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mercoledì 7 ottobre 2015

I supermercati non potranno più barare Così scoprirai se il cibo è avariato

L'etichetta per i cibi che cambia colore se il cibo è avariato




Da incolore a blu scuro se la temperatura supera i 4 gradi centigradi. È la smart tag (etichetta intelligente) che cambia colore col variare della temperatura e segue passo dopo passo il percorso di un alimento (latte, yogurt, formaggi, solo per citarne alcuni) garantendo la sicurezza legata alla corretta temperatura di conservazione dei cibi freschi.

A progettarla è stato un gruppo di ricercatori del dipartimento di Scienza dei Materiali dell’Università di Milano-Bicocca e dell’Imperial College di Londra con il coordinamento di Luca Beverina, professore associato di Chimica Organica in Bicocca.

L’articolo che contiene lo studio alla base dei nuovi dispositivi “Thermochromic Latent-Pigment
-Based Time -Temperature Indicators for Perishable Goods”, è stato pubblicato sulla rivista Advanced Optical Materials.

Il funzionamento delle etichette si basa su una reazione chimica, appositamente ottimizzata dai ricercatori, in modo da attivare un pigmento organico posto su una pellicola di silice porosa che si applica sulla confezione del prodotto. Il pigmento viene “programmato” in modo che al tempo zero l'etichetta è incolore.

A questo punto, se durante il tragitto, la temperatura di conservazione rimane nell’ordine di +4 °C l'etichetta rimane incolore, se invece l’alimento è esposto a una temperatura superiore, fino a +9 °C per non più di 30 minuti, l’etichetta assume rapidamente un colore blu chiaro. Se, infine, l’alimento rimane per 3 ore a temperatura ambiente l’etichetta diventa blu scuro. La colorazione è sempre irreversibile in modo da permettere a consumatori e distributori di sapere qual è stata la storia della temperatura del cibo durante tutta la filiera di distribuzione fino al banco vendita.

Alitalia cancella una regione italiana La furia dei passeggeri: "Vergogna"

Alitalia cancella una regione italiana dalla carta geografica




Alitalia ha cancellato la Sardegna dalla carta geografica del paese. Sul volo Roma -Tokyo viene distribuita la rivista ufficiale della compagnia in lingua inglese, italiana e giapponese; sull'opuscolo c'è una cartina dell'Italia priva però della Sardegna. Questa mancanza non è passata inosservata agli abitanti dell'isola e due politici hanno denunciato lo smacco. L'ex governatore Mauro Pili e il consigliere regionale Marcello Orrù hanno parlato di un'offesa verso la Regione, sempre più penalizzata dallo Stato italiano, anche per il settore strategico, quello turistico.

Le scuse - La compagnia di bandiera si è prontamente scusata e ha parlato di un errore di stampa assolutamente privo di dolo: "Si tratta di un errore di stampa ed è quindi del tutto fuori luogo parlare di volontarietà, soprattutto considerato l'interesse di Alitalia di offrire ai passeggeri provenienti dall'estero collegamenti in prosecuzione verso tutte le destinazioni servite a livello nazionale e internazionale, Sardegna ovviamente inclusa. La Sardegna è un territorio strategico che come tale viene promosso al pari di tutti i territori che esprimono il patrimonio turistico e culturale del Paese. Per questo la Compagnia ha dedicato alla Sardegna, e in particolare alla Costa Smeralda, uno speciale sul numero di luglio di Ulisse, il mensile in lingua italiana e inglese a bordo di tutti i voli Alitalia. E alla Sardegna ha deciso di dedicare un altro speciale che sarà pubblicato su uno dei prossimi numeri di Passione distribuito sui voli da e per Tokyo".

L'intervista - Maroni mette Salvini spalle al muro: "Perché non puoi mollare Alfano"

Roberto Maroni: "Salvini, a Milano Lega con Ncd o perdiamo la Lombardia"


Intervista a cura di Fabio Rubini



Governatore, è vero che lei e Salvini state litigando sulle alleanze politiche a Milano e sul referendum?

«Ma no, la nostra non è una lite, sono solo valutazioni diverse sull' opportunità di fare certe scelte. Poi il segretario della Lega è Salvini e sarà lui a decidere. Senza polemiche. Però...».

Però cosa?

«Io ho il dovere di metterlo di fronte a un paio di considerazioni. La prima è che in Lombardia Ncd governa con noi e lo fa bene. La seconda è che se Ncd si allea a Milano col centrosinistra e vince le elezioni, si manda in crisi anche il governo della Regione, perché non posso lavorare con una forza che mi è ostile in Comune...».

Salvini dice che la Lombardia fa statistica a sé perché quando si è votato Ncd non esisteva...

«In Liguria si è votato dopo e Ncd fa parte della coalizione di centrodestra che ha vinto. Mi sembra un precedente di non poco conto...».

Se alla fine Salvini decidesse di «tagliare» i centristi dalla coalizione, lei che farà?

«Come ho già detto, lui è il segretario e io accetterò le sue decisioni. Poi è chiaro che in caso di decisioni forti anche lui sa benissimo che, soprattutto in chiave nazionale, per gli alleati se si vince a Milano abbiamo vinto tutti, ma se si perde ha perso Salvini...».
L' altra questione sul tavolo è quella del referendum.

Salvini lo vuol fare a tutti i costi, lei prima vuole aprire una trattativa con Roma. Corretto?

«Salvini fa il segretario politico, io il governatore. È mio preciso dovere fare tutto quello che è in mio potere per portare a casa più soldi possibile per i lombardi. Se questo richiede di trattare con Roma non posso non farlo».

Il timore di parte della Lega è che questa trattativa possa mandare a gambe all' aria il referendum sull' autonomia.

«No, il referendum non è in pericolo. Ho ricevuto mandato dal tavolo di maggioranza per trattare sui temi dei costi standard e del residuo fiscale. Due partite che col referendum non hanno nulla a che fare. E poi per capire le intenzioni del governo basterà aspettare la finanziaria. Se in essa saranno presenti i provvedimenti che ci hanno promesso sui costi standard si potrà proseguire nella trattativa. In caso contrario prenderemo atto che con Roma non si può trattare e agiremo di conseguenza. Ma io, ripeto, faccio il governatore e non posso non fare almeno un tentativo».

Oggi (ieri, ndr) era a Roma proprio per aprire il tavolo di trattativa. Com' è andata?

«Direi bene. Ho incontrato Renzi e abbiamo parlato dei costi standard in Sanità. La prossima settimana, invece, ci rivedremo per discutere del residuo fiscale. Punti sui quale anche i sindaci del Pd si sono trovati d' accordo con me».

Andiamo con ordine. Il governo è davvero pronto a intavolare un discorso serio sui costi standard in ambito sanitario?

«Abbiamo parlato col ministro Lorenzin. Ho fatto due proposte: la prima riguarda i criteri di riparto del fondo nazionale, che oggi sono legati al Pil e al numero degli abitanti. Ho chiesto di rivederli introducendo, appunto, i costi standard e una serie di misure legate alla reale efficienza della Sanità regionale. E non è tutto».

Dica.

«Ho chiesto anche l' introduzione di un fondo di premialità da dividere tra le regioni virtuose, anch' esso legato a fatti concreti quali, ad esempio, la puntualità nei pagamenti dei fornitori».

Secondo lei come andrà a finire?

«Sono ottimista. Con me c' erano anche il presidente della Toscana, Chiamparino e quello dell' Emilia Romagna, Bonaccini, che hanno appoggiato le mie proposte».

Parliamo invece di residuo fiscale. Qui la battaglia si preannuncia più dura.

«Di questo parleremo la prossima settimana con Renzi. La sua presenza è indispensabile, perché io voglio trattare solo con lui e nessun altro».

Avete fatto i conti di quanto porterebbe a casa in più la Lombardia?

«Se applicassimo quanto chiesto nel documento dei sindaci, la percentuale del residuo fiscale passerebbe dall' attuale 68% al 76,8%. Ben più di quanto promesso in campagna elettorale. I conti poi sono presto fatti: ogni punto percentuale vale un po' meno di due miliardi...».

Allarme al Senato, Verdini non basta? Voto segreto, in quanti tradiscono Renzi

Riforma del Senato, col voto segreto la maggioranza perde 15-20 voti




Voto dopo voto, si riduce la maggioranza in Senato. Al vaglio dell'aula l'articolo 10 del ddl Boschi: il governo supera il test, respinge un emendamento Calderoli sulle minoranze linguistiche, ma i "no" sono stati 153, i "sì" 131 e tre gli astenuti. La maggioranza, insomma, perde tra i 15 e i 20 voti, mentre le opposizioni - che in media, ad oggi, avevano raccolto 107 voti - con la complicità del voto segreto hanno guadagnato 20-25 pedine. Continua, dunque, la "resistenza passiva" contro la riforma costituzionale, e in parallelo si riducono le certezze del governo Renzi, che nonostante l'innesto di Denis Verdini e compagni non può dormire sonni tranquilli.

"Le opposizioni, quindi, non faranno ostruzionismo né argomenteranno le loro proposte, ma si limiteranno a votare", aveva affermato prima del voto il capogruppo della Lega Nord, Gianmarco Centinaio. Parole criticate dal governo, secondo il quale "il passivo è solo passivo, non è resistente": così il sottosegretario Luciano Pizzetti. "Dov’è la maggioranza che non ascolta?", chiede ancora il sottosegretario, dopo aver ricordato che all’articolo 1 sono stati recepiti emendamenti dell’ opposizione e attenzione c’è anche su Corte Costituzionale e Quirinale. E ancora, Pizzetti: "È l’opposizione che è sorda". Il sottosegretario accusa chi si batte contro il ddl di "azioni strumentali". Per ora, comunque, pare sventata la minaccia dell'Aventino: le opposizioni non abbandonano i lavori, lo assicura il capogruppo di Forza Italia, Paolo Romani, che ha aggiunto come mercoledì verranno decise le prossime mosse in vista del voto finale.

CANONE RAI, BELPIETRO FEROCE Così ci frega uno Stato incapace

Canone Rai, Maurizio Belpietro: lo Stato scarica sui cittadini il costo delle sue incapacità


di Maurizio Belpietro 



Matteo Renzi ha annunciato in tv che farà pagare il canone Rai insieme con la bolletta elettrica. «Così pagheranno tutti», ha sentenziato da Lucia Annunziata. Come è noto, l’imposta sui televisori oltre ad essere tra le più odiate è anche la più evasa, al punto che oltre un italiano su quattro si rifiuta di pagarla. In certe regioni, come Campania, Sicilia e Calabria, la percentuale di chi ignora il balzello addirittura sfiora il 50 per cento. Fatti i conti significa che alcuni milioni di italiani non mettono mano al portafogli e lo Stato perde ogni anno circa seicento milioni. Infilando la tassa nella bolletta, evaderla dunque sarà più difficile, se non impossibile, perché chiunque abbia un contatore sarà costretto a versare, pena il distacco dell’utenza per morosità. Per chi fino a ieri gettava il bollettino Rai nel cestino, ignorando i solleciti, la novità dunque non è stata proprio benaugurante, e per questo il presidente del Consiglio l’ha condita con un secondo annuncio, precisando che il canone scenderà da 113 a 100 euro, nel rispetto del principio: pagare meno, pagare tutti.

Tutto bene perciò? Renzi colpisce l’evasione e abbassa pure le tasse? Sì e no, perché le cose non sono così semplici come vorrebbe lo slogan. Ci spieghiamo. Innanzi tutto la riscossione. Mettere il canone in bolletta significa delegare alle aziende elettriche l’incasso di un’imposta statale. Ma le aziende non sono concessionarie pubbliche, bensì operatori privati, molti dei quali quotati in Borsa. Se vengono caricate di un compito in più, ovvero trasformarsi in esattori per conto dello Stato, vorranno soldi in più e certo non li chiederanno al committente ma all’utente. Il quale si ritroverà a questo punto a pagare i costi aggiuntivi. Tempo fa, l’Aiget, ossia l’associazione italiana di grossisti di energia e trader, provò a stimare quanto avrebbe inciso sulla bolletta la riscossione della tassa sulla tv (non è la prima volta che se ne parla) e alla fine ne aveva dedotto che al consumatore sarebbe stato chiesto tra il 13 e il 15 per cento in più. Una spesa che per le famiglie con consumi bassi avrebbe potuto incidere fino al 26 per cento in più. Risultato: anche se Renzi riducesse a cento il canone della tv, gli utenti pagherebbero tra i 113 e i 115, ma forse addirittura 126 euro. E non c’è solo questo problema. Fino a qualche anno fa, prima delle privatizzazioni, in Italia era solo l’Enel o alcune municipalizzate a vendere l’energia. Oggi le imprese del settore sono centinaia, alcune grandi e altre piccole. Costringerle a fare quello che lo Stato non sa fare non è una faccenda semplice, soprattutto è una faccenda che potrebbe mettere in crisi il settore, in un momento in cui si registra un forte calo della domanda di energia.

Tuttavia, il rischio più grosso non è costituito dai rincari sulla bolletta e sul canone e nemmeno dalle difficoltà delle compagnie elettriche, ma dalla stangata che si nasconde dietro il concetto di unire la tassa sulla tv al possesso di un’utenza dell’Enel o di qualsiasi altra azienda del ramo. Ad avere un contatore, e dunque la luce, sono anche i negozi, i laboratori e gli uffici e in questi locali quasi mai si ritrova un televisore, perché si lavora e non si guarda la tv. E però il salumiere o il benzinaio che già a casa propria pagano il canone in questo modo saranno chiamati a pagarlo due volte, anche se in negozio o nel chiosco non hanno alcun video con cui guardare i programmi di mamma Rai. Non soltanto: chiunque abbia a prezzo di sacrifici comprato una casetta per le vacanze o ne abbia ereditata una al paesello, che magari non è usata di frequente ma è provvista di luce, con il canone in bolletta sarà tenuto a pagare. Anzi. Non sarà tenuto: pagherà e basta, perché siccome ormai molti utenti hanno richiesto l’addebito automatico della bolletta sul proprio conto corrente, non ci sarà modo di rifiutarsi e nemmeno di obiettare. Lo Stato si prenderà i soldi senza nemmeno ringraziare o aspettare il consenso informato.

Risultato: dietro quella che sulle prime appare un’ideona che permetterà di far pagare meno ma far pagare tutti, in realtà si nasconde non una genialata ma la fregatura, che farà pagare agli italiani un canone più alto e a molti di loro un canone doppio se non triplo. Insomma, ciò che andrà in onda se Renzi passerà dagli annunci alle vie di fatto sarà un film molto diverso da quello rappresentato dal presidente del Consiglio durante la trasmissione di Lucia Annunziata. Un film che può avere un solo titolo: la stangata.

martedì 6 ottobre 2015

Italia in guerra contro l'Isis: "ecco dove bombarderemo"

Isis, l'Italia in guerra: i Tornado bombarderanno in Iraq




L'Italia scenderà in guerra contro l'Isis. Secondo il Corriere della Sera, i tornado del Sesto stormo di Ghedi in azione da un anno in Iraq con compito di ricognizione inizieranno a bombardare le postazioni del Califfato in Iraq, ma non in Siria. L'indiscrezione punta proprio su questa distinzione: il governo Renzi di fatto risponde alla richiesta d'aiuto del governo di Baghdad, in gravissima difficoltà sul campo nel resistere all'avanzata dei jihadisti. L'esecutivo iracheno ha concesso il proprio spazio aereo ai Paesi dell'alleanza internazionale, chiedendo espressamente l'intervento militare anche per via aerea. Diverso il discorso in Siria, dove il presidente Bashar Assad ha chiesto aiuto, sì, ma non a Usa ed Europa ma a Vladimir Putin, mentre l'azione della Francia è stata ufficialmente criticata dal premier Matteo Renzi. L'unica incognita, sottolinea Franco Venturini sul Corsera, resta trovare un'ampia maggioranza in Parlamento anche se non è detto che serva un voto per ratificare le nuove regole di ingaggio di una missione internazionale a cui l'Italia già partecipava.

La Difesa: "Solo una ipotesi"  - In merito a queste indiscrezioni, il ministero della Difesa precisa che "sono solo ipotesi da valutare assieme agli alleati e non decisioni prese che, in ogni caso, dovranno passare dal Parlamento". 

Parte l'assalto del Fisco al conto corrente Così vogliono beccare tutti gli evasori

Fisco, il nuovo arsenale antievasione: tutte le armi dell'agenzia delle Entrate




Che cosa sono 91,4 miliardi di euro? Le imposte evase ogni anno in Italia secondo l'ultimo rapporto del governo. Il Fisco, per riportare questi soldi all'utilità comune, ha a disposizione una vasta gamma di strumenti, che vengono illustrano sulle pagine de Il Sole 24 Ore. La lotta all'evasione, insomma, si fa sempre più dura, partendo proprio dal vostro contro in banca. Passiamo in rassegna le principali novità: come cambiano le strategie per far emergere il nero.

Conti correnti - Vengono verificati i dati di sintesi sulle operazioni finanziarie interne e i movimenti da e per l'estero superiori ai 15 mila euro. L'anagrafe dei rapporti finanziari contiene sempre maggiori informazioni per definire il rischio di evasione. Per i conti correnti viene esaminata anche la giacenza media, utilizzata anche per l'indicatore Isee e per le prestazioni sociali agevolate.

Voluntary disclosure - È l'autodenuncia di chi ha evaso il fisco, fatta in cambio di riduzioni delle sanzioni amministrative e protezione dalle conseguenze penali. La principale novità riguarda la proroga dei termini, posticipata al 30 novembre.

Scambio dati - Si rafforza la cooperazione internazionale e e lo scambio di informazioni con il fisco delle altre Nazioni, secondo le nuove regole comunitarie.

Redditometro - Lo strumento, che consente di confrontare le spese ritenute eccessive con il livello di reddito dichiarato, verrà ritoccato per essere più in linea con le richieste del garante della privacy. Escono di scena le stime delle spese basate sulle medie Istat, che erano finite al centro di una rovente polemica. I soggetti a rischio verifiche verranno individuati dopo l'incrocio dei dati dell'anagrafe tributaria.

L'elusione - Vengono contestate le operazioni finalizzate soltanto ad ottenere un vantaggio tributario, ma prive di sostanza economica. Si definiscono i confini giuridici della questione, e spetta al fisco la prova dell'elusione. Dallo scorso primo ottobre, inoltre, sono in vigore le norme che definiscono i confini dell'abuso del diritto, ad oggi rimesso alla sola interpretazione dei giudici.

Ravvedimento - È la possibilità di pagare multe ridotte per rimettersi in regola anche dopo l'inizio di ispezioni e verifiche da parte della Guardia di Finanza o dell'Agenzia delle Entrate, o in seguito alle segnalazioni di anomalia inviate dal fisco. Il nuovo ravvedimento operoso, in vigore dallo scorso primo gennaio, può essere usato anche dai contribuenti che ricevono segnalazioni di anomali inviate dal Fisco dopo l'incrocio dei dati.

Studi di settore - Nel nuovo Fisco, sono sempre meno uno strumento utilizzato per innescare verifiche approfondite e si confermano "marginali ai fini della rettifica delle basi imponibili dichiarate", come scrive la Corte dei Conti.

Beni ai soci - Si ha l'obbligo di comunicare al Fisco i beni d'impresa concessi a soci ed amministratori, i finanziamenti e le capitalizzazioni ricevute. Obiettivo, evitare le intestazioni fittizie alle società. Dopo una lunga serie di rinvii, l'obbligo di comunicazione dei dati al Fisco ha una scadenza: il 30 ottobre. 

Iva - L'obbligo di versare l'Iva allo Stato deve spettare al soggetto più affidabile: è la filosofia che anima il cosiddetto split payment e l'estensione del reverse charge. Con il primo i fornitori della Pa sono pagati "al netto" dell'Iva, mentre con il secondo l'obbligo ricade sul committente. 

E-fattura - Obbligo di inviare fatture in formato elettronico alla Pubblica Amministrazione. Dal primo gennaio chi vuole potrà inviare al fisco tutte le fatture emesse ricevute e godere così dell'esenzione dallo spesometro e dalla black list, e di rimborsi più veloci. Se la e-fattura servirà nella lotta al nero, però, lo si scoprirà soltanto dal 2017, quando i contribuenti potranno usare l'agenzia delle Entrate come un server, inviando al Fisco tutti i dati di tutte le fatture emesse ricevute.