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martedì 1 luglio 2014

Patrimoniale alle porte, risparmi a rischio: chi pagherà di più da domani

Tasse 2014, l'imposta sulle rendite finanziarie aumenta dal 20 al 26%. Ecco chi paga di più



Domani, martedì primo luglio scatta la mini-patrimoniale: la tassa sulle rendite finanziarie lieviterà fino al 26%. Insomma una stangata in prima regola preparata con cura dal governo Renzi. Si tratta del secondo rincaro in poco meno di due anni (con il governo Monti l'aliquota era già salita dal 12,5% al 20% dal 1 gennaio 2012) che, ha sottolineato più volte l'esecutivo, ci porta in linea con l'Europa sulla tassazione del risparmio gestito. Aumento che comunque non riguarda i risparmiatori che hanno investito in titoli pubblici che rimangono al 12,5%. C'è tempo comunque ancora fino al 30 settembre per scegliere giornata per 'affrancare' il capital gain al 30 giugno.

A chi aumenta l'aliquota - La tassazione passa dal 20 al 26% per i redditi da capitale (dividendi, cedole e interessi di conti correnti, depositi bancari e postali). La misura è automatica, e valida anche per i redditi derivanti da obbligazioni, titoli simili e cambiali finanziarie, maturati a partire dal 1 luglio 2014, indipendentemente dalla data di emissione dei titoli. 

Risparmi -  Anche per il risparmio gestito (fondi comuni, gestioni patrimoniali) il passaggio è automatico e sarà il gestore a calcolare quanta parte dei guadagni è maturata con la vecchia aliquota e quanta dopo il rincaro. La tassazione al 26% sarà applicata a tutti gli strumenti soggetti al rincaro.

Titoli di Stato - Non cambia per i titoli di stato. Resta al 12,5% l'aliquota sui titoli pubblici,(come titoli del debito pubblico, Boc, Bor, Bop, buoni fruttiferi postali emessi dalla Cassa Depositi e Prestiti) e titoli equiparati, emessi da organismi internazionali, nonchè per le obbligazioni emesse da Stati esteri white list e da loro enti territoriali. Per questi ultimi, l'aliquota di tassazione passa dal 20% al 12,5%, con riferimento agli interessi e ad altri proventi maturati a partire dal 1 luglio 2014 e alle plusvalenze derivanti dalla loro cessione o rimborso realizzate dalla stessa data. 

Il piano anti-debito di Renzi: regalare all'Ue gli immobili italiani

Il piano di Renzi : regalare all'Europa gli immobili italiani


Il sottosegretario Del Rio: finirebbero in un fondo federale a garanzia degli euro union bond


Una cosa sono le parole e un'altra sono i numeri che fotografano la condizione dell'Italia: le prime, quelle di Renzi, sono belle. I secondi, quelli sulla disoccupazione o sul Pil o sul debito pubblico, sono brutti. Bruttissimi. E il governo, al di là del blaterare, sta pensando a iniziative "radicali". Così, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Graziano Del Rio, definisce in una intervista al Corriere della Sera quanto Renzi e i suoi pensano di fare per mettere un freno al galoppare del debito pubblico. Che anche in questi mesi di nuovo governo ha continuato a crescere fino a toccare il 135% del Prodotto interno lordo. Nuovo record ogni tempo. "Curva di discesa del debito pubblico ancora troppo lenta" la definisce il braccio destro di Renzi. Ma la realtà è un'altra.

Così, spiega, bisogna percorrere una strada nuova, che non è nè improvvisata nè avventurosa, come qualcuno dice. Se ne parla da tempo, ma finora nessuno ha avuto il coraggio di fare il primo passo". Delrio non si riferisce a una ristrutturazione del debito, come accaduto in Argentina e in Grecia. "qui - spiega - se ne viene fuori solo con un orizzonte europeo più ampio". Cioè? "Cioè gli euro union bond, cioè la mutualizzazione del debito. Si crea un fondo federale europeo al quale ogni Stato conferisce un pezzo del proprio patrimonio immobiliare e non. Cioè garanzie reali che possono essere utilizzate in parte per investimenti strutturali, in parte per alleggerire il debito pubblico che potrebbe essere tagliato del 25-30%".

lunedì 30 giugno 2014

Crollano le prenotazioni negli hotel: colpa del "meteo del malaugurio"

Crollano le prenotazioni negli hotel: colpa del "meteo del malaugurio"


di Alessandro Dell'Orto 


"Caronte" e Bombe d'acqua": sono solo caldo e temporali ma i siti specializzati fanno terrorismo


Che poi - se sei pigro o il tipico ozioso che «oggi non c’ho proprio voglia di fare un cacchio» - già l’idea di metterti in viaggio e spostarti con il dubbio che piova o anche solo ci sia coperto ti fa passare ogni voglia. Se, in più, sei anche un tizio ansioso o mezzo ipocondriaco, figuriamoci cosa ti assale quando senti parlare di “Caronte l’anticiclone africano” - che detto così sembra una via di mezzo tra un personaggio dei cartoni animati e il protagonista di un film di Bud Spencer e Terence Hill - o di “Scipione”, “Minosse”, “Circe”. O ancor peggio, quando ti avvertono del pericolo di bombe d’acqua, che ti fanno immaginare chissà quale sciagura bellica e invece è solo un temporale con un po’ di pioggia insistente.

No, non ci sono più le previsioni del tempo di una volta e che nostalgia ripensare - lo ricordate? - alla pelata del simpatico e competente Colonnello Edmondo Bernacca che in giacca e cravatta, distintamente, con equilibrio e pacatezza, ci raccontava su una cartina sbiadita che clima avremmo trovato i giorni seguenti. E ci suggeriva se andare al mare o no. Se uscire con l’ombrello. Se stare attenti a non prendere colpi di freddo.

Già, niente a che vedere con le spaziali e tecnologiche previsioni che ci aggrediscono ora su tv, telefonini e tablet con effetti speciali, colori strabilianti e nomi evocativi mettendoci paura e creando aspettative funeree. Il risultato, ovviamente, è che la gente ci pensa due volte prima di prendere e partire anche per una vacanzina da due giorni. Per la rabbia - e la crisi - del turismo. Sì, ormai sono sempre più gli operatori del settore che si lamentano e che chiedono più “equilibrio metereologico”. A Viareggio, due settimane fa, albergatori, commercianti e semplici turisti (in passato anche sindaci e amministratori) si sono lamentati su Facebook per le previsioni errate, mentre a Belluno c’è stata una piccola rivolta. Portata avanti da Gildo Trevisan, noto albergatore del Cadore e, fino a pochi giorni fa, presidente di “Federalberghi Belluno”. «Pochi sanno che sulle Dolomiti la natura ci ha fornito del più grande impianto di aria condizionata naturale d’Italia - ha spiegato - Un enorme marchingegno che funziona ad acqua che, attraversando l’atmosfera, rinfresca l’aria purificandola. Tuttavia da anni il clima si è tropicalizzato, con temporali di breve durata, anche più d’uno al giorno, ma quasi mai al mattino e per lo più di sera e notte. Un vero toccasana per i turisti che di giorno apprezzano i tersi panorami dolomitici e poi il sole raggiante che riscalda le ore centrali. Ma appena le temperature salgono scatta un termostato naturale che assicura il fresco». Tradotto, così si generano i brevi temporali. Che, però, vengono male interpretati - secondo Trevisan - dai media, che li interpetano con la nuvoletta sulla carta geografica nei Tg. «Meglio farebbero i conduttori delle previsioni meteo a iniziare il bollettino con l’icona di un raggiante sole diurno che verso sera fa capolino, perché le Dolomiti condizionano l’aria rendendola pura».

L’appello è stato immediatamente preso a cuore dal presidente del Veneto, Luca Zaia. «Il richiamo di Trevisan va colto in tutta la sua intelligenza e preoccupazione. Quello della correttezza delle previsioni del tempo è un elemento essenziale nel comparto dell’accoglienza e per quanti vorrebbero trascorrere qualche giorno sereno: troppo spesso i vacanzieri e i turisti vengono scoraggiati o addirittura dissuasi da previsioni meteorologiche generaliste».

C’è chi si lamenta con i Tg, ma c’è anche chi si ingegna da solo per convincere i turisti. È il caso di Jesolo, provincia di Venezia. Dove è stata lanciata l’iniziativa “abbronzati o rimborsati”. L’idea è di “Jesolo Turismo Spa”, la società che gestisce, tra le varie attività, gli stabilimenti balneari “Oro Beach” e “Green Beach”, due strutture dove, da una ventina di giorni, è partita una iniziativa che ha già riscosso successo: la possibilità di prenotare da casa e, con un euro in più, di garantirsi il “rimborso” causa maltempo o altri intoppi.

FORZA ITALIA TORNA A CRESCERE Il sondaggio: azzurri in rimonta, bene il Pd e boom della Lega Crollano due big: ecco chi sono...

Sondaggio Swg: crescono Pd e Forza Italia. Crolla IL m5s



Dopo le europee e soprattutto dopo le ultime uscite europee di Matteo Renzi, nei sondaggi la situazione comincia a cambiare. Il Pd continua a crescere ma anche Forza Italia. Secondo l'ultimo sondaggio Swg crescono Partito democratico e Forza Italia, cala il Movimento 5 Stelle. Nel Centrosinistra il partito di Matteo Renzi cresce di oltre un punto rispetto a una settimana fa (dal 41% al 42,6%), consolidando così il successo avuto alle elezioni europee del 25 maggio. A crollare invece è il consenso di Sel che passa dal 3,1% al 2%. Il partito guidato da Nichi Vendola infatti paga le divisioni interne e la vera e propria scissione che ha visto fuoriuscire personaggi di primo piano
come Fava e Migliore. Con Idv allo 0,7 e altri partiti allo 0,5, la coalizione del Centrosinistra è al 45,8%, confermandosi la prima forza del Paese.

Crollo Grillo - Nel Centrodestra FI è al 18,1% oltre un punto in più rispetto al 16,7% della scorsa settimana. Il Nuovo Centrodestra di Angelino Alfano è fermo al 4,4%, mentre Fratelli d’Italia non riesce a salire nel consenso degli italiani e si ferma al 3,3%. Buone performance per la Lega Nord che è stabile al 6,6%. Altri partiti del Centrodestra sono allo 0,3%. In totale la coalizione del centrodestra è al 32,7%. Scende di oltre un punto il consenso del Movimento 5 Stelle: dal 20,6% al 19%. La strategia degli attacchi e delle offese (le ultime al Cav la scorsa settimana) ormai non porta più consensi nel fortino grillino...

"Mortadella" ora lancia l'allarme: "Occhio Matteo, guarda che la Merkel..."

Prodi a Renzi: "La Merkel non ha fatto vere concessioni all'Italia"



Romano Prodi molla Matteo Renzi. Mortadella, tra i primi a volere Matteo a palazzo Chigi, ora tira le orecchie al premier e lo fa senza usare mezzi termini. Prima difende la nomina di Juncker a presidente della Commissione Europea: "È una persona di grande intelligenza e la sua lucidità di giudizio non è mai stata minimamente intaccata dal vizio dell'alcol". Poi avverte Matteo Renzi: "Deve dimostrare di avere dietro di sé un paese forte come lo è lui sul piano personale". Poi, in un'intervista a Repubblica, passa in rassegna i risultati del governo Renzi: "I problemi del nostro paese sono il debito più che il deficit e la capacità di mettere in pratica le riforme. I decreti di attuazione delle molte leggi che sono statae varate sono ancora tutti da fare. E l'Europa, giustamente, guarda ai fatti concreti, non alle belle intenzioni e neppure alle leggi giuste ma inattuate. Renzi può aver vinto la battaglia contro i burocraticismi europei dei vincoli di bilancio, ma deve ancora vincere quella contro la burocrazia italiana". 

L'avvertimento - Infine avverte il premier sui patti appena siglati con l'Ue e con la Merkel: "La Cancelliera non ha fatto vere concessioni, ma ora anche in Germania subiscono forti pressioni perché, sul fronte della crescita e dell'occupazione, pure Berlino comincia ad avere problemi. Quello che deve cambiare è l'intera politica economica del continente"


"Combina solo guai" "Guai a chi lo tocca": Scalfari processa Renzi: "Tu con Letta..."

Scalfari: "Renzi combina solo guai..."



Eugenio massacra Matteo. Il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari nel suo consueto editoriale domenicale mette nel mirino Matteo Renzi e lo impallina dopo il vertice del consiglio europeo.  "Matteo Renzi e il paese che rappresenta sembrano viaggiare col vento in poppa. Sembrano e in parte è fortunatamente così; in altra parte è un gioco di immagini e di specchi, di annunci ai quali la realtà corrisponde molto parzialmente. La sola vera conseguenza è il suo rafforzamento personale a discapito della democrazia la cui fragilità sta sfiorando il culmine senza che il cosiddetto popolo sovrano ne abbia alcuna percezione", scrive Scalfari. 

I conti di Renzi - Poi entra nel merito delle cifre e attacca ancora Renzi: "Il pareggio del bilancio non è stato rinviato al 2016 ma in realtà al 2015 il che significa che bisognerà porne le condizioni nella legge di stabilità di quell'esercizio, che sarà in votazione dell'autunno di quest'anno. Si intravede una manovra di circa 12 miliardi e forse più. Nel frattempo la domanda, cioè i consumi, sono fermi anzi leggermente peggiorati; la "dazione" degli 80 euro, almeno per ora, non ha dato alcun segnale. È certamente presto per giudicare, aspettiamo i dati di giugno e di luglio; ma per ora non ci sono segnali di ripresa". Insomma il fondatore di Repubblica processa Renzi e il suo governo e di fatto mette a nudo, come ha fatto spesso Libero, le promesse e il fumo senza arrosto del premier. 

Difesa per Letta - Poi Scalfari difende Enrico Letta e accusa Renzi di averlo silurato sulla via di Bruxelles per il dopo Van Rompouy: "Il nostro Renzi (e guai a chi ce lo tocca) ha di fatto risposto: Letta chi? E poi ha aggiunto che la presenza di Draghi costituiva un ostacolo all'eventuale incarico di Letta. Comunque - ha infine aggiunto il nostro presidente del Consiglio - lui non pensava affatto ad ottenere quella carica per un italiano ma piuttosto ad avere la ministra degli Esteri, Mogherini, alla carica di Alto rappresentante della politica estera e della difesa europea".

No all'abolizione del Senato - Infine una stoccata per le riforme: "Far sparire il Senato depaupera il potere legislativo. Il sistema monocamerale avvia inevitabilmente verso un cancellierato e quindi un rafforzamento del potere esecutivo. Si può fare e forse sarebbe anche utile, purché venga riscritta l'architettura dei contropoteri di controllo. Prima e non dopo. Questo punto è essenziale per la democrazia e non può essere preso di sbieco: va affrontato di petto e - ricordiamolo - da un Parlamento i cui membri, specie in questioni di questa natura, sono liberi da ogni vincolo di mandato e debbono esprimersi a viso aperto, visto che agiscono come rappresenta il popolo sovrano". 

Pansa: povera Rai ai piedi di Floris, un cortigiano da Festa de L'Unità

Pansa: povera Rai ai piedi di Floris, un cortigiano da Festa de L'Unità

di Giampaolo Pansa


La tv di Stato pronta a cedere alle richieste esose del conduttore di "Ballarò". Per lui, la spending review non vale


Se davvero Matteo Renzi rimetterà all’onor del mondo le Feste dell'Unità, a cominciare dalla più grande, la mitica Festa nazionale, il primo a doversene rallegrare sarà Giovanni Floris. Il conduttore di Ballarò, programma cult della Rete Tre, creata per garantire anche al Pci un lotto della Rai, è il cortigiano perfetto per le cerimonie rosse. A scanso di equivoci, ricordo che la parola usata in questa circostanza non ha un significato sessuale come accade per la versione femminile. Secondo i più accreditati dizionari della lingua italiana, il cortigiano è il gentiluomo di corte del Principe, l’uomo di fiducia, un signore che sa stare al mondo e in molti casi assai importante.

L’importanza del Floris nel caos odierno della Rai, incalzata da Renzi affinché non butti via i milioni di euro incassati grazie al canone, la si è constatata in questi giorni, nei complicati dibattiti sui programmi da offrire nella stagione 2014-2015. Ci sarebbe stato ancora il Ballarò floriesco oppure no? Il rebus nasceva dalle richieste del conduttore. Floris voleva allargarsi, far durare Ballarò sino alla mezzanotte, in modo da coprire l’intera serata di martedì. Non solo: chiedeva di avere uno strapuntino sulla Rete Uno, ossia una striscia di dieci minuti tutti i santi giorni, per poter intervenire con tempestività sull’attualità politica quotidiana. Infine, ma su questo i gossip non concordano, pretendeva un aumento del proprio compenso.

A riprova che l’Italia è un paese davvero strano, questa faccenda del tutto irrilevante se messa a confronto con questioni che angosciano l’esistenza dei cittadini tartassati, ha tenuto banco sulla carta stampata per giorni e giorni. Le richieste di Floris verranno soddisfatte? Ballarò continuerà a imperare sulla Rete Tre? Le finestre saranno concesse o no? Mentre scrivo il Bestiario, sembra che non esista ancora una risposta ufficiale dal super comando di viale Mazzini. Ma gli esperti di faccende tivù giurano che il barometro tenda al bello per il conduttore. Avrà persino la striscia, sia pure sulla Rete Tre. Perché Floris risulta così importante per la tivù di Stato? I motivi sono molti e tutti diversi. Per essere equanimi, c’è il successo di Ballarò e la pubblicità che attira il talk show. Ma esiste una ragione assai più pesante che nasce nel marasma interno alla sinistra italiana. Qui siamo dentro un campo di battaglia caotico, dove sta accadendo di tutto. L’origine del caos è la comparsa sulla scena di Matteo Renzi, un politico dalla determinazione feroce, che si è proposto di cambiare verso all’Italia, ossia di riformarla da capo a piedi, costi quel che costi.

Ma per attuare la sua rivoluzione, il Grande Fiorentino ha bisogno di conquistare un potere che nessun presidente del Consiglio ha mai posseduto. Deve piazzare donne e uomini di assoluta obbedienza in tutti i posti che contano. E deve farlo mostrandosi sprezzante, autoritario, capace di mordere sul collo chi intralcia a sua marcia. In questi giorni di mondiali del calcio, qualche buontempone ha sostenuto che Renzi è tale e quale l’uruguayano Luis Suarez che ha morsicato Giorgio Chiellini. Anche gli incisivi del premier, quelli che mostra il perfido comico Maurizio Crozza, possono diventare un’arma micidiale. Senza che nessuna Fifa gli commini la sanzione adeguata.

Nel Ballarò del 13 maggio, in piena campagna elettorale, l’ardimentoso Floris, durante un’intervista alla fine del programma, ha battibeccato con Renzi a proposito dei tagli per 150 milioni da imporre alla Rai. In quel caso il prode Giovanni ha gettato alle ortiche le sue attitudini di cortigiano, rinfacciando a Renzi che quel salasso finirebbe per favorire la Mediaset del nefando Berlusconi. Il premier gli ha risposto attraverso Twitter ricordando che nell’Italia del 2014 tutti dobbiamo fare sacrifici e che la Rai non è proprietà dei conduttori di talk show televisivi.

Nel caso specifico, il Bestiario pensa che Renzi avesse mille ragioni. Ma tanto è bastato per regalare a Floris l’aureola di nemico del premier. Persino i bambini sanno che dentro il Partito democratico sono in tanti a masticare amaro per lo strapotere che sta accumulando il presidente del Consiglio. E per i suoi modi ruvidi di mettere nell’angolo chi gli sta sul gozzo e non è disposto a inchinarsi dinanzi al nuovo Uomo della Provvidenza. Per questo l’obiettore Floris è diventato il simbolo di una seconda Resistenza, non più contro i nazifascisti, bensì contro il Fiorentino pigliatutto.

Dopo il duetto a Ballarò, molti si sono chiesti se Floris non fosse un bersaniano, ossia un militante della fazione di Pier Luigi Bersani. In realtà il vero quesito dovrebbe essere il seguente: il clan bersanista esiste ancora o è soltanto il fantasma del tempo che fu? Eppure la domanda sul Floris adepto di Bersani circola di nuovo. A dimostrazione che una prova del declino italico è la nostra disgraziata abitudine a ripresentarci sempre gli stessi interrogativi e a strologarci sopra sino allo sfinimento. Infatti all’inizio di questo giugno 2014 è stata ricordata una faccenda accaduta nel 2013. Visto che nel piccolo mondo dei media siamo abituati a citarci tutti, la brava Marianna Rizzini del Foglio che ha fatto? In una paginata dedicata a Floris, «l’antipatico ecumenico di successo che si è messo in testa di sfidare il bullo Renzi», ha ripescato quello che aveva scritto Marco Travaglio a proposito di un’intervista del conduttore di Ballarò al Bersani ancora alla guida del Pd e nel pieno del potere. E adesso il Bestiario, per non apparire distratto, citerà la Rizzini che citava Travaglio. Dunque, Floris e Bersani parevano due compari che si ritrovano al bar dopo tanto tempo. E il più cazzaro dei due racconta all’altro che lo voleva la Juventus come centravanti, ma lui ha rifiutato perché merita di meglio. Una sola volta Bersani ha detto qualcosa di vero. Lui conosce chi sono i 101 parlamentari del Pd che, nella corsa a eleggere il nuovo presidente della Repubblica, hanno tradito Romano Prodi e il partito, però non intende svelare chi fossero. Floris ha lasciato pietosamente cadere la questione. Meglio non mettere troppo in imbarazzo l’ospite. Meglio servirgli assist spiritosi, del tipo: è più facile governare con Angelino Alfano o con Gianroberto Casaleggio?

Mi rendo conto che parlo di cose da nulla. Ma sul fondo di queste facezie si nasconde un problema mica da poco. Provo a ridurlo al nocciolo: perché nella televisione pubblica e privata la cultura rossa sopravvive anche dopo la scomparsa del vecchio Pci? Per quale motivo dominano sempre i Michele Santoro, i Giovanni Floris, i Fabio Fazio, le Lilli Gruber e i tanti loro compagnucci? Gente tosta che fa quello che gli pare, segando le gambe a chi non la pensa come loro? La risposta è una sola: perché gli altri, quelli che rossi non sono, si comportano come i bambini del Belgio durante la Prima guerra mondiale. Povere anime che, secondo mia nonna Caterina, non si accorgevano neppure che i tedeschi del Kaiser gli tagliavano la mano destra. Per impedirgli, una volta diventati adulti, di impugnare un fucile. Mi illudo che la Rete Tre rifiuti di ospitare le strisce quotidiane del cortigiano Floris, roba vecchia da destinare alle Feste dell’Unità. Piuttosto continui a mandare in onda i vecchi film in bianconero di Yvonne Sanson, la brunona dal corpo giunonico che turbò gli adolescenti degli anni Cinquanta come il sottoscritto.