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venerdì 17 luglio 2015

Colpaccio-Salvini: incassa 2 mln di euro Come ci è riuscito (e come rosica Bossi)

Lega Nord, 2 milioni di euro al partito: meglio solo il Pd (ma Umberto Bossi non versa un cent)




La Lega nord di Matteo Salvini ha incassato due milioni di euro dalle donazioni volontarie di parlamentari e privati. Un risultato che piazza il Carroccio al secondo posto tra i partiti preferiti dagli italiani, preceduto solo dal Partito democratico. A guidare la classifica dei donatori leghisti, riporta il Fatto quotidiano, c'è il presidente del Copasir Giacomo Stucchi con 41.900 euro, lo segue il commissario della Lega in Lombardia Paolo Grimoldi con 32.880 euro, Roberto Calderoli con 30.660 euro, solo quarto in donazioni personali il segretario federale Matteo Salvini con 24 mila euro, quanto il capogruppo alla Camera Massimiliano Fedriga. Hanno fatto donazioni al partito anche i governatori di Lombardia e Veneto, Roberto Maroni e Luca Zaia, con 13.200 euro ciascuno, oltre che l'ex presidente della Regione Piemonte Roberto Cota con 10.548. Ma spicca un nome su tutti nell'elenco, più che altro per la sua assenza: Umberto Bossi non compare nella lista.

"ADESSO BASTA CON MARCHIONNE" Terremoto in Ferrari, chi si dimette

Ferrari, Dagospia: "A settembre si dimette l'amministratore delegato Amedeo Felisa"




Nuovo terremoto in Ferrari. Amedeo Felisa, amministratore delegato del Cavallino, lascerà a settembre Maranello. La notizia viene rilanciata dall'informatissimo Dagospia. Felisa è l'ultimo dei fedelissimi di Luca Cordero di Montezemolo, l'ex presidente al cui posto è asceso Sergio Marchionne. E sarebbe proprio Marchionne, secondo Dago, il "motivo" dello strappo di Felisa: l'ad uscente (?) sarebbe stufo del carattere autoritario del presidente del Cavallino e di come gestisce la Ferrari. Per l'ad di Fca queste dimissioni, alla vigilia della quotazione in Borsa, sono una pessima notizia (lo sbarco in Borsa è previsto per ottobre).

SONDAGGIO DA PSICOSI Crollo verticale in 7 giorni, Renzi è all'angolo: le cifre

Sondaggio Istituto Piepoli su effetto Grecia: crolla il Partito Democratico, cresce il Movimento 5 stelle, stabile Matteo Salvini




L'accordo raggiuntro tra Atene e Bruxelles ha spinto il Partito democratico di Matteo Renzi a un nuovo inaspettato record. Un tonfo registrato dall'ultimo sondaggio dell'istituto Piepoli, pubblicato da affaritaliani, nel quale il Pd perde in soli sette giorni dal 33,5% al 32,5%. Un intero punto perso a fronte dell'avanzata del principale concorrente del partito di maggioranza, cioè il Movimento 5 stelle. I grillini non smettono di crescere nelle rilevazioni di diversi istituti. L'ultima rilevazione di Piepoli non fa eccezione e attesta il M5S al 24,5% con un guadagno di mezzo punto percentuale. Nel centrosinistra rimangono stabili o crescono a piccoli passi tutte le altre forze politiche, ad esempio Sinistra ecologia libertà in fase di trasformazione che conferma il 3,5% delle preferenze degli elettori. Stabili anche il Nuovo centrodestra di Angelino Alfano al 2,5% e Fratelli d'Italia al 4%. Non perde colpi neanche la Lega nord che considerata con i movimenti meridionali di Noi con Salvini raccoglie il 16,5% delle indicazioni di voto. I gruppi intorno a Salvini restano i primi nell'area del centrodestra, per niente minacciati da Forza Italia che rimane all'11%.

giovedì 16 luglio 2015

Caivano (Na): Spazzatura in strada, E' emergenza. Summit al Comune. E si rivede Manganiello.......

Caivano (Na): Spazzatura in strada, E' emergenza. Summit al Comune. E si rivede Manganiello.......


di Francesco Celiento
ilgiornaledicaivano

Spazzatura, con il caldo aumentano puzze e batteri

CAIVANO -  Summit in Comune, la città è sempre piena di spazzatura, tanto per non cambiare (la foto l’abbiamo scattata alle ore 11). Ovviamente il pattume che si è accumulato non fa male a nessuno nonostante il caldo, ma è una questione anche di principio. Perchè l’unica cosa della N.U. che accade puntuale a Caivano è l’arrivo della salata bolletta ai cittadini. Secondo fonti attendibili, gli operai non scesi in strada perchè non è stato corrisposto loro il relativo stipendio, ma c’è pure la questione del sequestro, operato qualche settimana dai vigili urbani del cantiere della ditta perchè non a norma per il parcheggio dei camion, un problema molto banale. Così la ditta appaltatrice, il cui contratto già in proroga scade il 31 Luglio, si arrangia come può.

Intanto, stamane 16 luglio alle ore 11 sotto l’androne del castello si è rivisto Manganiello, l’ex amministratore delle società del Comune Igica ed Ambiente & Energia, entrambe fallite. Proprio a quell’ora è giunto in Comune l’assessore Claudio Castaldo, sembra sia stato convocato un summit (sindaco-assessore-dirigente e ditta: ecco spiegato la presenza di Manganiello) per risolvere l’eterna problematica di Caivano. Daremo gli aggiornamenti più tardi.

Pirelli e amianto, manager condannati: 6 anni anche al fratello di Veronesi

Milano, condannati 11 ex manager della Pirelli per i morti da amianto. Fra loro anche Guido Veronesi, fratello di Umberto




Morti o gravemente malati di cancro, sono una ventina gli operai della Pirelli che oggi hanno ricevuto un briciolo di giustizia. Il tribunale di Milano ha infatti condannato in primo grado undici ex-manager del gruppo per la presenza di amianto nello stabilimento in zona Bicocca a Milano nel quale gli operai in questione lavoravano. Amianto a cui gli impiegati sono stati esposti in maniera prolungata fra gli anni Settanta e gli anni Ottanta, e che ha provocato l'insorgere dell'incurabile male.

Le pene - La sentenza è stata pronunciata dal giudice Raffaele Martorelli, e ha visto la condanna a sei anni e otto mesi di Guido Veronesi, fratello del più conosciuto Umberto, oncologo simbolo della lotta al cancro in Italia. Il giudice si è spinto oltre le richieste dell'accusa nell'assegnazione delle pene, rendendole aspre. Veronesi (Guido) faceva parte del consiglio di amministrazione dell'azienda tra gli anni Settanta e Ottanta insieme a Gabriele Battaglioli (condannato a 3 anni), Piero Giorgio Sierra (6 anni e 8 mesi), Omar Liberati (3 anni e 6 mesi), Gavino Manca (5 anni e 6 mesi), Armando Moroni, Roberto Picco e Carlo Pedone (3 anni ciascuno), e Luciano Isola (7 anni e 8 mesi). Il giudice ha condannato anche Ludovico Grandi e Gianfranco Bellingeri, amministratori delegati della Pirelli negli anni '80, rispettivamente a 4 anni e 8 mesi e a 3 anni e 6 mesi di carcere. Proprio per la severità di queste condanne, nell'aula di tribunale nella quale sono state lette è scoppiato l'entusiasmo dei parenti delle vittime, accompagnati dagli attivisti di Medicina Democratica e dell'Associazione italiana esposti amianto: "questa volta siamo riusciti a far condannare il padrone” dicono. “Per ricordare tutti i lavoratori uccisi in nome del profitto” si legge su uno striscione. 

"Ricorreremo in Appello" - Gli avvocati dei dirigenti Pirelli di contro promettono l'impugnazione in appello della sentenza. Il giudice ha inoltre decretato una provvisionale -una somma di denaro a favore della parte danneggiata in un processo- di 520 mila mila euro per le parti civili e al risarcimento dei danni da quantificare in sede civile. Nello specifico ha disposto che 200mila euro vadano alla moglie e alla figlia di un operaio morto di tumore, 300mila all'Inail e 20mila euro a Medicina Democratica e dell'Associazione italiana esposti amianto. Molte altre famiglie, dilaniate dalla perdita di un affetto caro a causa dell'amianto, avevano già ricevuto un risarcimento fuori dibattimento e si erano ritirate dal processo. Anche se non è ancora finita, i parenti delle vittime possono tirare un piccolo sospiro di sollievo: un briciolo di giustizia, si diceva, oggi è stata fatta.

Renzi e le imbarazzanti intercettazioni Ora parla la Boschi: "Ecco tutta la verità"

Renzi intercettato, Maria Elena Boschi: "Solo illazioni, roba per appassionati di fantasy"




"Supposizioni, ipotesi, illazioni". Il ministro delle Riforme Maria Elena Boschi si presenta alla Camera e non può che difendere il suo premier Matteo Renzi, coinvolto nelle imbarazzanti intercettazioni con il generale della Guardia di Finanza Michele Adinolfi. In quelle telefonate, Renzi (qualche giorno prima di diventare premier) si lasciava andare a giudizi poco lusinghieri su Enrico Letta mentre si adombravano possibili pressioni, se non ricatti, addirittura ai danni del presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "per colpa" di suo figlio Giulio. "E' grave" che "intercettazioni senza alcuna rilevanza penale sono finite a un giornale", attacca la Boschi, rispondendo all'interrogazione del Movimento 5 Stelle. In ogni caso, sono cose che "magari possono appassionare chi apprezza il genere fantasy ma che nulla hanno a che vedere con l'attività del governo". L'esecutivo, assicura il ministro renziano doc, "ha intenzione rispondere sui fatti per rispetto alle istituzioni, al Parlamento in primis, non su supposizioni, ipotesi, forse addirittura illazioni. "Il resto - sottolinea - è legittimo, probabilmente appassionante per gli interessati al genere fantasy ma non ha nulla a che vedere con l'attività del governo".

"Letta? Era tutto sui giornali" - La Boschi rileva che nell'interrogazione si fa riferimento da un lato a un pranzo riguardo al quale "nulla da riferire ha il governo, perché non sono coinvolti esponenti del governo", e da un altro a una telefonata tra l'allora comandante interregionale della Guardia di Finanza Adinolfi e l'allora sindaco di Firenze, Renzi, "in occasione del compleanno del sindaco e durata - sottolinea - una manciata di secondi". "Non si fa riferimento mai - evidenzia - né a possibili sostituzioni o promozioni nella Guardia di Finanza né tanto meno a possibili ricatti esistenti nei confronti dell'allora Presidente della Repubblica, Napolitano. E del resto - osserva ancora Boschi - basta conoscere anche superficialmente il Presidente emerito per sapere che qualsiasi congettura di ricatto è quanto meno fantasiosa e inverosimile". Quanto poi alle ipotesi che l'allora presidente del Consiglio, Letta, sostituisse un ministro o più ministri "non è nulla di più né di meno di quanto si poteva leggere in quei giorni su tutti i giornali, o di cui discutevano tutti i talk show televisivi. Nessuna ipotesi invece nella telefonata di un cambio del presidente del Consiglio, né è citata nemmeno una ipotesi di avvicendamento dell’allora presidente del Consiglio". 

"Perché le hanno pubblicate?" - Secondo la Boschi "non c'è nulla di segreto, nulla di nascosto, nulla di nuovo, soprattutto". "Quello che è grave è che intercettazioni che non hanno alcuna rilevanza penale anziché essere stralciate siano finite ad un giornale e siano state pubblicate. Su questo e cioè sull'ipotesi di stralcio-non stralcio sono in atto delle verifiche per accertare eventuali responsabilità. Il ministro della Giustizia ha disposto dei primi accertamenti chiedendo all'Ispettorato generale di procedere in questo senso e il Procuratore generale presso la Cassazione ha aperto un fascicolo proprio per verificare se ci sono responsabilità. Purtroppo non è la prima volta che succede, speriamo che sia l'ultima".

La Grecia dice sì all'accordo Ue Tsipras forse lascia: lo scenario

Grecia, il Parlamento approva l'accordo con l'Ue. Syriza spaccata, Tsipras a rischio dimissioni


di Claudio Brigliadori
@Piadinamilanese


La Grecia approva il pacchetto di riforme "lacrime e sangue" imposto dall'Ue, ma forse Alexis Tsipras perderà la poltrona. Paradossi (fino a un certo punto) ellenici: il Parlamento di Atene vota sì all'accordo con l'Unione europea che spacca Syriza, con il governo che perde i pezzi. A fronte dei 229 sì, i no sono stati 64 e 6 gli astenuti. Ora il premier, che su quell'accordo si è giocato tutto, faccia compresa, deve far di conto: riuscirà ad avere una maggioranza solida per portare avanti quelle misure? Molto difficile. 

Rischio dimissioni - Possibile, dunque, che Tsipras si dimetta, lasciando il campo a un governo di emergenza nazionale sostenuto dalla parte moderata di Syriza, To Potami, Pasok e Nea Demokratia, proprio come voleva da settimane Angela Merkel e i falchi rigoristi dentro l'Unione europea. Alternativa: lo stesso Tsipras guiderà quella coalizione allargata, per non darla vinta alla sinistra oltranzista e per non lasciare spazio alla "vecchia guardia", quegli esponenti cioè che per almeno 10 anni hanno ridotto la Grecia sul lastrico e che ora si sono riconvertiti come filo-rigoristi più che affidabili (soprattutto per Bruxelles e Berlino). In ogni caso, sarebbe uno Tsipras più addomesticato, giocoforza.

Ore drammatiche - Doveva essere un nuovo referendum sul governo, dopo quello (vinto da Tsipras) contro l'austerity. Il clima è stato ancora più rovente e drammatico di due settimane fa, con il Parlamento spaccato, le minacce del premier ("O votate l'accordo o lascio"), piazza Syntagma in preda agli scontri tra antagonisti anarchici e forze dell'ordine (con 50 arresti). Accordo che, spiegava Tsipras, "non mi piace, ma era l'unico possibile, ho fatto una scelta di responsabilità". Il premier greco, nel suo appello agli onorevoli, aveva spiegato: "Sono orgoglioso perché abbiamo combattuto per il nostro popolo, non solo contro la corruzione e i problemi dentro al nostro paese, ma anche contro il sistema monetario internazionale. Abbiamo dato una lezione di dignità al mondo". Non così la pensano i duri del suo partito, con la presidentessa del Parlamento ellenico Zoi Konstantopoulou categorica: "L'accordo con i creditori potrebbe produrre un genocidio sociale". Lei ha votato no, così come Yanis Varoufakis e tanti altri dentro Syriza. Difficile dire chi ha tradito chi. L'unica cosa certa è che tempi ancora più duri arriveranno per i greci, ma questo lo sapevano già loro per primi.