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sabato 4 febbraio 2017

Cancro della vescica sottovalutato "Occorre sensibilizzare le persone"

Cancro della vescica sottovalutato "Occorre sensibilizzare le persone"


di Matilde Scuderi




Occorre sensibilizzare l'opinione pubblica su una patologia trascurata eppure molto diffusa - la quinta neoplasia nel mondo occidentale che colpisce ogni anno 27 mila persone solo in Italia - e profondamente invalidante, il tumore alla vescica. La sua gestione incide significativamente sulla spesa sanitaria: è infatti il tumore che ha il costo più elevato per paziente a causa per le alte percentuali di recidiva, per l’esigenza di un monitoraggio intensivo e il costo complessivo del percorso terapeutico. Si pensi che nel 2012 questa neoplasia ha determinato nell’Unione Europea uscite per 4,9 miliardi di euro, di cui 2,9 per la sola spesa sanitaria, una cifra pari al 5 per cento del costo totale per tutti i tumori. E in Italia - dove si registrano dati epidemiologici preoccupanti, essendo il Paese con un’incidenza tra le più alte in assoluto di Europa - il costo annuo per la gestione della malattia rappresenta il 7 per cento dell’intera spesa sanitaria. Nonostante queste cifre, i progressi registrati nel trattamento negli ultimi 25 anni sono stati modesti, per mancanza di investimenti in ricerca mirata e in innovazione e sviluppo in quest’area. Proprio per portare l'attenzione su questa patologia è stato presentato a Roma il White paper del carcinoma della vescica, su iniziativa della Federazione italiana delle associazioni di volontariato (Favo), alla sua stesura hanno partecipato inoltre tre società scientifiche - l'Associazione Italiana di Oncologia Medica (Aiom), la Società italiana di urologia (Siu) e la Società Italiana di Urologia Oncologica (Siuro) - nonché due associazioni di pazienti, ovvero la Federazione italiana incontinenti e disfunzioni del pavimento pelvico (Fincopp), l’Associazione Pazienti liberi dalle neoplasie uroteliali (Palinuro) e con il contributo non condizionante di Ipsen e Roche. Il documento fotografa temi come: prevenzione, diagnosi, trattamento, riabilitazione e reinserimento sociale ma non si limita a presentare dati, seppure di intrinseca importanza: infatti le associazioni e le società scientifiche coinvolte nel White paper si sono unite per chiedere alle istituzioni maggior impegno in tre direzioni: una forte sensibilizzazione dei cittadini sui fattori di rischio con la modifica di alcune leggi in materia di salute e sicurezza sul lavoro; l’istituzione di team multidisciplinari per il trattamento in grado di migliorare la qualità di vita dei pazienti e più risorse economiche, sia pubbliche sia private, da investire.

“Il carcinoma della vescica - dichiara Francesco De Lorenzo, presidente di Favo e della European cancer patient coalition (Ecpc) - è ancora oggi un tumore dimenticato, nonostante rappresenti in Europa la quarta causa di morte per tumore nell’uomo e la decima nella donna. Il documento che oggi abbiamo illustrato - aggiunge De Lorenzo - già presentato da Ecpc per sensibilizzare il parlamento europeo e la commissione europea, con riscontri incoraggianti sia sul piano dell’aggiornamento delle direttive comunitarie che su quello del potenziamento dell’attività di ricerca, intende sensibilizzare associazioni dei pazienti, curanti, istituzioni e opinione pubblica per fronteggiare le criticità che impediscono ai pazienti con tumore della vescica di ottenere i migliori risultati sia in termini di trattamenti terapeutici che di riabilitazione e facilitazione del ritorno a una vita autonoma e attiva. Al White paper- conclude De Lorenzo - frutto della collaborazione tra volontariato oncologico, mondo accademico e società scientifiche, si è ritenuto opportuno aggiungere un approfondimento sulle criticità e i nuovi orizzonti del cancro della vescica in Italia”.

Il fumo rappresenta la causa più importante nello sviluppo del carcinoma della vescica con percentuali che, secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della sanità (Oms), si aggirano intorno al 40-70 per cento di tutti i casi. Così come l’esposizione nei posti di lavoro ad alcune sostanze chimiche come coloranti, diserbanti, idrocarburi, polveri e fumi metallici, rappresenta un fattore di rischio elevato: il 21-27 per cento dei carcinomi della vescica nella popolazione maschile e l’11 per cento in quella femminile sono da attribuirsi a cause professionali. Il White paper raccomanda quindi: continuo impegno da parte dei Paesi UE nella lotta al tabagismo promuovendo campagne di sensibilizzazione rivolte alla popolazione; riduzione e maggior controllo all’esposizione di sostanze chimiche cancerogene nei posti di lavoro. In Italia vivono circa 254mila persone dopo la diagnosi. Piemonte, Campania, Lombardia e Isole sono le regioni che registrano il numero più elevato di nuovi casi e una più alta mortalità: tra le possibili ragioni, l’elevata età media della popolazione e il maggior rischio di esposizione professionale. Fattore indispensabile, come per le altre forme di tumore, risulta essere la diagnosi precoce: per 8 pazienti su 10 la sopravvivenza a cinque anni aumenta se la malattia viene diagnosticata in fase iniziale, a fronte di 1 paziente su 10 nel caso di diagnosi in stadio avanzato. Un ostacolo alla possibilità di individuare la malattia nei primi stadi è dato dall’eterogeneità dei sintomi che non sempre vengono riconosciuti. Lo screening universale per la malattia asintomatica è di difficile applicazione sul piano clinico, a causa dei costi e dell’invasività di alcuni accertamenti: resta quindi cruciale, la figura del medico di medicina generale che deve essere in grado di riconoscere i sintomi iniziali della malattia e di educare i pazienti a rischio a riconoscerli. “Un concreto passo in avanti a favore della diagnosi precoce è oggi possibile ricorrendo a una nuova metodica di diagnosi fotodinamica che, grazie a un mezzo di contrasto fotosensibile, permette di scoprire focolai di forme preneoplastiche invisibili a occhio nudo – osserva Vincenzo Mirone, ordinario di urologia presso l'Università Federico II di Napoli, e segretario generale della Società italiana di urologia - Rispetto alla normale cistoscopia a luce bianca, la cistoscopia con mezzo di contrasto a luce blu è in grado di evidenziare sulla parete vescicale delle microalterazioni neoplastiche, anche infinitamente piccole, che diversamente sfuggirebbero all’attenzione del chirurgo”. Anche le ricerche volte all’individuazione di marcatori tumorali promettono di dare una svolta significativa alla gestione di questa neoplasia, offrendo la possibilità di ulteriori metodologie per la diagnosi precoce ma anche per il monitoraggio post-trattamento e della recidiva. In una malattia così eterogenea sia dal punto di vista molecolare che anatomo-patologico, i marcatori biomolecolari permettono di delineare un quadro più preciso delle caratteristiche della malattia del singolo paziente: proprio le caratteristiche molecolari potrebbero contribuire a spiegare l’ampia variabilità che si osserva nella risposta alle strategie di prevenzione ed essere di supporto nella definizione di nuove terapie personalizzate. La scelta del trattamento dipende dalla stadiazione clinica ma, in generale, la prospettiva esclusivamente chirurgica ha lasciato spazio a un intervento multimodale.

“La prossima disponibilità di inibitori di PD-L1 o PD-1 quali atezolizumab prima e pembrolizumab in un momento successivo, oltre ad altri possibili approcci immunoterapici, cambierà l’approccio terapeutico ai timori uroteliali della vescica dopo oltre 30 anni di assenza di significative novità per il trattamento di questi tumori – dichiara Sergio Bracarda, consigliere nazionale Aiom e direttore della unità operativa di oncologia medica di Arezzo e del dipartimento oncologico dell’Istituto toscano tumori - L’importanza di questi dati rende ancora più importante, per noi oncologi, mantenere, o adottare, un approccio multidisciplinare alla patologia al fine di ottimizzarne il trattamento in ciascun paziente con l’obiettivo, da una parte di essere più efficaci nel trattamento di questo tumore e dall’altro, di ridurre significativamente la possibilità di effetti collaterali derivanti da trattamenti farmacologici potenzialmente meno efficaci e, oltretutto, in grado di influenzare negativamente la qualità di vita del paziente: insomma uno scenario terapeutico in rapido divenire”. La possibilità per il paziente di accedere a trattamenti oncologici innovativi, purtroppo, fa registrare ancora profonde disparità nei vari Paesi. Considerando le 37 nuove terapie introdotte nel quadriennio 2009-2013, gli Stati Uniti sono il Paese che ha garantito il più facile accesso (ben 31 trattamenti), mentre la Spagna ne ha messi a disposizione solo la metà. Per l’Italia, la percentuale si attesta attorno al 60 per cento. Tali differenze, sono destinate a divenire ancora più marcate in vista dell’imminente cambio di paradigma introdotto dall’immunoterapia. È evidente la necessità che, sia a livello europeo sia a livello italiano, vengano fatti rapidi passi in avanti per garantire l’accesso dei malati a queste nuove promettenti terapie.

Sul fronte degli studi clinici con terapie innovative, in Europa, la situazione risulta essere ancora difficile e subottimale. Nel caso del tumore alla vescica una difficoltà all'accesso agli studi clinici è rappresentata principalmente dalla mancanza nell'ospedale di riferimento di un team multidisciplinare dedicato. Unità multidisciplinari per la cura del carcinoma della vescica devono includere urologi, oncologi medici, radioterapisti, anatomo-patologi, radiologi, psico-oncologi, fisiatri e specialisti di cure palliative. "Questo approccio multidisciplinare - sostiene Renzo Colombo, coordinatore di Area di attività oncologica presso l'ospedale San Raffaele di Milano e coordinatore nazionale del gruppo di lavoro 'Oncologia vescicale' della Società italiana di urologia - potrebbe contribuire a migliorare la prognosi per molti pazienti e dovrebbe essere sostenuto con convinzione a livello comunitario".

Un altro tema importante affrontato dal White paper riguarda l'attenzione alla qualità della vita e come questa sia profondamente minata dal carcinoma alla vescica, sia dal punto di vista fisico sia psicologico e in particolar modo per i pazienti che hanno un lavoro. Sono necessarie linee guida con indicazioni chiare su come condurre i controlli post-trattamento per consentire ai medici  di aiutare i pazienti ad affrontare la malattia nel lungo periodo. La riabilitazione riveste grande importanza e deve essere considerata come parte integrante dell'iter terapeutico, poiché consente ai pazienti di ritrovare una migliore qualità della vita, aiutandolo a superare alcuni aspetti di forte penalizzazione. "La cistectomia radicale è una delle più traumatiche operazioni chirurgiche in ambito oncologico in termini di impatto di qualità di vita, esponendo il paziente a rischio di complicanze funzionali quali problemi nella sfera sessuale e incontinenza urinaria. Interventi riabilitativie terapeutici intrapresi con tempestività, sia sul versante dell'andrologia sia sul versante dell'urologia funzionale sono cruciali per consentire un recupero funzionale, che può essere anche significativo - dichiara Roberto Carone, presidente della Società italiana di urologia e direttore della struttura complessa di neuro-urologia della Città della salute e delle scienze di Torino - in particolare oggi in Italia possiamo contare sulla presenza di elevate competenze nell'ambito dell'urologia funzionale e della uro-riabilitazione, a all'alto livello qualitativo non corrisponde una distribuzione sul territorio nazionale omogenea e quantitativamente adeguata"

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