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mercoledì 7 dicembre 2016

I vip pentiti che scaricano Renzi: "Adesso togliete il mio nome dal sito" / Guarda

"Togli il mio nome": fuggi fuggi da Renzi, l'esercito di vip pentiti del Sì


Roberto Benigni ci spiegava com'era bella la nostra costituzione
Poi in una selva oscura cambiò idea





Gianni Cuperlo che vota Sì




Romano Prodi che a tre giorni dal voto referendario
cambia idea e dichiara di votare Sì (alla faccia della coerenza)





Michele Santoro smentisce se stesso e a 2 giorni
dal voto referendario dichiara di sostenere Renzi (in Rai?)

Fuggi fuggi dal Sì, fuggi fuggi da Matteo Renzi. I vip si pentono e chiedono, sommessamente, di fare sparire i loro nomi: "Forse non è il momento di chiedervelo. Ma sapete quanto rimarrà online il sito del Sì? No perché la firma nell'appello, se possibile...". Come nota il Corriere della sera, qualche vip del mondo dello spettacolo chiede di ritirare o far scomparire la firma dal sito "Basta un Sì".

Tommaso Labate, autore dell'articolo, non fa nome e cognomi. Certo, alcuni personaggi per la loro presa di posizioni sono stati presi di mira sui social. Come Michele Santoro, che aveva aderito al Sì in extremis: su Twitter viene attaccato da molti, anche dalla sua ex inviata Luisella Costamagna. Alcuni giorni fa la giornalista aveva scritto: "'Non ne vedo tantissimi che abbiano le qualità di Renzi. Non lo dico solo io, anche Berlusconi'. Santoro la pensa come Berlusconi. Ebbene Sì". E poi Gianni Cuperlo, Roberto Benigni, Romano Prodi. Tutti supporter di Renzi. Saranno pentiti pure loro?

Adesso a Renzi resta solo Agnese Il segreto: ciò che non sai su di lei

Melania Rizzoli: a Renzi non resta che Agnese. E non è poco


di Melania Rizzoli



Agnese era lì, nel salone di Palazzo Chigi, a tre passi di distanza dal marito premier sconfitto, mentre lui annunciava le sue dimissioni irrevocabili dalla guida del governo nella sua tragica notte del referendum. Agnese era lì, in piedi, dignitosa, composta e silenziosa, con le mani raccolte, vestita non con i pizzi di Scervino delle grandi occasioni ma in pantaloni neri e maglione chiaro a collo alto, come quando si sta in famiglia in inverno, lontano dagli impegni ufficiali, e come pronta a prendere per mano il marito e riportarlo a casa tra il calore degli affetti veri.

Agnese era lì, nella sede del governo, nel giorno più amaro di Matteo Renzi, illuminato dalle telecamere di tutte le reti televisive nazionali, mentre di fronte al podio lui pronunciava il suo discorso di addio. Agnese era lì, gli era accanto, esponendo la sua complicità di moglie, la sua condivisione di sentimenti, la sua indiscussa solidarietà, testimoniando come di solito solo le mogli vere sono le uniche destinate a stare vicino ai mariti nei momenti peggiori, di matrimonio, di vita o di malattia.

Agnese era lì, senza un sorriso, senza espressione, ma quella sua presenza in piedi, in quel salone, parlava più di tanti discorsi, di tante battute e diceva: «Io sono qui, ti sono vicina come sempre, ti aspetto, quando avrai finito ti accompagno a casa dai nostri figli, che la cena è pronta».

Agnese era lí, impassibile e a ciglio asciutto, lontana mille miglia dalle lacrime del ministro Maria Elena Boschi nella stanza accanto, lontana dalle polemiche rumorose del giglio magico sulla catastrofe referendaria, lontana dalle faide interne con a capo D' Alema e Bersani, lontana da quelli che avevano cantato vittoria sul filo di lana, ed anche lontana dalla valanga di No rovesciata dagli italiani addosso a Renzi.

Agnese era lí per Matteo, per suo marito, per il bullo di Rignano sicuro e spaccone che davanti a lei recitava con voce incrinata il suo ultimo discorso da capo del governo italiano. Agnese era lì non da first lady, ma da moglie e da madre, da compagna di vita dell' ex boy scout abituato a vincere, a prendersi quello che voleva con arroganza e spocchia, con coraggio e con violenza, dal ragazzo che calpestava le regole con disprezzo, che esercitava il potere acquisito ridicolizzando i ruoli degli amici di partito, che denigrava i suoi predecessori, che tentava di governare con un personalismo inesperto che lo ha condotto in un colpo solo alla sua catastrofe politica.

Agnese era lì, sorda agli sghignazzi festanti dei grillini in piazza, agli attacchi duri dei leghisti davanti ai microfoni, alla soddisfazione beata dei forzisti nel salotto di Bruno Vespa e ai sorrisi ironici della sinistra del Pd radunata nella sede di via del Nazareno. Agnese era lì, a schiena dritta, con lo sguardo fisso sul marito e con il dolore ben nascosto, con la delusione mascherata, senza isterie, senza drammi e soprattutto senza parole.

Agnese era lì nel giorno della caduta, come nessuna moglie di premier aveva mai fatto fino ad oggi, né quella di Andreotti, di Craxi, di Ciampi, di Prodi, di Berlusconi, di Monti e di Letta, e come nessuna di loro ci ha messo la faccia, il corpo e il cuore a sostegno del marito che da rottamatore si è ritrovato rottamato.

Agnese era lì, di fronte all'Italia che ha detto No, di fronte ai consensi divenuti dissensi, di fronte al suo uomo fino a poco prima protagonista assoluto di un' invasione mediatica e di una campagna referendaria senza precedenti, di una battaglia dura, dai toni esasperati, di una lotta corale persa con l'onore dei vinti, e lei era lì immobile e impassibile di fronte ai giornalisti che vergavano frenetici il disonore da mandare nei titoli in prima pagina all' alba.

Agnese era lì, pacata e rassicurante, mentre in mente le scorrevano veloci le immagini degli ultimi mesi, le visite di Stato, i ricevimenti, le cene con la Merkel, le foto con gli Obama, le Leopolde affollate, un mondo finito, un sipario sceso all'improvviso, una scenografia cambiata e capovolta, più reale, dalla quale emergevano con forza solo le macerie dei recenti terremoti, i barconi zeppi di immigrati che continuano ad arrivare sulle nostre coste, le strade e i ponti che crollano sotto le alluvioni, i giovani senza speranza di lavoro, la ripresa economica promessa e mai arrivata e gli italiani che non ci credono più.

Agnese era lì per stare accanto a suo marito durante il suo ultimo discorso da presidente del Consiglio, il suo annuncio più sincero, per non fargli tradire l' emozione, per accoglierlo quando lui si è poi avvicinato a lei, quando le ha messo il braccio sulle spalle e si è lasciato portare via, per tornare a casa al riparo dai tanti nemici, dagli odi e dai rancori, come un marito qualunque, che si appoggia alla moglie quando ha bisogno, quando è smarrito, ma che le riconosce la forza femminile e il conforto sicuro.

Agnese era lì.

Nuovo premier? Il nome a sorpresa: "Ora è lui il primo indiziato"

Toto-premier, salgono le quotazioni di Paolo Gentiloni



In attesa delle definitive dimissioni, che arriveranno dopo l'approvazione della legge di Bilancio, già in aula domani, continua il toto-nomi: chi il premier dopo il passo indietro di Matteo Renzi? Sin dal primissimo minuto le indiscrezioni puntano su Pier Carlo Padoan, Pietro Grasso e Carlo Calenda (Romano Prodi, che era una pista calda, a parole si è tirato indietro: mai fidarsi, comunque). Ma ora, nelle ultimissime ore, circola un nuovo nome: quello di Paolo Gentiloni, il ministro degli Esteri Pd nonché renziano di ferro (una scelta, dunque, in continuità col passato e che possa permettere a Renzi di mantenere la segreteria del partito con meno problemi).

Le consultazioni per il nuovo governo, s'ipotizza, potrebbero iniziare già giovedì: tutto dipende, come detto, dall'approvazione della legge di Bilancio. Ma ora, i fari restano puntati sull'ipotesi Gentiloni, il quale avrebbe l'appoggio dei capigruppo democratici a Camera e Senato. Il fatto, però, che la Corte Costituzionale si esprimerà il 24 gennaio sulla riforma elettorale, in un qualche modo, aumenta le possibilità che Sergio Mattarella insista con Renzi affinché resti premier per sbrigare gli affari correnti. Per certo, la decisione della Consulta rende più probabile - o quantomeno più praticabile - il voto in primavera.

Il "ricatto" di Renzi a Mattarella Verso il caos: le sue due richieste

Quirinale: governo istituzionale, riforma elettorale e voto in primavera



Al termine di una giornata e di indiscrezioni, le voci convergono in una direzione: Matteo Renzi, dopo aver congelato a brevissimo termine le dimissioni, starebbe lavorando all'apertura di un governo di responsabilità nazionale che coinvolga tutti i partiti, dove ovviamente non sarebbe il premier (le dimissioni dovrebbero arrivare nella serata, dopo l'ok definitivo alla legge di Bilancio). Ma non è tutto: Renzi avrebbe messo come condizione il fatto che venga subito approvata una legge elettorale per poter andare al voto in primavera. Queste le condizioni poste dal premier dimissionario, nonché segretario Pd.

Sono però diverse le criticità relative alla proposta di Renzi. La prima: pare difficile, per non dire impossibile, che la Lega Nord di Matteo salvini o il M5s accettino un governo che coinvolga tutti i partiti. Ma non è tutto: per quanto il punto di un governo "di tutti" sia gradito a Silvio Berlusconi, quest'ultimo non vede di buon occhio il voto in primavera. Troppo presto, secondo il Cav: non manca il tempo per riorganizzare e ricompattare il centrodestra. All'orizzonte, dunque, si profila un nuovo scontro istituzionale. Scontro, per altro, destinato a proporsi tra poche ore, quando verrà approvata la legge di Bilancio: le opposizioni, infatti, protestano. I capigruppo della Lega Nord e M5s chiedono infatti che vengano "eliminate tutte le marchette pre-elettorali inserite prima del voto di domenica", sottolineando che "non ci sono le basi per l'approvazione rapida della legge".

"NESSUNA CHIAMATA, MA..." Ora Salvini ci pensa davvero: clamoroso messaggio al M5s

Matteo Salvini sull'ipotesi di alleanza col M5s: "Per ora nessuna chiamata, ma..."


Dopo il referendum la politica è in fermento. Certo, il centrodestra. Ma anche il M5s, che fiuta la ghiottissima occasione, tanto che Beppe Grillo ha nuovamente vietato ai suoi la televisione: ogni passo, ora, deve essere concordato. Ma con l'incombente riforma elettorale, senza alleanze ai grillini Palazzo Chigi sarebbe "vietato". Ed è dunque in questo contesto che i vertici M5s hanno aperto alle alleanze. Lo ha confermato Massimo Bugani, fedelissimo dei Casaleggio. E per le alleanze si guarda a destra. Alla Lega Nord, soprattutto.

"A me, per ora, non ha chiamato nessuno", ha spiegato Matteo Salvini. L'idea di un'alleanza di governo Lega-M5s non è sua, ma lo stuzzica: sulla carta, ci sarebbero i numeri per vincere, però sacrificando (s'ipotizza) sicuramente Forza Italia e probabilmente anche Giorgia Meloni. Sulla voce d'intesa grillino-leghista, Salvini aggiunge: "Non so come sia nata e in verità non so come possa crescere. Certo, entrambi abbiamo chiesto subito e chiediamo che agli italiani venga riconosciuto il diritto di andare a votare, la nostra è un'alleanza per andare subito alle urne, ma non vedo come si possa andare oltre". Una chiusura, ma neppure troppo notte. Anzi, una chiusura che assomiglia ad un'apertura. Da entrambi gli schieramenti arrivano segnali. Se son rose...

martedì 6 dicembre 2016

Briatore, l'ultimo lussuoso affare Cosa fa a Montecarlo (e con chi)

Briatore con Lvmh apre una pasticceria Cova a Monte Carlo


Risultati immagini per flavio briatore apre una pasticceria a montecarlo

Cova, marchio del gruppo Lvmh, ha stretto una partnership con l’imprenditore Flavio Briatore per l’apertura di Cova Monte Carlo. Dopo Hong-­Kong, Tokio e Shanghai e le recenti  aperture di Beijing e Taipei, Cova rafforza la sua presenza internazionale, con il primo Café in Europa, nel cuore della cittadina monegasca, al 19 di Boulevard des Moulins. L’apertura è prevista per  la primavera 2017. Il nuovo spazio disegnato dallo studio RetailDesign dell’architetto e progettista veneziano Paolo Lucchetta, rievocherà in chiave contemporanea l’atmosfera che ha reso celebre Cova dal 1817.

"Nel 2017 il nostro marchio celebrerà i 200 anni di storia, siamo quindi profondamente orgogliosi di aprire il primo Cova Café in Europa in collaborazione con Flavio Briatore, un imprenditore con cui condividiamo valori comuni e il desiderio di offrire prodotti di altissima qualità, legati al nostro savoir-faire e alla nostra  tradizione" commenta Paola Faccioli, ceo di Cova.

Ti rubano la carta di credito in 6 secondi Ecco come fanno gli hacker (e come ti puoi salvare)

In 6 secondi ti rubano la carta di credito. Come fanno gli hacker (e come salvarsi)



Quasi tutti i circuiti di carte di credito sarebbero potenzialmente in pericolo e con loro i conti dei loro clienti. Secondo uno studio dell'università britannica di Newcastle pubblicato su Ieee security & privacy, un hacker potrebbe impossessarsi dei dati di una carta in circa sei secondi.

Il metodo degli attacchi prevede che siano generati sistematicamente milioni di varianti di dati delle carte. Un'offensiva come questa viene rilevata dal sistema di sicurezza del circuito solo se possiede un metodo di controllo centralizzato, come ad esempio Mastercard. Recentemente ha subito un attacco di questo genere la Tesco Bank, ma i titolari delle carte non sono del tutto indifesi: una volta acquisiti i dati bisogna riuscire a spendere quel denaro, a quel punto scatterebbero altri controlli direttamente sul conto, segnalando al titolare se ci sono movimenti non autorizzati.