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lunedì 6 febbraio 2017

Così il doppio euro ci farà fallire Horror: che cosa accadrà all'Italia

Doppio euro, debito e import più cari: perché all'Italia non conviene



di Ugo Bertone



Ancora una volta, con il piglio del capo, Angela Merkel ha spiazzato i partner europei. L’Europa a più velocità? Si può fare, ha detto in contraddizione con quanto sostenuto fino alla vigilia dai difensori della moneta unica (compreso Mario Draghi). Anzi, facciamola al più presto perché «non tutti parteciperanno ai prossimi anni dell’integrazione europea». E così Frau Angela, consapevole che per certe operazioni la rapidità è essenziale, propone che «questa nuova Europa» potrebbe veder la luce nella dichiarazione finale del prossimo vertice di Roma.

Ma quali caratteristiche dovrà avere la «nuova Europa»? I nodi sono tanti, ma è evidente che il cuore del problema sta nel futuro dell’euro. La moneta unica, con la sua rigidità, si è rivelata una trappola per le economie più deboli, bisognose di apporti di capitali dall’estero. Oppure, a pensar male, è stata strutturata fin troppo bene dagli architetti della Bundesbank: l’euro, più debole del marco, ha consentito alla Germania di prosperare in maniera ottimale a vantaggio del suo export sui mercati internazionali (come accusa Peter Navarro, consigliere economico di Donald Trump) senza subir troppi danni dalla concorrenza del resto di Eurolandia, ormai inglobata nel gioco del made in Germany. È assai dubbio, in sostanza, che una svalutazione dell’euro del Sud rispetto a Berlino, anche se sostanziosa, possa portare benefici durevoli a Italia o Spagna.

Rispetto alla fine degli anni Novanta, la struttura dell’economia è cambiata in maniera sostanziale: le aziende tedesche hanno ormai affidato all’esterno le lavorazioni meno sofisticate conservando la leadership in quelle a più alto valore aggiunto. Per queste ragioni è assai dubbio che convenga accogliere il consiglio del Nobel Joseph Stiglitz, pensando all’adozione delle due monete: l’euro del Mediterraneo e quello dell’area del marco. In teoria la formula ha senso: un po’ perché esiste il precedente storico del «serpentone» monetario, un po’ perché le due monete, fluttuando dentro bande di oscillazione concordate, potrebbero favorire il riequilibrio delle bilance commerciali, oggi clamorosamente a favore dell’export tedesco. Ma la formula, che poteva funzionare prima del boom della globalizzazione, oggi sembra inefficace, se non dannosa.

La crisi italiana non deriva dal deficit della bilancia commerciale, che gode di discreta salute (in buona parte perché l’economia viaggia a velocità frenata) ma semmai dalla deflazione imposta dalle regole dell’Unione alla tedesca. In questo contesto, il passaggio ad una moneta di «serie B» rischia di essere una nuova trappola: la novità, da sola, comporterebbe un aumento secco del debito in valuta forte a partire dai mutui. Oltre ad un aumento durevole dello spread sul bond tedesco e un maggior costo delle importazioni (anche di semilavorati). Il vantaggio per una parte della società italiana, in pratica limitato solo a chi vende all’estero, sarebbe perciò pagato a caro prezzo dal Paese, se ci limitassimo ad una svalutazione una tantum senza incidere sui rapporti di forza dentro l’Unione europea.

Per sbloccare la situazione, la «nuova Europa» dovrebbe procedere ad una vera unione bancaria, mutualizzare il debito e destinare gli eurobond ad un effettivo piano di sviluppo utilizzandoli per realizzare un piano di investimenti pubblici molto maggiore di quelli attuali. Ovvero, quello che la Merkel non intende né vuole fare. La mossa della Cancelliera è dettata da evidenti difficoltà elettorali all’interno, di fronte ad un’opinione pubblica che chiede «meno» Europa perché ostile alla politica di espansione monetaria della Bce che ha inciso sui rendimenti delle polizze vita e sugli altri strumenti cui sono agganciati i rendimenti delle pensioni. E all’esterno, dove la Germania deve fronteggiare il pressing della amministrazione Trump che minaccia forti dazi a carico dell’auto tedesca negli Usa.

In questa cornice (senza dimenticare la Brexit) la proposta di Frau Merkel ha il sapore di una ritirata tattica: la «nuova Europa» riduce sì gli impegni dell’Europa «periferica», ma senza concedere assolutamente nulla. Meglio, a questo punto, riguadagnare la piena sovranità monetaria con una lira nuova di zecca. A quel punto, ma solo a quel punto, si potrà ragionare di un nuovo sepentone.

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