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lunedì 16 marzo 2015

730 precompilato, occhio alle fregature: ecco quanto si perde se si accetta

Nuovo modello 730, così il governo fa la cresta

di Antonio Castro 



Semplifica, gratta via qualcosa e fai la cresta: di certo qualcosa resterà in cassa. Il 730 precompilato potrebbe trasformarsi in uno scippo (di mancati rimborsi fiscali) per gli italiani. Quest’anno oltre 20 milioni di contribuenti, dipendenti e pensionati (entro il 15 aprile) riceveranno per via telematica dall’Agenzia delle Entrate la prima dichiarazione dei redditi “quasi”" precompilata. Ma è proprio nei dettagli che si nasconde la potenziale fregatura. O meglio: una “cresta”, con relativa “piallatura” dei potenziali rimborsi, che solitamente i lavoratori dipendenti ricevono a luglio e i pensionati ad agosto/settembre. Ogni anno gli italiani spendono (in spese deducibili/detraibili) oltre 52 miliardi. Circa dieci dovrebbero tornare come rimborso l’anno successivo. Il condizionale è d’obbligo. Perchè su questi si nasconde la potenziale fregatura.

LA SEMI PRECOMPILATA - In sostanza l’Agenzia delle Entrate compilerà circa il 90% della nostra dichiarazione. Bene, benissimo, se non fosse per un modesto dettaglio. Quest’anno la precompilata sarà una “semi-precompilata”. Ad esempio non compariranno - tra le voci deducibili e detraibili - gli scontrini della farmacia. Certo il contribuente ha, e mantiene, la facoltà di integrare la dichiarazione precompilata, ma modificandola verrà a decadere lo “scudo” garantito dalla Entrate in caso di errore. Oggi i contribuenti hanno la facoltà, quando acquistano i farmaci, di dare al farmacista il proprio codice fiscale. E con lo scontrino “parlante” si può (l’anno successivo) portare in detrazione il 19% delle spese sostenute. Se si spendono in un anno 1.000 euro in aspirine, antibiotici e pillole per la pressione, l’anno successivo si ottengono dal “sostituto d’imposta”, 190 euro di rimborso fiscale.

QUATTRINI FRESCHI - Già il governo Monti nel 2012 - nell’affannosa ricerca di quattrini freschi - aveva alzato la franchigia per i rimborsi. Quest’anno 129 euro è la franchigia fissata per legge. Insomma, solo superata questa soglia minima si ha diritto al rimborso. Però, se prima era automatico presentare al Centro di assistenza fiscale (Caf) o al commercialista la bustina con tutti gli scontrini nella speranza di recuperare qualcosa delle tasse pagate in più, quest’anno l’operazione diventa un po’ meno conveniente. Perché? Perché se per recuperare 100 euro di tasse già pagate, si deve mantenere un archivio di tutte le spese sostenute, pagare la quota annuale al Caf (in media 50/70 euro a pratica), o la parcella del commercialista (circa 100 euro), scompare evidentemente la convenienza del trambusto.

Di più: l’Agenzia delle Entrate assegna ai contribuenti che accettano la dichiarazione dei redditi precompilata ma senza modifiche, una sorta di immunità in caso di eventuali errori od omesse comunicazioni. Certo la convenienza di pretendere il rimborso fiscale della maggiore tassazione già sostenuta, aumenta proporzionalmente alle spese. E se è vero che l’Agenzia comprende nella precompilata molte di quelle maggiori, tante altre ne restano fuori quest’anno. Quali? Si tratta di spese spesso ricorrenti: le spese per l’istruzione, gli asili nido, i contributi previdenziali per colf e badanti, le donazioni (erogazioni liberali) alle società ed associazioni sportive dilettantistiche e di promozione sociale, quelle a favore delle Onlus, le donazioni per attività culturali, artistiche e dello spettacolo, le spese veterinarie, quelle sanitarie, i canoni di locazione per gli studenti fuori sede e i compensi per le agenzie immobiliari.

Pochi spiccioli? Considerando che ci sono 41 milioni di contribuenti, se già solo 20 milioni (quelli interessati quest’anno dalla precompilata sperimentale), non porteranno in detrazione/deduzione una media di 200/300 euro a testa, si può intuire la massa di miliardi che lo Stato potrebbe non rifondere al contribuenti. Insomma, risparmiare. Vieri Ceriani, ex uomo dei numeri fiscali di Bankitalia, nel novembre 2011 aveva approfondito (prima ancora dell’arrivo di Carlo Cottarelli dal Fondo monetario al ruolo di commissario alla spending review), il cosiddetto tema della tax expenditures.

TAX EXPENDITURES - Ovvero del mancato incasso per le casse statali a causa del drenaggio fiscale delle oltre 600 agevolazioni, detrazioni, deduzioni in vigore. Ne era saltato fuori che ogni anno oltre 260 miliardi di euro non entravano in cassa. L’idea di Cottarelli era di passare il decespugliatore su queste 600 voci. Scorrendo i numeri aggregati, infatti, si capisce l’appetibilità di aggredire questa importante voce di uscita/rimborso. E quindi rendere meno conveniente per i contribuenti chiedere all’erario la restituzione ex post della maggiorazione fiscale pagata. 
Nell’anno d’imposta 2012 (dichiarazioni 2013, dati Dipartimento delle Finanze/Mef ), ben 19.889.811 italiani hanno chiesto detrazioni per spese corrispondenti a ben 29 miliardi e 107 milioni. Nello stesso anno le spese deducibili ammontavano complessivamente a 23 miliardi 794 milioni (10.343.853 i contribuenti che hanno fatto richiesta). Circa il 20% della somma totale (poco meno di 10 miliardi), torna come rimborso. Non sarà lo stesso quest’anno.

A CHI CONVIENE - Certo, chi ha acquistato nel 2014 la prima casa con un mutuo, anche quest’anno ha tutta la convenienza a portare in detrazione le spese per interessi, che soprattutto nei primi anni di pagamento del debito sono consistenti. Migliaia di euro di rimborsi fiscali. Insomma, resta la convenienza di chiedere il rimborso, ma solo se il gioco vale la candela (tanta spesa, maggior rimborso. Se invece l’eventuale rimborso è di 200/300 euro non conviene correggere la precompilata.

A CHI NON CONVIENE - Tra spese di Caf/commercialista e franchigia, il potenziale rimborso si riduce e poi c’è da ricordare che si finisce nel calderone dei possibili controlli. Ultimo dettaglio. Scomparendo la convenienza nel presentare scontrini e fatture per spese sostenute si incentiverà il sommerso. «Il rischio», avverte Giuseppe Buscema, esperto fiscale dalla Fondazione Studi dei consulenti del lavoro, «è di disincentivare i contribuenti a richiedere i giustificativi di spesa e così si rischia di incentivare, in qualche caso il sommerso». Bel paradosso, se si vuole combattere l’evasione...

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