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venerdì 4 novembre 2016

Parisi, disastro totale: quanto ha perso da quando è arrivato in politica

Stefano Parisi all'attacco: "La mia azienda punita perchè faccio politica"



«Io sono stato in Confindustria e ho una mia azienda», la Chili tv, piattaforma italiana di video on demand. «E da quando sono entrato in politica sto pagando anche dei prezzi ingiusti». Lo dice Stefano Parisi, intervistato nel videoforum di Repubblica.it. Durante la campagna elettorale per le Comunali a Milano, gli avversari avevano accusato Parisi di aver ricevuto un trattamento di favore dalla Regione Lombardia per un bando che finanziava aziende localizzate nel territorio. In realtà, ha spiegato recentemente l'amministratore delegato Giorgio Tacchia, Chili tv non ha ricevuto né il favore, né i soldi.

«Sono stati dati a 38 aziende, l'unica che non li ha ricevuti è la nostra», ha spiegato ad Affaritaliani.it. La giustificazione? Ufficialmente nessuna. La Regione non ha motivato. Ma è noto che i leghisti non amino il leader di "Energie per l'Italia". Il presidente della Regione Roberto Maroni, a Parisi, preferisce il suo rivale azzurro Giovanni Toti. Con lui e con Luca Zaia ha stretto un patto di collaborazione avviando un coordinamento amministrativo tra Liguria, Lombardia e Veneto. I tre governatori condividono anche una visione del centrodestra più classica, che non ha bisogno di uno che, da fuori, spieghi come si fa a vincere. Loro sono stati eletti con un centrodestra in formazione completa.

Stare uniti, dicono, è la sola garanzia di successo. Senza cercare jolly nella società civile. Quanto a Matteo Salvini, fin dall' inizio ha guardato con perplessità all' ascesa di Parisi, fortemente voluta da Silvio Berlusconi. Ed è difficile pensare che il leader leghista possa consigliare ai suoi assessori di favorire la creatura imprenditoriale parisiana. Che, però, ha raccolto importanti investitori stranieri e non può permettere di vedersi penalizzata per la scelta politica del suo fondatore. Fare causa alla Regione? «Ci sono gli estremi», ha detto Tacchia. «Il tema vero è che non vorrei ci fosse dietro una speculazione politica. Noi abbiamo bisogno che tutti quelli che lavorano con noi siano concentrati e tranquilli, e che non girino voci che possono farci male anche con le major a Los Angeles».

L'ex direttore di Confindustria ci tiene comunque a precisare che il suo caso è diverso da quello berlusconiano: Mediaset «ha pagato un danno» per la discesa in campo di Silvio, «perché loro facevano i tg, io non faccio quello, non ho nessun conflitto d' interesse, anzi il contrario». Le aziende, chiosa, «devono essere filo-governative, è giusto che lo siano».

Nel frattempo il manager prosegue il suo tour politico "Megawatt, Energie per l' Italia" lungo la Penisola. Oggi sarà ad Arezzo, sabato a Perugia. «Prima di parlare di toto-leader, il centrodestra va ricostruito. Il leader deve essere una persona moderata, con esperienza, che raccoglie la fiducia degli elettori. Oltre a lui, serve gente brava intorno». Parisi è in ballo, si candida: «Sì certo», assicura, «ho visto il consenso in giro per l' Italia, la gente vuole il cambiamento e tanti vorrebbero tornare a votare un centrodestra credibile».

Dopo il referendum, assicura, non c'è un Renzi-bis, né lo spazio per una collaborazione di governo allargata a Forza Italia: comunque vada, «vincano i Sì o i No, non si arriverà alla fine di questa legislatura». Le riforme vanno fatte sì, ma dando vita a «una Costituente che lavori si pochi e precisi indirizzi scelti dagli elettori». Secondo Parisi, il bipolarismo tornerà a essere tale quando i poli tradizionali sapranno offrire delle scelte valide ai rispettive elettorati: «Quando c' è un' alternativa vera di centrodestra e centrosinistra, i Cinque Stelle non arrivano al 10 per cento». Bisogna evitare che l' Italia finisca nelle loro mani, «sarebbe un grave rischio per l' economia e la società». Avere i grillini a Palazzo Chigi, un bel guaio. «Io credo veramente in un rischio se le forze antisistema dovessero arrivare a governare. Stanno dimostrando cosa sono a Roma e in tutti i Comuni in cui governano hanno dei problemi. Non hanno una cultura di governo e aumenterebbero la spesa pubblica in modo drammatico».

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