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domenica 20 settembre 2015

LA COMPRAVENDITA La carica dei 219 voltagabbana che tengono in vita Renzi e i suoi

Renzi e la compravendita dei voti per la riforma del Senato




Correva l'anno 2010 e il governo Berlusconi era sotto accusa. Per il Cavaliere, il 14 dicembre di quell'anno, era arrivato il momento della verità, del voto di fiducia. Il governo si salvò per appena tre voti e furono molti quelli che gridarono allo scandalo, alla compravendita di deputati. A quei tempi, L'Unità si lanciava in frasi come "una maggioranza rabberciata con il voto di fiducia di alcuni deputati venduti non ha nulla a che vedere con i principi della buona politica". Famiglia Cristiana, in un editoriale passato alla storia, arrivava addirittura a definire la gestione dei voti di Berlusconi, come "peggio di Tangentopoli". E persino la magistratura, come scrive il Termpo, si scomodò per indagare sull'accaduto. Per tutti Berlusconi aveva comprato i voti che gli servivano. Per tutti si poteva sparare a zero.

Berlusconi come Renzi - Uno scenario, quello del 2010, che inevitabilmente richiama quello presente. Solo che, alla presidenza del Consiglio, c'è Matteo Renzi e gli attacchi sono molti, ma molti meno. Ora che il governo sta per affrontare il delicato voto sulla riforma del Senato, anche Renzi si muove per trovare alleati e fa promesse, sottosegretariati e presidenze compresi. Sono infatti 219 i cambi di gruppo avvenuti durante il governo Renzi, con più di 200 parlamentari coinvolti. Numeri non da poco, per appena due anni e mezzo di legislatura. E il premier progetta, tratta e si accorda con quello stesso Denis Verdini che all'epoca raccoglieva voti per Berlusconi.

Nessuna indignazione - Ma pochi si scandalizzano. Famiglia Cristiana non scrive più i suoi editoriali pungenti sulla questione e l'Unità non si sbilancia. Nessuno, come aveva fatto a suo tempo Massimo Giannini, sulla Repubblica, scrive "scandalo in Parlamento". E nessuno dello schieramento anti-Berlusconi di quegli anni oggi leva la sua voce. Perchè proprio molti di quelli ora militano nel Pd. Un esempio su tutti, quello di Raffaele Cantone, capo dell'Anticorruzione, che nel 2010 parlava, sul Mattino di "immoralità del mercato in parlamento" e che oggi non dice nulla sui metodi di Renzi. Ma quelli erano i tempi in cui, come tuonava il Fatto, "vinceva l'Italia peggiore". E oggi, nel 2015, se Renzi vincerà la battaglia del Senato, si parlerà più che altro di una vittoria in nome di quelle riforme che "devono andare avanti"

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