Visualizzazioni totali

sabato 11 marzo 2017

Per epatite cronica C genotipo 1b forse si riducono i tempi di terapia

Per epatite cronica C genotipo 1b forse si riducono i tempi di terapia


di Matilde Scuderi



“Quasi la metà delle persone che vivono con l’epatite cronica c (Hcv) in Europa, ha il genotipo (gt) 1b. La terapia con ombitasvir/paritaprevir/ritonavir compresse e dasabuvir compresse ha dimostrato elevate percentuali di cura con solo otto settimane di terapia in pazienti con gt1b e fibrosi da lieve a moderata” ha spiegato la dottoressa Tania Mara Welzel, autrice dello studio 'Garnet' e responsabile medico del centro studi clinici presso il dipartimento di medicina dell’Università J.W. Goethe di Francoforte, Germania. Sono infatti circa 160 milioni in tutto il mondo le persone affette da Hcv, e il genotipo 1b è il sottotipo più comune a livello globale. In Europa, questo sottotipo è presente nel 47 per cento dei nove milioni di persone con infezione cronica da Hcv. Proprio grazie alla positiva conclusione della fase III dello studio 'Garnet' - che ha portato alla luce che il 98 per cento dei pazienti con Hcv e gt1 non ha realmente bisogno delle 12 settimane canoniche di terapia - l'azienda biofarmaceutica globale Abbvie ha potuto annunciare che il Committee for medicinal products for human use (Chmp) dell’Agenzia europea dei medicinali (Ema) ha rilasciato il parere favorevole al trattamento abbreviato a otto settimane con ombitasvir/paritaprevir/ritonavir compresse insieme a dasabuvir compresse, quale opportunità terapeutica nei pazienti adulti con Hcv e gt1 precedentemente non trattati e con fibrosi da lieve a moderata.

“Abbvie si impegna continuamente nell’accrescere l’utilità della nostra terapia per l’infezione da Hcv, studiando anche ad un percorso più breve per la cura virologica delle persone che vivono con questa patologia virale - ha affermato il dottor Michael Severino, vicepresidente esecutivo della ricerca e sviluppo e direttore scientifico di Abbvie - grazie al parere favorevole del Chmp, potremo offrire l’opzione terapeutica di otto settimane ai numerosi pazienti con infezione da Hcv e gt1b”

Sconfiggere la psoriasi è possibile ma sono ancora in pochi a saperlo

Sconfiggere la psoriasi è possibile ma sono ancora in pochi a saperlo


di Matilde Scuderi



Nasce per informare e spingere i pazienti con psoriasi ad avere un atteggiamento più positivo e aperto verso la propria condizione la campagna nazionale 'Chiedi al tuo dermatologo', un progetto di Novartis, con il patrocinio dell’Associazione per la difesa degli psoriasici (Adipso) e di due società scientifiche, l'Associazione dermatologi ospedalieri italiani (Adoi) e e la Società italiana di dermatologia medica, chirurgica, estetica e delle malattie sessualmente trasmesse (Sidemast). La psoriasi è una patologia dai significativi risvolti psicologici su quanti sono chiamati a conviverci. A confermarlo sono i dati emersi da 'Clear About Psoriasis', la recente indagine che Novartis ha condotto su un campione di 8.300 pazienti provenienti da 31 Paesi in tutto il mondo, tra cui l’Italia, con 639 intervistati. Dal sondaggio è emerso che il 33 per cento dei pazienti ritiene di non sopportare lo sguardo degli altri e 1 paziente su 3 si sente inadeguato come partner. Anche per il campione italiano, la qualità di vita è fortemente influenzata dalla patologia, confermando il dato mondiale. L’84 per cento dei pazienti ha infatti risposto di essere stato vittima di umiliazioni e discriminazioni, il 43 per cento si sente osservato in pubblico e al 41 per cento è stato chiesto se la malattia fosse contagiosa. Gli intervistati italiani hanno inoltre raccontato le proprie sensazioni associate alla patologia: circa il 40 per cento si sente in imbarazzo; 1 paziente su 3 si vede poco attraente e si vergogna della propria pelle. Più di ogni cosa, colpisce il dato secondo cui meno della metà degli intervistati (solo il 45 per cento) crede che la clear skin, cioè la pelle libera o quasi libera da lesioni, sia un obiettivo possibile. Eppure oggi, grazie ai percorsi terapeutici individuati negli ultimi anni, la qualità della vita dei pazienti può migliorare notevolmente a prescindere dallo stadio a cui è giunta la patologia, poiché non esiste un "punto di non ritorno" almeno per i sintomi cutanei.

La campagna 'Chiedi al tuo dermatologo' nasce dalla volontà di ridurre il disagio e la sfiducia denunciati dai pazienti. E’ qualcosa di più di una campagna di informazione: è un appello che incoraggia le persone con psoriasi a rivolgersi al proprio dermatologo per ricevere nuove risposte per la propria pelle. “Una clear skin - ha affermato Giampiero Girolomoni, ordinario di dermatologia dell’Università di Verona - è un obiettivo raggiungibile. I progressi compiuti dalla ricerca clinica hanno consentito un miglioramento della qualità di vita per quanti sono chiamati a convivere con questa patologia impattante e spesso oggetto di discriminazioni. Oggi aumentano le possibilità di raggiungere uno psoriasis area severity index (pasi) di 90 o addirittura 100, il che vuol dire una pelle quasi esente o del tutto esente dalle lesioni”. “Il rapporto tra clear skin, psoriasi e impatto sulla vita di tutti i giorni è il cuore di questa campagna a cui abbiamo aderito - ha dichiarato Mara Maccarone, presidente Adipso - convinti che iniziative come queste siano importanti sia per ribadire i diritti delle persone con psoriasi, sia per invitarle a non arrendersi”. Il nome della campagna 'Chiedi al tuo dermatologo' richiama fortemente l’alleanza tra medico e paziente. In uno scenario in cui il peso della malattia spesso porta a consultare 'falsi profeti' o a curarsi da soli, rivolgersi al proprio dermatologo è il primo passo da compiere. “Abbiamo sostenuto questa campagna perché riteniamo sia fondamentale che il dermatologo venga riconosciuto come lo specialista di riferimento quando si soffre di psoriasi - ha commentato Piergiacomo Calzavara Pinton, presidente Sidemast - la psoriasi non è una problematica estetica ma è una patologia cronica e talora invalidante. Solo in Italia colpisce circa 1 milione e mezzo di persone che riportano lesioni cutanee che causano prurito, rossore, desquamazione e spesso si associano a dolori articolari e alterazioni metaboliche, con pesanti conseguenze sulla qualità della vita e sui rapporti sociali e familiari”.

“Noi dermatologi - ha dichiarato Antonio Cristaudo, presidente Adoi - ci impegniamo a creare un’alleanza con i pazienti psoriasici. Non ci aspettiamo infatti che chi si rivolge a noi ci racconti solo i sintomi della propria patologia, ma lavoriamo affinché si instauri un clima di fiducia tale da permettere al paziente di condividere anche speranze e aspettative. Una campagna come questa ribadisce l’importanza di un dialogo positivo tra il medico e il suo paziente”. L’iniziativa, già avviata in altri paesi europei, tra cui Austria, Germania, Grecia, Svezia e Svizzera, sbarca ora in Italia attraverso la radio, il web e i social network. Il sito www.lapelleconta.it è a disposizione degli utenti per offrire maggiori informazioni sulla campagna, sulla clear skin, sul pasi e per individuare i centri specializzati. Inoltre i pazienti, se lo desiderano, possono scaricare una 'traccia di colloquio' con indicazioni utili per gestire l’incontro con il dermatologo. “Novartis ha lanciato questa campagna in sinergia con l’associazione di pazienti e le società scientifiche - ha aggiunto Angela Bianchi, head of communications, patient relations & public affairs di Novartis - riteniamo infatti sia fondamentale continuare a costruire insieme iniziative di questo tipo per coniugare l’innovazione scientifica all’ascolto attivo delle esigenze del paziente”. . Il sito www.lapelleconta.it è a disposizione di pazienti e caregivers per offrire più informazioni sulla campagna

La dermatite atopica grave “È una malattia da svelare”

La dermatite atopica grave “È una malattia da svelare”


di Eugenia Sermonti



La chiamano comunemente ‘eczema’ ed è considerata prevalentemente una malattia della pelle, eppure la dermatite atopica è una patologia complessa e per una sua migliore comprensione è necessario indagare ‘ben oltre la pelle’. La dermatite atopica è infatti una patologia infiammatoria cronica, di origine autoimmune che colpisce la pelle del viso e del corpo. Più conosciuta nella sua forma pediatrica, in realtà può comparire a tutte le età. “Si tratta della più frequente malattia infiammatoria della pelle e in Italia riguarda circa il 2-5 per cento della popolazione adulta - afferma il professor Giampiero Girolomoni, ordinario di Dermatologia e Venereologia, Università di Verona -.Specie nella sua forma grave, è fondamentale andare oltre il trattamento cutaneo per agire su suo impatto sistemico”. Da un’indagine svolta da Sanofi Genzyme insieme all’agenzia Stethos risulta che i pazienti adulti con dermatite atopica afferenti ai centri specialistici di dermatologia sono oltre 35.500, di cui 7.721 presentano la malattia nella sua forma grave.

La dermatite atopica è una patologia multifattoriale con una componente genetica, originata sia da fattori immunologici, sia non immunologici. Negli adulti compare solitamente intorno ai 30 anni e si manifesta con una tipica dermatite eczematosa (pelle arrossata, essudante e desquamante) sulle zone del collo, il décolleté, il retro delle ginocchia, i piedi, ma anche in zone molto visibili come il viso e il cuoio capelluto, le mani e gli avambracci. E’ accompagnata da prurito intenso, talvolta incontrollabile. Soprattutto nei casi gravi, la qualità di vita dei pazienti risulta quindi fortemente compromessa. Oltre ai ricorrenti problemi di insonnia dovuti al prurito, sono diverse le attenzioni e le rinunce che chi ne è affetto deve mettere in atto nella sua vita quotidiana: in ciò che indossa, nelle sostanze con cui entra in contatto e a cui si espone. Sul fronte psicologico i soggetti più gravi sono affetti da stress, frustrazione,senso di discriminazione e sfiducia in se stessi. Gli effetti più ricorrenti sono imbarazzo e disagio nei confronti del prossimo che possono sfociare in paura del confronto e del giudizio dell’altro.

“Abbiamo numerose evidenze dell’impatto psico-emotivo della dermatite atopica grave a carico del paziente e dei conseguenti costi sociali - precisa la professoressa Annalisa Patrizi, ordinario e direttore della Scuola di Specializzazione in Dermatologia e Venerologia e della Dermatologia dell’Azienda Ospedaliero-Universitaria di Bologna, Policlinico S. Orsola - Inoltre, il prurito continuo e incontrollabile incide fortemente sui livelli di stress e sulla perdita di sonno, con ripercussioni sull’efficienza, la produttività e la presenza sul lavoro. Tutte limitazioni che toccano anche la sfera relazionale e sociale, generando un forte disagio nel contatto con gli altri, fino a giungere a un diffuso senso di frustrazione e discriminazione”. Lo scenario terapeutico attuale per la cura della dermatite atopica offre soluzioni topiche ed emollienti che intervengono sul prurito e sulla gestione della secchezza cutanea, terapie con costi spesso a carico del paziente. Le terapie sistemiche esistenti, indicate in pazienti gravi che non rispondono ai precedenti trattamenti a livello cutaneo, presentano effetti collaterali di una certa rilevanza oltre che richiedere un’attività di monitoraggio attento e continuativo. Si tratta comunque di uno scenario terapeutico in continua evoluzione che vede affacciarsi sul mercato molecole molto promettenti e innovative in termini di efficacia e sicurezza.

Tra le novità presentate al congresso annuale dell’American Academy of Dermatology, conclusosi di recente a Orlando, anche i risultati dello Studio di fase 3 CHRONOS, condotto sul farmaco sperimentale dupilumab di Sanofi e Regeneron Pharmaceuticals, Inc. Lo studio, della durata di un anno, ha mostrato come i pazienti adulti con dermatite atopica da moderata a grave non adeguatamente controllata, trattati con il farmaco sperimentale dupilumab associato a corticosteroidi topici, abbiano ottenuto un significativo miglioramento della malattia rispetto all’utilizzo dei soli corticosteroidi topici, in termini soprattutto di miglioramento delle lesioni cutanee e della gravità complessiva della malattia e riduzione del prurito, con ricadute positive dirette sulla qualità di vita

Migranti, le carte inchiodano il governo: perché scaricano gli stranieri all'Italia

Il documento che inchioda il governo: perché rifilano gli stranieri all'Italia



A Striscia la notizia (Canale 5) l’inviata Rajae Bezzaz intervista il video blogger Luca Donadel, il quale, seguendo le tracce satellitari delle navi (spesso di organizzazioni umanitarie) che vanno a soccorrere i migranti in mare, ha scoperto una realtà sconcertante: si dirigono tutte nello stesso punto, ovvero a poche miglia dalla costa libica.

"Secondo il diritto del mare - ricorda Donadel - le persone salvate nelle acque internazionali vanno portate nel porto sicuro più vicino, in questo caso in quello di Zarzis in Tunisia, che dista 90 miglia nautiche, o a Malta, che ne dista 180, contro le 250 della Sicilia".

Intervistati da Jimmy Ghione, i politici italiani danno risposte diverse. Maurizio Gasparri (Forza Italia) attacca: "Lo abbiamo denunciato in Parlamento: con il pretesto di un intervento umanitario c’è di fatto un fiancheggiamento degli scafisti". Laura Ravetto (Forza Italia) sottolinea: «Quelle missioni navali avevano lo scopo di impedire le partenze, se non con corridoi umanitari regolamentati».

Replica Francesco Boccia (PD): "Secondo me chi è in mare va aiutato a prescindere. Poi discutiamo sul perché le nostre navi sono lì…". Diverso il parere di Matteo Colaninno (PD): "Parleremo con il Ministro. Se le regole dicono che che vanno portati al posto più vicino, devono andare al posto più vicino. Altrimenti è un errore".

IL DISASTRO DI PADOAN Queste tre banche falliscono Ecco che cosa fanno ai conti

Banche, così Mps, Popolare di Vicenza e Veneto banca rischiano di fallire



Potrebbe essere solo questione di tempo perché tre grandi gruppi bancari italiani dichiarino fallimento. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, avrebbe intenzione di intervenire facendo quel che ha sempre fatto finora, come riporta il Fatto quotidiano, cioè nulla. A trovarsi sull'orlo del baratro ci sono Monte dei Paschi di Siena, Popolare di Vicenza e Veneto Banca, che equivalgono al 10% dell'intero sistema bancario nazionale.

È giusto però che i meriti sui fallimenti imminenti siano distribuiti tra chi ha contribuito all'ultimo capolavoro nel mondo creditizio nostrano. Oltre al ministro Padoan, va dato atto ai burocrati della Bce e a quelli della Commissione Ue di essersi impegnati parecchio. Si sta per assistere a una sorta di esperimento sulla pelle viva dei correntisti e dei contribuenti italiani, perché le attese sono sull'applicazione della Direttiva Brrd, quella famigerata sul bail in. Prima però che siano messe le mani nelle tasche dei correntisti con più di 100 mila euro, la Bce ha ricordato più volte che il fallimento di un istituto di credito è evitabile ricorrendo alla "ricapitalizzazione precauzionale". Che tradotto vuol dire: iniezione di soldi dello Stato, quindi di chi paga le tasse.

Il delirio di leggi e regolette europee però non finisce così facilmente. Secondo il comma 22 della direttiva, lo Stato può intervenire per salvare una banca solo se "rispetta i requisiti patrimoniali minimi". Per una volta le banche, in questo caso Mps, si ritrova nello stesso incubo di tanti correntisti che hanno chiesto credito alla propria banca. Così Mps ha bisogno di soldi e li chiede allo Stato, ma la Bce può autorizzare lo Stato solo se Mps dimostra di non aver bisogno di quei soldi.

Grazie a questo meccanismo malato le tre banche sono a un passo dal disastro. I due istituti veneti non sono poi messi meglio, dopo anni di magagne sui conti ignorate dalla vigilanza della Banca d'Italia. Sia la popolare di Vicenza che Veneto Banca sono state costrette dalla Bce a rimettere mani al portafogli per un aumento di capitale senza aiutini. A Vicenza l'aumento è stato di 1,5 miliardi, a Montebelluna il fondo Atlante - partecipato dalla banche - un miliardo tondo. La scorsa estate per le due banche destinate alla fusione sono stati iniettati altri 2,5 miliardi. I vertici però si accorgono che il buco lasciato da chi dirigeva in passato la baracca era molto più profondo.

A quel punto le due venete chiedono l'aiuto dello Stato, indispensabile per non fallire. Dalla Commissione europea però avvertono che le perdite previste nei rispettivi bilanci devono essere coperte dal fondo Atlante, che ormai è a secco. E nessuno dei soci del fondo ha più intenzione di dare un altro euro alle due banche venete, visto che finora ci hanno rimesso 3,4 miliardi con scarse speranze di rivederli presto, compresi gli interessi. Nel frattempo Padoan è rimasto immobile, dal suo ufficio non sono partite notizie per i vertici delle due banche, in attesa che ne arrivino dalla Bce, che a sua volta le aspetta dalla Commissione europea. I correntisti nel frattempo stanno scappando, già un terzo dei depositi è andato perso nell'ultimo anno e mezzo. Il pallino è sempre nelle mani del governo, sempre più sotto lo schiaffo di Bruxelles, ma di decisioni all'orizzonte non si vede neanche l'ombra.

Meloni, la verità dai sondaggi Numeri pazzeschi: dov'è arrivata

Giorgia Meloni premiata dai sondaggi: cresce più di Salvini



Giorgia Meloni è la più premiata dai sondaggi visto che la leader di Fratelli d'Italia ha registrato il record di crescita. E anche se in generale il suo partito ha meno consensi della Lega di Matteo Salvini, è riuscita a raddoppiare, anzi quasi a triplicare, i suoi voti.

Se alle politiche del 2013, rivela ItaliaOggi, Fratelli d'Italia era rimasto sotto il 2 per cento e alle europee l'anno successivo si era fermato al 3,7%, l'anno scorso era quotato intorno al 4 per cento e oggi, addirittura, anche di più. Il meno generoso con la Meloni fra gli istituti di ricerca è Piepoli, che però assegna a FdI un soddisfacente 4,5 per cento, mentre coincidono Emg (5,1 per cento), Index Research (5) e Ixè (5,2).

Addirittura, Demos&P dà il partito di Giorgia al 6,5 per cento. Insomma, esattamente come il vecchio Msi nella Prima Repubblica, meno però di An fra il 1994 e il 2006, che era costantemente sopra il 10 per cento. Non la danneggia il partito di Storace e Alemanno, da poco fondato, il Movimento nazionale per la sovranità. La vera concorrenza viene da Salvini anche se è difficile che riesca a conquistare il sud. 

venerdì 10 marzo 2017

Fabrizio Corona, furia totale in aula: calci, pugni e urla contro il poliziotto

Fabrizio Corona, furia totale in aula: calci, pugni e urla contro il poliziotto



Esplode in aula per la rabbia Fabrizio Corona: "Il teste deve venire qua a dire la verità, non a mentire" urla con la voce rotta mentre prende a calci una sedia davanti al pm Alessandra Dolci. Lo show dell'ex re dei paparazzi è andato in scena nell'ambito del processo che lo vede imputato per intestazione fittizia di beni per i 1,7 milioni di euro trovati nel controsoffitto della casa della sua amica Francesca Persi e per altri 800 mila euro depositati nel corso dell'estate dalla donna in due cassette di sicurezza in Austria.

A far perdere la brocca a Corona sono state le parole del commissario Luca Izzo, responsabile della sezione della Squadra Mobile di Milano per i reati contro il patrimonio. Il testimone in aula ha spiegato che l'ex calciatore Giuseppe Sculli, che a detta di Corona avrebbe tentato di estorcergli 50 mila euro e poi avrebbe fatto esplodere una bomba carta davanti a casa dell'ex re dei paparazzi il 16 agosto scorso "non è mai stato sentito". Era stato proprio il commissario Izzo a raccogliere, nell'agosto scorso, la denuncia per quell'episodio. Esposto che poi si è rivelato un boomerang per Corona: proprio da lì è nata l'inchiesta che ha portato l'ex re dei paparazzi di nuovo in carcere in ottobre. In aula il difensore di Corona, l'avvocato Ivano Chiesa, ha insinuato errori nella stesura del verbale relativo all'episodio della bomba carta.

L'apice del nervosismo è stato toccato quando Izzo ha detto di non ricordare alcuni particolari dell'interrogatorio, relativi in particolare ai rapporti tra Corona e quello che lui aveva indicato come il potenziale autore della bomba carta, il calciatore Sculli. Chiesa ha urlato di voler dismettere il mandato difensivo e, poco dopo, Corona con voce strozzata dalla rabbia si è alzato in piedi e, rivolto al collegio presieduto da Salvini, ha detto: "In nome della legge, un rappresentante della polizia non può venire in aula a dire bugie". Il giudice Salvini ha invitato l'ex fotografo dei vip ad "allontanarsi e sospendere la sua presenza in aula" se questo lo avesse fatto "sentire più sereno". Corona, invece, è rimasto al suo posto. Al termine dell'udienza Corona si è fermato con i cronisti: "Non dite che io sono sofferente", ha detto prima di essere portato nuovamente in carcere: "Questa è la vergogna delle vergogne".