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martedì 8 settembre 2015

Oggi nasce il "patto Bersani-Brunetta" Lo scenario: così crolla il governo Renzi

Riforma del Senato, il patto Bersani-Brunetta che può far cadere il governo Renzi




A poche ora dal ritorno in aula della contestatissima riforma del Senato, sulla quale Matteo Renzi si gioca il futuro del governo, cresce la pressione su Palazzo Chigi. Tutto sta nelle cifre: ad oggi, tra opposizioni e minoranza Pd, al Senato sarebbero 163 i voti contrari, contro i 157 sicuri della maggioranza. I conti li ha fatti il Corriere della Sera. Certo, i numeri sono per definizione ballerini, tanto che un (inaspettatissimo) aiuto a Renzi potrebbe arrivare dalla Lega Nord. Un'ipotesi avanzata da Il Messaggero, che sottolinea come dal Carroccio, con Roberto Calderoli, sia arrivata una timida apertura sulla riforma: il leghista, sul piatto, mette la modifica dell'articolo 117, con il quale si dovrebbero riportare alcune competenze sotto la legislazione nazionale. Uno "scambio" arduo, che però conferma l'esistenza di più tavoli di trattativa e la fondatezza di ogni prospettiva.

Il patto - Di sicuro, ad oggi, il terreno è fertile - molto fertile - per un'imboscata in grado di mettere in ginocchio il governo. L'imboscata, va da sé, potrebbe arrivare grazie all'azione congiunta della minoranza Pd e di Forza Italia, da cui la suggestiva idea del più improbabile dei patti, quello Bersani-Brunetta, dal nome di uno dei leader della minoranza Pd più esposti nell'opposizione al ddl Boschi - lo smacchiatore di giaguari Pierluigi - e da quello del falco azzurro, l'ineffabile Renato, che colpo dopo colpo cannoneggia contro governo e riforma. Silvio Berlusconi, da par suo, schiera le sue truppe al Senato, guidate da Paolo Romani: insieme ai 25 dissidenti del Pd l'imboscata sarebbe un progetto alla portata. L'obiettivo è bloccare l'iter della riforma attraverso l'articolo 2, quello che prevede la non eleggibilità diretta dei futuri senatori.

Il premier - E Renzi, che fa? Poco o nulla per tentare di ricucire col suo partito. I margini di mediazione sono ridottissimi, nonostante l'ultima proposta rilanciata da Cesare Damiano: "La soluzione c'è e noi l'abbiamo indicata fin dall'inizio - ha spiegato -. È quella del listino da votare in occasione delle regionali". Soluzioni che però, Renzi, non intende accogliere. Inoltre, il premier, è uscito rinfrancato dal suo intervento alla Festa dell'Unità di Milano, domenica sera, in cui ha raccolto applausi e in cui, al contrario, il solo evocare Massimo D'Alema ha scatenato gli ululati della folla. Ne ha dedotto che, come direbbe lui, c'è da "tirare dritto". Anche se il rischio di andarsi a schiantare è altissimo. Come detto, tutto ruota attorno all'articolo 2. Il testo potrebbe arrivare in aula anche senza il vaglio della Commissione riforme: il compito di decidere sull'ammissibilità della selva di emendamenti, dunque, potrebbe spettare al presidente Pietro Grasso, il quale, da par suo, continua ad auspicare una "soluzione politica" al caso che potrebbe compromettere il futuro del governo.

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