Visualizzazioni totali

sabato 24 settembre 2016

Sfregio ai cattolici nel Duomo: che cos'hanno fatto gli islamici

Sfregio ai cattolici nel Duomo. Cosa hanno fatto gli islamici


di Matteo Pandini



I canti islamici piombano a Santa Maria del Fiore, il Duomo di Firenze, per un concerto che prevede anche melodie cristiane ed ebraiche. Perfino l'edizione locale di Repubblica, non un fogliaccio di destra, titola sui «canti islamici in cattedrale». Perché la notizia è che in un posto del genere arrivino proprio loro, i musulmani: nessuno avrebbe detto «beh» se avessero invitato i buddisti o i pastafariani o, appunto, gli ebrei.

Ma i maomettani, no. Scrive Repubblica: sotto la Cupola del Brunelleschi risuonerà «Il Corano è la giustizia», ma d'altronde - chiosa sempre il quotidiano, tutti «inneggiano allo stesso Dio. Lo fanno in modi differenti, ma tutte guardano la stessa luce». Sono tutte uguali, eppure perfino il giornale della sinistra colta mette in risalto la presenza dei musulmani, mica degli altri. E fa niente se riporta la dichiarazioni di una delle organizzatrici, secondo la quale «a dividere non è la religione, ma l'incultura», perché l'incultura si rifugia anche nelle religioni. E quando la religione è quella islamica, il mix è esplosivo. Letteralmente.

GLI IMBECILLI - Dai fratelli Kouachi a Coulibaly, per citarne due caso (attentati di Parigi), l'elenco di assassini musulmani col quoziente intellettivo di un posacenere è sconfinato. Nella cristiana Italia, male che vada i somari vengono eletti in Parlamento. Nelle comunità musulmane, qualche ignorante può perfino imbracciare il fucile, allacciarsi una cintura esplosiva, guidare un camion contro la folla. Il tutto mentre invoca Allah.

E comunque non va fatto cadere il testo della canzonetta islamica di Firenze, e che dovrebbe essere risuonata ieri sera ma il punto non è questo, non siamo critici musicali. Il punto è: come si può pensare di canticchiare «il Corano è la giustizia», tanto più nel Duomo, «forse per la prima volta in 720 anni di storia» come dice Repubblica? Ecco, per troppi musulmani il loro libretto è proprio così. «È» la giustizia nel senso che è proprio legge. E poi.

I più tarati che s'abbeverano del testo sacro dell' islam, poi, credono che la donna sia inferiore e gli infedeli - cioè tutti quelli che non sono musulmani - bestie da sgozzare. Eppure, «è legge»!

Fatto sta che il concerto - scrive il quotidiano - è stato proposto «una settimana dopo l'attentato a Charlie Hebdo», cioè una strage commessa da integralisti musulmani che urlavano «Allah è grande». Le religioni saranno tutte uguali, ma al momento non risultano orde di energumeni che, in tutto il mondo, ammazzano recitando il «padre nostro». Il problema è il solito. E questo è l'ennesimo articolo a cui ne seguiranno ancora tanti altri, perché ogni giorno capita un nuovo cedimento. Una nuova apertura ai maomettani.

Il solito problema è proprio l'Occidente rintronato, convinto che «siamo tutti uguali» anche se non è vero, forse perché è meglio mettere la testa sotto la sabbia anziché rischiare di farcela tagliare da qualche barbuto. Nelle moschee è vietato perfino entrare con le scarpe, le donne si devono coprire, gli infedeli vengono mal visti e per carità: è comprensibile, è casa loro, è giusto così.

IL PENSIERO - Ma chissà cosa pensano in certe comunità, in certe moschee, in certi Paesi che vivono di Corano e kebab e ancora Corano: chissà cosa pensano dei canti musulmani nel Duomo di Firenze. Forse non lo sapremo mai con esattezza, cosa pensano e cosa dicono, perché in troppi capannoni-sottoscala-magazzini trasformati in moschee abusive parlano in arabo anche se sono a Milano o a Roma o a Firenze. Hanno già conquistato interi quartieri, gli imam sono gettonatissimi nei nostri talk-show, l'odio anti-Occidentale è tracimato tra i detenuti. Ora i musulmani sono perfino nelle chiese, che si svuotano di credenti e si riempiono di fedeli di Allah. Firenze è solo l'ultimo caso. Corriamo verso il burrone, e forse ci siamo già caduti.

venerdì 23 settembre 2016

Dalla parte di Porro - "Violenza privata" contro Marcegaglia Stravince Nicola Porro: la sentenza

"Violenza privata" contro la Marcegaglia. Stravince Nicola Porro: ecco la sentenza



Assolto con formula piena. Vince, anzi stravince Nicola Porro, il quale secondo il tribunale di Roma non avrebbe esercitato alcun tipo di "violenza privata" nei confronti di Emma Marcegaglia quando era presidente di Confindustria. Smontato il teorema di Henry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, che ordinarono nel 2010 di perquisire le case e gli uffici di Porro, vicedirettore de Il Giornale.

La vicenda era sorta dopo l'intercettazione di alcuni sms di Porro da parte della procura di Napoli nell'ambito di un'altra inchiesta. Porro scriveva: "Domani super pezzo giudiziario sugli affaire della family Marcecaglia", "sposta i segugi da Montecarlo a Mantova". Il giornalista ha spiegato che erano sms di "cazzeggio", consueti tra gioranlisti ed addetti stampa. Per la procura di Napoli, invece, erano un "pizzino" con cui venive annunciata una campagna contro la Marcegaglia "in stile montecarlo". Niente di tutto questo.

UN'ALLEANZA CON GRILLO? Cav, una mossa clamorosa: la sua offerta (irrinunciabile)

Un'alleanza con Grillo? La clamorosa mossa di Berlusconi: un'offerta irrinunciabile



"Giudico interessante, comunque da approfondire, la proposta dei Cinque stelle sul proporzionale e le preferenze". Silvio Berlusconi, con un discreto colpo di teatro, tende la mano a Beppe Grillo nel dibattito sulla legge elettorale e sulle modifiche al testo. Lo fa davanti al Comitato di presidenza di Forza Italia, dove lascia intravedere una possibile convergenza con i grillini su una riforma alternativa all'Italicum.

Il Cav, indirettamente, risponde anche a Matteo Renzi, il quale continua a ripetere di essere pronto a modificare la legge a patto che ci sia una maggioranza in Parlamento. Una maggioranza che potrebbe plasmarsi, dunque, con Berlusconi, Grillo, la minoranza Pd e i centristi di Area Popolare, tutti favorevoli al ritorno del proporzionale, magari con un premio di maggioranza alla coalizione invece che alla lista.

Cav, addio Forza Italia: il nuovo nome E Silvio rivoluziona pure il guardaroba

Berlusconi, doppia rivoluzione. La prima: come si è vestito. La seconda: Forza Italia addio


di Salvatore Dama



La prima novità arriva dall’armadio. All’alba dei suoi ottant’anni, il Cavaliere abbandona il blu scuro, declinato nel suo guardaroba in tutti i capi, dal doppiopetto alle tute di felpa, per concedersi un celestino frufru che lascia di stucco i suoi ospiti. Abito e camicia. Omaggio all’ultima coda dell’estate, che in realtà, in Brianza, è già archiviata da un pezzo.

Preso atto della novità cromatica, il comitato di presidenza di Forza Italia, riunito in trasferta ad Arcore, non ha preso decisioni particolari. È stato uno sfogatoio, come normale che fosse, visto quanto rare sono le occasioni di confronto tra il capo e i suoi dirigenti di fascia A. I colonnelli sono andati via rinfrancati dallo stato di salute del Cav. L’hanno visto bene, in forma e rilassato. Volitivo. Senza fiatare, hanno ascoltato la lunghissima relazione dell’ex premier sull’attualità politica. Berlusconi ha messo in fila «tutti gli errori» del governo Renzi, dalla politica economica, alla gestione dell’emergenza profughi, fino alla minaccia del terrorismo internazionale. Silvio ha puntato l’indice anche sull’Europa e sulla mancanza di peso di questo governo nel braccio di ferro con l’asse franco-tedesco. «Lunedì sera», ha commentato, «ho incontrato Salvini. Quando parla di uscita dall’euro è capace di motivare molto bene le sue ragioni. A momenti convinceva anche me... Il problema esiste, inutile negarlo». Se ne riparlerà perché Silvio non vuole mollare l’alleanza con la destra populista. «Solo se è unito e se ha un programma condiviso», spiega ai suoi, «il centrodestra è un’alternativa credibile». Ed è il momento di riorganizzarsi perché «la sinistra è in difficoltà» e i «grillini stanno dimostrando che, alla prova del governo, sono un fallimento». Però prima della coalizione va rilanciato il partito. A novembre ci sarà la conferenza programmatica di Forza Italia per dire no al referendum coinvolgendo i quadri locali. L’apertura e la chiusura saranno affidate a Berlusconi, che non intende affatto abdicare al suo ruolo di leader.

Silvio si riposa dieci minuti prima di intavolare come ultimo argomento quello più spinoso. «Ben venga Stefano Parisi», esordisce l’ex premier, «sta lavorando per allargare il perimetro della coalizione e questo è un bene. Incontra il consenso dell’opinione pubblica. E i grandi giornali sono tutti dalla sua parte». Ancora: «Mi ha assicurato che non vuole fare una riedizione di Scelta Civica o di un’altra lista inutile. Sta lavorando con il mondo degli imprenditori e mi ha suggerito di cambiare il nome Forza Italia in Per l’Italia. Potrebbe essere una strada». Guardando le facce perplesse che lo circondano, però, Berlusconi corregge il tiro: «Devo anche dire che finora Parisi non ha dato grande prova di lealtà. Non ha ricordato i successi dei nostri governi e non ha mai denunciato quello che mi hanno fatto la sinistra e i giudici». Però, conclude Silvio, «diamogli una chance». Apriti cielo. Il Cav ha toccato, consapevolmente, un nervo scoperto. Non poteva fare altrimenti. Adesso però deve sorbirsi le lamentale dei colonnelli. Il più agguerrito, al solito, è Renato Brunetta. Per carità, premette il presidente dei deputati azzurri, «Stefano è un amico, ma non potrà mai fare il leader, non ha la stoffa». Ci vuole altro. E il fatto che Parisi sia coccolato dai «giornaloni» non è un bene per il centrodestra. Semmai è «la dimostrazione» di come mister Chili «sia in realtà la quinta colonna della sinistra, lo utilizzano per cancellare il berlusconismo». Finito l’intervento di Brunetta, attacca Paolo Romani: «Ma quale centrodestra, al Megawatt erano tutti bauscia! Quella gente non è il nostro elettorato, non ci ha mai votato». Giovanni Toti, altro anti-parisiano, evita di affondare il colpo. Un sondaggio pubblicato ieri dal Corriere lo dà come il leader più apprezzato in alternativa a Berlusconi, al 29% contro il 21% di Parisi. Gianfranco Miccichè è forse l’unico che difende Parisi. La base del partito non è contraria, semmai incuriosita dalla sua ascesa. «Tanti», rivela, «mi chiedono di organizzare eventi con lui». Forse in Sicilia. Ma altrove no.

Altri colonnelli vogliono prendere la parola per dire la loro, ma «è tardi», irrompe Niccolò Ghedini, «il presidente è stanco, deve riposare». E se lo porta via. Appuntamento a settimana prossima, quando Silvio festeggerà i suo 80 anni. Stavolta a Roma.

Bahamas, inchiesta sui soldi nascosti. Tremano politici e imprenditori italiani

Bahamas, inchiesta sui soldi nascosti. Tremano politici e imprenditori italiani



Dopo i Panama Papers ecco i Bahamas Leaks. Una nuova inchiesta giornalistica dell'International Consortium of Investigative Journalists (Icij), di cui fa parte l'Espresso, riporta Repubblica, si abbatte su questo paradiso fiscale e bancario dei Caraibi. Dal maxi-archivio con gli atti di oltre 175 mila società anonime registrate dal 1990 fino ai primi mesi del 2016. Alle Bahamas spuntano i nomi di politici, imprenditori, banchieri e finanzieri di tutti i continenti.

Tra i potenti dell' Europa con l'offshore alle Bahamas spicca il nome di Neelie Kroes, ex commissario alla concorrenza della Ue dal 2004 al 2010, poi responsabile dell agenda digitale dal 2010 al 2014. I Bahamas Leaks mostrano che la Kroes è stata amministratore di una società a tassazione zero delle Bahamas, carica rivestita tra il 2000 e il 2009 quando era la massima responsabile dell'Antitrust europeo. Di più. Come secondo amministratore della Mint Holdings compare l'imprenditore giordano Amin Badr El-Din, uomo d'affari legato alla UAE Offset, una società che reinveste i profitti ricavati dalla vendita di armi negli Emirati Arabi Uniti.

C'è poi il nome di Amber Rudd, il ministro conservatore dell'Interno britannico che ha sostituito Theresa May al momento della nomina a premier, quello di Carlos Caballero Argaez, ex ministro dell'Energia della Colombia, e i figli di due dittatori: Marco Antonio Pinochet, erede del dittatore cileno, e Abba Abacha, che avrebbe nascosto centinaia di milioni di dollari mentre il padre dominava la Nigeria.

Ci sono poi le offshore collegate all'Italia. Il settimanale rivelerà i nomi di industriali, banchieri d'affari, avvocati, commercialisti, nobili e big della finanza.

Lean management gestionale, la ‘pillola’ che guarirà la sanità

Lean management gestionale la ‘pillola’ che guarirà la sanità


di Martina Bossi



Potrebbero essere di oltre 20 miliardi l’anno i risparmi nella spesa sanitaria nazionale se nei servizi sanitari regionali si ricorresse in modo più diffuso al lean management (gestione snella), una modalità organizzativa e gestionale già applicata con successo nel settore dell’industria automobilistica (Toyota è stata la prima) e che ora comincia ad essere adottata con ottimi risultati in sanità, anche in ambito oncoematologico. Una pratica che si propone la riduzione degli sprechi di tempo e denaro e la massimizzazione del tempo dedicato al paziente. In pratica, si analizzano i processi di cura e si ottimizzano le singole attività che ne sono parte, riducendo tempi e attività superflue e concentrandosi, invece, su quelle che producono valore per il paziente. Questi dati sono emersi nel corso del convegno - tenutosi oggi all’Istituto Superiore di Sanità - sul tema ‘Patologie oncoematologiche: evoluzione della terapia e del modello assistenziale’. Considerando, ad esempio, i dati del rapporto GIMBE 2015 (Gruppo Italiano per la Medicina Basata Sulle Evidenze), si ritiene che il valore degli sprechi nelle diverse aree operative dei servizi sanitari sia dovuto per il 26 percento al sovrautilizzo di interventi inappropriati o inefficaci, per il 21 percento a frodi ed abusi, per il 19 per cento a tecnologie sanitarie acquistate a costi eccessivi, per il 12 per cento al sotto utilizzo di interventi efficaci o appropriati, per il 12 per cento a complessità amministrative e per il 10 per cento all’inadeguato coordinamento dell’assistenza. Valori, questi, che sovrapposti alle valutazioni del professor Donald Berwick, presidente emerito dello statunitense Institute for Healthcare Improvement, secondo il quale questo insieme di inefficienze pesa almeno per il 20 per cento sul totale della spesa Media Partner sanitaria, danno un’idea di quelle che potrebbero essere le risorse liberate per il nostro sistema sanitario da riallocare alle attività di valore per i pazienti e alla qualità delle cure.

Le potenzialità e gli effetti concreti - economici e non - del lean management sono stati resi evidenti nel corso del convegno di Roma con la presentazione del caso dell’Azienda Ospedaliera Universitaria (AOU) di Siena che in diversi ambiti, tra cui quello oncoematologico, ha conseguito risparmi e recuperi di efficienza non indifferenti, reinvestiti in alta tecnologia e in iniziative a favore del paziente. Nel periodo compreso tra il 2012 e gennaio 2016, l’AOU senese l’AOU senese ha registrato una soglia di risparmio di oltre tre milioni di euro. I proventi ottenuti da questi contenimenti sono periodicamente reinvestiti in iniziative a favore del paziente: una scelta importante, questa, visto che solo nel 2014 è stato raggiunto un risparmio, tra tutti i reparti, quantificabile in 600 mila euro, reinvestiti in alta tecnologia. «Tuttavia, l’aspetto economico per noi non ha rappresentato la prima priorità - spiega Giacomo Centini, direttore amministrativo AOU Senese - ma la conseguenza di scelte destinate a migliorare l’esperienza del paziente e la qualità delle terapie. Abbiamo individuato una gerarchia di priorità: prima di tutto servire meglio il cliente, poi costruire un ambiente lavorativo positivo per gli operatori e solo in ultima battuta ridurre i costi minimizzando gli sprechi». Uno degli elementi caratterizzanti il lean management, oltre alla razionalizzazione dei processi, è il ricorso, ove possibile, alla deospedalizzazione e all’assistenza domiciliare: una pratica che tiene il paziente oncologico lontano da possibili luoghi di contagio oltre a consentirgli una migliore qualità della vita. «In oncoematologia è sempre più auspicabile il ricorso alla deospedalizzazione - ha rilevato Mario Boccadoro, ordinario di Ematologia all’Università di Torino. Pensiamo alla chemioterapia: un tempo si faceva in regime di ricovero, poi in day hospital, poi in ambulatorio e ora anche domiciliarmene. È un’evoluzione naturale: si andrà sempre più in questa direzione. Pensiamo che in ematologia si fanno anche trapianti, a casa»

Whatsapp, occhio al messaggio Se clicchi ti rubano i dati / Guarda

Whatsapp, occhio a questo messaggio



"Molti utenti di WhatsApp stanno ricevendo un sms che li invita a rinnovare il servizio di WhatsApp per non vederlo disattivato. E' una truffa!", avverte la Polizia sulla sua pagina Facebook Una vita da social. "L'obbiettivo dei truffatori è quello di rubare i soldi a coloro che ancora non sanno che ormai da diverso tempo WhatsApp è completamente gratuito", si legge ancora nel post in cui si sottolinea: "Dando seguito al messaggio ed effettuando il click richiesto l'utente viene ingannato e privato di dati sensibili".


#OCCHIOALLATRUFFA: Molti utenti di WhatsApp stanno ricevendo un SMS che li invita a rinnovare il servizio di WhatsApp per non vederlo disattivato.è una truffa! L'obbiettivo dei truffatori è quello di rubare i soldi a coloro che ancora non sanno che ormai da diverso tempo WhatsApp è completamante gratuito.Dando seguito al messaggio ed effettuando il click richiesto l'utente viene ingannato e privato di dati sensibili