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sabato 10 settembre 2016

Boschi e selfie Tutto va a rotoli ma l'Unità continua a fare feste

Il mondo va a rotoli ma l'Unità continua a festeggiare


di Francesco Specchia



Il dato non è politico, ma antropologico: oramai ci sono più Feste dell' Unità che comunisti. Non che sia un male. Però, in questo scorcio di fine estate, in tutt' Italia, sfilano sempre i volti rubizzi alla Peppone tra gli stand e le livide facce della sconfitta dalemiana nei dibattiti; e sfrigolano i concerti, e l' odor di brace e di panini farciti di salamelle e di riforma costituzionale. Uno dice: c' è appena stato il terremoto, il Pil è inchiodato, la crescita è zero, le riforme zoppicano, l' Europa si spappola sotto il peso dei migranti, il Pd è balcanizzato: insomma, non c' è nulla da festeggiare eppure questi s' accendono nelle Feste dell' Unità.

Ed è il tripudio d' una straordinaria commedia umana recitata sul territorio. Nella Festa dell' Unità di Milano, allo Scalo Romana, si palesa, nella sua floridezza istituzionale, Maria Elena Boschi persa nei selfie, mentre alcuni dalemiani cercano d' avvolgerla in uno striscione anti-referendum. Al Porto Antico di Genova la Festa dell' Unità accoglie un dibattito -un tantino jettatorio- sui "possibili effetti del referendum sul sistema sanitario nazionale".

Alla Festa dell' Unità di Firenze Matteo Renzi fa sgombrare il ministro Gentiloni come un profugo all' hot spot delle Cascine. Alla Festa dell' Unità di Bologna Pier Luigi Bersani ( già accolto da cori da stadio e pupi siciliani anti-Pd alla Festa dell' Unità di Catania) sospira al ricordo di Nilde Iotti.

Alle Festa dell' Unità di Bologna, Modena e Reggio Emilia, contemporaneamente, Renzi e un paio di fedelissimi con la faccia di Renzi (probabilmente Deborah Serracchiani e Fabrizio Rondolino che indossano una maschera alla Diabolik) incontrano i rappresentanti dell' Anpi incazzatissimi per lo "sgarbo alla Costituzione".

La Festa dell' Unità in Campania è itinerante come il teatro di Moliere: Ercolano, Avellino, Napoli, venghino, siori, venghino. Alla Festa dell' Unità di Torino è comparso Gigi D' Alessio che non è di sinistra, ha dei guai con Equitalia, ma lo pagano lo stesso. Alla Festa dell' Unità sul lungomare di Reggio Calabria si vedono ammainare bandiere e sorrisi per colpa di un tempoporalaccio che ha la forza d' una metafora elettorale. Alla Festa dell' Unità di Ravenna si materializza la Serracchiani, al posto del commissario ai terremoti Vasco Errani il quale, giustamente, ha qualcosa di più serio da fare. Errani è il più realista di tutti. Forse non è il caso di festeggiare.

Non siamo più nel '45 quando la prima festa denominata "Grande scampagnata dell' Unità" rappresentava l' ansiogeno postbellico. E neanche nel 2009, al guado vivace della trasformazione in Pd (Veltroni impose la terribile dicitura «Festa Democratica»). Non c' è più la Festa, figuriamoci l' unità.

L' unità delle idee e l' unità del del partito. D' Alema, appena sfumato l' incarico europeo a vantaggio della Polverini, raggruma la minoranza interna attorno ad una feroce idea di vendetta; Cuperlo dissente ma con educazione; lo Speranza è l' ultimo a morire. E i veri comunisti li ha fatti fuori Renzi, altro che Scelba, Andreotti o Berlusconi.

Sicchè, oggi, la vecchia Festa dell' Unità che era il luogo delle condivisioni, dei legami affettivi, dei sogni, diventa il limbo dei legami spezzati. Si offre come palco di quella battaglia referendaria tra due fazioni che evocando birra e salsicce intendono, in realtà, scontrasi su Senato imperfetto, revisioni costituzionali, leggi elettorali. «Compagno, ti dò la parola...», si diceva ai tempi di Berlinguer. Compagno 'sta cippa.

Perfino il giornale, la gloriosa Unità di Gramsci, è un sospiro sepolcrale: contenuti loffi, dibattito ridotto alla velina. Nel 2000, quando chiuse, tonnellate di rese della testata vennero spedite in Africa, nelle missioni - mi pare del Burkina Faso - con lodevoli scopi igienico-sanitari: usata come carta igienica. Fu uno dei più grandi gesti umanitari mai compiuti dall' editoria si sinistra. Ora, con un rosso di due milioni, alla direzione del quotidiano arriva Sergio Staino, da sempre anima critica d' un popolo perduto (in bocca al lupo), l' uomo che dovrebbe riportare copie e cose alla loro naturale dignità. La rivoluzione in una salamella...

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