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venerdì 19 dicembre 2014

Beppe Grillo all'assalto di Napolitano: "Dimissioni? Re Giorgio deve costituirsi"

Beppe Grillo all'assalto di Napolitano: "Dimissioni? Lui deve costituirsi"




"Le dimissioni di Napolitano? Lu non deve dimettersi, deve costituirsi": sono dure le parole di Beppe Grillo sul presidente della Repubblica, che oggi ha definito "imminente" la conclusione del proprio mandato. Nel corso di una conferenza alla stampa estera, il leader del Movimento Cinque Stelle ha aggiunto: "Stiamo dentro una struttura dei partiti dove ci hanno messo in un angolo, si sono alleati grazie al Presidente della Repubblica. Dovevamo governare noi che avevamo preso il 25%, perché non ci hanno dato l’incarico?". E ancora: "E' una persona che ha gravissime responsabilità. Ha firmato qualsiasi cosa, si è chiuso nell'ombra e si è inventato le larghe intese per allungarsi la carriera".

Il prossimo presidente... - Beppe Grillo ha tracciato l'identikit del prossimo presidente della Repubblica ideale: "Deve essere una persona che non firmi qualsiasi cosa, una persona di buon senso, normale e al di fuori degli schieramenti politici". Secondo Grillo, le condizioni dell'Italia sono pessime: "Questo paese ogni giorno che passa peggiora, mentre i partiti parlano di cose che non hanno più senso: parlano del presidente o della Corte Costituzionale o della Legge elettorale. E intanto stiamo peggiorando in tutti i campi". Grillo ha ribadito che, a suo parere, "l'Italia deve uscire dall'euro il prima possibile", e ha rivendicato il ruolo del suo movimento: "Noi stiamo proteggendo la democrazia. In Germania, in Francia, in Grecia stanno venendo su delle destre che non fanno i banchetti, vanno con i bastoni: noi non siamo razzisti, la destra ha lucrato sugli immigrati. Noi andiamo in mezzo alla gente, noi siamo la gente". Poi l'affondo su Romano Prodi: "Basta, non se ne può più. Sceglieremo un nostro candidato con le Quirinarie". 

Marò, l'erroraccio di Matteo Renzi che mette nei guai Latorre e Girone

Marò, l'erroraccio di Renzi che mette nei guai Latorre e Girone




Ancora un "erroraccio" nella complicata vicenda marò. Se Salvatore Latorre e Massimiliano Girone sono ancora oggi ostaggi della giustizia di Nuova Delhi la colpa questa volta è di Matteo Renzi. Dagospia che riporta infatti un retroscena su quello che accadde il 15 novembre scorso, quando il premier e il presidente indiano Narendra Modi si sono appartati per discutere appunto sulla questione marò. Al termine dell'incontro il presidente del Consiglio italiano sottolineò con i giornalisti che era importante evitare le polemiche sui marò per non mettere a repentaglio i molti rapporti con l’India. Quello che Renzi non disse è che Modi lo incoraggiò a seguire la strada delle trattative informali, quelle che vengono condotte attraverso i servizi segreti. Cosa che l’Italia ha puntualmente fatto, con l’impegno costante del sottosegretario Marco Minniti e del capo dell’Aise, Alberto Manenti. Un "erroraccio" secondo Dagospia. Renzi si sarebbe infatti fatto fregare perché la giustizia indiana però è indipendente dal governo e i due marò restano nei guai. In pratica il presidente del Consiglio Renzi è caduto in una mezza trappola e si è perso tempo prezioso per sollevare invece un arbitrato internazionale su tutta la vicenda, strada che ovviamente è incompatibile con quella dei negoziati riservati.

Nomi azzurri per la corsa al Colle: "No alla Severino, ecco chi vogliamo"

Forza Italia, Giovanni Toti: "La Severino non va bene per il Quirinale"




Dopo l'annuncio delle "imminenti dimissioni" di Giorgio Napolitano, Giovanni Toti parla del prossimo presidente della Repubblica. L'eurodeputato di Fi e consigliere di Berlusconi ne ha parlato oggi a Un Giorno da Pecora, il programma di Rai Radio2 condotto da Claudio Sabelli Fioretti e Giorgio Lauro. C'è anche il patto per il Colle in quello del Nazareno? “Il Patto del Nazareno è una cosa seria. E non comprende l'elezione del Presidente della Repubblica”. 

I nomi - Accettereste Romano Prodi come nome per il Quirinale? “Lo escludo assolutamente, per noi no”. Berlusconi ha detto che voleva Amato. “Lui è un moderato che ha un curriculum di tutto rispetto. Il Presidente non ha fatto il suo nome per bruciarlo”. E la Severino? “Ritengo che la Severino abbia fatto parte di un governo che abbia fatto danni a questo paese, non mi pare possa esser una candidata”. E Casini? “Un centrista che viene dalla nostra area politica”.

Condizioni di Salvini al Sud "Ecco cosa voglio da chi mi seguirà"

Matteo Salvini presenta "Con Salvini", il movimento per il Sud




Si chiamerà "Con Salvinì" il movimento a trazione leghista per il centrosud che Matteo Salvini lancerà ufficialmente domani in una conferenza stampa alla Camera. Lo ha detto lo stesso leader del Carroccio al Tg2. Per Salvini "al sud non vogliono vecchi simboli, vogliono che si rompa con il passato". Così il leader del Carroccio vuole porre dei paletti per costruire una struttura solida al sud. Salvini punta al coinvolgimento diretto di giovani, professionisti, imprese. 

Porte chiuse ai riciclati - Insomma, sembrerebbe essere la società civile prima ancora che qualunque gruppo organizzato, il motore di questo nuovo progetto a cui il segretario ha lavorato quasi in completa autonomia, con l’aiuto solo di un pugno di fedelissimi. Salvini vuole chiudere le porte a quelli che lui stesso ha definito gli infiltratì o i riciclati. Blindare il nuovo soggetto rispetto ai tanti che ambirebbero a salire sul carro del Salvini vincitore è stato il lavoro principale del leader leghista, il cui timore parrebbe essere più quello di "mischiarsì con situazioni che considera già bruciate piuttosto che non quello di raccogliere abbastanza consensi". 

Le condizioni - Anche perché il nuovo soggetto con Salvinì si configurerà, almeno secondo quanto trapelato finora, come una struttura snella che non avrà bisogno necessariamente di appoggiarsi su apparati già esistenti. Giù dal carro, quindi, almeno per il momento, tutti gli ex e i vari movimenti, partiti e partitini che puntano sulla nuova Lega: intanto il segretario porta avanti il suo movimento, tempo per le alleanze fino alle elezioni poi ce n’è sempre. Una cosa è certa, guardando i sondaggi se la Lega dovesse sfondare al Sud potrebbe davvero pensare di prendersi la leadership del centrodestra. 

giovedì 18 dicembre 2014

Sì al commercio di ovuli non fecondati: dall'Europa la svolta / Siete d'accordo?

Via libera dall'Europa alla commercializzazione degli ovuli non fecondati




Un ovulo umano manipolato ma non fecondato può essere brevettato a fini industriali o commerciali. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell’Unione europea, secondo cui "un organismo non in grado di svilupparsi in essere umano non costituisce un embrione umano ai sensi della direttiva sulla protezione giuridica delle invenzioni biotecnologiche. Pertanto -afferma la Corte in una nota- le utilizzazioni di un organismo del genere a fini industriali o commerciali possono essere, in linea di principio, oggetto di brevetto".

Il caso Brustle - La decisione di oggi in parte ribalta quanto stabilito dalla Corte nel 2011, quando con la sentenza nel caso Brustle la Corte aveva stabilito che "la nozione di embrione umano comprendeva gli ovuli umani non fecondati" dal momento che "tali ovuli erano tali da dare avvio al processo di sviluppo di un essere umano". Questo quindi li rendeva non brevettabili. Chiamata però dall’Alta Corte di giustizia del Regno Unito a stabilire se tutti gli ovuli siano in grado di dare adito a un processo di sviluppo di essere umano, la Corte Ue ha oggi chiarito che questo non necessariamente avviene in tutti i casi.

Non è un embrione - "Il solo fatto che un ovulo umano attivato per partenogenesi inizi un processo di sviluppo non è sufficiente per considerarlo un embrione umano", sostengono i giudici della Corte. Di conseguenza, quando si può dimostrare che da un ovulo non potrà derivare un essere umano, allora l’uso di tale ovulo è brevettabile a fini industriali o commerciali, conclude la Corte. Il caso era partito da un ricorso della multinazionale biotech International Stem Cell Corporation, che ritiene appunto che gli ovuli da essa usati nei suoi processi industriali non siano in grado di svilupparsi in esseri umani.

Fondi pensione, Irap, sgravi e autonomi Tutte le mosse del governo: cosa cambia

Fondi pensione, Irap e sgravi agli autonomi, cosa cambia




I fondi pensione e le casse di previdenza potranno beneficiare di un credito d’imposta per gli investimenti; lo sconto potrà portare alla sterilizzazione dell'incremento delle aliquote sui rendimenti. La commissione Bilancio del Senato ha approvato l’emendamento alla legge di stabilità, presentato dal relatore, Giorgio Santini. Con la manovra (stamattina si scioglieranno gli ultimi nodi) l'imposizione è passata dal 20% al 26% per le casse di previdenza e dall'11% al 20% per i fondi pensione. Con le modifiche sarà possibile avere uno sconto pari all’aumento, per gli investimenti, a partire dall’anno d’imposta 2015. Il taglio ai patronati viene ridotto a 35 milioni di euro, dai 150 milioni previsti.

Autonomi - Le imprese senza dipendenti potranno usufruire di un credito di imposta del 10% a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2014. La misura riguarda 1,4 milioni di automi che, non avendo dipendenti, non possono dedurre dall’Irap il costo del lavoro e sarebbero dunque penalizzati dall’aumento dell’aliquota Irap dal 3,5% al 3,9% previsto dalla legge di stabilità. Considerato che il credito d’imposta è fruibile l’anno successivo a quello di maturazione, la misura determina un effetto finanziario negativo di 163 milioni di euro per il 2015 e altrettanti per il 2016 e il 2017. 

Partecipate - Novità anche per le partecipate locali: vanno chiuse o accorpate le società partecipate che hanno meno di 10 dipendenti o più amministratori che dipendenti e quelle con fatturato sotto i 100mila euro. Sanzioni in caso di mancato taglio sia all'amministrazione sia ai dirigenti.

Quella voce che gira a sinistra: nuovo patto Renzi-Berlusconi

Patto del Nazareno, accordo tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi: Italicum in vigore dall'1 settembre 2016


di Claudio Brigliadori 


C'è una voce che gira a sinistra: congelare la legislatura per tutto il 2016 e andare al voto nella primavera del 2017, tra due anni abbondanti. Sarebbe questo il contenuto del "nuovo" Patto del Nazareno tra Matteo Renzi e Silvio Berlusconi, uniti da obiettivi comuni: neutralizzare, o far rientrare, i frondisti di Pd e Forza Italia, tranquillizzare chi teme le urne anticipate e raffreddare il clima di guerra latente intorno al nome del nuovo presidente della Repubblica. Il timing in Parlamento è rischiosissimo: entro il 20 gennaio dovrà arrivare il via libera alla legge elettorale in Senato e quasi contemporaneamente potrebbe scattare l'iter per l'elezione del successore del dimissionario (sì, ma quando?) Giorgio Napolitano. Già tra Montecitorio, Palazzo Madama e social network girano parole chiave del tipo #melina, #ricatti e #minaccia, giusto per capire il clima poco sereno che regna tra dem e azzurri. Forza Italia, per bocca di Renato Brunetta, vorrebbe legare i due temi, Italicum e toto-Colle. Il Pd, spiega il capogruppo alla Camera Roberto Speranza, non ci sta affatto. Ma a placare i bollenti spiriti potrebbe arrivare, ora, la nuova intesa tra i due leader. 

Il Nazareno reloaded - Secondo Repubblica, la stretta di mano sarebbe arrivata un paio di sere fa, in gran segreto. Denis Verdini, lo sherpa del Cavaliere, avrebbe incontrato nuovamente Renzi e il suo braccio destro Luca Lotti a Palazzo Chigi. Accordo sui contenuti del "Nazareno reloaded": sì all'Italicum e poi sul Colle. Il problema, come detto, erano i tempi. Passata la legge elettorale, molti temono che Renzi voglia forzare la mano, eleggere un presidente della Repubblica disposto a sciogliere subito le camere (magari Romano Prodi?) e consegnare la vittoria al segretario del Pd. Per questo molti forzisti vorrebbero bloccare tutto, col rischio di ripetere grosso modo quanto accaduto nel 2013, con l'ingorgo tra Palazzo Chigi e Quirinale: allora c'era in ballo la scelta del premier, oggi le elezioni, ma poco cambia. E dunque, ecco l'incontro a metà strada posticipando l'entrata in vigore effettivo dell'Italicum. Renzi la voleva far scattare l'1 giugno 2016, Berlusconi il 31 dicembre dello stesso anno. Ha vinto il compromesso: 1 settembre 2016, che considerando i tempi tecnici rende impossibile tornare alle urne prima del 2017. Se il premier, incassata la riforma della legge elettorale e la scelta del nuovo presidente, vorrà poi sparigliare e far cadere il suo governo, dovrà accettare il rischio di farsi votare dagli italiani con il Consultellum, la legge elettorale uscita dalla bocciatura del Porcellum da parte della Corte Costituzionale. Un rischio per lui, ma anche per tutti gli altri (compresi quelli nel Pd).