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domenica 8 gennaio 2017

Sergio Marchionne, choc mondiale: Fiat? Ecco che cosa ne vuole fare

Fiat, il piano-choc di Sergio Marchionne: zero debiti


di Ugo Bertone



Che Befana ricca per casa Agnelli, sempre più internazionale e sempre meno esposta agli appetiti del fisco. Ieri i titoli del gruppo hanno illuminato le Borse, Milano ma anche Wall Street, anticipando le novità di un anno che promette non pochi colpi di scena a partire dai possibili annunci che Sergio Marchionne si accinge a fare la prossima settimana, quando potrà spiegare (appuntamento previsto per mercoledì 11) ad analisti e giornalisti come pensa di poter centrare l’ultima sua missione all’apparenza “impossibile”: azzerare il debito di Fiat Chrysler, che a fine 2016 si aggira sui 6,5 miliardi.

Nell’attesa John Philip Elkann non sta con le mani in mano. L'altro ieri, meno di un mese dopo il trasloco definitivo di Exor oltre i confini italiani, la capofila del gruppo ha annunciato il varo in Lussemburgo di Exor financial investments sicav-sif, un fondo di investimenti specializzato che godrà del regime di tassazione leggero del Granducato con l’obiettivo di fare affari a 360 gradi investendo in valori mobiliari di tutti i generi e in altre attività autorizzate dalle leggi in vigore con l’obiettivo di suddividere i rischi di investimento e far trarre vantaggio agli azionisti dei risultati della gestione del portafoglio. Ma il rialzo di ieri del titolo non è legato alla redditività futura di un tesoretto che vale 13 miliardi (a tanto ammonta il patrimonio di Esxor) ma ai fuochi di artificio in Borsa di Fca, all’improvviso al centro delle attenzioni delle grandi case di investimento.

I broker, spesso scettici in passato di fronte alle promesse del manager, stavolta pendono dalle sue labbra, a giudicare dal boom del titolo Fiat Chrysler, ieri volato a 9,91 euro con un guadagno del 6,8%, che completa una settimana d’oro (+13%). Ancor più significativo è il balzo dall’8 novembre, dato dell’elezione di Donald Trump. Da quel giorno Fiat Chrysler è salita, a Piazza Affari ed a Wall Street, di oltre il 50%, più degli altri titoli automotive. Una performance all’apparenza inspiegabile, visto che non solo le vendite del gruppo sul mercato americano sono da tre mesi in calo (a doppia cifra).

Eppure Goldman Sachs ieri ha promosso Fca nella lista dei titoli preferiti, alzando la previsione da 9,9 a 16,5 euro.

Il giorno prima era stato Massimo Vecchio di Mediobanca, uno degli analisti più stimati, ad alzare l’asticella a 12 euro. «Siamo pazzi a fidarci di quest’uomo?», ha scritto un mese fa un’altra firma autorevole del mondo a quattro ruote, George Galliers di Evercore Isi inaugurando la tendenza positiva. «Forse sì», era stato risposto aggiungendo che «lo spostamento negli Stati Uniti dell’interesse dei consumatori dalle berline ai Suv è enorme». Perciò c’è una buona probabilità che Fiat Chrysler possa giungere al pareggio alla fine del 2018.

L’arrivo del nuovo presidente Usa Donald Trump, aggiunge Mediobanca, potrebbe riaprire scenari di alleanze e fusioni che sembravano ormai sfumati anche perché «il settore è sull’orlo di un cambio epocale da un punto di vista tecnologico», elemento che «potrebbe portare a una separazione tra i brand indirizzati al mercato di massa e quelli premium nel portafoglio». Ovvero si profila lo scorporo dei gioielli di Fca, Alfa Romeo e Maserati, sul modello di quanti già avvenuto per Ferrari.

Goldman Sachs confida nella rivoluzione dell’offerta; meno utilitarie, più modelli premium che consentiranno di passare da un indebitamento di 4,7 miliardi ad un attivo di 3,2 miliardi nel 2018.

Un piccolo miracolo che dipenderà dal successo del Suv e degli altri modelli Alfa che verranno assemblati a Mirafiori, risorta a nuova vita, e negli stabilimenti del gruppo.

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