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giovedì 23 marzo 2017

"Ecco chi ha ammazzato nostro figlio"  Maurantonio, la bomba dei genitori

Domenico Maurantonio, i genitori: "Indagate su quei sei compagni di classe"




I genitori di Domenico Maurantonio chiedono di indagare ancora sulla morte del loro unico figlio e puntano il dito contro sei compagni di scuola. Lo studente 19enne di Padova era precipitato dal quinto piano dell'hotel Da Vinci di Bruzzano, alle porte di Milano, il 10 maggio 2015. La famiglia non ha esitato a fare nomi e cognomi dei ragazzi che insieme al loro Domenico erano in gita all'Expo e che ritengono responsabili dell'accaduto. Tesi che hanno ribadito anche durante il corso dell'udienza davanti al gip Paolo Guidi. Tra le ipotesi che si prospettano al magistrato: archiviare l'inchiesta per omicidio colposo a carico di ignoti, come hanno chiesto i pm Alberto Nobili e Giancarla Serafini, o disporre nuove indagini.

Per i pm la morte del 19enne è dovuta a un fatto accidentale. Il ragazzo, che aveva bevuto molto per tutta la serata, probabilmente ha avuto un capogiro ed è scivolato nel vuoto. Le impronte lasciate sul davanzale e sul muro esterno dell'hotel dimostrerebbero come Domenico abbia cercato di aggrapparsi prima di precipitare. Diversa l'interpretazione della procura, che legge quelle tracce come l'estremo tentativo di frenare la caduta. Ma è difficile stabilire il tutto con certezza. E per i genitori il caso non è ancora chiuso. Il giudice dovrebbe procedere da metà aprile.

Hai capito, quel "dritto" di Minzolini?  Sette giorni dopo il voto al Senato...

Hai capito? Augusto Minzolini, sette giorni dopo il voto sulla decadenza non ha presentato la lettera di dimissioni




"Qualunque sia l'esito del voto un attimo dopo rassegnerò le dimissione da senatore", disse Augusto Minzolini poco prima del voto sulla sua decadenza, respinta, in Senato. L'ex direttorissimo del Tg1, finito nei guai per la condanna per peculato, insomma, aveva promesso il passo indietro, qualsiasi cosa sarebbe accaduta. Eppure, sette giorni dopo il voto, delle dimissioni non vi è traccia. La notizia viene riportata da Il Messaggero, che cita fondi della presidenza del Senato, le quali hanno spiegato che, ad oggi, il Minzo non ha presentato alcuna lettera di dimissioni, primo e ineludibile step per rinunciare allo scranno a Palazzo Madama.

Maurizio Costanzo: "Paola Perego cacciata? Non vorrei che dietro ci fosse la politica"

Costanzo: "Paola Perego cacciata? Non vorrei che dietro ci fosse la politica"




Maurizio Costanzo illustra la sua visione sul caso-Paola Perego. Dopo la cancellazione da parte della Rai del contenitore Parliamone sabato, colpevole di aver proposto un sondaggio discriminatorio sulle "donne dell'Est", il conduttore di Mediaset dice la sua. Interpellato da Il Giorno, Costanzo dice: "Il programma l'avevo visto e non mi aveva impressionato. Infatti sono rimasto molto colpito quando in serata dalle agenzie ho saputo di una serie di deputate che protestavano, e mi sono stupito ancora di più quando ho letto della cancellazione del programma".

"Ma la memoria", prosegue, "non può non correre a Canzonissima, quando Dario Fo e Franca Rame vennero censurati perché avevano intonato una canzone sovversiva. Mi chiedo perciò se non c'era modo di discutere della trasmissione in qualche modo...". "Molti oggi si chiedono perché la Perego debba pagare questo conto in prima persona", prosegue il popolare giornalista, "l'atmosfera mi è piaciuta poco, io non sono abituato a discutere certe decisioni, certo si è trattato di una mossa un po' forte". E ancora: "Io non soffro di dietrologia, ma sinceramente continuo a chiedermi se c'è altro dietro questa censura immediata e forte. Lo dico perché il gesto è stato così poco italiano. Da noi di solito si dice: 'vediamo, pensiamo, facciamo...', magari si minaccia: 'Se lo fai un'altra volta...'".


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Viene subito in mente la frase di Lucio Presta, marito e manager di Paola Perego, che ha visto nella decisione della Rai una mossa contro di lui "perché amico di Renzi". Forse è qui che sta l'origine della brusca decisione di Viale Mazzini. 

Grana e Parmigiano, cosa trovano dentro Truffa epocale: tutti i rischi per la salute

Sostanze cancerogene nel Grana Padano e nel Parmigiano Reggiano: 27 indagati



Ci sono 27 persone iscritte nel registro degli indagati, accusate dal sostituto procuratore Maria Rita Pantani di far parte di un presunto giro di formaggio contraffatto. Nelle forme di Parmigiano Reggiano e nel Grana Padano sequestrate dai carabinieri di Reggio Emilia in un blitz del 2015 sono state trovate tracce di sostanze cancerogene, come aflatossine e antibiotici, inseriti immettendo soda nella panna

Tra gli indagati non solo i dipendenti, i semplici caseari e i rappresentanti dei due consorzi, ma anche gli ex vertici della Nuova Castelli S.p.a., ossia il principale esportatore italiano di Parmigiano Reggiano. L'accusa è di associazione a delinquere, frode nell'esercizio del commercio, contraffazione di indicazioni geografiche o denominazioni di origine dei prodotti, commercio di sostanze alimentari nocive ed emissione di fatture per operazioni parzialmente o totalmente inesistenti. 

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Mega-autovelox, ora sei spacciato: cosa può vedere, come ti massacra

Il telelaser che ti sorprende quando sei in auto al cellulare o senza cinture




Si chiama Telelaser Trucam, un nome già minaccioso di per sé. Se si pensa che, poi, questa nuova evoluzione degli autovelox ha una telecamera incorporata che registra tutto quello che "vede", è giusto che incuta una certa paura. La polizia stradale - scrive il Corriere - lo sta sperimentando sulle strade più pericolose del Lazio come la Pontina e della Sardegna come la Statale 131 nel tratto Oristanese. Il Telelaser non si limita a rilevare l’infrazione di velocità ma la filma e poi la archivia in un hard disk molto capiente (oltre 10 mila file), per la verbalizzazione.

Ovviamente la cosa renderà molto più complicati i vari ricorsi al prefetto o al giudice di pace con cui i conducenti multati tenteranno di annullare l'eventuale multa. A differenza degli autovelox di oggi, il nuovo apparecchio riprende l’irregolarità già a un chilometro e duecento metri di distanza, dunque non dal passaggio davanti alla postazione a bordo strada. Grazie alla capacità di zoom della telecamera è mostrato anche se il conducente e i passeggeri hanno le cinture allacciate o se il guidatore telefonava oppure era distratto dall'uso dello smartphone. Telelaser non perdona: l'autovelox, ora, vi multerà anche se siete senza cinture o se state parlando al cellulare.


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La bomba: Fini a marcire in galera?  "Quanti anni può passare in cella" 

Gianfranco Fini, se condannato rischia dodici anni di galera



Gianfranco Fini, accusato di riciclaggio come il cognato fuggito a Dubai, rischia dai quattro ai dodici anni di carcere (articolo 648 bis del codice penale). L’ex presidente della Camera è rimasto a Roma con la moglie (coindagata) Elisabetta Tulliani. Egli non ha cercato di scappare come invece ha fatto il fratello di lei, Giancarlo. Dichiarato “irreperibile” dalla magistratura italiana che nei suoi confronti ha firmato un ordine di cattura. Fini e la famiglia Tulliani (suocero Sergio incluso), stando al gip Simonetta D’Alessandro «si sono resi “protagonisti seriali” di numerosi episodi di riciclaggio, consumati in un lungo periodo che va dal 2008 e al 2015».

L’ex terza carica dello Stato ha dunque motivo di temere che il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino e il sostituto Barbara Sargenti, possano presentare uguale richiesta d’arresto anche per lui. Con tanto di accoglimento del gip che potrebbe spedirlo in cella con la stessa accusa contestata al cognato. Per questo l’ex leader di An, adesso, chiede di essere interrogato. E annuncia querela per l’ex deputato di An e suo ex collaboratore, Amedeo Laboccetta. Questi, arrestato (e scarcerato) per associazione a delinquere e riciclaggio e altri reati insieme con il “re delle slot machine” Francesco Corallo, infatti lancia accuse sia nei confronti di Fini, sia della moglie Elisabetta e dello stesso cognato. Le dichiarazioni di Laboccetta trovano riscontro nell’esito delle indagini dei pm. I gravi indizi, a carico di Gianfranco Fini, dunque ci sono. Ed egli ha motivo di preoccuparsi. Certo al momento, forse, mancano le esigenze cautelari.

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"Europei, non vivrete più al sicuro" Erdogan come Isis, passa alle minacce

Erdogan minaccia: "Nessun europeo potrà sentirsi al sicuro"



Se non cambiano "atteggiamento" gli europei non potranno ritenersi al sicuro in alcuna parte del mondo. Il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, terrorizza l'Europa nel corso di un'incontro con la stampa ad Ankara in vista del referendum costituzionale in programma il 16 aprile. "Se l'Europa dovesse continuare in questo modo, nessun europeo in qualsiasi parte del mondo potrebbe camminare tranquillamente in strada. Noi, come Turchia, chiediamo all'Europa di rispettare i diritti umani e la democrazia", avverte Erdogan.

Le nuove dichiarazioni del leader turco seguono la crisi diplomatica scoppiata tra Ankara e alcuni Stati europei, in particolare Olanda e Germania. Questi ultimi hanno impedito a ministri turchi di tenere comizi nei loro Paesi legati al referendum. "La Turchia non è un Paese i cui ministri possono essere buttati fuori, i cui cittadini possono essere presi a calci", incalza Erdogan, ripetendo che la Turchia "non è un Paese che può essere maltrattato". Ieri 21 marzo il leader turco ha lasciato intendere che dopo il referendum la Turchia potrebbe riconsiderare le relazioni con l'Europa, definita "fascista e crudele".

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