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mercoledì 2 marzo 2016

Il colpo basso alla famiglia Boschi: la mossa di Verdini, governo a rischio

Il colpo basso alla famiglia Boschi: mossa-Verdini, governo a rischio


di Fosca Bincher



Il proposito è quello di «verificare l’attività degli organi di gestione degli istituti bancari coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto» e in primis Banca Etruria, Banca delle Marche, Cassa di risparmio di Ferrara e Cassa di risparmio della provincia di Chieti. Poi certo di dare un’occhiata a tutto il sistema bancario italiano e ai fattori che ne hanno provocato la crisi da quando è entrato in vigore l’euro. Presentata al Senato questa è l’ultima richiesta formale di istituzione di una commissione di inchiesta parlamentare che abbia gli stessi poteri della magistratura per indagare anche su Pier Luigi Boschi, papà del ministro delle Riforme Maria Elena Boschi e già membro del comitato esecutivo e vicepresidente di Banca Etruria fino al commissariamento deciso dalla Banca d’Italia l’11 febbraio 2015.

Non è la prima proposta di commissione di inchiesta sulle quattro banche finite in procedura di risoluzione approdata in Senato da dicembre ad oggi, e molte altre sono state depositate dai gruppi di opposizione alla Camera dei deputati. Questa però è una proposta di inchiesta speciale, specialissima. Perché porta la firma del nuovo alleato di Renzi e della Boschi: Denis Verdini, il leader di Ala. Il primo firmatario per altro è Lucio Barani, quell’ex socialista che porta sempre il garofano all’occhiello che siede nel banco a fianco di Verdini in Senato.

Poi però in ordine alfabetico ci sono le firme di tutti i senatori del nuovo gruppo. C’è Sandro Bondi con la sua Manuela Repetti, ci sono gli altri volti più o meno noti della compagnia come Ciro Falanga, Eva Longo, la ex grillina Adele Gambaro e l’ex cosentiniano Vincenzo D’Anna. Potrebbe sembrare un colpo basso da parte del nuovo alleato, ma in fondo anche il Pd sulla carta ha appoggiato la proposta di una commissione che facesse luce su quegli scandali bancari. Renzi ha oscillato però fra commissione di indagine e commissione di inchiesta, e fra le due c’è una bella differenza. La prima disegna un banale quadro dei fatti con la matita saldamente in mano alla maggioranza parlamentare che decide poi che forma debba avere quel disegno. La seconda di solito viene guidata da un membro dell’opposizione e avendo poteri della magistratura quando interroga un testimone pretende la verità dei fatti, e se quello sgarra rischia pure l’arresto.

La differenza è sostanziale. Verdini comunque sceglie la versione più dura e incisiva della commissione di inchiesta, anche se nel titolo e nelle premesse resta un pizzico generica: “Sul sistema bancario e finanziario, con particolare riguardo alla tutela dei risparmiatori”. E anche l’arco di tempo della inchiesta è piuttosto largo, prendendo in considerazione ben tre lustri: quelli intercorsi fra il 10 gennaio 2000 e il 31 dicembre 2015. Apre un faro sui comportamenti di Banca di Italia e di Consob in quel periodo, ma poi punta diretta proprio alle quattro banche che sono finite al centro della polemica politica, Etruria in testa, chiedendo di verificare «l’attività degli organi di gestione degli istituti bancario coinvolti in situazioni di crisi o di dissesto, con particolare riguardo all’osservanza degli obblighi di diligenza, trasparenza e correttezza nell’allocazione di prodotti finanziari, nonché degli obblighi di corretta informazione degli investitori». Davanti a Verdini & c- spiega la proposta di inchiesta parlamentare- non potrà «essere opposto il segreto di ufficio né il segreto professionale o quello bancario».

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