Cina, la tassa sulla Ferrari rallenta le vendite
In Europa Fca va forte, cresce del 10% in Italia e del 17% in Francia, ma negli States il marchio italiano chiude con un calo del 14% su base mensile. Un risultato preoccupante proprio perché sono gli Usa il primo mercato della Fca, il più redditizio. Il problema, oltreoceano, è la concorrenza, molto agguerrita: General Motors, storico marchio a stelle e strisce segna infatti una crescita del 10%, mentre Ford, altro brand molto caro agli yankee, sale del 5 per cento.
Nessun appiglio per la caduta libera della Fca in Usa, nemmeno i buoni risultati di Jeep Renegade (+30%); torna alla ribalta anche Volkswagen, che dopo lo scandalo Dieselgate ha passato un anno intero a chiudere in passivo, mentre ora ottiene un ottimo risultato (+24%). Altra cattiva notizia per Fca: le berline Chrysler 200 e Dodge Dart, due modelli molto cari agli americani, hanno subito un crollo totale, addirittura si parla di stop alle vendite. Ma non è tutto nero per Fca: in Italia infatti il marchio non è mai andato così forte, con una crescita del 16,5% da gennaio; a favore questo boom è l'effetto Alfa Romeo Giulia, che incrementa le vendite del 35,6% (crescita del 49% in Francia). Jeep continua ad andare forte con un incremento del 27,5%.
Per i marchi di lusso stessa situazione incerta: la Cina infatti, uno degli stati che più contribuisce agli introiti di questi brand, ha optato per una svolta protezionista sul piano politico. Il governo cinese ha quindi imposto una tassa del 10% su tutte le supercar, per scoraggiare così le élite socio politiche dall'acquistare beni di lusso. Se l'auto supera i 177mila euro viene applicata l'imposta. Lamborghini, Aston Martin, Rolls-Royce e Ferrari hanno subito risentito degli effetti di questa decisione, il Cavallino in particolare ha ricevuto un immediato calo dell'1,35%, ridotto poi allo 0,58% prima della chiusura delle borse. Ma la tassa cinese continua a gravare sui piani espansionistici di Sergio Marchionne.
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