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lunedì 13 aprile 2015

Nina Moric tenta il suicidio, horror e tragedia: "Correte, s'è tagliata le vene"

Nina Moric, la telefonata della madre all'ospedale: "Correte, ha tentato il suicidio. Si è tagliata le vene"





"Venite, arrivate il prima possibile: mia figlia si è appena tagliata le vene". E' circa la mezzanotte di sabato sera quando il 118 riceve la telefonata della madre di Nina Moric: la showgirl avrebbe tentato il suicidio. La Moric è stata ricoverata al Policlinico, un semplice "codice verde", nulla di grave insomma, ma il presunto gesto resta: ha tentato di tagliarsi le vene? Non sarebbe il primo tentato suicidio per la modella croata, anche se lei da par suo ha sempre negato di aver provato a togliersi la vita. Il precedente risale al 2009, poco dopo la fine della storia con Fabrizio Corona che iniziava a farsi vedere al fianco di Belen Rodriguez. Anche in quel caso arrivò una telefonata d'emergenza di un amico: "Nina ha preso troppe pastiglie per dormire e ora sta male, correte". Anche in quel caso un ricovero, ma la Moric spiegò in televisione: "Macché suicidio, ho solo esagerato con i sonniferi".

Il sondaggio-siluro affonda Renzi Leggi le cifre che lo demoliscono

Sondaggio Ipsos: quattro italiani su cinque pensano che le tasse siano aumentate





E' un siluro contro Matteo Renzi il sondaggio realizzato da Ipsos per il Corriere della Sera sulla percezione che hanno gli italiani delle tasse. Infatti, a fronte di una sostanziale stabilità della pressione fiscale registrata nel 2014 dall'Istat (43,5%, ovvero 0,1% in più rispetto al 2013), quattro italiani su cinque sono convinti che le tasse siano aumentate e soltanto il 18% crede al fatto che siano rimaste sostanzialmente invariate. Solo l'1 per cento, poi, ritiene che siano diminuite.

La sensazione che le tasse siano aumentate è più forte tra gli elettori dell'opposizione, in particolare della Lega ed è elevata nelle persone meno istruite e fra le casalinghe. Ma per quale ragione gli italiani sentono maggiormente la pressione fiscale? Forse perché gli italiani si aspettavano che il governo Renzi facesse di più. Che operasse una sensibile riduzione delle tasse: tre italiani su quattro (73%) infatti pensava a interventi più consistenti rispetto a quelli adottati mentre uno su cinque (21%) crede che non fosse possibile fare di più tenuto conto della situazione dei nostri conti pubblici.

Gli italiani quindi preferirebbero che al di là della riduzione dei costi della politica il governo operasse dei tagli nel pubblico impiego (51%), nelle spese per la difesa (31%), per la sanità (16%), pensioni (15%), infrastrutture e trasporti (11%) e, poi, arte e cultura (8%), scuola (6%), ambiente (5%) e ricerca scientifica (4%).

L'intervista a Flavio Viani - "Quella gita pagata dalla Coop rossa per comprare i vini di D'Alema"

Il consigliere comunale: "La gita della Coop rossa per comprare i vini di D'Alema"

Intervista a cura di Giacomo Amadori 



L'umbro Flavio Viani, 62 anni, giornalista pubblicista e centralinista nel locale ospedale, a Concordia sul Secchia, paesone della Bassa modenese di 9 mila abitanti scarsi, è una mosca bianca. Non tanto per i natali (è originario di Città di Castello), quanto per le idee politiche: è infatti l' unico consigliere di centro-destra del Comune dove nel 1899 è nata la Cooperativa di produzione lavoro (Cpl) sotto inchiesta a Napoli.

Viani non sembra stupito per quello che sta accadendo.

«Non immaginavo che girassero mazzette, ma i rapporti con la politica qui da noi sono sotto gli occhi di tutti». 

Conosce personalmente qualcuno degli indagati? 

«Beh, Maurizio Rinaldi, l' amministratore delegato della Cpl distribuzione. Tra gli arrestati è lui è il concordiese doc. Alle ultime elezioni l' ho pure incrociato ai seggi. Io ero il rappresentate di lista del Pdl e lui del Partito democratico. Quello del rappresentate di lista è un ruolo umile, da ultima ruota del carro, ma Rinaldi, anche se era diventato un top manager dentro al partito accettava di fare la manovalanza. Mi risulta anche che collaborasse alle feste dell' Unità». 

Rinaldi è un renziano? 

«Qui i renziani non esistono o per lo meno non si dichiarano. Sono tutti dalemiani o bersaniani. Uno degli ultimi sindaci era stato in Urss e aveva studiato alle Frattocchie, la storica scuola quadri del Partito comunista italiano». 

La Cpl fa politica a Concordia? 

«Da quando sono consigliere comunale, dal 1999, molti candidati del Pd, già Ds, sono espressione della coop. Persino il vicepresidente è stato consigliere comunale della sinistra. E sono di Cpl l'attuale assessore al commercio e alla promozione territoriale e due consiglieri comunali, tra cui il capogruppo del Pd. Prima delle elezioni la coop organizza un incontro pubblico di tutti i candidati con i soci-dipendenti. In quell' occasione l' amata azienda fa sapere che cosa si aspetti da loro. Però io non ho mai accettato l' invito. Lunedì presenterò un' interrogazione in consiglio per sapere se sia vero che anche il Pd locale abbia ricevuto finanziamenti dalla cooperativa…». 

L' ex presidente Roberto Casari si interessava della politica locale? 

«Sicuramente sì. In concomitanza con la stesura del piano regolatore è stato avvistato in auto insieme con sindaco e assessori mentre faceva il giro del paese. Probabilmente per dare qualche buon consiglio. Quel che è certo è che l' albergo costruito da Cpl per i suoi ospiti in prossimità dello stabilimento sarà servito da un casello autostradale ad hoc inserito nell' attuale progetto della Cispadana. È una variante che abbiamo votato in consiglio comunale». 

Quanto conta la Cpl a Concordia? 

«Tantissimo. È come una mamma. Tutte le famiglie hanno almeno un dipendente della coop. E quando Casari se ne è andato in pensione ha fatto due feste. L' ultima due giorni prima di essere arrestato». 

Ai dipendenti i cesti con il vino di Massimo D' Alema li hanno regalati davvero?  

«Un mio amico ha il figlio che lavora in Cpl: le bottiglie a Natale gliele hanno donate sul serio. Ma le dirò qualcosa di più. L' anno scorso la coop ha mandato un gruppo di dipendenti in gita al Vinitaly con i biglietti gratuiti. 

Sa in quale stand li hanno spinti a comprare il vino? Mi lasci indovinare: in quello di D'Alema? 

«Esattamente. Hanno fatto anche una bella foto di gruppo con l' ex premier e l' hanno messa su Facebook. Vicino a D' Alema e alla moglie Linda Giuva si distinguono sorridenti un assessore e un ex assessore del Pd, entrambi dipendenti Cpl». 

In Comune in questi giorni si è discusso dell' inchiesta di Napoli? 

«Per niente. Ma, le posso dire, che il 2 aprile, subito dopo gli arresti, la giunta ha trovato il tempo di far approvare una delibera riguardante l' apertura di un' apposita area per i defunti musulmani dentro al nostro piccolo cimitero. A Concordia ci mancava solo questo». 

Il don Camillo di Concordia che cosa ne pensa? 

«Si chiama don Franco e non mi risulta abbia protestato». 

Che rapporti ha con la coop? 

«Ottimi. La parrocchia ha scelto per l' approvvigionamento del gas proprio la Cpl e don Franco viene invitato tutti gli anni per il rito della benedizione pasquale nello stabilimento, ricevendo legittimi contributi dalla Cpl per le attività parrocchiali, tutti registrati nel bilancio pubblicato sul giornalino della chiesa. Don Camillo e Peppone a Concordia vanno a braccetto. Del resto Casari ai pm ha dichiarato che il libro di D' Alema e quelli degli altri politici lui li mette sul comodino dell' albergo "come la Bibbia"». 

Canone Rai pagato con la bolletta? Ecco quanto ci costerà in più

Canone Rai, Renzi vuole abolirlo. Opzione due: pagarlo con la bolletta della luce: ci costerebbe fino al 15% in più





Potrebbe non esserci solo il "bonus contro la povertà" tra le sorprese che sta preparando Matteo Renzi alla vigilia delle elezioni regionali. Per ripetere il botto delle Europee 2014 (anche se non soprattutto sulla scia del bonus da 80 euro), il premier ha preparato il terreno con il Def e il tesoretto da 1,6 miliardi, ma sussurrano molti dei fedelissimi di Palazzo Chigi che potrebbe arrivare il colpo dell'abolizione del canone Rai.

Quanto vale il canone - Mossa azzardata soprattutto dal punto di vista della sostenibilità perché l'abbonamento alla tv pubblica porta nelle casse dello Stato qualcosa come 1,8 miliardi di euro. Una opzione (allo studio da anni) sarebbe l'inglobamento del canone nella bolletta elettrica. A questo proposito, un convegno dell'Associazione italiana Grossisti di Energia e Trader (Aiget) ha realizzato uno studio per analizzare l'eventuale ripercussione sulle tasche degli italiani. 

L'impatto in bolletta - Come riporta il sito Quifinanza.it, al momento l'impatto delle imposte pesa sulla bolletta per il 50,6%, ossia paghiamo più in tasse e incentivi vari che in effettivo consumo. Secondo le simulazioni presentate nel convegno, l'introduzione del canone Rai in bolletta potrebbe comportare costi aggiuntivi compresi tra il 13% e il 15% per il consumatore medio, e addirittura fino al 26% per famiglie con consumi bassi (1.500 kWh annui). Oltretutto, avvisano i trader di energia, il mercato liberalizzato si contenderebbe appena il 39,6% e il 40,5% dell'intera bolletta annuale (a seconda dei criteri di versamento del canone) nel caso di una famiglia con consumi da 2.700 kWh/anno (tra il 30,4 e il 33,1% per consumi più elevati  da 4.500 kWh annui).

Tutte le tasse del governo Renzi per i prossimi tre anni / Tabella

Tutte le tasse di Renzi dei prossimi tre anni

di Sandro Iacometti 



«Non ci sono tasse nuove, anzi è finito il tempo delle tasse da aumentare». Questa la solenne promessa di Matteo Renzi durante la conferenza stampa di venerdì sul Documento di economia e finanza. In effetti, di nuove tasse nel Def non si parla. Ci sono, però, quelle vecchie. E il conto è salatissimo. Euro più euro meno si tratta di 76,7 miliardi di ulteriori balzelli che pioveranno sulla testa degli italiani da qui al 2018. Si tratta di imposte ancora da incassare, ma già contabilizzate nel bilancio dello Stato attraverso il meccanismo infernale delle clausole di salvaguardia. Nel documento varato dal governo c' è scritto nero su bianco che l' obiettivo è quello di disinnescare tutte le tagliole previste per il 2016. E che si cercherà di fare lo stesso successivamente. Ma accanto alle buone intenzioni, ci sono anche i numeri delle tabelle programmatiche a legislazione vigente. Gli unici a cui, in attesa della prossima legge di stabilità, le autorità contabili nazionali e internazionali possono fare riferimento. Il saldo delle entrate è cristallino. Nel 2016 la variazione netta prevede un incremento di 6,6 miliardi, che sale a 13,2 nel 2017, a 17 nel 2018 e a 19,2 nel 2019.

Il ritocchino - Il totale, secondo quanto riportato nel Def, fa la bellezza di 56,1 miliardi come differenza tra maggiori e minori entrate. Il dato sembrerebbe in contraddizione con le percentuali sulla pressione fiscale inserite all' ultimo momento da Renzi nel documento, secondo cui il peso delle tasse scenderebbe già quest' anno al 42,9%, per poi ridursi al 42,6% nel 2016 e sotto il 42% nel 2008. Ma questi sono solo i risultati del ritocchino fatto, in barba ai principi contabili, dal premier, che oltre alle clausole ha tolto dal conteggio anche il bonus di 80 euro. In realtà, a legislazione vigente fino al 2019 la pressione fiscale rimane sempre superiore al 43,5% del pil (con picchi del 44,1%) registrato lo scorso anno. A far esplodere il prelievo sono proprio le clausole «sbianchettate» dal premier. Una stangata consistente è quella lasciata in eredità dal governo Letta per coprire in anticipo il fallimento della spending review. Una parte delle maggiori entrate da recuperare tra aumenti delle accise e tagli alle detrazioni (che stando al Def arriveranno comunque per 2,4 miliardi) è stato sterilizzato da Renzi (3 miliardi sul 2015 e altri 3,7 l' anno a partire dal 2016). Ma il grosso è ancora sul tavolo: 3,2 miliardi per il prossimo anno e 6,3 sia per il 2017 sia per il 2018. In tutto 15,8 miliardi.

Il fardello di Renzi - Il fardello più robusto è quello piazzato dallo stesso premier per convincere l' Europa della capacità dell' Italia di raggiungere gli obiettivi previsti dal patto di stabilità: una serie di aumenti a raffica dell' Iva e delle accise che scatteranno automaticamente nei prossimi anni per far quadrare i conti ad ogni costo. Si tratta di 12,8 miliardi per il 2016, 19,2 per il 2017 e 22 per il 2018. Il totale fa 54 miliardi. Ma non è tutto. Ben nascosta nell' ultima legge di stabilità, infatti, l' esecutivo ha inserito un' altra clausola di salvaguardia a scoppio ravvicinato. La trappola scatterà il prossimo 30 giugno. Praticamente domani. Per quella data il governo dovrà avere la certezza di poter incassare 1,716 miliardi di gettito aggiuntivo nel 2015, altrimenti ci sarà un aumento delle accise sui carburanti in per un valore corrispondente da quest' anno in poi. A garantire l' incremento fiscale dovrebbero essere le imprese attraverso il giochino dell' anticipo dell' Iva messo in campo dal governo con la scusa di combattere l' evasione. Dall' allargamento del reverse charge alla grande distribuzione dovrebbero arrivare 728 milioni l' anno, dallo split payment 988 milioni. Il problema è che le modifiche al regime dell' Iva devono passare al vaglio dall' Europa. E la deroga potrebbe anche non essere concessa. Di qui la decisione del governo di fare a modo suo. Il prelievo aggiuntivo è stato introdotto da subito, provocando anche l' irritazione della Ue che dovrebbe autorizzare preventivamente, se poi la norma sarà bocciata, scatterà la clausola. Resta da capire cosa succederà se, come è prevedibile, il verdetto di Bruxelles non arriverà prima del 30 giugno.

Tagliole a sorpresa - Non contenti dei 76,7 miliardi di tasse già ipotecate, l' ennesima salvaguardia è spuntata pure nel decreto legislativo del jobs act. La sorpresa, che secondo il Sole24Ore è degna di uno sketch di Crozza, è contenuta nel testo finalmente arrivato in Parlamento per i pareri dopo un lungo braccio di ferro con la Ragioneria legato proprio alla copertura. Alla fine la situazione si è sbloccata prevedendo che in caso di risorse insufficienti per la decontribuzione triennale dei nuovi contratti a tutele crescenti saranno gli imprenditori a pagare, con un bel contributo di solidarietà. Un' enormità che il governo si è subito rimangiato. «Nel testo definitivo», ha assicurato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, «la clausola non ci sarà».

Allarme bomba, paura per 126 passeggeri: evacuato volo Germanwings per Milano

Germanwings, allarme bomba: evacuato volo diretto a Milano Malpensa





Un Airbus 320 della compagnia Germanwings, in partenza dall'aeroporto di Colonia/Bonn verso Milano è stato evacuato per un allarme bomba. Lo ha riferito l'agenzia tedesca Dpa, secondo cui ad avere notizia della minaccia è stata ricevuta dalla polizia tedesca. Il velivolo era già in movimento sulla pista, pronto a partire, quanto al pilota è stato chiesto di rientrare. I 126 passeggeri e l'equipaggio sono stati fatti scendere per permettere le perquisizioni e i controlli delle autorità. Il volo 4U826 sarebbe dovuto decollare alle 18.20 verso Milano Malpensa, ma è stato riprogrammato alle 20.30. La compagnia, fanno sapere fonti dell'aeroporto lombardo, ha comunicato un ritardo per un cambio di aeromobile. 

Il Papa ricorda il "genocidio armeno" E la Turchia dichiara guerra al Vaticano

Papa Francesco: "Quello degli Armeni primo genocidio del Novecento". Turchia "irritata", richiama l'ambasciatore in Vaticano





La denuncia di Papa Francesco del "genocidio armeno" scatena un caso diplomatico tra Vaticano e Turchia. Il governo di Ankara si è detto "molto irritato" per le parole del Santo Padre e sta valutando l'ipotesi di richiamare il proprio ambasciatore. Una protesta clamorosa che rischia di complicare non poco anche il già faticoso percorso di avvicinamento tra la Turchia musulmana e l'Unione europea. Già nel giugno 2013, da poco salito al Soglio pontificio, Francesco aveva stigmatizzato il dramma degli armeni.

L'accusa di Papa Francesco - "La nostra umanità ha vissuto nel secolo scorso tre grandi tragedie inaudite: la prima, quella che generalmente viene considerata come il primo genocidio del XX secolo» che "ha colpito il vostro popolo armeno - prima nazione cristiana -, insieme ai siri cattolici e ortodossi, agli assiri, ai caldei e ai greci. Furono uccisi vescovi, sacerdoti, religiosi, donne, uomini, anziani e persino bambini e malati indifesi". Così il Papa aveva salutato in mattinata i fedeli armeni prima della messa celebrata nella Basilica di San Pietro, per il centenario del "martirio" armeno con il rito di proclamazione a dottore della Chiesa di San Gregorio di Narek. Una denuncia che ha offerto la possibilità al Pontefice di allargare lo sguardo agli altri stermini di massa in nome della religione, "come quelli in Cambogia, in Ruanda, in Burundi, in Bosnia. Eppure sembra che l'umanità non riesca a cessare di versare sangue innocente". Il riferimento è a un avvenimento storico spesso rimosso o sminuito dalla storiografia ufficiale turca: deportazioni, torture ed esecuzioni avvenute tra il 1915 e il 1916 ad opera dell'Impero Ottomano ai danni della minoranza armena che secondo l'Armenia provocarono 1,5 milioni di vittime, "solo" 300mila per Ankara.

La Turchia richiama l'ambasciatore - La reazione del governo turco è durissima. Ankara ha convocato il nunzio vaticano Antonio Lucibello comunicandogli che le autorità turche sono "profondamente dispiaciute e irritate" dalle parole del Papa. La Turchia ha poi deciso di richiamare il proprio ambasciatore presso la Santa Sede Kenan Gursoy. Il vice ministro degli Esteri Levent Murat Burhan ha lamentato le dichiarazioni "di parte e tutt'altro che accurate" di papa Francesco, spiegando che la Turchia non capisce perché il Pontefice faccia una "gerarchia" tra le sofferenze dei musulmani e quelle dei cristiani. E ancora, al nunzio è stato fatto presente come le parole di Francesco "creino una perdita di fiducia nei rapporti bilaterali" cui "la Turchia certamente risponderà". Secondo il ministro degli Esteri Mevlut Cavusoglu, le dichiarazioni del Papa "sono lontane dalla realtà storica e legale, non possono essere accettate". Secondo il ministro le autorità religiose non dovrebbero "incitare al risentimento e all'odio con affermazioni infondate".