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venerdì 5 dicembre 2014

EFFETTO PASCALE SU BERLUSCONI Tira aria di voto: Silvio vuole candidare Francesca

Effetto Pascale: Berlusconi apre alle preferenze

di Salvatore Dama 


C’è ma è come se non ci fosse. Silvio Berlusconi è a Roma da due giorni e, tuttavia, rispetto alle precedenti settimane si è manifestato davvero poco. Nessun vertice di partito, ma incontri con questo o quel dirigente. E poi studio. Tanto studio. Il Cav ha la testa china sui dossier, che manco quando era a Palazzo Chigi. Approfondisce le misure economiche da inserire nel programma elettorale di Forza Italia. Puro jogging per la mente nell’incertezza della durata della legislatura. Ma lui sta lì, vaglia la fattibilità delle proposte in favore degli anziani. L’odontoiatria sociale, ossia le dentiere gratis. L’oftalmologia pubblica, cioè la cataratta a spese dello Stato. E ancora: la flat tax e le pensione sociali, da portare a mille euro per 13 mensilità. 

Berlusconi vuole parlare di questo, «non delle questioni di partito», su cui insiste Fitto. Allo scopo, era in ballo per oggi una conferenza stampa. Ma, più probabilmente, Silvio farà una o più interviste televisive sulle sue proposte economiche. Un modo per «distogliere l’attenzione dai litigi di partito» e per togliere argomenti polemici a Raffaele Fitto. Nessun incontro tra i due. Nessun ufficio di presidenza in programma per discutere «l’azzeramento delle cariche interne», come chiede l’eurodeputato. Anche perché la questione della «democrazia interna» è già stata affrontata con la convocazione dei congressi provinciali con i quali Forza Italia rinnoverà la classi dirigente locale. Rimane la disponibilità berlusconiana a riconvocare il bureau del partito, «ma solo per parlare di temi concreti». 

E un tema concreto è la legge elettorale. Silvio ne ha discusso, ma solo nel consesso familiare. Arrivando a una svolta: «Meglio il Consultellum dell’Italicum» e non solo per l’impianto proporzionale del sistema elettorale in vigore. «Tutto sommato le preferenze non sono male, mi piacciono», ha confessato Berlusconi, rivedendo la precedente contrarietà all’indicazione del nome dei candidati sulla scheda. E raccontano che dietro il ripensamento berlusconiano, come spesso accade ultimamente, ci sia la compagna Francesca Pascale. È lei ad aver convinto Silvio che poi le preferenze non fanno così schifo. Tutt’altro, se possono permettere l’approdo della first lady in Parlamento. E Francesca ci vuole entrare a furor di popolo, non da nominata. 

Se le cose stanno così è chiaro che la strada dell’Italicum è sempre più in salita. Ieri 12 senatori del Nuovo centrodestra hanno disertato i lavori della direzione del partito in polemica con i contenuti della legge elettorale voluta da Renzi. Tra gli assenti Gentile, Azzollini, Viceconte ed Esposito. Se non si va a votare l’anno prossimo, rimane misterioso il motivo per cui ci sia questa gran fretta di approvare l’Italicum. E loro vogliono vederci chiaro. Così come i senatori Giovanardi e Compagna, che chiedono lumi anche sulla politica delle alleanze. «Non siamo contrari a questo progetto politico, ma non conosciamo i dettagli», precisa Giovanardi. E non sono servite a molto le spiegazioni del leader Angelino Alfano: «Tra Renzi e Salvini c’è una prateria e noi la batteremo», lasciando intendere l’intenzione di realizzare un polo moderato. Salvo poi additare l’esempio calabrese, dove i centristi sono andati da soli, come modello, frenando, contemporaneamente, sulle alleanze di centrodestra alle Regionali di primavera. A partire dal Veneto. «Forza Italia e il suo leader», attacca Fabrizio Cicchitto, «sono in crisi di credibilità. Berlusconi porta Salvini a Milanello, ma non si rende conto che il leader leghista sarà il suo assassino politico». 

Nel Partito democratico c’è altrettanta spaccatura in tema di regole di voto. L’ipotesi del differimento dell’entrata in vigore dell’Italicum non convince la minoranza interna. Che, anzi, sembra intenzionata a rimettere in discussione anche la riforma del Senato, in calendario alla Camera. Secondo la Velina Rossa, nel Partito democratico, cresce la voglia di Consultellum. Un sistema che, nella sua semplicità, ha il pregio di introdurre le preferenze. Un modo per riavvicinare i cittadini alle urne. Il carattere puramente proporzionale del sistema indicato dalla Corte Costituzionale potrebbe inoltre favorire il determinarsi di una «legislatura costituente» capace di «riformare davvero le regole dello Stato». 

giovedì 4 dicembre 2014

Un pizzino da Berlino per Roma: "Via dall'Euro o..."

Der Spiegel: "Così l'Italia torna competitiva senza l'Euro"




"L'Italia potrebbe uscire dall'Euro". A darne notizia è il settimanale tedesco Der Spiegel. Dalla Germania arriva un'analisi attenta degli scenari possibili con Roma fuori dall'Eurozona. "In Italia - scrive lo Spiegel -  tutti i partiti all'opposizione sono contrari all'euro. I Socialdemocratici intorno al segretario Matteo Renzi hanno una larga maggioranza in Parlamento e vantano di un grande - seppur non più schiacciante - consenso nella popolazione. Ma nelle democrazie prima o poi le opposizioni vanno al governo ed ora e' quindi importante sapere - precisa il tedesco "Spiegel" - se un simile governo attuerebbe una politica anti-euro". Secondo lo Spiegel la vittoria della Lega alle regionali in Emilia Romagna e le rivendicazioni di una sovranità monetaria da parte di Forza Italia potrebbero spostare in futuro l'asse della politica italiani verso posizioni anti-euro più incisive. Magari come sottolineano da Berlino anche "con l'aiuto di Beppe Grillo". A questo punto arriva l'analisi su cosa potrebbe accadere con l'Italia fuori dall'euro. 

Fuori dall'Euro - Stipendi, salari e naturalmente anche i prezzi dei prodotti verrebbero pagati con questa nuova moneta. Inizialmente il vecchio euro affiancherebbe la nuova moneta italiana con un cambio uno a uno: successivamente la nuova moneta verrebbe emessa liberamente - operazione che farebbe subito crollare la sua quotazione del 50 per cento. In un colpo solo, quindi, l'Italia diventerebbe nuovamente competitiva. Ma per il resto dell'eurozona questo sarebbe il peggiore di tutti i possibili scenari di crisi. E' vero però che dall'entrata nell'euro l'Italia non è più cresciuta: la disoccupazione è alta, quella giovanile spaventosa, conclude Der Spiegel - e quindi l'uscita dall'euro è ampiamente giustificata.

Inchiesta Mafia Capitale, trema il Pd romano: "Soldi a Ignazio Marino da Buzzi" e "primarie truccate"

Inchiesta Mafia Capitale, trema il Pd romano: "Soldi a Ignazio Marino da Buzzi" e "primarie truccate"

di Claudio Brigliadori


Il Pd romano crolla sotto il peso del "Cupolone". L'inchiesta Mondo di mezzo sulla Mafia Capitale ha scoperchiato quel calderone malsano di intrallazzi, affari bipartisan, connivenze e corruzione che vede protagonisti criminalità nera e rossa, imprenditori e politici compiacenti. E tra i cento indagati non c'è solo l'ex sindaco di destra Gianni Alemanno, ma pure pezzi grossi dei democratici della capitale. Per questo Matteo Renzi, che si è detto "sconvolto", ha imposto al segretario locale Lionello Cosentino di farsi da parte, commissariando il partito e affidandolo al presidente nazionale Matteo Orfini. 

Soldi a Marino e "primarie truccate" - L'impresa è difficile: ripulire il Pd romano da capi-corrente e cacicchi-acchiappavoti in grado di inquinare la stessa vita interna dell'organizzazione. "I rischi aumentano - spiega Tommaso Giuntella, presidente del Pd romano -. Alle nostre sono andati a votare un sacco di fascisti". L'ex assessore di Veltroni Roberto Morassut a Repubblica dice che le primarie "sono tutte pilotate. Vanno a votare gli immigrati guidati dai cacicchi locali e gli immigrati votati un tanto al voto". E Marianna Madia già nel giugno 2013 parlava di "associazioni a delinquere" a proposito dei gruppi di potere interni al partito. A riascoltarle oggi, queste parole sembrano una conferma di realtà conosciute a tanti da tempo, ma che nessuno dentro al Pd ha davvero combattuto, forse per non pestare i piedi agli amici e a chi assicura voti. Non è un caso che dalle carte dell'inchiesta condotta dai pm Giuseppe Cascini, Paolo Ielo e Luca Tescaroli emergano anche ombre proprio sulle primarie del Pd (Salvatore Buzzi, a capo della coop rossa 29 giugno e braccio destro imprenditoriale del boss Massimo Carminati si vantava al telefono: "Ne ho 3 del Pd") e sulla elezione stessa di Ignazio Marino. Proprio dalle Coop di Buzzi sono arrivati 30mila euro di finanziamenti per il sindaco prima delle Comunali, 10mila euro dalla coop 29 giugno e 20mila dal Consorzio Eriches 29. 

Comune a rischio scioglimento - Il rischio di scioglimento del Comune di Roma per infiltrazione mafiosa è concreto. Il sospetto degli inquirenti è che quei soldi (c'è un vero e proprio tariffario, un "Libro nero" in cui Buzzi annotava i soldi da pagare ai politici compiacenti) facciano parte di una rete molto, molto più ampia di elargizioni partite dalla "cupola" per garantirsi appoggi e amicizie politiche ad altissimo livello. E mentre Alemanno fa mea culpa ("Se è tutto vero, ho sbagliato, mi sono fidato delle persone sbagliate"), l'inchiesta potrebbe virare ancora più in alto, alla Pisana sede della Regione Lazio. Al telefono con Carminati, Buzzi traccia il quadro dei possibili appoggi dentro le maggioranze del Pd: "Se vinceva Alemanno ce l'avevamo tutti comprati. E mo vedemo Marino, poi ce pigliamo e misure tramite Luigi Neri (vicesindaco di Sel, ndr)". E quindi il tentativo di avvicinarsi al caposegreteria di Marino, Mattia Stella ("Dobbiamo valorizzarlo e legà di più a noi", sottolinea Buzzi). 

Nel mirino anche la Regione - Anche per questo la lobby guidata da Carminati e Buzzi avrebbe cercato agganci proprio alla Pisana, mettendo a libro paga uno del Pd in Regione. Intanto al Campidoglio tremano tutti. Perché in tanti avevano rapporti con Buzzi, uomo fortissimo delle coop rosse della Capitale. E basterebbe una sua mezza parola nelle intercettazioni al vaglio degli inquirenti per finire sul registro degli indagati.

Gaffe razzista, Sun contro Balo "Spese 4mila sterline in alcol"

Sun contro Balotelli: "4mila sterline in alcol prima della gaffe razzista"

di Matteo Carnieletto 



L'attaccante del Liverpool, prima di pubblicare la foto "razzista" su Instagram, avrebbe speso una cifra importante in champagne e vodka. I tabloid inglesi hanno scatenato una bufera su Mario Balotelli. Subito dopo la pubblicazione su Instagram di una foto di Super Mario, il celebre personaggio dei videogames, corredata dalla scritta "salta come un nero e afferra soldi come un ebreo", il calciatore del Liverpool ha subito un vero e proprio processo mediatico che non pare arrestarsi.

Balotelli si è poi pentito per il post, che ha eliminato sostenendo che "il messaggio voleva essere antirazzista e ironico", ben diverso da ciò che è stato percepito all'esterno. "Non tutti i messicani hanno i baffi, non tutti i neri saltano in alto e non tutte le persone di religione ebraica amano il denaro. Ho usato una vignetta creata da qualcun altro perché raffigurava Super Mario".

Sul Sun di oggi sono state pubblicate anche immagini che mostrano Balotelli in un locale di Liverpool, assieme ad un gruppo di amici. Qui il calciatore avrebbe speso circa 4mila sterline in vodka e champagne, prima di pubblicare l'immagine su twitter.

Ora SuperMario rischia di essere squalificato dalla Premier League. Il campionato inglese controlla con molta attenzione l'attività dei calciatori e per offese di stampo razzista, come sono state percepite quelle pubblicate su Instagram, prevede fino a cinque giornate lontani dal campo da gioco.

Toto-Colle, Renzi in ginocchio da Bersani Ecco perché sul Quirinale si gioca tutto

Quirinale, Matteo Renzi in ginocchio da Pierluigi Bersani: il premier prova a ricucire con la minoranza




Uno spettro si aggira sul Partito Democratico: lo spettro dei 101 franchi tiratori che nel 2013 impallinarono Romano Prodi nella salita al Colle. Per questo motivo Matteo Renzi è alla ricerca di una forte coesione, almeno per la prossima elezione del Presidente della Repubblica, all'interno del suo partito, e punta a ristabilire un dialogo di minima con la minoranza e in particolare con la guida interna per antonomasia dell'ala radicale, l'ex segretario Pierluigi Bersani. A Matteo Renzi serve infatti che al Quirinale si sostenga almeno ufficiosamente la proposta del Partito Democratico e, come nota a tal proposito Repubblica, da qualche settimana ripete "parole che starebbero bene in bocca all'ex segretario".

Riavvicinare Bersani - "Se noi troviamo una compattezza interna non ce n'è per nessuno. Passa dal Pd la gestione della partita per il Colle. Quindi adesso lavoro per la tenuta e la consapevolezza del mio partito" dice Renzi, parole che assomigliano insospettabilmente a quelle vergate da Pierluigi Bersani "Partire dal Pd, da quel 25 per cento che ha segnato una vittoria striminzita ma ci ha permesso di fare ben due governi". Insomma Bersani ci vuole, e ci vogliono pure altri toni: basta con le stilettate rottamatori in stile Leopolda (e su "quelli che ci vogliono riportare al 25 per cento", parole che avevano segnato il punto più basso del rapporto Renzi-Bersani). Saranno settimane di negoziazioni, in cui bisognerà concedere pur qualcosa da parte del premier, che ha comunque ha incassato il si "per disciplina" dell'ex segretario sul Jobs act ora deve ritornare il favore a Pierluigi. 

Contrattazione - Come ad esempio sulla legge elettorale: "Non mollo sull'Italicum" avverte da tempo Bersani. Con il Patto del Nazareno che se non fa acqua, almeno qualche crepa ce l'ha, sul Colle per il bene del Pd bisognerà rimanere uniti, con un occhio a non esagerare con i colpi social à la Renzi, poco graditi dall'ala radical dei democratici: "So che Matteo è sempre alla ricerca di colpi di immagine. Il modello Muti per fare un esempio. Il Paese è ancora su una strada piena di curve e ci vuole una personalità che sappia guidare la macchina". Uno come Renzo Piano, già senatore a vita e che dalle ultime indiscrezione, sarebbe uno dei candidati che farebbero piacere a Bersani e alla minoranza interna. Quindi, niente scelte di marketing, niente "stravaganze", niente scelte azzardate, bisognerà seguire una terza strada, e con Bersani ("Non accetto scambi, non è nella mia natura") non sarà facile. 

Pd romano travolto da "Mafia capitale": Renzi costretto a commissariare il partito

Pd travolto dall'inchiesta Mafia capitale, Renzi: "Orfini commissario del Pd a Roma"




"Cosentino ha fatto un passo indietro, Orfini sarà il commissario del Pd romano". Ad annunciare il cambio della guardia dopo la slavina dello scandalo giudiziario Mafia capitale è un imbarazzato Matteo Renzi, ospite di Bersaglio Mobile su La7. Il premier e segretario democratico ha spiegato che il partito a livello locale deve fare "una riflessione profonda" dopo quello che è emerso dall'inchiesta sugli intrecci tra politica, imprenditori ed ex terroristi rossi e neri a Roma. Per questo a capo del partito democratico romano arriverà l'attuale presidente del Pd nazionale Matteo Orfini.

"Sono sconvolto, serve una riflessione" - "C'è amarezza e rabbia. Per tutti vale il principio di presunzione di innocenza, ma questa vicenda mi colpisce molto. Sono sconvolto, perché vedere una persona seria come il procuratore di Roma parlare di mafia mi colpisce molto. Naturalmente vale per tutti il principio della presunzione di innocenza e vale in questa vicenda", ha spiegato Renzi parlando dell'inchiesta Mondo di mezzo. "Vale per tutti il principio di presunzione di innocenza -insiste - e il governo ha scelto Cantone per l'anticorruzione. Certe vicende fanno rabbia, serve una riflessione profonda, certo l'epicentro è l'amministrazione di Alemanno ma alcuni nel Pd romano non possono tirare un sospiro di sollievo". 

Tutti gli uomini del Pd coinvolti - In realtà anche il Pd è chiamato pesantemente in causa dalla raffica di 37 arresti e cento indagati. Tra le persone coinvolte nella oscura trama di pressioni, favoreggiamenti e appalti, infatti, ci sono Daniele Ozzimo. assessore alla Casa della giunta Marino (si è dimesso), l'ex capo di gabinetto della giunta Veltroni Luca Odevaine, il responsabile del Decoro urbano sotto Veltroni Mario Schina, il presidente Pd del Consiglio comunale Mirco Coratti, il consigliere regionale del Pd Eugenio Patanè e il vicepresidente della Coop 29 giugno Carlo Maria Guarany. A conferma di quanto fosse bipartisan il sistema che ruotava intorno all'ex uomo vicino alla Banda della Magliana Massimo Carminati, criminale ed ex terrorista nero nei Nar, ci sono le intercettazioni dell'uomo delle coop Salvatore Buzzi, suo braccio destro imprenditoriale. Alla vigilia delle elezioni che avrebbero visto vincere Marino, rassicurava il "capo": "Ho 4 cavalli col Pd e 3 col Pdl". Come dire: i magnaccioni non sarebbero mai caduti a terra.

Jobs Act, fiducia al Senato: ora è legge Fuori è guerriglia: tre feriti, due fermati

Jobs Act, fiducia al Senato: 166 sì, 112 no. Scontri tra Cobas e polizia davanti a Palazzo Madama: tre feriti e due fermati




Al Senato il Jobs Act ottiene la fiducia e diventa legge, fuori è guerriglia. Mentre poco prima delle 20 il governo ha incassato il via libera alla riforma del lavoro (166 sì, 112 no, un astenuto e niente scherzi dalla fronda del Pd), davanti a Palazzo Madama è andata in scena la durissima protesta dei Cobas e dell'assemblea nazionale dei lavoratori proprio contro il pacchetto varato dal ministro del Welfare Giuliano Poletti e dal premier Matteo Renzi (che all'ora di cena esulta come da copione su Twitter, "l'Italia cambia davvero"). I manifestanti, circa un centinaio tra studenti, precari e attivisti, hanno lanciato uova verso le forze dell'ordine e ci sarebbero tre feriti e due fermati.

Assalto a Palazzo Madama - A quanto ricostruito dagli organizzatori, il corteo "dopo un presidio di circa un'ora in un centro città completamente militarizzato" ha cercato di raggiungere Palazzo Madama ed è arrivato a contatto con le forze dell'ordine cercando di superare il blocco di polizia e raggiungere il Senato. Respinti, i manifestanti si sono spostati a Largo di Torre Argentina ma sono stati bloccati dalla polizia all'altezza di via Florida. Al tentativo, dopo circa un'ora, di raggiungere di nuovo Piazza Venezia e il Colosseo "con le mani alzate e il volto scoperto", la manifestazione, sostengono gli organizzatori, "è stata caricata con violenza prima frontalmente e poi dai lati".

La protesta di Sel - Nel frattempo, in Aula prima del voto non sono mancati momenti di protesta anche da sinistra. I senatori e le senatrici di Sel, dopo la dichiarazione di voto contrario annunciata dal senatore Giovanni Barozzino, hanno esposto in aula alcuni cartelli con slogan come "Jobs Act: ritorno all'800", "Art. 1: l'Italia è una Repubblica affondata sul lavoro", e con uno Statuto dei lavoratori listato a lutto.