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mercoledì 4 giugno 2014

Posa nuda al Musée d'Orsay davanti a L'Origine du monde

Posa nuda al Musée d'Orsay davanti a L'Origine du monde


di Sergio Rame


Deborah de Robertis posa nuda davanti a L'Origine du Monde

Deborah de Robertis ha posato nuda davanti alla celebre tela di Courbet: arrestata per "esibizionismo in luogo pubblico"


Dalla tela alla carne. Quella che in questi giorni sta imbarazzando Parigi e il Museo d’Orsay è molto più che una provocazione. Deborah de Robertis ha posato nuda davanti alla celebre tela L'Origine du Monde dipinta da Gustave Courbet nel 1866. L'artista, originaria del Lussemburgo, è stata fermata dalla polizia con l’accusa di "esibizionismo in luogo pubblico".

La de Robertis ha voluto riproporre la versione del quadro di Courbet che mostra un sesso femminile. Vestita con un abitino di paillettes dorato, con il sottofondo musicale dell'Ave Maria di Schubert, l’artista si è seduta a gambe divaricate davanti al dipinto mostrando il pube ai visitatori. La performance, intitolata Lo specchio dell’origine, spiega il sito internet SecondSexe, aveva l’obiettivo di incarnare "lo sguardo assente del sesso dipinto da Courbet" nei "frammenti di specchio", cioè i visitatori.

La sala è stata evacuata dai servizi di sicurezza del museo prima dell’arrivo della polizia che ha fermato la donna e l’ha portata in commissariato per "esibizionismo in luogo pubblico". La de Robertis ha ribattuto all’accusa sul giornale Luxemburger Wort ricordando "tutte quelle donne-oggetto o modelle" che "sono rappresentate sulle pubblicità delle riviste e sono guardate nell’indifferenza più totale da una società cieca mentre lei è stata fermata dalla polizia".

Arriva la tassa di successione: Il piano di Renzi per spennarci. Aliquote e beni a rischio: i dettagli

Arriva la tassa di successione: Il piano di Renzi per spennarci. Aliquote e beni a rischio: i dettagli


di Francesco de Dominicis 



Il dossier è segreto ed è custodito solo nelle mani di alcuni pezzi da novanta del Tesoro. Stiamo parlando della tassa di successione che il governo di Matteo Renzi vorrebbe reintrodurre, nell'ambito di un progetto ben più ampio sulla patrimoniale. Al momento non esiste ancora una vera e propria proposta scritta. Per il cosiddetto "articolato" c'è tempo. Eppure a via Venti Settembre, ormai da alcune settimane, i tecnici del ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, stanno mettendo a punto diverse simulazioni sia sull'imposta applicata alle eredità sia per la mazzata tributaria, ben più ampia, su tutti i patrimoni delle famiglie.

Si parte, ovviamente, dagli aspetti economici: prima bisogna quantificare quanti soldi portare nelle casse dello Stato poi si pensa alla stesura del provvedimento che in questo caso sarebbe piuttosto snello: poche righe e, soprattutto, una "aliquota". Chi pensa a ripristinare la tassa di successione guarda a tutto il patrimonio degli italiani. Tra case e investimenti si tratta di 9.437 miliardi di euro: le cosiddette attività reali (immobili, terreni, gioielli) valgono 5.767 miliardi, mentre la liquidità (conti correnti e depositi bancari, azioni, bond, fondi) corrispondono a 3.670 miliardi. Buona parte di questa ricchezza, circa 6.000 miliardi secondo alcune stime, è in mano a persone tra i 50 e gli 85 anni: il che vuol dire persone che verosimilmente "passano a miglior vita" nell'arco di 30 anni. Con una aliquota al 20% sulle eredità, magari con una franchigia fino a 100mila euro, lo Stato potrebbe incassare 1.200 miliardi in 30 anni, vale a dire 40 miliardi l'anno; cifra che scende, a esempio, a 20 miliardi l'anno se il livello del prelievo fosse dimezzato.

Ad aver dato un'accelerata al dossier sarebbe stata la bocciatura della Commissione europea che lunedì ha chiesto a Renzi e Padoan una serie di accorgimenti sulle finanze statali. Palazzo Chigi ha smentito, ma da Bruxelles di fatto è arrivata la richiesta di una manovra correttiva da 9 miliardi di euro. Cifra non troppo distante da quella che il governo ha dovuto mettere insieme per assicurare a 10 milioni di persone il "bonus 80 euro" che per il 2014 pesa per 7 miliardi sui conti statali. Che avranno pure rifiatato un po', ieri, per il dato del fabbisogno in miglioramento (a maggio è stato di 6,4 miliardi rispetto agli 8,5 miliardi di maggio 2013), ma restano osservati speciali, dentro e fuori i confini nazionali. Qualora servissero soldi, il decreto Irpef all'esame di palazzo Madama prevede clausole di salvaguardia che consentono al Tesoro di aumentare le accise su benzina, alcol e tabacchi. Da una tassa all'altra, ormai è chiaro l'andazzo di questo governo. Che si riprende con la mano sinistra quello che dà con la mano destra.

Come accennato, il discorso è complesso. Anche perché non è un mistero che Renzi non guardi di traverso una patrimoniale a 360 gradi. Pure Filippo Taddei, responsabile economia del Partito democratico, non ha mai nascosto il suo gradimento alla stangata su case e conti correnti. Le analisi di Taddei si starebbero concentrando più sulla finanza e meno sul mattone. Non a caso, l'economista "civatiano" portato da Renzi al vertice del Pd avrebbe avviato proprio nelle ultime settimane una raffica di incontri nella sede del Partito, al Nazareno, con pezzi da novanta delle grandi banche d'affari, cioè quelle che gestiscono gli immensi patrimoni finanziari dei "ricchi". Del resto, qualsiasi intervento fiscale su risparmi e investimenti potrebbe avere effetti destabilizzanti sulla stabilità dell'industria finanziaria e la prudenza è d'obbligo.

Ma se, da un lato, l'esecutivo pensa a colpire le famiglie, dall'altro sta valutando agevolazioni volte a rafforzare il patrimonio delle imprese. Nella relazione annuale della Banca d'Italia è messo nero su bianco che alle aziende italiane manca capitale per 200 miliardi. Cifra che - come ha spiegato il governatore di Bankitalia, Ignazio Visco - servirebbe a migliorare le condizioni di accesso al credito. Di qui l'ipotesi di sconti fiscali che spingano gli imprenditori a mettere altri quattrini nelle loro aziende, a reperire fondi sui mercati e ad aprire la porta ad altri soci.



Caivano (Na): L'orologio della Torre Civica che aveva ripreso a funzionare grazie all'ex Sindaco Papaccioli, oggi cade a pezzi grazie "all'ammasso di esponenti politici" formatosi all'interno del civico consesso!

Caivano (Na): L'orologio della Torre Civica che aveva ripreso a funzionare grazie all'ex Sindaco Papaccioli, oggi cade a pezzi grazie "all'ammasso di esponenti politici" formatosi all'interno del Civico consesso a guida Falco!

di Giuseppe Fattopace


Il sindaco Falco si dimette per la terza volta sotto gli occhi increduli dei cittadini caivanesi. Non solo, ma rivendica anche quel "poco di buono" fatto da lui in questi ultimi 4 anni, cioè il nulla. Dopo le sue ultime dimissioni e dopo la cacciata (poco etica) dell'assessore Giuseppe Scognamiglio, Falco, fa recintare la Torre Civica, l'orologio che aveva ripreso a funzionare grazie all'ex Sindaco Giuseppe Papaccioli, divenuto l'emblema di un tempo che aveva ripreso a camminare, a guardare avanti. Ora la Torre Civica con l'orologio fermo perchè i rintocchi "potevano dar fastidio" al fratello del Sindaco Falco, sta per cadere a pezzi come cade a pezzi nel degrado tutta la città di Caivano grazie "all'ammasso di esponenti politici senza idee" formatosi all'interno del civico consesso. 

Capuozzo: “Ecco i nemici dei marò, dai politici ai giornalisti. E anche Napolitano è stato troppo morbido”

Capuozzo: “Ecco i nemici dei marò, dai politici ai giornalisti. E anche Napolitano è stato troppo morbido”


Intervista a cura di Adriano Scianca 



“Abbiamo solo mantenuto la parola data!”. Il tono, più ancora che le parole in sé, di Salvatore Girone – il soldato italiano da due anni prigioniero in India insieme a Massimiliano Latorre – sembra destinato a scuotere i sonnacchiosi palazzi della politica e l’elefantiasi della diplomazia italiana. “Era il minimo che ci si potesse aspettare”, chiosa il giornalista Toni Capuozzo. che aggiunge: “In Italia i marò hanno molti nemici. E troppi sono stati molli. A cominciare da Napolitano”

Come interpretare lo sfogo di Girone? Un segno di stanchezza o un messaggio inviato a qualcuno?

«Direi entrambe le cose. Sfogo, peraltro, non inaspettato, direi. Dopo due anni in cui Girone e Latorre hanno dimostrato resistenza morale e grande dignità, era il minimo che ci si potesse aspettare».

Lei ha seguito bene la storia dall’inizio: qual è ora lo stato dell’arte della vicenda?

«Il problema, adesso, è la formazione del nuovo governo indiano. Io credo che non necessariamente la situazione con il nuovo esecutivo sarà più difficile da affrontare, anche se si tratterà di un governo nazionalista. In fin dei conti tutta la vicenda dei marò è nata all’interno del Partito del congresso. Anche il fatto che Sonia Gandhi fosse chiamata “l’italiana” ha portato gli indiani a essere talvolta più realisti del re…».

In Italia esiste un fronte di “nemici dei marò”?

«Sicuramente. A tutti i livelli. Ci sono state anche molte dichiarazioni forti, ma mai più che verbali. Sono stati rimandati in India dopo il secondo permesso violando la norma costituzionale che proibisce l’estradizione in un paese che abbia la pena di morte. Pensi che neanche uno straniero, per la legge italiana, può essere estradato in un paese con la pena di morte».

Chi sono, allora, questi nemici?

«Sono molti. Troppi sono stati a dir poco molli nell’affrontare la questione: dal Presidente Napolitano alle alte gerarchie militari, fino all’informazione, che ci ha permesso di conoscere meglio Avetrana piuttosto che quello che accadde a bordo dell’Enrica Lexie».

Ha detto anche Napolitano?

«Certo. Il Capo dello Stato ha sbagliato nell’aver fatto tornare i marò in India prima di aver avuto garanzie che nel loro caso non sarebbe stata applicata la pena di morte».

Anche le lentezze e le furbizie dell’India stanno dando torto a chi, per riflesso condizionato anti-italiano, invitava a non giudicare male una grande democrazia che sicuramente avrebbe dato tutte le garanzie del caso…

«Purtroppo le lentezze della giustizia indiana sono proverbiali. Ma su questo punto direi che l’Italia ha poco da pavoneggiarsi…».

Niente bonus da 80 euro per le famiglie numerose monoreddito

Niente bonus da 80 euro per le famiglie numerose monoreddito

di Sergio Rame



Il governo e la maggioranza hanno deciso di rimandare alla legge di stabilità l'estensione del bonus di 80 euro alle famiglie numerose


Le famiglie monoreddito con figli non potranno godere dei "mitici 80 euro" tanto sbandierati dal premier Matteo Renzi. Almeno non per ora. L’accordo raggiunto nella maggioranza prevede, infatti, di rinviare l’intervento alla legge di stabilità.

Il governo e la maggioranza hanno deciso di rimandare alla legge di stabilità l'estensione del bonus di 80 euro alle famiglie numerose. "Nel decreto Irpef - si apprende in ambienti della maggioranza - sarà specificato che in quella sede si dovrà prestare particolare attenzione ai carichi familiari". La decisione è stata subito formalizzata dalle commissioni Finanze e Bilancio del Senato, riunite per terminare l’esame del decreto. Nell'articolo 1 del provvedimento sarà, quindi, inserita una norma di indirizzo che rinvia gli interventi per le famiglie numerose monoreddito alla legge di stabilità 2015. "Fondare queste norme sul 'fattore famiglia' - commenta il capogruppo di Ncd, Maurizio Sacconi - significa una restituzione più favorevole in proporzione ai figli a carico quando la famiglia è monoreddito".

Scommesse, in un anno almeno 110 partite sospette. Nel mirino anche l'Italia dalla serie A alla Lega Pro

Scommesse, in un anno almeno 110 partite sospette. Nel mirino anche l'Italia dalla serie A alla Lega Pro




Il viziaccio delle combine nel calcio è duro a morire. Nella stagione 2013/2014 undici match sospetti coinvolgono squadre italiane, in tutta Europa arrivano a 110 partite. Lo dicono gli operatori del settore scommesse che meglio di chiunque altro conosce flussi e movimenti di ogni gara giocata nel mondo e soprattutto nel vecchio continente. L'organizzazione che raccoglie chi lavora legalmente con le scommesse sportive, la Federbet, ha presentato al Parlamento europeo un rapporto sull'ultima stagione e l'Italia non ne esce benissimo.

Le partite - Secondo Federbet ci sono ombre su Catania-Atalanta in serie A, su Cittadella-Empoli, Palermo-Crotone, Padova-Carpi e Crotone-Trapani in serie B e su Paganese-Frosinone 1-2 del 9 febbraio, Paganese-L'Aquila del 9 marzo, Barletta-Benevento 1-6 del 30 marzo, Benevento-Viareggio 3-2 del 27 aprile e Prato-Benevento 3-3 del maggio, tutte in Lega pro. Sospetti anche sull'amichevole del 25 maggio tra Levski Sofia e Lazio. 110 sono le gare inserite nel rapporto di Federbet, ma secondo l'europarlamentare socialista belga Marc Tarabella la cifra potrebbe salire a 460.

Belpietro smaschera Matteo Renzi: l'Europa ci impone delle nuove tasse? Paghiamo il conto degli 80 euro...

La Commissione Ue ci presenta il conto degli 80 euro di Renzi



Dalla Commissione europea è piovuta la richiesta di "misure aggiuntive già nel 2014" per aggiustare i conti pubblici. Non si parla esplicitamente di "manovra", che però allo stato delle cose è la più probabile delle conseguenze. Come spiega il direttore di Libero, Maurizio Belpietro, "l'Europa ci presenta il conto, spiegando che nel bilancio dello Stato mancano 9,3 miliardi di euro". Una cifra sinistramente simile - anzi, sensibilmente superiore - a quei 6,6 miliardi di euro impiegati da Matteo Renzi per dare a dieci milioni di italiani i "mitici 80 euro" in busta paga.

L'utilità della bugia - Come spiega Belpietro, "la spregiudicata operazione elettorale (...), ora rischia di dover essere pagata con gli interessi dal ceto medio". Già poche settimane fa i tecnici del Senato cercarono di frenare il premier spiegando che le coperture per gli 80 euro non c'erano. Renzi rispose sostenendo, ricorda il direttore , che i tecnici del Senato "criticavano la misura del governo per ritorsione in quanto inferociti dal taglio degli stipendi pubblici. Una bugia pietosa, naturalmente, ma che nell'immediato è servita, perché ha tappato la bocca ai ragionieri di Palazzo Madama". Ma "ora però si fa più difficile mettere nel mirino i tecnici di Bruxelles", che potrebbero imporci in autunno una nuova manovra lacrime e sangue.

Calcoli all'ingrosso - Una serie di nuove tasse, di balzelli, di tagli imputabili in larga parte al bonus Irpef varato dal premier, l'unica misura per la quale Matteo ha rispettato le tempistiche prospettate all'insediamento a Palazzo Chigi. Non è un caso: anche Susanna Camusso, leader della Cgil, ha riconosciuto che si è trattato di una operazione elettorale. Secondo Belpietro "almeno un milione di persone ha scelto di dare la fiducia al governo in conseguenza del regalo elettorale". Ma la cifra aumenta "se si considera che probabilmente questi italiani hanno un coniuge". Dunque, chiosa il direttore, "facendo due calcoli all'ingrosso si arriva a due milioni di elettori convinti dalla mossa messa a punto dal presidente del Consiglio". Due milioni di elettori che, come tutti gli altri 60 e rotti milioni di italiani, in autunno si potrebbero trovare a dover pagare il conto di questi 80 euro.