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lunedì 23 gennaio 2017

“Non c’è Gulen dietro al golpe”

“Non c’è Gulen dietro al golpe”


di Roberto Vivaldelli



Il fallito golpe in Turchia dello scorso 15 luglio non fu opera diretta di Fethullah Gülen. A smentire la narrazione ufficiale del presidente Recep Tayyip Erdoğan è un rapporto dell’intelligence europea (Intcen) stilato lo scorso agosto e pubblicato ora dal Times. Il colpo di stato sarebbe stato altresì orchestrato dagli oppositori interni del presidente, presenti in particolare negli apparati militari, dopo che questi ultimi erano venuti a conoscenza della volontà di Erdoğan di procedere con le “purghe” ed eliminare l’ultimo ostacolo che lo superava dalla riforma in senso presidenziale della Costituzione, approvata in prima lettura dal parlamento turco pochi giorni fa.

Chi organizzò il colpo di Stato

“La decisione di ordire il golpe - si legge nel rapporto pubblicato dal Times - è maturata dal timore di un’epurazione imminente. E’ probabile che un gruppo formato da gulenisti, kemalisti, avversari dell’AKP e opportunisti, sia il responsabile del colpo di stato. E’ improbabile che Gülen abbia avuto un ruolo in tutto questo”. Secondo l’intelligence, il predicatore e politologo leader del movimento Hizmet,  che ha ricevuto asilo politico dagli Stati Uniti, non avrebbe avuto la capacità organizzativa di orchestrare il colpo di stato per deporre Erdoğan: “E’ improbabile che Gülen abbia le abilità e le capacità di adottare simili misure. Non ci sono prove che l’esercito - che si considera un custode della laicità in Turchia - e i gulenisti fossero disposti a cooperare per rovesciare il presidente Recep Tayyip Erdoğan. Il movimento di Gülen è molto sconnesso e troppo distante dall’opposizione laica, rappresentata tradizionalmente dall’esercito”.

Contrari all’intervento via terra in Siria

Una fetta delle forze armate turche non condivideva l’intervento militare via terra in Siria e la politica di “tolleranza” verso i guerriglieri curdi del Pkk risalente al 2013-15, quando ripresero i colloqui di pace tra Ankara e il partito di Öcalan. Durante la tregua con i guerriglieri curdi, infatti, ai militari fu ordinato di chiudere un occhio nei confronti del partito separatista curdo nonostante quest’ultimo costruisse depositi di armi; le stesse impiegate successivamente contro l’esercito turco quando il conflitto riprese. Inoltre, come osserva il rapporto, figure militari di alto rango delle forze armate turche erano apertamente contrarie ad un’operazione via terra in Siria, avviata solo nel mese di agosto, una volta terminate le epurazioni promosse dal presidente Erdoğan.

Quelle epurazioni pericolose

“I gruppi gulenisti delle forze armate erano sotto pressione a causa della imminente epurazione” - si legge nel rapporto. “Il golpe è stato sostenuto e appoggiato anche dai kemalisti e da alcuni reparti dell’esercito a causa delle politiche del governo, con particolare riferimento alla strategia adottata con il Pkk e alla crisi siriana. Erdoğan, dal canto suo, ha sfruttato a proprio favore il fallito colpo di stato e lo stato di emergenza per lanciare una vasta campagna di repressione contro gli oppositori. L’enorme ondata di arresti era già stata ampiamente preparata mesi prima”.

Il dossier crea imbarazzo nei rapporti tra Ankara e Bruxelles

Oltre al golpe fallito, Erdoğan ha accusato l’ex alleato Fethullah Gülen di essere colpevole dell’omicidio dell’ambasciatore russo Andrey Karlov ad Ankara, in quanto il killer Mevlut Mert Altintas sarebbe stato un suo fedele seguace. Assassinio su cui gli investigatori russi e turchi stanno attualmente lavorando in modo congiunto. Anche in questo caso, tuttavia, appare improbabile che Gülen possa essere il diretto responsabile del barbaro delitto. Nonostante questo, Erdoğan continua a chiedere agli Stati Uniti l’estradizione del predicatore, su cui pende un ordine di arresto emanato da un tribunale penale turco. Il dossier ora pubblicato dal Times, oltre a indebolire ulteriormente una certa narrazione e la versione ufficiale turca, potrebbe creare un certo imbarazzo nei rapporti tra Ankara e Bruxelles e, in parte, anche con gli Stati Uniti.

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