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giovedì 9 giugno 2016

Regeni, spunta una pista inglese: tre sms nelle ore del rapimento

Caso Regeni, il mistero dei tre sms nelle ore della scomparsa



Il 25 gennaio scorso, tra le 19.30 e le 20.30, orario compatibile con la scomparsa al Cairo di Giulio Regeni, da un telefono inglese partirono tre sms diretti ad altrettanti cellulari egiziani agganciati alle stesse celle attraversate in quel momento dal ricercatore friulano. E all’una e 45 della notte tra il 2 e il 3 febbraio, da un’altra utenza inglese partì un messaggino diretto a un cellulare egiziano agganciato nel quartiere ’6 Ottobre', dove qualche ora dopo fu ritrovato il cadavere del 28enne italiano. Partono da questi contatti, finora inediti, i nuovi accertamenti della Procura di Roma che pochi giorni fa ha ottenuto dall’autorità egiziana una parziale sintesi del traffico delle celle telefoniche, più volte sollecitato nelle due rogatorie. Gli esperti di Ros e Sco sono ora al lavoro per dare un nome ai titolari delle due schede telefoniche inglesi, attività che l’Egitto non può fare non avendo un rapporto di collaborazione giudiziaria con Londra.

Beppe Sala, le foto della vergogna: cosa fa con l'auto in pieno centro a Milano / Guarda

Beppe Sala, le foto della vergogna: cosa fa con l'auto in pieno centro a Milano



Beppe Sala pizzicato. Il candidato sindaco di Milano del Pd, ex manager di Expo, cosa fa il giorno dopo la competizione elettorale? Lo rivela Dagospia: si è preso caffè e cornetto al bar ma è scivolato sul più banale dei gesti da italiano medio: l'auto in doppia fila alla Lapo Elkann. Le foto su Dago documentano la trasgressione stradale del piddino. Chissà a cosa stava pensando. Forse a Stefano Parisi che lo ha quasi rimontato...? 

MUTUO DA INCUBO Casa, torna una tassa Botta su milioni di italiani

Hai un mutuo? Torna una tassa. Mazzata contro gli italiani



Se la stangata per i padroni di casa arriverà, non sarà di certo ora che gli italiani devono votare al ballottaggio, né tantomeno a ottobre, quando Matteo Renzi si giocherà il tutto per tutto con il referendum costituzionale. Per quanto penzolante però la spada sulla testa di quasi quattro milioni di proprietari di casa è una minaccia concreta che potrebbe spuntare nella prossima legge di Stabilità. Come riporta il Giornale, il governo ha in mente di aumentare le tasse usando il trucco della cancellazione di una spesa fiscale. Se il governo vuol dare seguito alle promesse di tagliare l'Irpef e dare un bonus ai pensionati, dovrà necessariamente andare a pescare nel labirintico mondo delle deduzioni e detrazioni. Un ginepraio di 800 opzioni che vale 300 miliardi di euro. Una cifra che fa gola al governo, deciso a imporre un limite all'importo massimo di deduzioni possibili, in proporzione al reddito.

Le prime indiscrezioni parlano di un limite di 1500 euro per un reddito di circa 30 mila euro, ben più severo di quanto aveva immaginato e mai messo in pratica il governo di Mario Monti. Dal ministero dell'Economia e Finanza provano a frenare le voci, rassicurando che le detrazioni più delicate da un punto di vista sociale non dovranno essere considerate, ad esempio quelle da lavoro dipendente e sui carichi familiari. Non dovrebbero rischiare neanche quelle legate agli sgravi sanitari e le ristrutturazioni edilizie.

Le brutte notizie arrivano per chi ha acceso un mutuo per l'acquisto della casa. Nel mirino del governo ci sarebbero le detrazioni che oggi permettono di scalare il 19% degli interessi passivi per il mutuo. Una casistica che andrebbe a colpire circa quattro milioni di contribuenti.

5 Stelle, piano per prendersi l'Italia Retroscena: i nomi dei nuovi grillini

Il piano per prendersi l'Italia: i nomi dei nuovi grillini



Il Movimento cinque stelle si sta preparando per vincere le elezioni politiche e lo sta facendo muovendosi parallelamente su due binari. Da una parte, riporta il Corriere della Sera in un retroscena, coinvolgendo a livello locale gli esponenti pentastellati moderati che possono rafforzare il partito sul territorio, dall'altra, coinvolgendo professori universitari e imprenditori/manager per la stesura di un programma economico e per capire quali sono le loro esigenze.

Così, mentre si lavora per i ballottaggi - l'altro ieri martedì 7 giugno c'è stato un vertice virtuale via Skype tra lo staff della comunicazione, Virginia Raggi e Chiara Appendino, nel movimento dopo questo primo risultato elettorale sta prevalendo la linea pragmatica di Luigi Di Maio e di Davide Casaleggio, figlio di Gianroberto, la cui consulenza è fondamentale per il Movimento.

In particolare a livello locale, potrebbero acquisire maggior peso alcuni esponenti regionali che ricalcano più da vicino i profili di Appendino e Raggi, come Giancarlo Cancelleri (che sarà lanciato come candidato governatore in Sicilia), Stefano Buffagni e Valeria Ciarambino, chiamati a intervenire su aree come Lombardia e Campania dove il Movimento non ha raccolto molti consensi. Da tempo sono poi in corso incontri con docenti universitari e col mondo delle imprese: gli economisti della Bocconi sono stati interpellati per essere eventualmente coinvolti nella stesura di un programma economico, le imprese per capire quali siano le priorità su cui agire. "Ci stiamo organizzando, serve tempo", dicono dal Movimento.

L'accusa: "Hanno taroccato le elezioni" Trema il Pd: perquisita la sede del partito

Trema il Pd: carabinieri nella sede di Napoli. L'accusa: "C'è stata corruzione elettorale"



I militari dei Carabinieri stanno perquisendo la sede del Partito democratico di Napoli. Secondo quanto riportato dall'agenzia Ansa, gli inquirenti stanno indagando con l'ipotesi di corruzione elettorale di un candidato al consiglio comunale e uno in un municipio. Secondo quanto sarebbe emerso dalle indagini coordinate dal procuratore aggiunto di Napoli Alfondo D’Avino e dal pm Francesco Raffaele, i politici locali coinvolti promettevano posti di lavoro nell’ambito del progetto regionale Garanzia Giovani in cambio di voti all’ultima tornata elettorale.

mercoledì 8 giugno 2016

Doppio canone Rai, la mazzata: a rischio 23 milioni di case italiane

Doppio canone Rai, a rischio 23 milioni di case


di Sandro Iacometti



La lotteria del canone Rai in bolletta è ufficialmente partita. E le vittime si preannunciano numerose. La pubblicazione, sabato 4 giugno, in Gazzetta Ufficiale dell' attesissimo decreto attuativo del ministero dello Sviluppo (era previsto per il 15 febbraio e porta la data del 13 maggio) ha confermato la scorciatoia che sarà utilizzata dal fisco per far scattare la presunzione di possesso della tv e quindi l' addebito sulla bolletta elettrica dei 100 euro di canone (in 10 rate, ma solo per quest' anno con rata unica di 70 euro e poi 30 euro rateizzati). «Per la coincidenza del luogo di fornitura di energia rispetto alla residenza», si legge, «le informazioni sono desumibili direttamente dai contratti della tipologia clienti residenti e dai contratti della tipologia altri clienti domestici». Per questi ultimi l' Agenzia delle entrate incrocerà i dati del contratti con quelli anagrafici, per i primi, invece, non sarà fatto alcun controllo, dando per scontato che il titolare dell' utenza residenziale domestica abiti nel luogo di fornitura dell' energia. Equazione per nulla pacifica.

Come scrive il garante della privacy nel suo parere al decreto ministeriale del 27 aprile scorso, «suscita perplessità la scelta di individuare i soggetti obbligati al pagamento del canone, automaticamente e in via presuntiva, attraverso i dati relativi alla tipologia di tariffa applicata per l' erogazione dell' energia (...) senza effettuare preventive verifiche con i dati di residenza presenti in anagrafe tributaria». Il problema è che i dati dei contratti sono spesso fasulli. La tariffa, scrive sempre il garante, «risulta applicata dalle imprese in base alla mera richiesta del cliente», senza richieste di autocertificazione né verifiche a campione. Con le disposizioni previste dalla legge di stabilità e dall' autorità dell' energia, che introducono il vincolo, pubblicizzato anche in bolletta, tra utenza residenziale e canone, la questione dovrebbe essere superata per il futuro. Ma per le imposte che saranno caricate dal prossimo luglio seguendo la tariffa applicata, gli errori saranno all' ordine del giorno. Per avere un' idea delle dimensioni del mare in cui il fisco effettuerà la sua pesca a strascico, basti pensare che le utenze domestiche in Italia sono complessivamente 29,4 milioni, di cui 23,5 residenziali, a fronte dei circa 15,7 milioni di abbonati Rai attuali a cui si aggiungono 1,2 milioni di morosi .

Per evitare di finire per sbaglio nella rete bisogna avventurarsi nel mondo delle dichiarazioni sostitutive, necessarie sia per certificare la non detenzione della tv sia, il caso più a rischio di doppio balzello, per comunicare che il canone è già pagato da un altro componente del nucleo familiare. E qui viene il bello. Le modalità di invio della dichiarazione sono infatti state ufficializzate solo sabato scorso con il decreto, ma il termine stabilito dall' Agenzia delle entrate per lo stesso invio è scaduto il 16 maggio (da ora si potrà evitare solo il pagamento del canone per il secondo semestre 2016). Non solo. Il decreto ha stabilito che per le dichiarazioni bisogna usare «esclusivamente» il modello approvato dal fisco il 24 marzo.

Il che significa, a differenza di quanto previsto sul sito delle Entrate (valgono «tutte le dichiarazioni, purché rese ai sensi dell' articolo 47 del DPR 445/2000») che le autocertificazioni presentate prima finiscono nel cestino. Quanto al modello del fisco, esso deve essere inviato o in modalità telematica (con le credenziali Entratel o Fisconline) o via pec (ma solo se si è in possesso di firma digitale) oppure per raccomandata (ma con il plico, senza busta).

Si capisce bene che con questo percorso ad ostacoli ben pochi saranno riusciti a fare le cose come prescritto. Per loro non resta che la strada del rimborso, che dovrebbe avvenire con un accredito in bolletta. Come chiederlo, nessuno ancora lo sa. Le modalità, si legge nel decreto, «saranno definite con provvedimento del direttore dell' Agenzia delle entrate da emanarsi entro 60 giorni». Nel frattempo, meglio organizzarsi. Questo il consiglio del legale dell' Aduc, Emmanuela Bertucci: «Verificare con estrema attenzione le bollette elettriche dal mese di luglio in poi. Se ci sono importi di canone non dovuti, consigliamo di stornare la somma relativa e comunicare il mancato pagamento sia all' Agenzia delle entrate sia alla società elettrica». Basterà? Lo sapremo presto.

Il bluff dell'8 per mille alla Chiesa A chi vanno (davvero) i vostri soldi

Il bluff dell'8 per mille alla Chiesa. A chi vanno i vostri soldi


di Davide Maria De Luca



Come ogni anno è arrivato il momento di pagare le tasse e di decidere a chi destinare il proprio 8 per mille, una quota dell' IRPEF che è possibile usare per finanziare la propria confessione religiosa o altre attività sociali e umanitarie realizzate dallo Stato. Ma a chi vanno davvero i soldi dell' 8 per mille? La risposta è contenuta in alcune recenti inchieste giornalistiche e soprattutto in un rapporto della Corte dei Conti pubblicato lo scorso ottobre: almeno in parte, finiscono a pagare multe delle curie oppure in investimenti spericolati; vengono distolti per legge dalla funzione a cui li aveva destinati il contribuente oppure vengono indirizzati dove non dovrebbero andare con delle vere e proprie truffe.

E la cosa più paradossale è che questo giro di affari del valore ogni anno di quasi un miliardo e mezzo di euro (circa la metà del gettito dell' imu sulla prima casa) va avanti oramai da decenni, senza che nessun governo cerchi di intromettersi in una materia che molti ritengono troppo ingarbugliata da risolvere. L' 8 per mille venne introdotto per la prima volta nel 1985, con l' idea di destinare l' 8 per mille del gettito IRPEF a scopi di «interesse sociale», e dare la possibilità ai cittadini di cedere la propria quota allo Stato oppure alla propria confessione religiosa.

In realtà, per i cattolici le cose sono andate piuttosto spedite e la Chiesa ha subito cominciato a incassare una cifra che nel giro di un paio di decenni si è quasi decuplicata a causa dell' aumento del gettito IRPEF - tanto che la Corte dei Conti sottolinea da anni che in un quadro di riduzione della spesa pubblica, il gettito dell' 8 per mille è uno dei pochi trasferimenti che continuano a crescere, portando «a un rafforzamento economico senza precedenti della Chiesa italiana». Per le altre confessioni le cose sono andare più a rilento.

Lo Stato ha impiegato cinque anni a riconoscere luterani, induisti, buddisti, mentre le altre confessioni hanno dovuto aspettare in media un paio d' anni. Non esiste alcuna intesa con le numerose organizzazioni che rappresentano i musulmani in Italia. L'idea alla base della norma era spendere in attività assistenziali l' intero 8 per mille del gettito IRPEF. Per questo venne prevista sin da subito l' opzione di assegnare la propria quota allo Stato.

In questo modo anche le persone non religiose, o che non si rispecchiano in nessuna delle confessioni riconosciute, possono versare il denaro per finanziarie imprese meritorie, come la cooperazione internazionale, o, dal 2015, l' edilizia scolastica. Sulla base di questo principio, chi non esprime una preferenza sulla destinazione da dare all' 8 per mille si vedrà comunque redistribuita la propria quota, in proporzione alle scelte fatte dagli altri contribuenti.

In sostanza funziona più o meno così: l' 8 per mille di tutto il gettito IRPEF viene messo da parte e poi distribuito sulla base delle percentuali di coloro che hanno espresso una preferenza, cioè poco meno della metà degli italiani ogni anno. In questo modo, anche chi non ha espresso una preferenza, vede i suoi soldi finire distribuiti in proporzione a chi ha effettivamente compiuto una scelta. Quindi, nel 2015, l' 80 per cento di tutto il gettito, quasi un miliardo di euro, finirà alla chiesa cattolica, nonostante solo il 36,75 per cento dei contribuenti abbia indicato la chiesa cattolica come destinatario.

E anche su questo 36,75 per cento è legittimo avere qualche dubbio. Nel suo rapporto, la Corte dei Conti illustra i risultati di una serie di indagini a campione effettuate dall' Agenzia delle Entrate nei CAF Acli e Mcl, i centri di assistenza fiscale gestiti dai sindacati cattolici. Ne è venuto fuori che in quasi il 10 per cento dei casi si sono verificate delle irregolarità. Ad esempio, nel 5 per cento dei casi i centri non avevano conservato la copia originale della dichiarazione compilata dal contribuente, oppure la dichiarazione presentava una destinazione dell' 8 per mille differente da quella indicata nel documento originale. Semplici errori che possono capitare? Può essere, in ogni caso più dell' 80 per cento degli «errori» era a favore della Chiesa cattolica.

Di recente, la magistratura si è interessata spesso a come vengono spesi questi soldi. In genere la Conferenza Episcopale Italiana, che di fatto gestisce i fondi dell' 8 per mille, divide il denaro in tre destinazioni: la prima è «esigenze di culto», per le quali nel 2015 ha speso 403 milioni, distribuiti in attività come costruzione di nuovi luoghi di culto, spese delle diocesi, dei tribunali ecclesiastici e via dicendo. La seconda voce è il sostentamento del clero, costato nel 2015 327 milioni. Infine ci sono le attività caritative vere e proprie: nel 2015 la Cei ha speso in questa attività 265 milioni, meno di un terzo del miliardo che ha ricevuto. Su come vengono spesi questi fondi, la Corte dei Conti precisa che non esiste alcuna forma di controllo. Fatta salva la libertà di spenderli nel modo che preferiscono, la Corte ha specificato che sarebbe comunque necessaria una qualche forma di supervisione. Quest' anno, per la prima volta, la Cei sembra intenzionata a migliorare il livello di trasparenza, ad esempio richiedendo che singole diocesi inizino a pubblicare bilanci preventivi e consuntivi delle loro attività finanziate con l' 8 per mille. E di maggiore trasparenza sembra proprio esserci bisogno, visto che gli scandali che riguardano la gestione dell' 8 per mille sono diversi.

C' è ad esempio quello che riguarda l' ex vescovo di Cassino, Pietro Vittorelli, accusato di aver sottratto i fondi dell' 8 per mille destinati all' Abbazia più antica d' Italia. Il Vescovo è accusato di aver prelevato più di mezzo milione di euro. Un' altra inchiesta, indicata dalla stessa Corte dei Conti nel suo rapporto, riguarda invece la sottrazione di fondi dell' 8 per mille della diocesi di Trani, con cui sarebbero state pagate, tra le altre cose, alcune multe. E di questi giorni sono anche le notizie di numerosi enti religiosi che avevano investito i proventi dell' 8 per mille nelle azioni della Banca Popolare di Vicenza (il tipo di investimento più pericoloso in assoluto), perdendo così svariati milioni di euro arrivati dalle tasche dei contribuenti.

Ma se la Chiesa dovrebbe lavorare sulla trasparenza, lo Stato non è da meno. La Corte dei Conti fa notare che il governo non fa quasi alcuna pubblicità della possibilità di destinare il proprio 8 per mille a progetti pubblici. Soltanto nel corso della seconda metà dell' anno scorso alcuni siti del governo hanno iniziato a fornire questo tipo di informazioni, oltre a dati storici e contabili sugli anni precedenti - anche se alcuni link, in particolare sul sito del Ministero delle Finanze, non risultano attivi. Con tutto questo disinteresse non sembra un caso che soltanto il 7 per cento dei contribuenti abbia deciso di barrare la casella dell' 8 per mille per progetti pubblici. E curiosamente, questi soldi a volte finiscono comunque per ritornare alla Chiesa Cattolica. È il caso ad esempio degli svariati milioni di euro di competenza statale che sono stati utilizzati per restaurare la facciata e il cortile della Pontificia Università gregoriana di Roma. Nonostante siano stati utilizzati i soldi che i contribuenti italiani volevano destinare alla tutela del patrimonio italiano, l' edificio dell' università tecnicamente non appartiene al nostro Paese, visto che gode della extraterritorialità. Inoltre, come scrive la Corte di Conti, la facciata dell' edificio non ha «particolare pregio», soprattutto se paragonata alla lunghissima lista di monumenti italiani che avrebbero bisogno di interventi urgenti.