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mercoledì 3 febbraio 2016

Ufficiale: Renzi ha l'Europa contro "Basta flessibilità". E Brunetta sfotte

Matteo Renzi ha l'Europa contro: "Niente lezioncine", "Basta flessibilità per l'Italia"




"E adesso pure Moscovici. Due botte europee al giorno ci tolgono Matteo Renzi di torno". Usa l'arma dello sfottò, il capogruppo forzista alla Camera Renato Brunetta, per sottolineare il momento difficile nelle relazioni tra l'Italia e l'Unione europea. La realtà è che c'è poco da ridere, perché dopo settimane di tensione oggi si registra un nuovo capitolo. Al premier che ribadisce il concetto del "non venite a fare le maestrine", Bruxelles risponde secca: sono finiti i tempi della flessibilità. Di fatto, dopo le parole del presidente dell'Eurogruppo Jean-Claude Juncker, un'autostrada spianata per la Troika: se Renzi non riuscirà a ridurre debito e spesa pubblica (impresa quasi impossibile), finiremo nuovamente sotto il torchio di Ue e Fmi. L'incubo è reale: che la Grecia dell'estate 2016 possiamo essere noi.

"Niente lezioncine" - Da Accra, dove si trova nel corso del suo terzo tour africano, il presidente del Consiglio riaccende le polemiche contro l'Unione, scandendo al momento di lasciare il parlamento ghanese un inequivocabile: "Non prendiamo lezioncine da nessuno dei nostri amici europei. Noi siamo l'Italia e ogni anno mettiamo 20 miliardi sul piatto di Bruxelles, avendo indietro, molto meno, 11 miliardi", ha aggiunto. Quindi "pronti ad imparare ma il tempo delle lezioni è finita, abbiamo fatto le riforme e siamo pronti a dare il nostro contributo al'Europa". L'Ue soffre di mancanza di progetti, mancanza di strategie: la critica di Renzi parte anche dalla mancanza di lungimiranza dimostrata dal Vecchio Continente nei confronti dell'Africa. Dove invece "l'Italia è fortemente impegnata a supportare la pace e la stabilità in Africa". 

Doppia mazzata - Passano poche ore e arriva la risposta piccata da Bruxelles. L'Italia ha usufruito del massimo della flessibilità possibile, e ora deve attenersi ai suoi obblighi, avverte il presidente del gruppo Ppe al Parlamento europeo, Manfred Weber. Certo, "dobbiamo essere coscienti della situazione generale, e la situazione è che la flessibilità prevista dal patto di stabilità viene applicata al massimo possibile". In questo contesto, ha sottolineato, "i socialisti, guidati da Pierre Moscovici (il commissario francese agli Affari economici e finanziari, ndr), hanno ammesso che si sta facendo il massimo e che non c'è più flessibilità". Dunque, ha concluso, "sarebbe utile che tutti lo riconoscano".

FUORI DALL'EUROPA Trionfo dell'Inghilterra: così ha vinto la sua guerra

L'Inghilterra fuori dall'Europa: così Londra ha vinto la sua guerra




Bruxelles dà schiaffi all'Italia e contemporaneamente si inginocchia alla Gran Bretagna per scongiurare l'incubo della Brexit. Il presidente del Consiglio europeo, Donald Tusk, ha mandato ai capi di Stato e di governo dei 28 la sua proposta per un accordo con Londra rispondendo alle richieste presentate dal premier David Cameron con una concessione parziale sul welfare. "Mantenere l'unità dell'Unione europea è la più grande sfida per tutti noi e l'obiettivo chiave del mio mandato", premette Tusk, che sottolinea di aver concesso quanto possibile senza però andare al di là dei principi fondatori dell'Unione. In particolare, la proposta concede a Londra la possibilità di frenare sulla concessione dei benefici sociali agli immigrati solo quando ci sono situazioni di emergenza a causa di numeri eccezionalmente alti che possono creare problemi al sistema di welfare. Di fatto, Londra potrà chiedere una frenata sui benefici previdenziali ai lavoratori Ue nei primi 4 anni di permanenza nel Paese, chiedendo però il permesso agli altri Stati membri.

Cameron: "Reali progressi" - L'Unione europea è dunque pronta a venire incontro alla richieste di sospensione dei servizi di welfare per gli immigrati, una delle condizioni poste dal premier britannico per rimanere al'interno dell'Ue. La misura, contenuta nelle proposte che saranno all'attenzione dei capi di Stato e di governo il 18 e 19 febbraio, propone su questo "un chiarimento nell'interpretazione delle regole correnti". Fonti Ue spiegano che su questo punto la Commissione europea proporrà un meccanismo di salvaguardia che permetta restrizioni in situazioni eccezionali, e lo stesso esecutivo comunitario proporrà un emendamento alle regole comunitarie per permettere agli Stati membri, sempre in casi eccezionali, l'introduzione di un diverso regime di benefici sociali per le famiglie. Cameron ha accolto la posizione dell'Ue favorevolmente: "Il documento sulla rinegoziazione Ue mostra un reale progresso in tutte le quattro aree in cui il Regno Unito ha proposto modifiche, ma c'è ancora lavoro da fare".

martedì 2 febbraio 2016

L'intervista a Nitto Palma Annuncia a Libero il "quasi-addio" Il big azzurro: "Caro Silvio, ora..."

Annuncia a Libero il "quasi-addio". Il big azzurro: "Caro Silvio, ora..."


intervista a cura di Pietro Senaldi



Senatore Nitto Palma, che fa? Si complimenta con Renzi per il discorso contro la mozione di sfiducia presentata da Forza Italia?

«Non mi sono affatto complimentato. Sono solo andato a dirgli che aveva avuto gioco facile a smontare una mozione inutile, mal scritta, piena di errori e stupidamente fondata solo sul conflitto d’interessi».

È un attacco molto pesante al suo partito...

«In politica ci sta di presentare una mozione di sfiducia sapendo già di perdere ma deve almeno servire a mettere in difficoltà l’avversario. La nostra mozione invece ha rafforzato Renzi; gli ha consentito di prenderci a schiaffi, ci ha rinfacciato di aver fatto un taglia e cuci dai giornali. Forza Italia ha fatto quella che tecnicamente si chiama una figura di merda».

Per questo al momento del voto non era in Aula?

«Non ero in Senato perché stavo incontrando il presidente Berlusconi».

Questa è una notizia, e cosa gli ha detto? 

«Gli ho parlato della situazione del partito, perché ho l’impressione che nessuno ci stia riflettendo seriamente».

E Berlusconi cosa le ha risposto?

«Non è mia consuetudine rivelare quanto altri mi hanno detto in colloqui privati».

Mi dica allora se è uscito soddisfatto dall’incontro?

«Apprezzo le parole ma ho un’età e un’esperienza che mi portano a cambiare idea solo sulla base dei fatti. E per ora non ho visto mutamenti».

Sta per lasciare Forza Italia, come si vocifera?

«Sono in Forza Italia perché sono molto legato a Berlusconi. Ho avuto una carriera politica molto fortunata, ho ricoperto incarichi di prestigio, fino a diventare ministro della Giustizia, senza mai legarmi a correnti e camminando da solo, malgrado quello che si dice. Di questo sono grato a Berlusconi. Ma non le nascondo che ho molta sofferenza a restare in Forza Italia. E come me altri».

Sono otto su 42 i senatori azzurri che non hanno votato la sfiducia a Renzi. Come mai?

«Ognuno avrà avuto le sue ragioni. Il gruppo non è ben guidato in Senato, c’è malessere intorno a Romani. E anche alla Camera mi risulta ci siano dei problemi. Serve più democrazia interna, i capigruppo andrebbero votati».

Sono questi i rilievi che ha fatto a Berlusconi?

«Anche altri. Non è vero che non c’è stato ricambio generazionale in Forza Italia. Il problema è che il rinnovamento non è stato di qualità. Anche i nuovi volti lanciati in tv arrancano; per non parlare della squadra di nuovi ministri di cui si è vagheggiato. Sarebbe più appropriato dire pseudo nuovi, visto che alcuni potrebbero essere padri dei ministri attuali. E poi abbiamo subito in due anni tre scissioni, di cui almeno una evitabile».

L’addio di Fitto si poteva evitare?

«Ma certo. Forse ha sbagliato qualche tono, è stato troppo aggressivo, ma la sua analisi era corretta: il partito andava rinnovato non riverniciato».

Fitto chiedeva la primarie, diceva che Berlusconi è fuori dalla realtà e parlava chiaramente di necessità di trovare un erede...

«Sulle primarie non sono d’accordo con lui; nel Pd l’esperienza è stata devastante, spesso si è parlato di voto truccato. E poi ho idea che alla fine premiano il più potente anziché il migliore. Io, ad esempio non mi sarei potuto consentire economicamente di affrontare due primarie in poco più di un anno, girando l’Italia e facendo comizi come ha fatto Renzi».

E quanto all’erede?

«Non ha senso parlare di eredi: Forza Italia è Silvio, c’è una totale sovrapposizione tra il Cavaliere e la sua creatura. Ma un conto è la leadership del centrodestra, altro è la necessità che tutti i partiti dello schieramento selezionino una classe dirigente che possa poi individuare un premier da far eleggere e che governi sulla base di un programma condiviso».

Il candidato premier del centrodestra potrebbe essere Salvini?

«L’Italicum impone al centrodestra di unirsi, Salvini è molto cresciuto nei sondaggi e Berlusconi al momento non è neppure eleggibile ma il candidato è espresso sia dagli elettori sia dal capitale politico di un partito. Salvini parla alla pancia, agli arrabbiati, ma mi sembra che non riesca a conquistare gli astensionisti. È lì che si gioca la partita della rinascita per Forza Italia: lì ci sono i nostri voti, liberali e moderati».

A proposito di leadership, si poteva evitare anche l’addio del delfino Alfano?

«Quello direi proprio di no. È stata una questione di potere, non politica».

E di Verdini cosa mi dice?

«È un uomo pragmatico e di grande intelligenza e ha deciso di supportare Renzi. Sul breve lo capisco, ma non mi sembra un’operazione di grande respiro. Credo che al prossimo giro sia la sua Ala sia Alfano saranno puniti dagli elettori».

Quindi fra qualche settimana non la rivedremo tra le fila di Ala?

«Verdini è l’uomo del Nazareno, un patto che si proponeva un’azione riformatrice del Paese, che però non è stata ben spiegata agli elettori e conseguentemente non è stata neppure ben capita. E non credo che sia saltato solo per l’elezione di Mattarella».

Quindi l’idea del Partito della Nazione non le è mai piaciuta?

«È una corbelleria sostenere che destra e sinistra non esistono più. Anzi, è un’affermazione nociva, la morte della politica, drammaticamente incarnata da Renzi. Così basta sfornare un prodotto televisivo di successo e poi si governa».

Come mai a voltare le spalle al Cavaliere sono soprattutto parlamentari del Sud?

«Non c’è più malcontento al Sud che al Nord, anzi al massimo è l’opposto. Il fatto è che Berlusconi nella composizione delle liste nel 2013 ha lasciato troppa libertà a Verdini e Alfano, che quando hanno strappato si sono portati via quelli che avevano fatto eleggere».

I verdiniani sperano che Renzi si sdebiti cambiando la legge elettorale, con il premio di maggioranza alla coalizione anziché al partito...

«L’Italicum è molto favorevole al Pd e non vedo perché Renzi dovrebbe cambiarlo, a meno che non abbia paura di perdere al ballottaggio. Ma se vince il referendum sull’abolizione del Senato, non lo cambia; e se perde, si va a votare così...».

E secondo lei lo perde?

«C’è una seria possibilità. Lui la butterà tutta sull’anti-casta ma la battaglia è molto aperta. È una buona occasione per mandarlo a casa».

Lo scandalo Etruria secondo lei non basta?

«Ha dei risvolti inquietanti, dai prestiti milionari dati ad amici con la banca già in dissesto ai contatti dei dirigenti e del padre del ministro Boschi con la massoneria».

Il ministro avrebbe dovuto dimettersi?

«Sono state chieste dimissioni per vicende meno oscure e non basta essersi assentati durante un consiglio dei ministri per risolvere il problema del conflitto d’interessi».

Lei è stato l’ultimo Guardasigilli di Berlusconi: la giustizia è il problema numero uno del Paese?

«È un problema molto rilevante, per la sua politicizzazione e la lentezza dei processi».

Da ex magistrato: bisogna impedire ai giudici che vanno in politica di tornare in magistratura?

«Quando sono diventato ministro, mi sono dimesso dalla magistratura perché, come diceva Marx, non puoi essere vergine e puttana allo stesso tempo; e se sei in politica, non sei più vergine. D’altronde, il giudice ha il dovere di apparire, oltre che di essere imparziale».

Cosa pensa di Ingroia e De Magistris?

«Di Ingrioa penso quello che pensano gli elettori italiani, che hanno bocciato la sua candidatura. Quanto alla sua indagine sulla trattativa Stato-mafia, voglio solo dire che è costata la vita a un mio carissimo amico, Loris D’Ambrosio, morto sotto pressione mediatica, e che c’è stato un grande clamore non supportato da fatti rilevanti».

Quanto a De Magistris?

«È un prodotto della magistratura mediatica. Comunque le sue inchieste si sono smontate, e mi sembra anche la sua carrierea politica».

Di comportamenti stravaganti di toghe in politica ne abbiamo visti molti...

«L’ultimo è la condanna a Minzolini da parte di un magistrato che era stato nientemeno che sottosegretario di Napolitano all’Interno».

Berlusconi è stata la più grande vittima della giustizia politicizzata?

«È stato oggetto di un eccesso di attenzioni giudiziarie. E ci sarebbe molto da ridire sulla condanna che gli è costata l’incandidabilità: basti pensare che è stata decisa ribaltando una giurisprudenza contraria, che dopo la sentenza è subito tornata come prima. Per di più il Csm non ha avuto nulla da dire nei confronti del giudice che l’ha condannato, che si è messo a esternare sulla sentenza prima che ne fossero rese pubbliche le motivazioni».

Come convinse il Cavaliere a nominarla ministro della Giustizia?

«Io non volevo essere nominato, c’erano altre candidature. Poi ebbi un lungo colloquio con il Cavaliere, nel quale non ci trovammo sempre in sintonia. Ma quando tornai a casa dissi alla mia compagna che sarei stato sicuramente il nuovo Guardasigilli».

Cosa accadde?

«Credo di essere riuscito a trasmettergli compentenza, lealtà e senso delle istituzioni».

I giudici sono contro il reato d’immigrazione clandestina. Fanno bene?

«Così è inutile: si danno 8000 euro di multa a chi non può pagarli ed è disperato. I clandestini vanno espulsi e processati, con pene più severe di quelle previste attualmente, in caso di recidiva».

Come mai non è andato al Family Day?

«Perché ho una visione profondamente laica della società. E poi perché penso che la legge Cirinnà sia anticostituzionale e quindi non verrà applicata. Si è persa l’occasione per fare una legge seria sulle coppie di fatto. E anche in questa circostanza, Forza Italia si è distinta per l’assenza di un dibattito all’altezza».

Caivano (Na): "Atletica Caivano": Al via la seconda edizione "Kurren Kurren"

Caivano (Na): "Atletica Caivano": Al via la seconda edizione "Kurren Kurren" 


di Gaetano Daniele




Caivano - Riparte domenica 21 Febbraio la seconda edizione "Gara Podistica di 10 chilometri" dal nome Kurren Kurren, organizzata dalla ormai storica Atletica Caivano. La Atletica Caivano, con il presidente Vincenzo Celiento, consente non solo alle fasce di età più grandi, ma anche ai più piccoli, esordienti, ragazzi e cadetti, di svolgere un'esperienza di alternanza scuola-lavoro coerente con lo status fisico. La partenza è fissata per le ore 09.00, invece, quella dei bambini alle ore 10.30. Il tutto in un clima di festa con tante premiazioni.  

Caivano (Na): Esclusiva / Intervista al Consigliere comunale Architetto Francesco Emione (Liberi Cittadini)

Caivano (Na): Esclusiva / Intervista al Consigliere comunale più votato alle scorse elezioni amministrative Architetto Francesco Emione (Liberi Cittadini)


intervista a cura di Gaetano Daniele


Architetto Francesco Emione
Consigliere comunale (Liberi Cittadini)

Consigliere Emione, seduta del consiglio comunale deserta a causa del mancato raggiungimento del numero legale. Come spiega questo evento gravissimo anche se il Capogruppo di Forza Italia Gaetano Ponticelli, ha giustificato l'accaduto a questo stesso blog, attribuendo la colpa di tale mancanza ad un incidente stradale. 

“La storia del traffico cittadino è ridicola. Non c’è rispetto per i cittadini. In realtà, la mancanza di numero legale evidenzia l’incapacità del sindaco Simone Monopoli, di governare la città, circondato da dilettanti e portatori di interessi particolari. Monopoli non ha ancora varato una giunta autorevole, dopo otto mesi procede al rimpasto, il vicesindaco se ne è andato sbattendo la porta. Altri assessori che hanno miseramente fallito (vedi la gestione della gara per i rifiuti) restano perché protetti da un apparato clientelare familistico che influisce negativamente sull’amministrazione. Alcuni consiglieri hanno cambiato partito, Forza Italia si è sfasciata. Per la prima volta nella storia di Caivano, i consiglieri comunali più votati non vogliono entrare in giunta, ciò è emblematico dell’inconsistenza politica della compagine di governo. Prendono centinaia di voti, però non vogliono assumersi responsabilità dirette, dimostrando incapacità. Non sono credibili. Dal canto suo, Monopoli non controlla nulla, non è autonomo, si sta facendo portare al macero e con lui sta conducendo nel baratro l’intera cittadina. Fino ad oggi, abbiamo solo assistito alle polemiche interne, ad atti illegittimi, ad indecenti affidamenti di appalti senza gara, a sperpero di denaro pubblico. Quest’amministrazione è finita nel mirino della Commissione Antimafia per una missiva protocollata dal partito del sindaco. Nel contempo Caivano è stata letteralmente abbandonata.  

Consigliere Emione, gara N.U a che punto siamo?

“Monopoli si è giocato tutto sulla gara per la raccolta dei rifiuti. Ha miseramente fallito. Il piano industriale non è passato per gli indirizzi del consiglio comunale. E' stato scritto in uno studio legale politicamente vicino ad alcuni consiglieri comunali di Caivano e pure di Afragola. Il Consiglio Comunale non ha avuto l’opportunità di discutere di un appalto per trenta milioni di euro. Tutto è stato fatto di nascosto. Monopoli aveva promesso di non varare altre proroghe. Invece, da quando si è insediato questa è già la seconda per la ditta dei rifiuti. Significa affidare appalti per milioni di euro, senza gara. Ed è illegittimo, nonché illegale. Ricordo che la ditta attuale non ha nemmeno vinto la gara di appalto, ma è subentrata. Il 31 gennaio sarebbe dovuto essere affidato il servizio. Invece Monopoli va avanti con un’altra proroga. Ha fallito, deve dimettersi. Dal suo canto, l’assessore al ramo è assolutamente inconsistente. Quello alla legalità non si accorge che le proroghe tecniche sono misure eccezionali e per questo stanno varando atti illegittimi. Auspico che il nuovo segretario comunale e le autorità competenti vogliano accendere i riflettori sulla vicenda”.

Consigliere Emione, qual'è la sua ricetta per traghettare Caivano lontano dalla crisi politica, sociale ed economica che l'ha investita?

“C’è bisogno di una classe dirigente all’altezza. Caivano non ha bisogno di arruffa popolo che dopo pochi mesi risultano essere peggiori dei predecessori. Caivano ha bisogno di una fase di programmazione reale e seria, non della propaganda a gettone. Per avviare lo sviluppo nel solco della modernità e della legalità c’è bisogno di spazzare via quest’amministrazione dannosa sotto ogni punto di vista. Penso che un gesto di amore per la propria città da parte del sindaco, sarebbe quello di dimettersi. Sarebbe un’uscita con stile, ma dubito che accada

Il Frecciarossa va dalla Boschi Lo spostamento sospetto del treno

Il Frecciarossa va dalla Boschi. Lo spostamento sospetto del treno




Da quando l'Alta velocità parte da Arezzo anziché da Firenze, il treno Frecciarossa 9500 non arriva più puntuale. E i pendolari sono furibondi. Il convoglio, infatti, dal 15 dicembre scorso deve passare da Arezzo che però non è sulla linea dell'alta velocità. Risultato: il treno arriva e riparte da Firenze sempre in ritardo.

Un ritardo così, riporta il Giornale, non lo si era mai visto da quando è stata inaugurata la stazione di Reggio Emilia tanto che ora è stato ribattezzato il treno Boschi (che è della provincia di Arezzo, appunto), anche se ovviamente non ci sono prove che sia stato il ministro a volere la fermata nella sua città. Tant'è, i pendolari ne sono convinti e si chiedono: quanti saranno i lavoratori che da Arezzo devono timbrare a Milano alle 9, partendo alle 6.15? Il sospetto è che i 30 aretini circa che prendono il Frecciarossa scendano a Firenze. Intanto, è partita una petizione contro Trenitalia.

"È ufficiale: stanno calando" Sondaggi, verdetto di Mentana

Sondaggio di Mentana, il Movimento 5 Stelle ancora in calo, su la Lega Nord




"Ormai da qualche settimana il trend è questo: il Movimento 5 Stelle è in calo". Fabrizio Masia, direttore di Emg Acqua, fotografa lo stato di crisi latente dei grillini. L'ultimo sondaggio realizzato per il TgLa7 di Enrico Mentana vede infatti il Pd allungare sui 5 Stelle, che però al ballottaggio in due casi su due vincerebbero.

I numeri - Il Partito democratico guadagna in una settimana 0,4 punti, attestandosi al 31,8%, mentre il Movimento 5 Stelle scende al 26,5% (-0,3). Dietro sale la Lega Nord al 15,8% (+0,5) mentre scende Forza Italia (-0,2, all'11,6%), con Fratelli d'Italia al 5,6% (+0,1) e Ncd al 2,7% (+0,4). Nel complesso, un listone di cetrodestra unito (escluso Ncd) arriverebbe al 31,3% e guadagnerebbe così il ballottaggio.

I tre ballottaggi - Se si votasse oggi, in due casi su due al ballottaggio vincerebbe comunque il movimento di Grillo: se ci arrivasse con il Pd, finirebbe 50,8% a 49,2 (divario in calo dello 0,5) mentre contro il centrodestra unito il distacco sarebbe maggiore (52,4% a 47,6, in calo dello 0,1). Se a sfidarsi fossero Pd e centrodestra, vincerebbero i dem: 52,8% a 47,3, una forbice in aumento di 0,3 punti.