-grillina: dove entra in auto

Paola Taverna peggio di Ignazio Marino: al Campidoglio in auto senza autorizzazione


Roba da far impallidire la Panda Rossa di Ignazio Marino. Protagonista della malefatta è la senatrice grillina Paola Taverna, una dura e pura che tuona contro casta e privilegi. Bene, ma che ha fatto la Taverna? Presto detto: un bel giretto in macchina fino all'area riservata del Campidoglio, quella in cui possono entrare solo i mezzi di sicurezza e i pochissimi autorizzati da Palazzo Senatorio. Un bel giretto per portare il figlio a un laboratorio organizzato nella sala della Promoteca. Un bel giro senza permesso. Una vicenda di cui dà conto Il Messaggero, che dà conto anche della rabbia degli altri genitori: "Lei è potuta arrivare fin sopra al colle capitolino. Ha superato il blocco dei vigili urbani dicendo che è una senatrice, mentre tutti noi abbiamo dovuto trovare parcheggi lontanissimi e percorrere la salita a piedi".

Bello essere Casta, vero?

La verità su quei milioni di Corona Parla il megatestimone: lo sfogo in tv

La verità su quei milioni di Fabrizio Corona. Parla il supertestimone: lo sfogo in televisione



"Non sono mai stato un autista di Corona. Io organizzavo le famose serate di Fabrizio. Gestivo tutte le chiamate dal novembre 2015, da quando lui ha avuto il permesso per andare in giro. Penso che abbiamo fatto circa 500 eventi. Facevamo ospitate più o meno brevi in lounge e negozi di abbigliamento. Capitavano situazioni grottesche e per questo motivo le chiamavamo ’macellerie". Così Fabrizio Scippa, responsabile eventi dell’agenzia Atena di Fabrizio Corona, ospite in studio a Domenica Live, programma condotto da Barbara d’Urso su Canale 5. Il fotografo dei vip è tornato nei giorni scorsi in carcere, a San Vittore, dopo il ritrovamento di un milione e 760mila euro nel controsoffitto dell’appartamento di una sua collaboratrice, Francesca Persi. "Certo che la conosco. Si è anche confidata molto con me, come si può fare tra colleghi. Era titolare dell’Atena. Non mi permetto di dire se era prestanome", ha aggiunto. "Se Corona si credeva infallibile? Questo è un atteggiamento che ha avuto sempre, lui non se ne rendeva conto. È stato ripreso dal vortice di anni fa", ha sottolineato ancora Scippa. Che ha poi spiegato tornando sull’attività dell’agenzia: "Nel momento in cui ricevevo la richiesta per una data di Fabrizio prima pattuivamo il cachet in base alla tipologia della serata. Non so nulla di pagamenti in nero. I contratti non venivano mai stracciati. Se faccio un calcolo di logica, è impossibile che tutta quella cifra sia stata fatta per le serate. La maggior parte delle lamentele dei clienti era per le voci di contratto non rispettate". "Da lunedì a giovedì - ha raccontato ancora Scippa - facevamo lavori d’ufficio e nel weekend le serate. Io non ho mai guidato la macchina. Chiedevo aiuto ad alcuni amici per le auto. Trentamila euro di multe non pagate? Siamo praticamente arrivati alle mani in ufficio con Corona. Gli ho chiesto di pagarmi le multe, visto che andavamo sempre a 200 km all’ora. Ma lui non ne voleva sapere e siamo quasi arrivati alle mani davanti a 12 dipendenti". E ancora un focus sull’ex di Corona, Nina Moric: "Un giorno c’erano dei mediatori che volevano chiudere una data di Nina. Io ho fatto un contratto - ha confessato Scippa - tramite la nostra agenzia. Corona mi ha accusato di aver preso dei soldi, ma ci sono testimoni. Lui, invece, si è intascato l’acconto di 500 euro per il viaggio, io non c’entro niente. Questa è stata la goccia che ha fatto traboccare il vaso", ha concluso.

Sgarbi trascina in tribunale Briatore Clamorosa e torbida storia di donne

Vallettopoli, Vittorio Sgarbi riapre il processo: chiamati a deporre Briatore, Totti & Co


di Franco Bechis
@FrancoBechis



Più che un processo, rischia di diventare un grandissimo show. Ed era presumibile, visto che per l’ennesima volta alla sbarra ci sarà Vittorio Sgarbi, il critico d’arte che raramente tiene a freno la lingua. Ancora una volta è imputato per diffamazione, per una grandinata di parole che sette anni fa aveva investito suo malgrado l’ex pm di Potenza (ora sta a Napoli), John Henry Woodcock, che quindi l’ha querelato. Il processo è in corso davanti al tribunale di Catanzaro, e siccome l’oggetto del contendere era- chiamiamole così- una serie di critiche all’inchiesta su Vallettopoli che Sgarbi rivolse al pm durante una puntata dell’Arena di Massimo Giletti il 5 aprile 2009, i legali del critico d’arte hanno avuto la bella idea di rifare quel processo nell’aula di Catanzaro.

GILETTI E L’ARENA
E così hanno compilato una lista testi a difesa che dal gennaio prossimo accenderanno i riflettori su quel tribunale. Perché in aula subito sfileranno oltre allo stesso conduttore televisivo Giletti, anche gli altri partecipanti a quella puntata dell’Arena: Alba Parietti e Klaus Davi. Dovranno raccontare che cosa esattamente è stato detto in quella trasmissione, e con quale spirito e clima di studio si è infiammato il dibattito che subito scandalizzò molti telespettatori: era infatti il pomeriggio della domenica delle Palme 2009, e certo il pubblico non si attendeva nel pieno della festa religiosa i fuochi di artificio di Sgarbi, a cui era comunque abituato da anni. Giudizi più che taglienti sulla utilità di quell’inchiesta vip, successivamente in gran parte smontata dalle sentenze, e accuse dirette al pm che ne fu protagonista, offeso anche dal fatto che Sgarbi nel suo tipico crescendo, lo aveva appellato in questo modo: «secondo me Woodcock è un Fabrizio Corona mancato...».

ALTRI TESTIMONI
Anche per questo motivo i legali di Sgarbi, in primis l’avvocato Giampaolo Cicconi che lo ha difeso in molti processi di diffamazione, e poi Vincenzo De Caro, hanno allargato la lista testi anche all’ex fotografo dei vip, finito ancora una volta in carcere (ad Opera) per avere nascosto in casa di una collaboratrice dei compensi in nero milionari di cui nulla aveva detto alla magistratura. Ma non ci sarà solo lui, perché Sgarbi prova a farsi difendere dalle testimonianze degli indagati più noti dell’inchiesta di Vallettopoli. Chiamerà quindi a raccontare quel che gli è accaduto Vittorio Emanuele di Savoia, che dovette subire- accusato di associazione a delinquere finalizzata alla corruzione e di sfruttamento della prostituzione- l’onta del carcere, sia pure per una settimana. Vittorio Emanuele poi è stato assolto da tutte le accuse, e ha fatto causa allo Stato italiano ottenendo 40 mila euro per l’ingiusta detenzione, e da Sgarbi sarà chiamato a testimoniare proprio la sua disavventura giudiziaria.

Da Montecarlo dovranno arrivare a Catanzaro in soccorso del critico d’arte anche Elisabetta Gregoraci e Flavio Briatore. La prima fu coinvolta insieme all’ex portavoce di Gianfranco Fini - Salvatore Sottile- nell’indagine di Woodcock per presunti favori sessuali concessi (e poi si dimostrò che non fu così) per avere una parte in programmi Rai. Il secondo già all’epoca era il fidanzato della soubrette, e certo deve avere masticato amaro pur restando sempre a sostenerla. I legali di Sgarbi chiameranno a testimoniare anche il calciatore Francesco Totti e Flavia Vento. Anche loro furono con ruoli diversi sfiorati dall’inchiesta di Potenza, che ipotizzò un ricatto di Corona e della Vento nei confronti di Totti. La show girl avrebbe rilasciato interviste a settimanali scandalistici su un suo presunto flirt con il calciatore, che era alla vigilia del matrimonio con Ilary Blasi, già in stato interessante. Corona avrebbe trattato con l’entourage di Totti un compenso di 50 mila euro per non fare pubblicare l’intervista. Ma nel prosieguo del procedimento anche questa accusa sarebbe saltata. La diffusione sulla stampa dell’epoca dell’intera vicenda ha creato però problemi alla vita dei protagonisti, che probabilmente non hanno oggi un affettuoso ricordo di John Woodcock.

Frecciate, smorfie, battute, attacchi: Renzi e Annunziata, così finisce in rissa

Renzi dall'Annunziata, la cronaca di un duello tesissimo



Scintille a In Mezz'Ora, dove l'ospite d'onore era Matteo Renzi. Altissima tensione quando il dibattito si sposta sullo 0,1% della legge di bilancio al centro della disfida tra governo ed Europa. Un'Annunziata nervosissima ribatte colpo su colpo al premier, che non molla di un millimetro e la subissa di parole. Su Twitter, infatti, uno dei ritornelli più diffusi era: "Renzi intervista l'Annunziata". Lucia non molla sullo 0,1%, e Renzi la incalza: "Perché insiste?". "Sono curiosa". Touché.

Altro scontro violento sulla rottamazione delle cartelle e l'abolizione degli interessi, sul quale la conduttrice si mostra scettica: "Sì, ma c'è chi quegli interessi li ha pagati". Un colpo basso, al quale il premier risponde dopo poco. Si è tornati a parlare del referendum, la discussione è ancora accesissima, e la Annunziata afferma: "Io non so come arriveremo alle 4 con queste discussioni". Assist perfetto per il premier, che la infilza: "Io non so come si arriva alle tre, anche perché gioca la Fiorentina".

Quando si parla del viaggio negli Usa e dell'endorsement di Obama, Renzi spiega: "Ognuno ha i suoi di endorsement. C'è chi ha quello di Obama e quello di D'Alema". E Annunziata difende Baffino: "Paragonandolo al presidente degli Stati Uniti gli fa un grande onore". Dunque il premier ricorda le parole di Obama, preoccupato per l'Europa perché "torni a parlare il linguaggio della crescita e non dell'austerity" e sostiene che quello del presidente americano è "un grande endorsement per l'Italia"

La battaglia prosegue, con un'Annunziata sempre più nervosa. Si parla della manovra e dell'inter che dovrà seguire in Parlamento. Renzi continua a dirle: "Ma entriamo nel merito del provvedimento". E Lucia: "Anche parlare degli iter è una questione di merito. Non può ripetermi sempre la stessa cosa". E Renzi: "Cosa starei facendo di così scorretto, mi scusi?". E in studio ancora gelo, ancor più tensione. A quel punto si è quasi alla fine, emblematici i saluti dell'Annunziata: "La ringrazio presidente, di essere sempre qui anche se non andiamo spesso d'accordo". E Renzi: "Sempre qui? E che è, uno stalking?". Alla prossima puntata.

domenica 23 ottobre 2016

L'Italia sparirà, la data del disastro La missione disperata per salvarci

Thwaites, il ghiacciaio che sommergerà l'Italia: inizia la missione per capire quanto tempo ci resta



Dopo secoli di inattività, qualcosa si sta risvegliando nelle viscere del ghiacciaio Thwaites. Tanto che gli scienziati hanno deciso di partire per osservare quella massa di ghiaccio nell'Antartide occidentale da vicino. Il punto è che quel ghiacciaio si sta erodendo a ritmi sempre più rapidi: colpa, affermano, del riscaldamento dell'acqua marina. Il punto, come sottolinea Repubblica, è che Thwaites, con una lingua nel mare lunga circa 100 km e una superficie di 182mila km quadrati, se si sciogliesse sarebbe in grado, tutto da solo, di aumentare il livello degli oceani di più di tre metri. Con conseguenze devastanti per le terre emerse, ovvero per noi.

Sono due anni, ormai, che gli scienziati si sono resi conto dell'instabilità del ghiacciaio. Così la National science foundation americana e i britannici del Natural environment research council hanno deciso di non aspettare oltre: per quattro anni, a partire dal 2018, studieranno da vicino la massa di viaggio. Un'operazione che costerà 25 milioni di dollari, escluse spese per viaggi e logistica per raggiungere una delle zone più inaccessibili del mondo. Lo studio del gigante avverrà grazie a navi, boe, sensori di temperatura, sottomarini robot e perlustrazioni.

Il fattore più preoccupante è che per fermare l'erosione non si può fare nulla: lo scopo della missione, in soldoni, è comprendere quanto tempo ci resta. Le due agenzie che lavorano al progetto hanno spiegato: "Il futuro del ghiacciaio è una delle incognite più preoccupanti dell'Antartide occidentale, in cui è depositata una quantità d'acqua capace di far aumentare il livello dei mari del pianeta di oltre tre metri". Se Thwaites scomparisse, inoltre, innescherebbe a catena lo scioglimento di altri ghiacciai.

"A differenza dell'Artico - continuano gli scienziati -, in cui il ghiaccio galleggiante è formato da acqua salata e la fusione non contribuisce all'innalzamento dei mari, l'impatto dell'acqua dolce della calotta antartica sarebbe enorme". Per inciso, negli ultimi sei anni la massa del ghiacciaio che si è sciolta è raddoppiata, "e oggi ha raggiunto un livello tale da contribuire per il 10% all'innalzamento totale dei mari".

Secondo le stime attuali, devono passare almeno 10 anni prima che Thwaites diventi totalmente instabile, con l'acqua salata calda in grado di erodere la sua base, esponendo altro ghiaccio al contatto col mare in quella che, a quel punto, diventerebbe una situazione irreversibile. Ed è ciò che potrebbe accadere in caso di scioglimento totale a terrorizzare: soltanto in Italia, verrebbero cancellati il delta del Po, la costa della Toscana del nord, varie parti della Puglia e Basilicata, il porto di Napoli e la periferia sud-ovest di Roma. Negli Usa sparirebbe un quarto della Florida e circa 300 km di costa tra Boston e New York.

"Che cosa mi faceva il cliente 70enne": baby squillo, l'orrore su una minorenne

Il nonno arzillo che andava a baby squillo. Innamorato pazzo: come le pagava



C'era anche un uomo di 70 anni tra i clienti delle baby squillo romane. Non un cliente come altri, ma uno totalmente innamorato di una delle quindicenni per la quale aveva completamente perso la testa. L'uomo le portava fiori, la chiamava "amore mio" e non le faceva mai mancare una ricarica telefonica per farsi chiamare. L'ultima torbida storia di sesso e minori della Capitale non ha più come scenografia il lussuoso quartiere Parioli, ma il più dimesso litorale romano. Le ragazzine usavano spesso una stanza in una cascina, con letto e stufa, oppure un appartamento messo a disposizione da una donna. Un imprenditore agricolo, proprietario della cascina, e la donna sono indagati per sfruttamento della prostituzione minorile. Meno grave la posizione del 70enne innamorato, accusato solo di prostituzione minorile, come riporta il Messaggero. Nei guai anche un cinquantenne, cliente fedelissimo e all'occorrenza anche autista per le ragazze.

Nonno di Lorys, intervista esclusiva: "Che violenza ho subito da Veronica"

Parla a Cristiana Lodi, il nonno di Lorys: "Le bugie di Veronica per incastrarmi, ma non ha ancora detto tutto"


intervista di Cristiana Lodi



"E quell'angelo? Lei sa che quel bambino se lo sono dimenticati tutti? Tutti. A cominciare da lei: sua madre».

Trent'anni signor Andrea Stival, sua nuora è stata indicata come l'unica assassina in questo primo grado di giudizio. Una sentenza che la scagiona.

"Trenta, quaranta… non fa differenza. Nemmeno cinquant'anni sarebbero bastati per restituire giustizia a Lorys".

Ma trent'anni sono il massimo della pena col rito abbreviato scelto da Veronica Panarello. Il giudice non ha concesso attenuanti.

«Solo chi sta soffrendo questa tragedia può capire che qualsiasi pena non basta. Solo chi ha avuto nel cuore quel piccolo angelo, che resterà sempre con noi, può comprendere che il dolore non avrà mai tregua. E che non ci sarà mai, dico: mai pace per quel bambino che merita giustizia».

C'è una condanna. E un nuovo procedimento per calunnia consumata a suo danno.

«Lei non ha detto la verità. Perché non la dice? Soltanto quando dirà la verità, quella vera e non la "sua" o una della tante "sue", Lorys potrà avere pace e giustizia».

Sua nuora l'ha accusata di essere il suo amante. E l'assassino di Lorys. Come si sente?

«Vede… con quel bambino se n'è andata la metà di quello che ero io: Andrea Stival. Io gli volevo un bene dell'anima (così come ne voglio all'altro piccolino, suo fratello). Io sono sempre stato un nonno e un padre che ha desiderato e fatto il bene dei propri nipoti e dei propri figli. Sono soltanto questo. Come potevo uccidere, io? E poi scusi, mi spiega per quale ragione mia nuora (se aveva qualcosa da dire…) se aveva questa tremenda "verità" dentro di sé e che la scagionava, non lo ha detto subito? Perché ha aspettato un anno e mezzo prima di provare a discolparsi inventando questa bugia assurda? E' una storia che non ha testa né piedi. Una menzogna che fa seguito a tante altre bugie raccontate da Veronica con consapevolezza: "Il bambino l'ho portato a scuola… No, il bambino si è ucciso da solo… ma per favore…" e poi, dopo un anno e mezzo, accusa me con questa cosa assurda».

Come apprese che le aveva dato la colpa?

«Tramite gli organi di stampa. Pensavo fosse un errore dei giornali. Invece no, lei lo aveva detto davvero. Da lì, da quel momento, mi sono rivolto al mio avvocato: Francesco Biazzo, che già mi difendeva come parte offesa nell'omicidio di mio nipote».

L'hanno indagata per concorso in omicidio.

«Ma io non ho mai avuto timore di niente, mai. Sono sempre stato tranquillo. Il sonno semmai l'ho perso per Lorys, il giorno in cui è stato ucciso».

Che rapporto aveva con Lorys?

«Ah… magnifico. Era bellissimo. Sua madre lo portava a casa. Insieme, anche con mia nuora stessa, andavamo in giro. Avevamo un buon legame perché io per Lorys impazzivo. Chi poteva non voler bene a quel bambino. Uscivo pazzo per lui. Gli davo tutto quello che a me è sempre mancato. Io ero il nonno e mi sentivo felice perché avevo tanto tempo per lui e potevo stargli accanto anche più del suo papà, di mio figlio. Per me Lorys era tutto. Avermi tirato in mezzo con quell'accusa infamante è stato pazzesco. Vedere rivoltato l'amore che avevo per quel bambino, è stato tremendo. Anche se le indagini avevano subito escluso un mio coinvolgimento».

Avete avuto timore durante le indagini?

«No, io ho sempre collaborato con la polizia. Con la Procura. Ho raccontato tutto. Io e la mia compagna siamo stati controllati, setacciate le nostre utenze telefoniche, rivoltati come calzini. La nostra vita non era più vita».

Avete riferito agli inquirenti quello che avete fatto quella mattina?

«Completamente. Siamo stati sentiti più volte».

Dove eravate?

«Ci siamo svegliati alle 9. Forse Lorys era già morto. Chissà. Alle 10 mezzo siamo usciti e ci siamo diretti verso la piazza. Abbiamo bevuto un caffè. Dalla piazza siamo andati in farmacia, poi dalla farmacia ci siamo diretti a Punta Secca e da lì siamo andati al negozio vicino a casa di Veronica».

In un primo interrogatorio avevate omesso di dire questo dettaglio alla polizia, perché?

«Una dimenticanza che è stata ingigantita. Hanno detto e scritto che eravamo agitati, scossi. Quel 29 novembre tutto si poteva pensare ma non che noi fossimo andati lì perché mia nuora aveva ucciso il bambino. Il fatto di non averlo detto non significa nulla, perché noi non abbiamo niente da nascondere. Questa è una tragedia immane e accusarci di questa dimenticanza è assurdo. Noi siamo stati sentiti, i nostri alibi controllati, siamo tranquilli e non abbiamo nulla da dimostrare a nessuno. I tabulati telefonici hanno provato che eravamo a casa. I testimoni pure. Nessuna telecamera ha ripreso me entrare in quella casa. Lei, invece, è stata filmata dall'inizio alla fine. E nonostante questo ha mentito e mente».

Prima della sentenza, lei si era dichiarato pronto a un confronto con Veronica.

«Certamente, lo ero. Il pubblico ministero non ha ritenuto di doverlo fare, ma io mi sono messo a disposizione per qualunque cosa fosse necessaria ad provare la verità. Non avevo niente da nascondere, ero e sono solo dalla parte della giustizia per quel piccolo».

Anche Veronica ha chiesto il confronto.

«Avrei davvero voluto che venisse concesso e lei trovasse il coraggio di dire questa inaccettabile bugia davanti a me, presente il magistrato. Avrei proprio voluto sentirla dire davanti a me che noi avevamo un rapporto, che ho ucciso il bambino. Queste menzogne non sono accettabili. Non lo sono per Lorys, non lo sono per me e nemmeno per mio figlio Davide».

Cosa vi siete detti, voi due?

«Davide conosce Veronica, sa quando mente. Lo ha fatto mille volte anche con lui. A Davide è venuto a mancare tutto: un figlio che adorava, una famiglia, il lavoro. Ora si aggrappa al piccolino, è in lui che cerca la forza di vivere. Ha bisogno della forza di quel bambino, così come lui ha bisogno del suo papà».

Davide ha subito creduto alla sua versione?

«Certo che sì. Noi siamo sempre stati legati, io so cosa pensa mio figlio. Lui conosceva la verità fin dall'inizio. Soprattutto sapeva che io non avrei mai potuto fare una cosa simile».

Poco prima dell'arresto, Veronica, le ha lanciato una bottiglia? Perché?

«Si. Veronica era in casa con tutti noi della famiglia. Cercavamo di capire cosa potesse essere successo. Chi poteva avere preso Lorys, e perché. Lei era stata interrogata più volte, le indagini e i sospetti erano concentrati su di lei. Dissi che tutti potevamo essere indagati. Di colpo, su quelle parole, lei si alzò dal divano e con un balzo si scagliò contro di me, lanciandomi la bottiglia d'acqua. E mi disse di uscire da quella casa. Ovviamente denunciai l'episodio».

Il giudice che ha condannato, ha anche inviato gli atti alla Procura ritenendo che lei sia vittima di una calunnia. Le dà sollievo?

«Ripeto, io ho smesso di dormire da quando Lorys è stato ucciso. Non ho mai avuto timore di niente, perché non ho fatto niente. Ora la giustizia continuerà a fare il proprio corso. Spero venga data davvero pace a quel bambino. Io l'ho visto il giorno prima: il 28 novembre 2014. Sono già passati due anni anche se sembra ieri. Era felice Lorys. Nonno andiamo? Nonno facciamo? Quel pomeriggio abbiamo giocato molto. Mai avrei pensato fosse l'ultimo».