Annuncia a Libero il "quasi-addio". Il big azzurro: "Caro Silvio, ora..."
intervista a cura di Pietro Senaldi
Senatore Nitto Palma, che fa? Si complimenta con Renzi per il discorso contro la mozione di sfiducia presentata da Forza Italia?
«Non mi sono affatto complimentato. Sono solo andato a dirgli che aveva avuto gioco facile a smontare una mozione inutile, mal scritta, piena di errori e stupidamente fondata solo sul conflitto d’interessi».
È un attacco molto pesante al suo partito...
«In politica ci sta di presentare una mozione di sfiducia sapendo già di perdere ma deve almeno servire a mettere in difficoltà l’avversario. La nostra mozione invece ha rafforzato Renzi; gli ha consentito di prenderci a schiaffi, ci ha rinfacciato di aver fatto un taglia e cuci dai giornali. Forza Italia ha fatto quella che tecnicamente si chiama una figura di merda».
Per questo al momento del voto non era in Aula?
«Non ero in Senato perché stavo incontrando il presidente Berlusconi».
Questa è una notizia, e cosa gli ha detto?
«Gli ho parlato della situazione del partito, perché ho l’impressione che nessuno ci stia riflettendo seriamente».
E Berlusconi cosa le ha risposto?
«Non è mia consuetudine rivelare quanto altri mi hanno detto in colloqui privati».
Mi dica allora se è uscito soddisfatto dall’incontro?
«Apprezzo le parole ma ho un’età e un’esperienza che mi portano a cambiare idea solo sulla base dei fatti. E per ora non ho visto mutamenti».
Sta per lasciare Forza Italia, come si vocifera?
«Sono in Forza Italia perché sono molto legato a Berlusconi. Ho avuto una carriera politica molto fortunata, ho ricoperto incarichi di prestigio, fino a diventare ministro della Giustizia, senza mai legarmi a correnti e camminando da solo, malgrado quello che si dice. Di questo sono grato a Berlusconi. Ma non le nascondo che ho molta sofferenza a restare in Forza Italia. E come me altri».
Sono otto su 42 i senatori azzurri che non hanno votato la sfiducia a Renzi. Come mai?
«Ognuno avrà avuto le sue ragioni. Il gruppo non è ben guidato in Senato, c’è malessere intorno a Romani. E anche alla Camera mi risulta ci siano dei problemi. Serve più democrazia interna, i capigruppo andrebbero votati».
Sono questi i rilievi che ha fatto a Berlusconi?
«Anche altri. Non è vero che non c’è stato ricambio generazionale in Forza Italia. Il problema è che il rinnovamento non è stato di qualità. Anche i nuovi volti lanciati in tv arrancano; per non parlare della squadra di nuovi ministri di cui si è vagheggiato. Sarebbe più appropriato dire pseudo nuovi, visto che alcuni potrebbero essere padri dei ministri attuali. E poi abbiamo subito in due anni tre scissioni, di cui almeno una evitabile».
L’addio di Fitto si poteva evitare?
«Ma certo. Forse ha sbagliato qualche tono, è stato troppo aggressivo, ma la sua analisi era corretta: il partito andava rinnovato non riverniciato».
Fitto chiedeva la primarie, diceva che Berlusconi è fuori dalla realtà e parlava chiaramente di necessità di trovare un erede...
«Sulle primarie non sono d’accordo con lui; nel Pd l’esperienza è stata devastante, spesso si è parlato di voto truccato. E poi ho idea che alla fine premiano il più potente anziché il migliore. Io, ad esempio non mi sarei potuto consentire economicamente di affrontare due primarie in poco più di un anno, girando l’Italia e facendo comizi come ha fatto Renzi».
E quanto all’erede?
«Non ha senso parlare di eredi: Forza Italia è Silvio, c’è una totale sovrapposizione tra il Cavaliere e la sua creatura. Ma un conto è la leadership del centrodestra, altro è la necessità che tutti i partiti dello schieramento selezionino una classe dirigente che possa poi individuare un premier da far eleggere e che governi sulla base di un programma condiviso».
Il candidato premier del centrodestra potrebbe essere Salvini?
«L’Italicum impone al centrodestra di unirsi, Salvini è molto cresciuto nei sondaggi e Berlusconi al momento non è neppure eleggibile ma il candidato è espresso sia dagli elettori sia dal capitale politico di un partito. Salvini parla alla pancia, agli arrabbiati, ma mi sembra che non riesca a conquistare gli astensionisti. È lì che si gioca la partita della rinascita per Forza Italia: lì ci sono i nostri voti, liberali e moderati».
A proposito di leadership, si poteva evitare anche l’addio del delfino Alfano?
«Quello direi proprio di no. È stata una questione di potere, non politica».
E di Verdini cosa mi dice?
«È un uomo pragmatico e di grande intelligenza e ha deciso di supportare Renzi. Sul breve lo capisco, ma non mi sembra un’operazione di grande respiro. Credo che al prossimo giro sia la sua Ala sia Alfano saranno puniti dagli elettori».
Quindi fra qualche settimana non la rivedremo tra le fila di Ala?
«Verdini è l’uomo del Nazareno, un patto che si proponeva un’azione riformatrice del Paese, che però non è stata ben spiegata agli elettori e conseguentemente non è stata neppure ben capita. E non credo che sia saltato solo per l’elezione di Mattarella».
Quindi l’idea del Partito della Nazione non le è mai piaciuta?
«È una corbelleria sostenere che destra e sinistra non esistono più. Anzi, è un’affermazione nociva, la morte della politica, drammaticamente incarnata da Renzi. Così basta sfornare un prodotto televisivo di successo e poi si governa».
Come mai a voltare le spalle al Cavaliere sono soprattutto parlamentari del Sud?
«Non c’è più malcontento al Sud che al Nord, anzi al massimo è l’opposto. Il fatto è che Berlusconi nella composizione delle liste nel 2013 ha lasciato troppa libertà a Verdini e Alfano, che quando hanno strappato si sono portati via quelli che avevano fatto eleggere».
I verdiniani sperano che Renzi si sdebiti cambiando la legge elettorale, con il premio di maggioranza alla coalizione anziché al partito...
«L’Italicum è molto favorevole al Pd e non vedo perché Renzi dovrebbe cambiarlo, a meno che non abbia paura di perdere al ballottaggio. Ma se vince il referendum sull’abolizione del Senato, non lo cambia; e se perde, si va a votare così...».
E secondo lei lo perde?
«C’è una seria possibilità. Lui la butterà tutta sull’anti-casta ma la battaglia è molto aperta. È una buona occasione per mandarlo a casa».
Lo scandalo Etruria secondo lei non basta?
«Ha dei risvolti inquietanti, dai prestiti milionari dati ad amici con la banca già in dissesto ai contatti dei dirigenti e del padre del ministro Boschi con la massoneria».
Il ministro avrebbe dovuto dimettersi?
«Sono state chieste dimissioni per vicende meno oscure e non basta essersi assentati durante un consiglio dei ministri per risolvere il problema del conflitto d’interessi».
Lei è stato l’ultimo Guardasigilli di Berlusconi: la giustizia è il problema numero uno del Paese?
«È un problema molto rilevante, per la sua politicizzazione e la lentezza dei processi».
Da ex magistrato: bisogna impedire ai giudici che vanno in politica di tornare in magistratura?
«Quando sono diventato ministro, mi sono dimesso dalla magistratura perché, come diceva Marx, non puoi essere vergine e puttana allo stesso tempo; e se sei in politica, non sei più vergine. D’altronde, il giudice ha il dovere di apparire, oltre che di essere imparziale».
Cosa pensa di Ingroia e De Magistris?
«Di Ingrioa penso quello che pensano gli elettori italiani, che hanno bocciato la sua candidatura. Quanto alla sua indagine sulla trattativa Stato-mafia, voglio solo dire che è costata la vita a un mio carissimo amico, Loris D’Ambrosio, morto sotto pressione mediatica, e che c’è stato un grande clamore non supportato da fatti rilevanti».
Quanto a De Magistris?
«È un prodotto della magistratura mediatica. Comunque le sue inchieste si sono smontate, e mi sembra anche la sua carrierea politica».
Di comportamenti stravaganti di toghe in politica ne abbiamo visti molti...
«L’ultimo è la condanna a Minzolini da parte di un magistrato che era stato nientemeno che sottosegretario di Napolitano all’Interno».
Berlusconi è stata la più grande vittima della giustizia politicizzata?
«È stato oggetto di un eccesso di attenzioni giudiziarie. E ci sarebbe molto da ridire sulla condanna che gli è costata l’incandidabilità: basti pensare che è stata decisa ribaltando una giurisprudenza contraria, che dopo la sentenza è subito tornata come prima. Per di più il Csm non ha avuto nulla da dire nei confronti del giudice che l’ha condannato, che si è messo a esternare sulla sentenza prima che ne fossero rese pubbliche le motivazioni».
Come convinse il Cavaliere a nominarla ministro della Giustizia?
«Io non volevo essere nominato, c’erano altre candidature. Poi ebbi un lungo colloquio con il Cavaliere, nel quale non ci trovammo sempre in sintonia. Ma quando tornai a casa dissi alla mia compagna che sarei stato sicuramente il nuovo Guardasigilli».
Cosa accadde?
«Credo di essere riuscito a trasmettergli compentenza, lealtà e senso delle istituzioni».
I giudici sono contro il reato d’immigrazione clandestina. Fanno bene?
«Così è inutile: si danno 8000 euro di multa a chi non può pagarli ed è disperato. I clandestini vanno espulsi e processati, con pene più severe di quelle previste attualmente, in caso di recidiva».
Come mai non è andato al Family Day?
«Perché ho una visione profondamente laica della società. E poi perché penso che la legge Cirinnà sia anticostituzionale e quindi non verrà applicata. Si è persa l’occasione per fare una legge seria sulle coppie di fatto. E anche in questa circostanza, Forza Italia si è distinta per l’assenza di un dibattito all’altezza».