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giovedì 11 agosto 2016

L'Intervista chiave - Denis Verdini, Alfano, Stefano Parisi e... Giacomo Portas, l'uomo che può ricattarli

L'intervista chiave - Giacomo Portas, l'uomo che può ricattare Verdini, Alfano, Parisi e Lupi


intervista a cura di Pietro Senaldi


Giacomo Portas

Ma allora è vero che il segreto dei vincenti in politica è vedere le cose prima degli altri?

«Pratico l' umiltà, io vincente non sono. Certo, se si riferisce all' intuizione che ho avuto nel 2005…».

Il Partito dei Moderati…

«Allora era una parolaccia. Si diceva centristi, cespugli, ex diccì. Era il tempo degli estremismi, la sinistra a palle incatenate contro Berlusconi, i camerati di An, la Lega che voleva imbracciare i fucili. Peggio di adesso».

Come le venne l'idea?

«Ero un dirigente d' azienda con piccoli precedenti in politica, assessore nel paese di San Mauro per una lista civica. Con un gruppo di amici di Torino depositammo il simbolo del Partito dei Moderati e l' anno dopo sosteniamo Chiamparino nella corsa a sindaco: subito 4% e due consiglieri».

Subito a sinistra… 

«L'avversario era Buttiglione, persona stimabile ma di Gallipoli».

Come arriva in Parlamento?

«Non eletto, come tutti. Veltroni nel 2008 mi candidò in una buona posizione perché gli interessava avere il simbolo dalla sua in Piemonte».

Anche lei una figurina di Walter?

«Questo non glielo permetto, avevo il mio degno percorso politico alle spalle. Attualmente mi definisco un ospite del Pd, che mi ha candidato due volte, mi ha sempre rispettato e pertanto non lascio».

Giacomo Portas, 57 anni, sardo-piemontese, pressoché sconosciuto al grande pubblico malgrado si aggiri in Parlamento da oltre otto anni, è uno degli uomini più corteggiati da chi invece in Transatlantico ci naviga e vorrebbe continuare a farlo. Merito di quell' invenzione di undici anni fa, la sua mossa del cavallo si può definire visto che è scacchista provetto: il simbolo dei Moderati. «Oggi c' è una corsa a definirsi moderati» si compiace Portas «ma solo io sono l' originale, ho ricevuto molte proposte ma il simbolo non lo mollo, faccio io la selezione».

Ma non era quello umile lei?

«E lo resto. Ma dalle vacanze alla politica, faccio le cose solo con chi mi va a genio. Questa è la mia ultima legislatura con il Pd, dieci anni da ospite possono bastare, poi o il partito decolla su scala nazionale o lascio la politica. Tanto non mancherei a nessuno».

Il coordinamento unitario per il Sì al referendum che ha lanciato con Alfano, Verdini, Zanetti e Tosi è la prova gerale del decollo?

«No, quell' iniziativa è legata solo alla riforma, che reputo giusta perché taglia i parlamentari ed elimina la doppia fiducia per l' approvazione delle leggi. E poi se Renzi perde il referendum sarà il caos: lui si dimette e si va a elezioni ma prima bisognerà fare la legge elettorale, visto che la Consulta boccerà l' Italicum. Già mi immagino le pressioni dell' Europa, lo spread che decolla, le risse in aula».

Facciamo i conti: quanto valgono i Moderati?

«A Torino in giugno abbiamo preso il 6%, contro il 5 della Lega e di Forza Italia. Siamo il terzo partito in città. Ed era un voto politico, altro che balle».

Col 6% non va da nessuna parte.

«Dipende da quale sarà la legge elettorale. E poi i moderati in Italia sono il 30%, abbiamo fatto degli studi».

A parole forse, ma non nelle urne. E poi che cos' è un moderato?

«Un estremista del buon senso. Pragmatismo è la nostra parola d' ordine, niente urlatori è il nostro stile, priorità agli interessi delle famiglie, delle imprese e delle persone normali è il nostro manifesto elettorale».

Ma il moderato è di destra o di sinistra?

«Mi sono sempre collocato nel centrosinistra e ci rimango».

Confessi, lei è il solito ex dc?

«Ho votato Dc, poi Liberale».

Facciamo la squadra: a chi dà la patente di moderato? Alfano?

«Moderato ad honorem. È molto più bravo di quanto non sembri».

Peccato sia segretario del Nuovo Centrodestra e che lì vuole tornare… 

«Per ora è al governo con il Pd».

Lupi?

«Moderato».

Ma governa con Maroni in Lombardia: moderato anche lui?

«Moderato leghista, quindi non va bene per me».

Tosi pure era leghista… «Solo per ragioni territoriali, nel cuore non lo è mai stato».

All'iniziativa per il referendum c' era anche Verdini, che sta al governo: moderato anche lui?

«Verdini non sta al governo, dà un appoggio esterno. Denis è simpaticissimo ma ha poco da spartire con me. E poi ha gestito Forza Italia per anni, è lì che deve tornare».

E se bussasse Tremonti?

«Lo stimo moltissimo e condivido molte sue idee in economia ma ha più feeling con la Lega».

Non mi dica che le sta simpatico anche Zanetti?

«Ma quelli di Scelta Civica non sono politici, come non lo era Monti, che era un liquidatore».

Parisi è un moderato?

«Di Parisi vado pazzo. Manager abituato all'azienda, sempre calmo, competente, con una visione».
Peccato che se lo sia preso Berlusconi: sta nel centrodestra… «Ma Berlusconi - che in politica è molto moderato, meno in altre cose della vita e nell'attività di imprenditore - si stanca presto di chi arruola. E poi Parisi era socialista, ha lavorato per il governo Prodi. È così bravo perché ha fatto buona scuola politica».

Proprio ieri ha dichiarato che i moderati li aggrega lui e ha ripetuto che si colloca nel centrodestra. Come la mettiamo?

«Io sto nel centrosinistra, ma non ho Salvini. Parisi torni alle origini».

Ambisce ad allestire una squadra di campioni: con lei capitano?

«Noooo, io do il mio contributo. Ma sono tanto pigro, non potrei mai girare l' Italia come una trottola per fare comizi, non è la mia vita».

E da pedone dei moderati vuole dare scacco matto al re?

«Impossibile, solo ogni 1270 partite un pedone dà scacco matto».

Mi parli di chi la ospita: chi è più moderato tra Renzi e Bersani?

«Sono un vero democristiano e le dico che sono molto amico di Bersani, che reputo una delle migliori persone in Parlamento, e ho ottimi rapporti con Renzi, che ha fatto delle cose importanti, prime fra tutte il Jobs Act e la riforma costituzionale».

La domanda però era un' altra...

«Bersani è moderato come sensibilità e nel suo proverbiale buonsenso. Renzi lo è nella linea politica. Meno nei modi, ma è colpa dell' Italia, che non è avvezza agli ardori giovanilistici e alla dura chiarezza del premier».

Quei due distruggeranno il Pd?

«Quei due devono trovare il modo di andare d' accordo, e il Pd governerà per vent' anni».

A proposito, quando si vota?

«Nel 2018: il referendum si vince».

E con quale legge elettorale?

«Non credo che si voterà con l' Italicum. D' altronde lo stesso Renzi ha detto che non è un dogma».

A quel punto lei si riattacca al carro del Pd con i Moderati nella coalizione di centrosinistra?

«Guardi che io sono sempre stato cercato. La sfida comunque è fare finalmente un partito nazionale, indipendentemente da qualsiasi legge. Altrimenti, ritirarsi».

E se contrariamente a quanto crede la legge elettorale non dovesse cambiare?

«Proveremo a presentarci ugualmente e vedremo chi si unirà a noi e se gli elettori ci premieranno».

La vedo difficile, siamo in un sistema tripolare… 

«Aspettiamo, due anni sono lunghi. Lasciamo governare Raggi e Appendino e vediamo se gli apprezzamenti per M5s resteranno così alti».

Cosa fa, gufa?

«No, da torinese spero che la Appendino governi bene. Devo dire però che almeno finora non sta portando molta fortuna alla città. In poco più di un mese ha perso Salone del Libro ed Exor, la cassaforte Fiat».

I grillini proprio non le vanno?

«Sono moderato. Comunque una cosa in comune con loro ce l' ho. Anche noi moderati abbiamo rinunciato ai contributi pubblici: 250mila euro che abbiamo destinato a un fondo contro la disoccupazione».

Quante truppe ha il Partito dei Moderati oggi in Parlamento?

«Fini ne aveva decine con lui e ciononostante, malgrado si presentasse da presidente della Camera uscente, non è riuscito a farsi eleggere. C' è la strana convinzione che ai passaggi in tv e ai parlamentari che si riescono a mettere insieme in Parlamento, magari con una secessione o strappandoli da altri partiti, corrisponda una forza elettorale direttamente proporzionale. Mi sembra che questa convinzione abbia fatto solo grandi vittime».

D' accordo, ma quanti siete?

«Quattro, ma io in realtà come le ho detto sto nel Pd. Gli altri sono Fornisano, che arriva dall'Italia dei Valori, e i socialisti Di Lello e Di Gioia».

Come sta l' Italia oggi?

«Meglio di tre anni fa».

Perché da noi la crisi non finisce mai?

«Perché abbiamo un debito pubblico mostruoso».
Che Renzi ha aumentato… «Renzi ha tagliato, ma se il Paese non cresce c' è poco da fare».

Come fa a crescere se è massacrato di tasse per coprire il debito?

«Guardi che i guai iniziano negli anni '90, quando le nostre aziende sono state aggredite da tedeschi e francesi, che le hanno comprate a pezzi e noi siamo stati costretti a cederle sotto il ricatto del debito: "volete che vi compriamo il debito? Vendeteci i gioielli", il gioco era questo».

Ricatto anche nel 2011, per far cadere Berlusconi?

«Nel 2011 i bot italiani rendevano il 9%. Come mai Deutsche Bank se ne è liberata dall' oggi al domani per un valore di 7 miliardi? Nessuna azienda lo farebbe senza avere un secondo fine, sono veramente poche quelle che realizzano utili annui del 9%».

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