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lunedì 19 ottobre 2015

Attenzione alle multe in arrivo: ecco quando si possono non pagare

Multe, quando arriva la prescrizione: 5 anni per lo Stato, 2 anni per Equitalia




Un cavillo burocratico che però potrebbe influire, e molto, sulla vita e le tasche dei contribuenti italiani. Lo scorso 8 ottobre la Cassazione ha stabilito i tempi di prescrizione e decadenza delle multe per violazione del Codice della Strada. Come spiegato anche dal Giorno, il diritto di riscuotere tali somme si prescrive in 5 anni. Per Equitalia, però, la prescrizione avviene 2 anni dopo la ricezione del ruolo. Confusione? In altre parole, lo Stato non può pretendere di incassare le multe vecchie di 5 anni, mentre Equitalia non potrà riscuotere la multa dopo 2 anni da quando lo Stato e gli enti locali l'hanno incaricata di farlo. Allo Stato, però, resterà il diritto di riscuotere, senza affidarsi ad Equitalia.

Occhio alle "Cartelle assemblate": così Equitalia cerca di fregarvi

Equitalia, occhio alle "cartelle assemblate": così provano a fregare gli italiani e aggirare il condono





Si chiama "assemblaggio" ed è il trucchetto di Equitalia per provare ad incassare più soldi del dovuto. È stata la Cassazione a smontarlo, dichiarando che un debito non è esigibile all'infinito perché altrimenti i tassi d'interesse diventerebbero insostenibili. Ed è proprio sugli interessi che Equitalia lucrava, "gonfiando" le sue cartelle. Come ricorda il Giorno, negli ultimi mesi ad alcune migliaia di contribuenti sono arrivate a casa alcune cartelle con richiesta di pagamento di vecchi debiti, risalenti anche al 2003-2004. Piccole multe, canoni Rai evasi, spesso e volentieri tutte cartelle già pagate, magari a rate. Equitalia, insomma, "ci prova". 

Il condono aggirato - Eppure nel 2015 è stato varato un condono per le cartelle inferiori a 300 euro. Ed Equitalia cosa fa? Accorpa quelle cartelle "bagatellari" per superare il limite di 300 euro e dribblare il tetto del condono, puntando peraltro su importi moltiplicati da anni e anni di interessi arretrati.  Secondo Federconsumatori, a pagare lo scotto di questa battaglia all'evasore senza esclusione di colpi sono piccoli imprenditori, commercianti, pensionati, lavoratori dipendenti. 

Grillo adesso fa l'anti-amerikano: "Gli Usa sono dalla parte sbagliata"

M5S a Imola, Beppe Grillo: "Gli Usa sono dalla parte sbagliata della storia"




"Gli Usa sono dalla parte sbagliata della storia". Beppe Grillo si traveste da anti-americano per arringare le migliaia di simpatizzanti del Movimento 5 Stelle accorsi all'autodromo di Imola per la festa a 5 Stelle. Tra una difesa dell'utopia e un inno al reddito di cittadinanza, il comico-guru che vorrebbe togliere il proprio nome dal simbolo del Movimento si lancia anche in una invettiva contro il Ttip, l'accordo commerciale tra Usa ed Europa che a suo dire sarà un disastro per la vita dei consumatori e una manna per multinazionali e colossi della grande distribuzione: "Voglio poter commerciare con il Brasile, con la Russia, con la Cina, voglio poter dire no alle importazioni dagli Usa senza incorrere in una multa milionaria. Gli Stati Uniti sono dalla parte sbagliata della storia, è evidente". 

"Il lavoro deve venire da voi" - "Io voglio che la gente rimanga qua in Italia perché ci vive bene. E il lavoro deve venire da me", è poi lo slogan usato da Grillo. Il lavoro bisogna trovarlo vicino a casa "a 500 metri e non a chilometri che sei costretto a prendere i treni dell'alta velocità. Noi vogliamo una società a cento all'ora, non a trecento all'ora". Insomma, "lo diceva Kennedy nel '68, il Pil è un'allucinazione". Nel M5S è mosso dalla ricerca di "un senso alternativo del mondo: noi siamo disadattati perché non ci adattiamo a nessuno", spiega. "Tutti i grandi visionari - continua - mettevano al centro il lavoro per 3/4 ore perché poi c'è la tua vita. Bisogna mettere al centro sempre l'individuo - ribadisce - non le cose ma i servizi". Quindi rivolgendosi alla folla di attivisti presente li esorta: "Prendete coscienza di ciò che volete dalla vostra vita, il pensiero è il vostro non di qualcun'altro e ricordatevi che tutte le cose vengono mediate. Non ci deve essere più un guru o l'elevato - scherza riferendosi rispettivamente a Casaleggio e a se stesso - sta a voi. L'utopia ci manda avanti". 

sabato 17 ottobre 2015

Spiavano gli utenti che navigavano Maximulta per i big dei telefonini

Telecom, Wind e Vodafone sanzionate dell’Antitrust. Pagheranno più di un milione




Per i giganti della telefonia mobile Telecom, Vodafone e Wind è arrivata una multa molto salata. L'Antitrust ha stabilito una sanzione complessiva di un milione e 733mila euro perché le società non hanno seguito i provvedimenti imposti lo scorso 13 gennaio, e hanno continuato ad acquisire consensi dai consumatori senza renderli pienamente consapevoli dei servizi attivati con la navigazione su Internet con i cellulari.  

Le multe - Nello specifico, le multe sono di 583 mila euro per Telecom, di 350 mila per Wind e di 400 mila per Vodafone e H3G. Le aziende sono colpevoli di non avere aumentato il controllo delle attivazioni non richieste attraverso un unico click per l’acquisto del servizio di navigazione. E così l'Antitrust li ha puniti e ha imposto che paghino le somme di denaro stabilite. 

Nella manovra c'è la data delle elezioni: ecco quando l'Italia tornerà al voto

Matteo Renzi vuole votare nel 2017: la prova nella legge di Stabilità


di Elisa Calessi



La lettura ufficiale è quella che, a un certo punto della conferenza stampa, dà lo stesso Matteo Renzi: «Si scrive legge di stabilità ma si pronuncia legge di fiducia». Siccome, da metà di quest’anno, è cominciata una timida ripresa che dovrebbe continuare nel 2016, il governo ha deciso di puntare tutte le proprie fiches per rafforzarla. Come? Lasciando più soldi possibile nelle tasche degli italiani (abolizione della Tasi), così che - con un’iniezione di fiducia - inizino a consumare, il mercato si muova, il Pil cresca. La lettura maliziosa, che però gira anche tra i fedelissimi del premier, è che quella licenziata dal consiglio dei ministri sia una legge di stabilità «elettorale». In senso stretto perché sarà il biglietto da visita del Pd per la campagna delle prossime amministrative, quelle che si svolgeranno nella primavera 2016 e che, di fatto, saranno le elezioni di mid-term del governo. In senso lato perché, se la scommessa di Renzi riesce, se la ripresa si rafforza e i risultati diventano visibili, potrebbe diventare il volano per elezioni politiche da anticipare al 2017, quando i vantaggi percepiti dagli italiani sono ancora freschi. Come ha detto il premier, «la ripartenza deve essere sostenuta e l’unico modo è dare degli choc fiscali. Perciò via l’Imu e le tasse sulla prima casa». Il messaggio da cartelloni elettorali è pronto: «Cari italiani, le tasse vanno giù».

Finito il consiglio dei ministri, Matteo Renzi, accompagnato dal ministro Padoan, scende nella sala stampa di Palazzo Chigi. Presenta la manovra da 27 miliardi con il solito gioco pirotecnico di 30 tweet («è la prima legge di stabilità spiegata via Twitter», scherza) e 30 slide («mi hanno detto che tecnicamente non vale se non ci sono»). La caratteristiche di fondo, spiegano i suoi, sono due: è «espansiva» ed è «popolare». In questo senso, la misura che dà la cifra di tutta la manovra, e che «Matteo ha difeso con i denti», persino al prezzo di litigare con l’Europa e di rinviare al 2017 l’abbassamento dell’Ires, è l’abolizione della tassa sulla prima casa. Per un motivo innanzitutto numerico: riguarda oltre il 70% degli italiani. Se la misura degli 80 euro, calcolano i suoi, riguardava dieci milioni di italiani, qui si arriva a toccarne almeno cinque volte di più. Così come «popolare», soprattutto nel mondo delle imprese e del commercio, è l’aumento a 3mila della soglia dei contanti. O gli interventi sulle partite Iva, penalizzate lo scorso anno. «Tutte misure», spiega un fedelissimo, «che hanno un target popolare».

Il premier si diverte a giocare con la caricatura che, già mette in conto, gli faranno: «Abbiamo 25 tweet di buone notizie», esulta. Detta lo slogan, che poi è anche l’hashtag del diluvio di tweet che farà lanciare: «L’Italia con il segno più». Sintesi: «Fino a qualche anno fa il mondo tirava, l’Italia arrancava, adesso l’Italia è ripartita, ma il mondo non si sente benissimo». È arrivato il momento di «consolidare questa ripresa». Ma per farlo è «fondamentale che gli italiani abbiano la consapevolezza che il futuro è nelle loro mani». Basta «vittimismo». «Il nostro destino non è a Bruxelles o a Pechino». Per la prima volta non si nasconde alcuna «una fregatura»: «le tasse vanno giù in modo sistematico e per certi versi sorprendente», assicura. «Quest’anno con l’abolizione della Tasi, dell’Imu agricola, delle misure per gli autonomi, l’anno prossimo con l’Ires, poi con l’Irpef». Glissa sulla prima cattiva notizia: il taglio della tassa sui profitti delle imprese è stata rinviata. Ma, aggiunge, potrebbe essere anticipata di nuovo se l’Europa ci verrà incontro per l’emergenza migranti. Le altre buone notizie sono i «minimi per le partite Iva, una sorta di Jobs Act per i lavoratori autonomi», «l’intervento straordinario sulle case popolari», perché, altro tweet, «ci preoccupiamo di chi arranca». Ancora: «i superammortamenti per le aziende, uno sconto per chi ci crede da subito».

Misura, tweet, slide. Il ritmo travolge le notizie non buone. Per esempio il fatto che gli sgravi fiscali per chi assume saranno il 40% degli attuali. Il premier lo trasforma in uno slogan-tirata d’orecchi: «Meno di prima, affrettarsi prego». La spending review è di soli 5 miliardi? Non si sono toccati gli sgravi perché «poi avreste titolato con una mano dà, con una toglie». Poi c’è l’Europa. «La vera discussione che abbiamo fatto è se accettiamo di rispettare tutte le regole europee o no». Una parte era per farlo, un’altra per farlo «ma con fantasia». Si è deciso di rispettare le regole, a cominciare da quella del 3%, ma applicando tutta la «flessibilità» possibile, che si concretizza in 13 miliardi. Su questo tema si concede qualche siparietto con il ministro Padoan, alla sua sinistra. Per esempio quando gli chiede di «fare la faccia corrucciata, ci siamo messi d’accordo così», quando dice che «a Bruxelles ci sono Paesi che teorizzano il rispetto delle regole e poi non le rispettano». O quando gli chiede di rispondere lui, «perché io sarei meno diplomatico», sulle dichiarazioni fatte dalla Commissione contro l’abolizione della Tasi. La scommessa è chiara. L’anno prossimo si capirà se è vinta. E da questo dipenderà la durata della legislatura.

Matteo Renzi, prove generali di guerra Obama e quella scelta sull'Afghanistan

Matteo Renzi: "Stiamo valutando se prolungare la missione in Afghanistan"




"L'Italia è un grande Paese, stiamo valutando in queste ore se prolungare di un altro anno la nostra presenza in Afghanistan, come ci è stato chiesto dall'amministrazione americana". Il presidente del Consiglio Matteo Renzi lo ha annunciato parlando all'Università Ca' Foscari di Venezia per l'inaugurazione del nuovo campus: "Avete sentito tutti cosa ha detto il presidente Obama", ha aggiunto, "noi abbiamo scenari di guerra molto complicati. Ieri Ban Ki-moon era alla Camera, ha fatto un intervento molto ampio su tutto ciò che facciamo".

Infatti Barack Obama il 15 ottobre - smentendo se stesso - ha annunciato che le truppe americane resteranno in Afghanistan anche dopo che lui se ne sarà andato, e per il 2016 il contingente continuerà ad essere di quasi 10mila soldati, come adesso. I generali sul campo avevano raccomandato da tempo questa soluzione a Barack, per garantire all'Afghanistan di non fare la fine dell'Iraq. Obama aveva originariamente pianificato di ritirare quasi tutti i soldati entro la fine dell’anno venturo, lasciandone solo un manipolo a difesa dell’ambasciata di Kabul. Ora anche l'Italia dovrà fare la sua parte?

Nuovo scandalo in Germania: "Si sono comprati i mondiali"

Nuovo scandalo in Germania: "Si sono comprati i mondiali"




La Germania potrebbe aver pagato per ottenere l'assegnazione dei Mondiali di calcio del 2006. A sollevare il sospetto è un'inchiesta del settimanale tedesco Der Spiegel, secondo il quale il Comitato promotore di Germania '06 avrebbe goduto di un fondo nero finanziato anche con il denaro del Ceo dell'epoca di Adidas, Robert Louis-Dreyfus, che mise a disposizione 10 milioni di franchi svizzeri, pari oggi a circa 6,5 milioni di euro.

Il voto - Il settimanale sostiene che del fondo nero fossero al corrente dal 2005 il campione del calcio tedesco, Franz Beckenbauer, nel ruolo di Presidente del Comitato, ma anche Wolfang Niersbach, capo della Federcalcio tedesca. Secondo lo Spiegel, il denaro è stato usato per accomodare il voto della Fifa per l'assegnazione dei Mondiali, convincendo quattro membri asiatici del comitato. Nel luglio 2000, quando la Fifa ha deliberato sui Campionati del Mondo del 2006, i voti favorevoli per la scelta della Germania sono stati 12 contro 11, con il neozelandese Charlese Dempsey che scelse di astenersi. Gli altri tre rappresentanti asiati che hanno votato a favore si sono rifiutati di rispondere alle domande del settimanale tedesco, mentre un terzo si è negato dicendo che quelle domande: "Non meritano una risposta".

La difesa - I vertici della Federcalcio tedesca hanno confermato l'esistenza di un pagamento nei confronti della Fifa che risale all'aprile del 2005. Il denato che il Ceo di Adidas aveva "anticipato", gli sono stati restituiti grazie all'organizzazione e finanziamento da parte della Federcalcio tedesco di una cena di gala allo stadio Olimpico di Berlino che poi non si è mai svolta. Allo Spiegel, la Federazione tedesca si è difesa sostenendo che è possibile che il pagamento fatto alla Fifa nel 2005 non sia stato usato per le attività previste. I vertici del calcio tedesco negano categoricamente però che ci possa essere una connessione tra quel pagamento e l'assegnazione dei Mondiali, anzi starebbero valutando anche la richiesta di un risarcimento.