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domenica 10 gennaio 2016

Si chiama onda K, si legge disastro Così l'Italia tornerà in depressione

L'onda K travolgerà i sogni di ripresa e porterà altre tasse


di Carlo Cambi



Siamo in pieno inverno, ma il meteo non c' entra. Per Matteo Renzi si prospettano mesi durissimi, per gli italiani andrà ancora peggio. Non è questione di esser gufi, ma di guardare la realtà in faccia e non come fa il nostro premier che nasconde la polvere sotto il tappeto. Un esempio? Ce lo ha fornito il ragazzo di Pontassieve mentre scoppiava l' incendio cinese e si vantava dei dati sull' occupazione dicendo «il jobs act funziona, l' Italia è ripartita». Il punto è dove arriverà. Anche i dati dell' occupazione sono contraddittori: aumentano un po' gli occupati, ma s' ingrossa la massa degli inattivi. La verità per tattica, sciagurata, il premier non la dirà se non dopo che si sia tenuto il referendum istituzionale. Dunque in ottobre, ma è probabile che sia tardi ed è anzi possibile che alcuni dolorosissimi sacrifici siano richiesti già dalla Primavera. È bene che gli italiani se hanno due soldi li tengano stretti perché sul Paese sta per abbattersi una stangata che oscilla tra i 30 e i 40 miliardi. L' andamento a rilento dei saldi e l' inflazione inchiodata dimostrano peraltro che gli italiani non si fidano.

L' Italia rischia di affondare travolta dall' onda K. A comprovare che siamo nella fase di depressione secondaria ci sono i fatti di questi giorni, di queste ore. Chi conosce gli studi di Nikolaij Kondratiev (ce ne occuperemo più diffusamente) sa che esistono i cicli economici. Che il russo aveva distinto in quattro stagioni. L' inverno è la fase più acuta della depressione che al contrario delle altre stagioni (sviluppo, consolidamento, euforia finanziaria) ha una coda, appunto la depressione secondaria. Ebbene ci eravamo illusi nel 2008 che si fosse toccato il punto più basso dell' onda K.

Ma non abbiamo fatto i conti con la depressione secondaria. Ed è ragionevole ritenere che non prima del 2020 questa fase si esaurisca. Il fatto è che tutti gli indicatori di Kondratiev ora sono manifesti: bassa inflazione, interessi sul debito in calo, materie prime al minimo, surplus di liquidità. Secondo le analisi dei cicli precedenti l' esistenza di queste condizioni indica il caricamento della molla della ripresa. Ma oggi ci sono tre variabili ulteriori: la globalizzazione, l' instabilità del quadro politico internazionale, la cosiddetta curva del ciclo breve. In base a questa analisi a 9 trimestri di crescita ne seguono 3 di depressione. Mentre tutta Europa conosce da circa 9 trimestri una crescita (da quella impetuosa di Spagna e Irlanda a quella più contenuta di Germania e soprattutto Francia) l' Italia è il solo paese che ha avuto appena due trimestri di crescita. Abbiamo dunque agganciato non la fase ascendente, ma la coda della ripresa. A questo scenario va aggiunto che in Cina sta per esplodere la bolla immobiliare e che tuti i paesi emergenti sono in realtà in declino.

Il caso cinese rischia di essere drammatico per tre elementi: la Cina con la svalutazione dello yuan diventa ancora più competitiva e allo stesso tempo rischia di destabilizzare i mercati monetari, la Cina ha bisogno a questo punto di attrarre capitali, la Cina smetterà di comprare.

Ciò in Europa significherà che la Germania diverrà ancora più occhiuta nei conti interni all' Unione e ancora più aggressiva nelle politiche commerciali. A totale svantaggio dell' Italia. La cautela con cui la Banca Mondiale ha rivisto a ribasso le stime di crescita del Pil mondiale (2,9 con una contrazione dello 0,4% sulle precedenti previsioni) affermando che l' area Euro non andrà oltre l' 1,7% di crescita è un' ulteriore conferma dell' inverarsi dell' onda K. Quanto all' instabilità politica è inutile soffermarsi troppo: che l' Europa stia implodendo mentre i conflitti esplodono è cronaca quotidiana.

Date queste premesse l' Italia è il paese messo peggio di tutti e in questo quadro presenta a Bruxelles la legge di Stabilità. Anche se dovesse essere accettata è del tutto probabile che la previsione di crescita del Pil italiano all' 1,4% per quest' anno sia ampiamente sovrastimata. E allora? E allora scatterebbero le clausole di salvaguardia con aumento di Iva e accise (l' ammontare è appunto di 30 miliardi) ed immediato effetto depressivo sulla già flebile domanda interna. Non solo.

Nella manovra è prevista una riduzione del debito che però è in funzione della crescita. È di tutta evidenza che se salta la stima sul Pil sballano tutti i conti e dunque Renzi sarà costretto a rimetter mano al Fisco e al taglio dei servizi. Ed ecco che la batosta si avvia verso i 40 miliardi. Il premier sta solo cercando di comparsi tempo per non far coincidere il momento della verità con gli appuntamenti elettorali, mentre dovrebbe dire la verità al Paese e impostare una nuova politica economica a cominciare dalle ormai scomparse revisione della spesa.

Le uniche cose che Renzi e Padoan hanno fatto sono state stimolare la domanda con delle elemosine e giocare con i pesi fiscali. Un po' troppo poco per arginare l' onda K, ammesso che nel governo qualcuno sappia di che cosa parlava Nikolaij Kondratiev.

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