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domenica 7 agosto 2016

"DI CHE COSA TI LAMENTI?" Feltri: "Ma sapete che lei..." A valanga sulla Berlinguer

"Berlinguer, di che cosa ti lamenti?". Vittorio Feltri a valanga: "Sapete che lei..."


di Vittorio Feltri



Non so a voi, ma a me personalmente della Rai non importa nulla. Nel senso che mi sono rassegnato al fatto che sia lottizzata, cioè al servizio della politica vincente. Lo è da sempre, dal primo giorno in cui comparve il monoscopio sul video dei pochi italiani che avevano il privilegio (da ricchi) di possedere un apparecchio televisivo.

Era l'inizio degli anni Cinquanta e io, che sono vecchio e all' epoca frequentavo le elementari, ricordo benissimo. A casa mia il televisore entrò quasi subito: pagato a rate, credo. Il telegiornale era ridicolo ossia completamente democristiano perché comandava la Dc, partito dominante che aveva ereditato uomini e metodi fascisti. Chi lo nega o è stupido o in malafede, che è lo stesso.

Passarono lustri e l' Italia si sviluppò grazie al famoso boom economico, ma lo stile della Rai non si modificò: a menare il torrone continuarono ad essere i baciapile, che avevano la maggioranza. La TV bocciava Tognazzi e Vianello, bocciava anche Dario Fo. Bocciava le ragazze scosciate dei balletti e tutto quanto offendeva (si fa per dire) i morigerati costumi e il sentimento democristiani.

I tempi mutarono ma lo stile di chi aveva in mano il pallino rimase intatto. Ogni volta che si tratta di nominare i dirigenti dell' ex monopolio si tiene conto soltanto dell' opportunità politica. Per non scontentare nessuno Cencelli si inventò un manuale che portava il suo riverito nome: due o tre posti ai fedeli della Dc, un posto ai socialisti, uno ai socialdemocratici di Saragat e così via. I comunisti, che non avevano poltrone benché fossero numerosi, protestarono. Furono accontentati. Come? Si creò per loro una rete, la terza. La seconda era già dei socialisti. Spartizione perfetta. I partiti maggiori erano felici e contenti: ciascuno aveva il proprio orticello.

Questa, in breve, la storia dell' Antennona nazionale pagata dai cittadini mediante il canone. Poi? Lentamente le cose peggiorarono. Formalmente venne abolito il manuale Cencelli ma non la lottizzazione che, in effetti, è tuttora in vigore.

Chi vince le elezioni, o si è comunque conquistato Palazzo Chigi, si magna l' intera posta. Berlusconi, quando arrivò primo lasciò per generosità la terza rete agli ex comunisti e si pappò le altre due in aggiunta alle tre di sua proprietà. Cinque emittenti su sei. Mica male. Prodi aveva piazzato Gad Lerner e poi Gianni Riotta alla guida del Tg1.

Il Cavaliere per rispondere adeguatamente affidò il notiziario italiano numero uno ad Augusto Minzolini, bravo giornalista ma abbastanza schierato. Insomma ogni premier si è arrangiato come ha potuto per assicurarsi la benevolenza del maggiore Tg. Una regola non scritta ma radicata prevedeva infatti che la maggioranza politica si garantisse l' appoggio televisivo. Regola ovviamente sempre assai criticata, ma alla lunga accettata come il minore dei mali. Finché la Rai sarà pubblica, saranno i padroni della cosa pubblica a governarla. Se qualcuno avesse un'idea migliore si faccia avanti e la imponga. Silenzio generale.

Nei giorni scorsi Campo Dall' Orto, direttore generale Rai, ha fatto fuori la Berlinguer dal vertice del Tg3 dopo sette anni di onorevole servizio, e il provvedimento ha suscitato scandalo. Capisco. La signora è brava e non meritava la rimozione. Ma nessuno dice che anch' ella fu selezionata in base al colore politico, il rosso, sia pure un rosso diverso da quello di moda ora. Orfeo è rimasto capo del Tg1 perché è un coperchio che va bene per ogni pentolino. Mentre Masi è stato cacciato dal Tg2 solo perché poveretto non ha santi potenti in paradiso, neanche Sanculo.

Scandalizzarsi per questo sarebbe lecito se non conoscessimo a fondo cosa ribolle nel calderone Rai da oltre mezzo secolo. Poiché invece siamo scesi da un pezzo dal pero, non siamo neppure sorpresi.

Anzi saremmo stupiti se i criteri adottati dal potere odierno fossero più evoluti rispetto a quelli di un passato che non passa mai. Chi non ha capito che i modelli gestionali italiani sono immodificabili o è ingenuo o stolto. In viale Mazzini e dintorni non c' è mai nulla di nuovo.

Coloro che si stracciano oggi le vesti per le nomine di Campo Dall' Orto avvenute sulla base del manuale Cencelli riveduto e corretto, sono gli stessi che furono nominati alcuni anni orsono secondo la medesima logica.

Non è una cosa seria, ma il solito piagnisteo. Non sono i direttori defenestrati né i loro successori che vanno discussi o difesi: bisogna abbattere il sistema Rai che ha un organico di 13 mila persone per produrre orrori, i quali d' estate diventano imbarazzanti e perfino vomitevoli. Ne sono consapevole. Le mie sono parole al vento come le lagnanze dei trombati. Viviamo da decenni in un regime di scrocconi e raccomandati. E non siamo manco arrabbiati, ma semplicemente sconsolati.

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