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lunedì 7 luglio 2014

Perché il Cav deve trattare coi ribelli

I ribelli non si arrendono, Berlusconi deve trattare 


di Paolo Emilio Russo 



Se ne sta rinchiuso ad Arcore, con tutti i telefoni staccati, e non vuole sentire nessuno, nè ragioni. Ma mentre Silvio Berlusconi resta in Lombardia, a Roma, nonostante il caldo, le truppe azzurre non smettono di organizzarsi. I dubbi sul patto stretto con Matteo Renzi per le riforme si sono infatti trasformati in una rivolta contro Denis Verdini, ma, soprattutto, in una nuova occasione per fare "forcing"

sul cerchio magico e, forse, su chi dentro il suo gruppo preferisce la stabilità del governo al rischio di una crisi. Non è un caso che, in quella che sembrava una battaglia tutta di principio contro il progetto di un nuovo Senato non elettivo lanciata da Augusto Minzolini, si stiano mano a mano impegnando anche Raffaele Fitto e le sue truppe. Nessuno osa mettere palesemente in discussione la linea indicata dal Cavaliere in una nota diffusa venerdì, ma ancora ieri Il Mattinale anticipato di qualche ora da una intervista di Renato Brunetta, si augurava «modifiche» al progetto scritto da Maria Elena Boschi promettendo in cambio un «sì convinto di Forza Italia».

I dubbi sono quelli che serpeggiano da qualche settimana e riguardano innanzitutto la composizione del Senato: per due terzi di Forza Italia consentire l’elezione indiretta dei suoi membri finirebbe per consegnare a tavolino la seconda Camera al Pd. Non solo: ma l’eccessiva “vicinanza” col premier, a sentire loro, starebbe mettendo all’angolo il partito. La nota diramata dal presidente azzurro e la contestuale decisione di sconvocare una nuova riunione dei gruppi parlamentari inizialmente organizzata per martedì rischiano però di rimandare al voto parlamentare la conta. A sentire i “ribelli” sarebbero «quasi cinquanta tra deputati e senatori» gli azzurri pronti a votare contro il pacchetto di riforme contenuto nel Patto del Nazareno e a infischiarsene dell’indicazione del leader. Tanto che c’è chi, come Maurizio Gasparri, «da sostenitore di Silvio Berlusconi, ora più che mai», prova a cimentarsi nel ruolo del pompiere: «Non ci voleva la sfera di cristallo per prevedere che il presidente indicasse una linea di conferma delle riforme della Costituzione», premette. «Pur dubbioso su alcune delle norme in discussione, condivido la via della realpolitik e in tal senso mi ero espresso, ma si rischiano spaccature se questa linea non verrà ribadita con incontri e riunioni che non sono un intralcio ma il modo corretto per spiegare e condividere una linea», sottolinea l’ex ministro di An.

Diversamente, avverte, «si rischia la confusione anche in Aula». Per evitare imboscate al momento del voto potrebbero essere necessarie nuove modifiche che non «snaturino» però i contenuti dell’accordo raggiunto tra il premier e il suo predecessore. Come, per esempio, quelle suggerite nella proposta bipartisan firmata dall’azzurro Giacomo Caliendo e dal democratico Massimo Mucchetti che prevedono l’elezione diretta dei senatori in concomitanza con quella dei consiglieri regionali. «Il nostro presidente non manda a monte un patto, e noi con lui», premette la nota politica del gruppo di Montecitorio. Che però lancia un appello a Matteo Renzi: «Ci consenta di dire di sì a qualche cosa che abbia il colore di una riforma vera e occidentale, democratica e sensata...». Più ottimista sulla possibilità che Forza Italia possa ritrovare l’unanimità sembra invece Gianfranco Rotondi. «Sulle riforme Forza Italia sarà compatta perché il nostro è un partito vivace e dialettico, ma la parola di Berlusconi vale per tutti», ha detto ieri l’ex ministro per l’Attuazione del programma. Una linea condivisa anche da un’altra ex collega di governo, Stefania Prestigiacomo. Il Cavaliere deciderà se lasciar gestire la pratica a Verdini - mentre Gianni Letta si occupa degli aspetti più squisitamente politici - o se incontrare nuovamente i gruppi non prima di martedì. Ora di allora potrebbero essere cambiate molte cose, però. Domani è infatti attesa la sentenza della seconda sezione del Tribunale di Milano per il processo che vede imputate due delle persone più care al fondatore di Forza Italia: suo figlio Pier Silvio e il suo amico di sempre e manager più stimato, Fedele Confalonieri. La sentenza - e le motivazioni che dovrebbero essere diffuse subito- riguardano presunte irregolarità nella compravendita dei diritti tv Rti-Mediatrade. Il Cavaliere aveva parlato di questo «incubo» anche con il premier nel corso del loro faccia a faccia di giovedì: «Sono totalmente innocenti». Così come dice di esserlo lui, imputato nel processo Ruby: entro due settimane dovrebbe arrivare anche quella sentenza.



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