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domenica 5 febbraio 2017

"Raggi, sai dove te ne devi andare?" Feltri, pietra tombale su Virginia

Raggi, sai dove te ne devi andare? Feltri, pietra tombale su Virginia


di Vittorio Feltri



Virginia Raggi ci fa tenerezza. È diventata sindaco di Roma per disperazione. Non la sua ma quella dei romani che avrebbero votato chiunque, quindi anche lei, pur di togliersi dal Campidoglio gli arruffoni che vi avevano stabilito fissa dimora per motivi alimentari. La povera ragazza, non avendo capito lo spirito che aveva indotto gli elettori a sceglierla, si è convinta di aver conquistato lo scranno per meriti personali, ignoti a tutti, forse anche a lei stessa. Nessuno infatti fino alla sua proclamazione conosceva Virginia, avvocatina di primo pelo, gradevole d'aspetto ma totalmente priva di buona o cattiva reputazione. Una giovane donna che poteva essere una commessa dell' Esselunga, una insegnante di matematica o un' impiegata della regione.

Coloro che ne hanno visto la faccetta pulita hanno provato simpatia per la candidata e l'hanno sommersa di suffragi. Ma sì, prendiamoci questa qui che almeno non sarà una ladra né una mafiosa.

Ed eccola sul trono municipale con l'aria smarrita e felice di una che abbia azzeccato la schedina del Superenalotto. I primi giorni furono di festa. I grillini esultarono di fronte alla dimostrazione che i cittadini avevano preferito una fanciulla senz'arte, ma di parte, ai soliti mestieranti della politica, buoni a sgraffignare, a spartirsi il bottino e a considerare l'amministrazione quale un pozzo cui attingere denaro e privilegi. Virginia pareva la Madonna pellegrina, girava da una emittente all' altra, ammirata e applaudita da chiunque, incluso chi non le aveva regalato il consenso. Il paragone era con Marino, trasformato in pochi anni da medico di livello a parcheggiatore abusivo e compilatore di note spese taroccate. In realtà Marino era una brava persona, benché sprovveduta, poi assolto e di nuovo indagato, un capro espiatorio. Tra costui e la Raggi, fu preferita la signora in ragione dell' esigenza di respirare aria fresca. Mi pare di assistere alla scena. Il romano entra in cabina elettorale. Non c'è anima che lo veda. E lui, guardingo, osserva la scheda e ridacchiando fra sé traccia la croce sul nome di Virginia, poi fa il gesto dell' ombrello, contento di averlo messo in quel posto alla casta. Dopo di che la sindaca, non essendo capace di fare la sindaca, si rende subito ridicola facendosi fotografare sul tetto del Campidoglio in compagnia di un giovanotto, Salvatore Romeo. Ma che cacchio ci fanno quei due lassù? Già, saperlo. Da questo momento in poi iniziò il rapido declino dell' avvocatina che inanellò una serie di ingenuità degne di una suora laica desiderosa di vivere oltre i confini della parrocchia. Fine dell' idillio tra Virginia e i suoi supporters.

Adesso anche i compagni di partito la considerano una iattura e vorrebbero togliersela dai piedi. Succede sempre così: chi sale troppo in fretta e brucia le tappe, velocemente ricade nella polvere. Nella polvere adesso la Raggi annaspa. Non ha fatto niente di orrendo, ma questa è una aggravante. Avesse rubato tre milioni di euro sottraendoli metti a una cooperativa, qualcuno avrebbe detto: ammazza che drittona. Invece è stata interrogata dalla magistratura nell'ambito di una inchiesta su una polizza da 30mila euro a lei intestata dal compagno di tetti. Al quale è stato triplicato lo stipendio per effetto di una promozione lampo. Sono cifre da barboni in una vicenda da straccioni. Difficile difendersi da accuse serie, difficilissimo proteggersi da accuse riguardanti somme che possono ingolosire soltanto gentarella. Non abbiamo voglia di impallinare per questa robetta suor Virginia, ma la preghiamo di andare a nascondersi. Una sindaca di questo genere non può essere al vertice della Capitale, le conviene tornare nell' ufficio legale a fare le fotocopie.

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