Visualizzazioni totali

sabato 8 novembre 2014

Intercettato un deputato renziano: "Le primarie del Pd sono truccate Maiali, tiro dentro tutto il partito"

L'intercettazione del deputato renziano Marco Di Stefano indagato per corruzione: "Maiali, le primarie del Pd truccate"


di Brunella Bolloli 



C’è una tangente da 1,8 milioni di euro che il deputato Pd Marco Di Stefano, indagato per corruzione, avrebbe incassato per aiutare certi imprenditori amici suoi. E su questo la procura di Roma sta lavorando. Ma c’è, ed è ancora più preoccupante per il partito del premier, uno sfogo dello stesso Di Stefano che denuncia brogli nella composizione delle liste per i candidati alle Politiche del 2013, cioè per molti che oggi siedono in Parlamento e forse non ci dovrebbero stare.

Sentite cosa dice l’ ex assessore regionale del Lazio al telefono con un amico: "Ora inizia la guerra nucleare, a comincià dalla Regione, tiro tutti dentro». Rivolto ai colleghi di partito"

Dunque. Non imbrogli fasulli, nossignori: l’esponente ex Udc ed ex Udeur, prima lettiano, poi renziano, protagonista di uno dei tavoli dell’ultima Leopolda, ci tiene proprio a far sapere di avere partecipato a primarie farlocche, altro che trasparenza e codice etico. Tutto pilotato a sentire lui, pronto a scoperchiare il vaso di Pandora dei democrats e a fare tremare i vertici del Nazareno che, per ora, tacciono. Eppure lui va giù pesante quando annuncia la bomba atomica, «la guerra nucleare», a cominciare dal Lazio dove ha avuto un posto d’onore nella giunta di Piero Marrazzo. Assessore al Demanio, con un pacchetto di voti consistente sul territorio e un settore molto delicato da gestire. È nella veste di titolare del Patrimonio che nel 2008, secondo gli inquirenti, avrebbe fatto avere alla società dei costruttori Antonio e Daniele Pulcini contratti milionari e agevolazioni in barba alle regole previste dal bando di gara. I pm scrivono che ne avrebbe ricavato una maxitangente, al centro del caso Enpam, l’ente di Previdenza ed Assistenza di Medici e Odontoiatri. 

Sulla vicenda Di Stefano si proclama «estraneo ai fatti contestati. Rimango perplesso, non essendo neanche chiuse le indagini e non avendo per cui notizie in merito, dell’attacco mediatico, ma nonostante ciò credo fermamente nella magistratura». Se la prende con Il Messaggero che lo ha messo in prima pagina e ha pubblicato l’intercettazione, ma non accenna agli sfracelli politici che potrebbero derivare dalle sue mosse. Né intendono commentare i tanti esponenti del Pd che abbiamo cercato per chiedere lumi sulle presunte irregolarità. Il segretario regionale del Pd del Lazio di allora, Enrico Gasbarra, rimanda al Pd nazionale. L’attuale, Fabio Melilli, in carica da pochi mesi, fa sapere che è troppo presto e bisogna avere elementi in più per giudicare. Ugo Sposetti, potente tesoriere dei Ds e senatore ben radicato nel Lazio, assicura che non sa nulla di questa storia. Nessun segnale neppure da Nico Stumpo, uomo delle liste sotto la gestione bersaniana. E i renziani? Silenzio e imbarazzo. In attesa delle verifiche della procura. È vero che Di Stefano è passato dall’Udc all’Udeur al Pd, grazie all’intercessione del guru della sinistra romana Goffredo Bettini, ed è così esuberante che forse un’ala del partito non lo ha mai digerito fino in fondo. Era finito indietro in lista nella circoscrizione Lazio1, primo dei non eletti alla Camera, e ha potuto entrato a Montecitorio solo ad agosto 2013, quando il sindaco Ignazio Marino, che aveva rimediato una raffica di no dalle donne del Pd, ha scelto Marta Leonori come assessore, liberando un posto. Così Di Stefano ha potuto occupare quel seggio e pochi giorni fa era in grande spolvero alla Leopolda. Ora è nel mirino dei pm. Oltre alla corruzione, occhi puntati anche sui presunti brogli targati Pd.

Nessun commento:

Posta un commento