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sabato 11 febbraio 2017

Renzi convoca il Consiglio di guerra La mossa: il Pd vuole la sua testa e lui...

Renzi convoca il Consiglio di guerra. La mossa: il Pd vuole la sua testa e lui...


di Renato Farina




Renzi è deciso a far saltare il banco. La direzione del Partito democratico convocata per lunedì a Largo del Nazareno sarà il luogo del redde rationem interno e per vedere se Grillo, Salvini e Meloni sono di parola come lui. Dicono: Renzi è impazzito.

Non è mai stato savio, peraltro. Un paio di volte l'azzardo folle ha funzionato. L'ultima volta, il 4 dicembre della sua bastonatura, molto meno, per usare un eufemismo. Ha sbattuto la crapa e le chiappe sul fondo della piscina, e vuole saltar fuori al volo, anzi gli sembra già tardi per la rivincita, e allora via, alle armi, prima di essere spolpato dai vecchi pescecani (D'Alema, Bersani, Sposetti, Cuperlo) e dai giovani scotennatori turchi (Orlando, Martina, Orfini), e poi messo nel sacco dal furbo alleato Franceschini. Ha i numeri per imporre la sua tattica: voto subito.

In direzione ha la maggioranza assoluta, a differenza che nei gruppi parlamentari dove prevalgono i franceschiniani. Perciò più che una direzione sarà un consiglio di guerra. Nessun congresso faticoso, con riunioni, tessere, spostamento di truppe cammellate dalla Puglia o dalla Campania per sostenere il perfido Scipione l'Emiliano.

In direzione lancerà una proposta di legge elettorale da prendere o lasciare, provvederà all'umiliazione della sinistra interna, e - in ragione non delle idee convincenti ma della forza cogente - metterà di fronte Franceschini e Orlando a una proposta indecente: confermarsi fedeli e dunque dotati di posti per i propri famigli nel Parlamento futuro o perdere rappresentanza nelle liste.

Idem per Gentiloni. Se vuol fare la fine di Dini, Monti o Letta provi a resistere, vada pur a piangere da Mattarella e Napolitano, ma finirà nella stanza dei salmoni affumicati; insomma prepari le valigie secondo tempi rapidi o nessun avvenire politico diverso dal soprammobile. Punto e a capo.

Ovvio. Girano altre narrative più quietiste. Ma quella che forniamo ci viene annunciata, con una costernazione dolente, da una fonte che non ruba le noccioline nella giungla dei peones, ma veleggia in altissimis, dove si ritiene la possibilità di decisioni più meditate non superiore al dieci per cento. Ovvio che porgere una notizia di questo tipo a chi poi - e sarei io - la scriverà non è innocuo.

Modifica il quadro. La comunicazione in politica è essa stessa politica. Come diceva Einaudi però è necessario conoscere per deliberare, e far sapere che minestrone sta per esserci servito è un modo perché chi può ragioni, e acconsenta o ponga rimedio. Lo diciamo a tutti, ma specie ai leader di centrodestra, ma anche a Grillo. Sicuri che votare ora, con queste leggi, sia consentire al popolo di esprimere in pienezza la sua sovranità? Se perdono tutti, anche il popolo perde, e le frattaglie di una sovranità confusa se le mangerà la volpe tedesca.

Renzi è arciconvinto che il rinvio a causa di assise internazionali e scadenze europee sia una scusa, e come tutte le scuse - diceva Manzoni - riveli una colpa. Una truffa. Per questo ribalta il tavolo e obbliga Gentiloni a essere molto gentilone con le sue pretese fiorentine e di andarsene. Quelle scuse sono le stesse panzane che Berlusconi sorbì due volte. La prima nel '95, con Dini, e finì bollito lasciando nel '96 il governo a Prodi. La seconda le accostò alle labbra con Monti, il Cavaliere alla fine capì, ma buttò il bicchiere della cicuta troppo tardi per impedire lo strazio di Bersani.

Renzi non vuole fare lo stesso errore del suo avversario di Arcore. Domanda. Il Fiorentino gioca d'azzardo, ma alla Lega e a Fratelli d' Italia conviene assecondare questa sfida mentre Forza Italia non ha ancora riaperto la ditta e il padrone aspetta di poter rientrare in partita dopo la sentenza di Strasburgo (autunno)? Se si va subito alle urne a giugno non si voterà con una legge che premi la coalizione, e il 40 per cento che dà la maggioranza assoluta sarebbe probabilmente un'utopia, ma comunque spingerebbe molti, attratti da un' ipotesi di governabilità, a scegliere tra i due partiti più grossi. Cioè 5 Stelle e Pd. Due poli grossi che se la giocherebbero. E il centrodestra? Sarebbe uno spezzatino di polo, anzi di pollo, una fricassea di pollastro, che se invece stesse insieme sarebbe potenzialmente il più grande e papperebbe anche il becchime degli altri. Fa così schifo vincere insieme? Meglio aver la soddisfazione di essere i migliori perdenti? Ma va'. Ah sì, forse anche il Pd si spacca. Sai che soddisfazione. Che si fa? Si organizza un nuovo Nazareno con la festa dei trombati ma felici?

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