Grecia, il siluro contro la Germania: così Atene può sabotare i conti di Berlino (e di mezza Europa)
Le voci su un possibile (e probabile) voto anticipato in Grecia, da giorni, agitano i mercati e le Borse, che hanno fatto segnare pesanti passivi. Il motivo? Syriza, il partito della sinistra radicale di Atene, favorito in un'ipotetica contesa elettorale. Già, perché Syriza - che al pari dei neonazi di Alba Dorata e pur da basi politiche profondamente differenti ha cavalcato il sentimento antieuropeista di un Paese massacrato proprio dall'Europa - chiede di stravolgere le politiche imposte da Bruxelles sul debito di Atene. Nel dettaglio, chiede uno sconto che oscilli tra il 70 e l'80% ai creditori internazionali, una richiesta (e qui c'è il curioso tempismo di una storia che ritorna) che ricorda e ricalca quella della Germania, poi accolta degli alleati, che nel 1952 si vide riconoscere uno sconto del 62% su ciò che avrebbe dovuto pagare per le sciagure del nazismo.
La richiesta - Ma torniamo a questi giorni, torniamo alla delicatissima richiesta della Grecia che, se accolta, costituirebbe un significativo precedente nell'Eurozona, che ad oggi non ha mai fatto ricorso alla ristrutturazione di un debito a carico dei contribuenti di altri stati (i soldi che ha ricevuto la Grecia, infatti, sono tecnicamente dei prestiti che, presto o tardi, dovrebbero essere restituiti). Syriza ha reso nota la sua posizione la scorsa settimana, a Londra, dove due esponenti del partito guidato da Alexis Tsipras hanno spiegato quella che sarà la loro richiesta a una platea di 35 banchieri d'affari, che sono rimasti eufemisticamente perplessi di fronte all'idea del partito greco. Già, perché Syriza, nei fatti, chiede un sconto del 70-80% su un debito che ammonta a 330 miliardi di euro, ossia il 177% del Pil del Paese. Syriza, inoltre, chiede anche di ridurre le politiche di austerità.
Cifre alla mano... - Ma non sono soltanto i banchieri ad essere rimasti perplessi: la stessa reazione è stata registrata in Germania. Il motivo? Gran parte del debito greco è in mani tedesche. Di quei 330 miliardi, come scrive Il Sole 24 Ore, il 72% sono da considerarsi "official loans", ossia in mano a istituzioni pubbliche (il 60% della Ue e il 12% del Fmi). Un altro 5% sono prestiti, l'8% è detenuto dalla Bce e il restante 15% sono "marketable debt", ossia trattabili sul mercato secondario (così ripartiti: 11% bond e 4% bills, ossia prestiti a breve termine). Il conto, dunque, è presto fatto: se Atene ottenesse il maxi-sconto pur di evitare l'uscita dall'euro a perderci di più sarebbe la Ue, attraverso l'Esm (il fondo salva-Stati) e attraverso i suoi stati membri. E tra gli stati membri è proprio la Germania a detenere la maggiore quota del debito ellenico, pari al 27% (segue la Francia con il 20% e infine, con poco meno del 18%, figura l'Italia). In soldoni, alla Germania, fatti due semplici calcoli, potrebbero mancare 40 miliardi di euro, una cifra monstre che crea più di un grattacapo a Berlino (proprio come creano seri grattacapi i 28 miliardi che mancherebbero alla Francia e i 25 che non arriverebbero alla già disastrata Italia).
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