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martedì 6 dicembre 2016

Brasile, italiano fatto a pezzi col machete Cosa faceva e perché l'hanno massacrato

Brasile, italiano fatto a pezzi col machete. Perché l'hanno massacrato



Un turista italiano è stato ucciso a colpi di machete in casa in Brasile, a poco più di 2 settimane dall’omicidio di un’altra connazionale, Pamela Canzonieri. Alberto Antonio Pierluigi Baroli, 51enne manager milanese, riferiscono i media locali, stava dormendo con la sua compagna italiana in un appartamento a Praia das Fontes, Beberibe, a circa 80 chilometrri da Fortaleza, quando, secondo la polizia dello Stato del Ceara, intorno all’1:30 individui si sono introdotti nella sua abitazione. Sembra che la moglie della vittima 50enne, sia riuscita a nascondersi nel bagno. Nell’appartamento c'è stata una colluttazione durante la quale l’italiano è stato colpito con l’arma da taglio ed è morto sul colpo. I malviventi sono scappati a bordo di un veicolo che li attendeva all’esterno dell’abitazione con un bottino di circa 5.000 euro, un computer e un cellulare. La polizia ha arrestato una donna, Damiana Paiva da Silva, 27 anni. La donna è responsabile del crimine, commesso insieme a due uomini e due 16enni, una ragazza e un ragazzo. Nell’abitazione di uno di questi, a Fortaleza è stata trovata la merce rubata. La polizia ha trovato anche altri oggetti rubati nell’appartamento di un turista vicino. Il 17 novembre Pamela Canzonieri, 39enne cameriera di pavia, è stata uccisa a Morro de Sao Paulo, nello stato di Bahia. Per quell’omicidio la polizia aveva arrestato Antonio Patricio dos Santos, conosciuto come Fabricio, uno spacciatore già ricercato per le sue attività illecite, che dopo l’arresto ha confessato.

Con la vittoria del NO ecco chi rischia l'estinzione politica

Con la vittoria del NO ecco chi rischia l'estinzione politica 



di Gaetano Daniele




C'è un gruppetto di politici, alcuni che ricordano anche amicizie con tutankhamon, che dopo la schiacciante vittoria del NO, sono diventati un po nervosetti. Anche se ognuno di loro la pensa (assai) diversamente dall'altro. Il gruppetto ora suda freddo. Sudano freddo perchè tra loro ci sono parlamentari che hanno superato la soglia dei 15 anni di parlamento. Dinosauri della politica. E che quindi a norma dell'articolo 21, comma 3 dello statuto del PD, non potrebbero essere più ricandidati. A guidare il gruppo di quelli che dovrebbero dire addio allo scranno parlamentare c’è un pezzo da Novanta del partito, che ha nel suo curriculum ogni carica interna ed oggi è ministro dei Beni culturali: Dario Franceschini.

Rodotà-Zagrebelsky, prof premier: piano per mandarli a Palazzo Chigi

I professori: il piano per mandare Rodotà e Zagrebelsky a Palazzo Chigi



Dal governo dei tecnici a quello dei professori. Sul sito di Micromega, tempio dei salottieri sinistri d'Italia, Paolo Flores D'Arcais invoca "elezioni rapide con un governo rispettoso del risultato elettorale, che può essere solo un governo Rodotà-Zagrebelsky di coerenza costituzionale". Sì, proprio loro: Stefano Rodotà, 83 anni, mitico candidato dei 5 Stelle al Quirinale nel 2013, e Gustavo Zagrebelsky, 73enne in prima fila nella battaglia referendaria del No e sfidante di Matteo Renzi in un chiacchieratissimo faccia a faccia da Enrico Mentana su La7.

"Ora l'establishment sconfitto nel referendum è in febbrile attività per impedire che la vittoria del No abbia il suo coerente sbocco politico", si legge nell'appello di Flores D'Arcais. Per questo ci vogliono "elezioni al più presto, ma con un governo che rompa una continuità che i cittadini hanno rifiutato e condannato". "Ha vinto la Costituzione. La Costituzione di Calamandrei, De Gasperi, Terracini". Purtroppo per Flores D'Arcais, i padri costituenti non sono più candidabili a Palazzo Chigi causa decesso. Nessun problema, di costituzionalisti ce n'è a volontà e si può ragionare ora sul sostituire la "Costituzione a misura di oligarchie" di Renzi con "una Costituzione giustizia e libertà". 

Renzi, sfregio impietoso alla Boschi: ecco quello che pochi hanno notato

Renzi, sfregio impietoso alla Boschi: il dettaglio di cui nessuno si è accorto



Non una parola su di lei, il suo braccio destro, il ministro la cui riforma riporta il nome:  Maria Elena Boschi. "Non una parola da Maria Elena Boschi. Ne da Renzi su di lei. Paga anche quello", scrive Gaia Tortora, giornalista del TgLa7. Non è l'unica che si è accorta che durante il discorso della sconfitta, Renzi non ha menzionato il ministro delle riforme. "Significativo il fatto che la Boschi che dà il nome alla riforma non sia stata nemmeno citata, nemmeno nei ringraziamenti", si legge sul profilo Twitter di Francesca Fagnani, ex giornalista di Santoro e fidanzata di Enrico Mentana. In effetti questa lacuna fa un certa impressione. Perchè?

LO SCENARIO MORTALE "So cosa accadrà dopo Renzi" Vittorio Feltri e "la schifezza"

Feltri: "Addio Renzi, ora faranno un altro inciucio. C'è poco da stare allegri"


di Vittorio Feltri



Se non altro i sondaggisti, dopo aver inanellato una serie di figuracce, stavolta ci hanno azzeccato. Miracolo: avevano previsto una netta prevalenza dei No e non hanno sbagliato. Hanno vinto gli amanti della vetusta Costituzione, coloro che la considerano la più bella del mondo, i conservatori incalliti, quelli che a parole invocano il cambiamento ma che, in realtà, difendono lo status quo, l’esistente. Infatti con il loro voto contrario alle cattive riforme di Matteo Renzi hanno decretato l’immodificabilità della Carta in vigore da 70 anni e scritta da ex fascisti e da neo comunisti specialisti nel salto della quaglia.

L’Italia si conferma conservatrice e timorosa di ogni mutamento anche minimo e pressoché ininfluente, nonostante si lagni sempre di come (non) funzionino le istituzioni, giudicate decrepite e inadeguate alla vita attuale. Non c’è problema. Esulta chi vede in Renzi un mostro indegno di governare. I signori dominatori del referendum sono arciconvinti di aver fatto fuori il giovin premier e si preparano a elezioni anticipate che non si svolgeranno dato che non c’è una legge elettorale. Ne serve una fresca e ci vorrà del tempo per predisporla, poiché da dieci anni il Parlamento è incapace di inventarne una che vada bene alla maggioranza. Nel frattempo ci beccheremo o un governo tecnico (di scopo, dice qualcuno) del tipo di quello Monti, cioè una schifezza, oppure - più probabilmente - un inciucio ossia un esecutivo retto da una coalizione Pd-Forza Italia. In effetti Berlusconi ha già dichiarato di gradire una seconda edizione del patto Nazareno.

Così fosse ci sarebbe da ridere. Dopo il casino infernale provocato dal plebiscito, ritrovarsi con il binomio Silvio-Matteo significherebbe per i cittadini essere stati presi inelegantemente per il didietro. Fantastico. Solo noi italioti siamo lieti di tornare indietro anziché di andare avanti sia pure faticosamente. Una terza via non è immaginabile perché non c’è. Bisogna ammettere che Renzi ha commesso vari errori, il più marchiano dei quali riguarda il Senato. Egli giustamente intendeva eliminare il bicameralismo paritario, ma ha fallito la mira: invece di eliminarlo tout court con una fucilata, lo ha ridimensionato soltanto dando l'impressione di volerlo utilizzare a proprio piacimento quale depandance di Palazzo Chigi. In questo modo ha invitato a nozze i suoi avversari che ne hanno approfittato per dire con qualche ragione che la riforma era una boiata pazzesca, tra l'altro non foriera di risparmi della spesa pubblica. Se aggiungiamo che Renzi alcuni mesi fa, in preda a una crisi di bullismo, disse che una sconfitta referendaria lo avrebbe indotto a dimettersi, ovvio che la folla dei suoi antipatizzanti si sia mobilitata sul fronte del No. Risultato, il signorino è stato pigliato a calci e adesso ci si chiede che farà. Si gratterà i glutei o reagirà in controtendenza rispetto alla programmata dipartita? Non resta che attendere, e l’attesa non sarà lunga. Speriamo non siano lunghi nemmeno i festeggiamenti dei trionfatori dell’urna. A guardare il futuro c’è poco da stare allegri.

lunedì 5 dicembre 2016

Le inquietanti parole di Mattarella Lo sfregio: Renzi non si dimette?

Renzi-Mattarella, incontro al Colle: il presidente della Repubblica vuole blindarlo (a tempo) a Palazzo Chigi



Nella conferenza stampa d'addio, Matteo Renzi aveva detto che oggi avrebbe riunito il Consiglio dei ministri e che poi sarebbe salito al Quirinale per presentare le sue dimissioni da premier a Sergio Mattarella. Invece, stamattina, ha cambiato il programma e a sorpresa è salito al Colle poco prima di mezzogiorno per restarvi circa un'ora. Probabile che il premier abbia voluto anticipare al Capo dello Stato le sue mosse prossime e che Mattarella si sia voluto rassicurare circa la portata e termine delle scadenze più urgenti, prima fra tutte la legge di bilancio che deve fare ancora un passaggio al Senato. Renzi e il suo governo, cioè, non spariranno subito dalla circolazione, ma è assai probabile che restino a Palazzo Chigi per quella che viene definita "ordinaria amministrazione" fino ad almeno le vacanze di Natale.

Il premier, nel pomeriggio, tornerà al Colle per presentare le sue dimissioni. Dimissioni "formali". Ovvero, come detto, è probabile che Renzi resti al governo ancora per un po'. E che questa sia la strategia di Mattarella lo si capisce anche dal messaggio diffuso dopo l'incontro dal Capo dello Stato, il quale afferma: "Vi sono di fronte a noi impegni e scadenze di cui le istituzioni dovranno assicurare in ogni caso il rispetto, garantendo risposte all'altezza dei problemi del momento". Insomma, poiché vi sono delle scadenze da rispettare, l'incombenza potrebbe essere lasciata a Renzi. Mattarella ha poi aggiunto che "l’alta affluenza al voto, registratasi nel referendum di ieri, è la  testimonianza di una democrazia solida, di un Paese appassionato, capace di partecipazione attiva".

In conclusione del messaggio, quello che sembra essere un appello alla calma: "L’Italia è un grande Paese con tante energie positive al suo interno. Anche per questo occorre che il clima politico, pur nella necessaria dialettica, sia improntato a serenità e rispetto reciproco". Soprattutto nel caso, ora più probabile, che Renzi non lasci Palazzo Chigi oggi, come annunciato e promesso.

Clamoroso, anche Piazza Affari gode Dopo il referendum, sorpresa in Borsa

Vince il No crolla il mondo? Tutte balle. Che cosa sta succedendo in Borsa



Ha aperto in forte calo Piazza Affari a poche ore dalla bocciatura della riforma costituzionale Renzi-Boschi e l'annuncio delle dimissioni del premier. L'indice Ftse Mib ha subito registrato -1,71% a 16.779 punti, l'All Share -1,81%. Sono bastati però pochi minuti perché il Mib si attestasse su un più moderato passivo a -0,78%, smentendo così le voci apocalittiche sugli esiti del trionfo del No.

Il calo di inizio giornata aveva coinvolto principalmente il comparto bancario, che in dopo un'ora ha spinto la ripresa portando gli indici italiani in positivo, come il Mib a quota anche 1,07%. Il miglior titolo tra i bancari è Mps in crescita a 0,46%, seguita dai titoli vicini al pareggio come Carige a -0,40%, Ubi -0,96%, Banco Popolare -2,67%, Bpm -2,73%, Intesa Sanpaolo -1,78%, Bper -0,85%. Resta invece molto pesante Unicredit a 1,99 euro a -4,41%.

Nessuna minaccia neanche dallo Spread. Dopo l’iniziale fiammata al rialzo, il differenziale tra Btp-Bund cala a quota 168 punti base, in virtù di un rendimento dei decennali tedeschi sul mercato secondario allo 0,29%in rialzo di 2 punti base, mentre i nostri titoli viaggiano all’1,97% in rialzo di 7 punti base.