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domenica 22 febbraio 2015

E' già scattata la caccia grossa agli evasori fiscali: i 15 nuovi super poteri dell'Erario per stanarli

Fisco, le nuove regole anti-evasione dell'Agenzia delle Entrate sui conti correnti e i dati personali





Tutti i prelievi e i versamenti fatti sui conti correnti italiani nel 2013 e nel 2014 saranno nelle mani del Fisco a partire dal prossimo marzo. Parte con il 2015 la radiografia dell'Agenzia delle Entrate nelle tasche di tutti i correntisti italiani e, come racconta un'inchiesta di Panorama, si fa sempre più concreto il pericolo di un'ondata di ricorsi pronta a invadere gli uffici giudiziari visto che l'incrocio con i dati dell'Anagrafe potrebbe essere più invasivo della privacy di quanto si speri. Tra le tante domande del settimanale, il Fisco ha deciso di non rispondere ad alcuni dubbi che i contribuenti potranno scoprire solo sulla propria pelle.

Le informazioni - La trasmissione dei dati è un obbligo per banche e operatori finanziari. Nei file ci devono essere tutti i movimenti in entrata e in un uscita sul conto corrente o di deposito, compresi quelli anagrafici di chi su quel conto può operare.

Il cervellone - Il Sistema di interscambio dei dati (Sid) è già usato per altre comunicazioni dalle banche, l'Agenzia delle Entrate ne garantisce la totale impermeabilità da intromissioni esterne e la totale compatibilità tra i soggetti che devono usare la piattaforma. Tutto funziona in automatico, i dati finiscono nell'Anagrafe tributaria accessibile solo con autorizzazioni specifiche del direttore centrale o quello regionale.

Isee - Dal 2015 sarà obbligatorio nella dichiarazione dei redditi comunicare la giacenza media dei conti correnti. Un dato che secondo il Fisco non solo contrasterà l'evasione, ma renderà più trasparente il sistema di agevolazioni sociali legati all'ammontare del dato Isee, come borse di studio per gli studenti, affitti agevolati e 
sussidi vari.

Controlli - Sui tipi di dati a disposizione dell'Agenzie, le risposte a Panorama si fanno gradualmente più ermetiche. Il Fisco risponde che i dati a disposizione per i controlli arrivano da più istituzioni. Compresi gli enti locali, ad esempio i Comuni, ma solo per le verifiche sui dati Isee.

A chi dar conto - I dipendenti dell'Agenzia, assicurano a Panorama, non ricevono incentivi sul numero di "anomalie" riscontrate. Quando una di queste sbuca fuori, però, il Fisco risponde che il contribuente potrà usare in sua difesa tutti i documenti in suo possesso in contraddittorio con "gli uffici proposti al controllo" e non è chiaro se gli uffici sono solo dell'Agenzia delle entrate o di altri enti. Il contribuente sospettato di irregolarità dovrebbe essere avvertito appena partono le indagini finanziarie su di lui.

All'estero - Nel caso di conti correnti all'estero non c'è l'obbligo di fornire i dati da parte dell'istituto di credito. Il Fisco italiano in questo caso rimane condizionato quindi agli eventuali accordi bilaterali con i Paesi "collaborativi", come li definisce il Fisco italiano.

Santoro, il veleno dell'ex collega Rai "Vi racconto cosa faceva Michele..."

Oliviero Beha a Dagospia: "Vi dico cosa ha fatto Santoro in Rai"





Oliviero Beha, giornalista, scrittore, conduttore televisivo e radiofonico (che conosce bene, molto bene, la Rai) interviene nella vicenda ribattezzata editto bulgaro bis” che riguarda il consigliere di amministrazione di Viale Mazzini Antonio Verro. In una lettera a Dagospia Beha si sofferma su Michele Santoro. Questi, nell’ultima puntata di Servizio Pubblico ha detto che la lettera iniviata da Antonio Verro all’allora premier Silvio Berlusconi ricostruita dal Fatto sarebbe la prova che lui fu cacciato dalla Rai.  

La verità su Santoro - Ecco cosa scrive Beha a Dagospia su Santoro: “Ha fatto egregiamente gli affari suoi per un quarto di secolo, ha travestito ottime trasmissioni spesso di parte da impegno politico in realtà vendendo (e benissimo) una merce, in primis se stesso, è entrato e uscito da Rai e Mediaset e Parlamento europeo (non credo esattamente da “intellettuale disorganico”…), ha detto rientrando in Rai dieci anni fa che si sarebbe battuto per gli epurati e non è accaduto, adesso ritira fuori il nome di Luttazzi strumentalizzando anche il bravissimo esiliato.

sabato 21 febbraio 2015

Maxi-regalo a Napolitano: come lo ha "omaggiato" mamma Rai...

Rai, regali ai vip da 2 milioni e mezzo: spunta pure un quadro per Napolitano





Orecchini e orologi, foulard e coperte, spille, agende, stoffe preziose, pen drive e Montblanc: in 8 anni la Rai ha speso qualcosa come due milioni 429mila euro per acquistare oltre 50mila doni da regalare a dirigenti e vip per le più svariate ragioni. Un esborso enorme di denaro pubblico perpetrato nel tempo (2003-2011) che ha visto punire un solo dipendente: Alfonso Greco, 55 anni, responsabile dell' ufficio che gestiva premi e omaggi della Rai. La sua storia la racconta Antonello Caporale sul Fatto Quotidiano. Greco è stato licenziato il 28 ottobre 2013 dall'azienda per non aver conservato bene, inventariato bene, soprattutto tracciato bene il percorso di tutte quelle regalie; ha presentato domanda di reintegro, ma è stata respinta. "Ho portato al giudice tre faldoni di carte, migliaia di documenti, ogni contratto, tutte le forniture nella speranza di rendere trasparente il mio operato, pulita la mia coscienza", si difende Greco con il Fatto. "Io non potevo sindacare le destinazioni, non sapevo i nomi degli utilizzatori finali. Rispondevo solamente alle necessità che le direzioni avanzavano". I faldoni hanno intasato le già zeppe aule del tribunale di Roma: la loro presenza è risultata inutile per Greco ma stanno facendo luce sulle dimensioni di questo traffico di regali per i quali era stato addirittura creato uno showroom dove le segretarie dei direttori andavano a scegliere tra i trecento articoli messi a disposizione.

Spendi e spandi - La memoria di Greco, pubblicata da Caporale, racconta che nel 2005, la Rai diretta da Flavio Cattaneo spese un milione e 454 mila euro per l'oggettistica. Nel 2006, era direttore Claudio Cappon, la somma si ridusse a a 416 mila euro, tre volte in meno dell'anno precedente ma quaranta volte in più del 2013, quando la crisi sgonfiò il portafogli di tutti e anche i doni ne fanno le spese. Nel 2006 il presidente della Rai è Claudio Petruccioli, parlamentare di lungo corso, riformista e comunista. Il 25 ottobre di quell'anno, racconta Caporale, durante un concerto all' auditorium della Rai di Torino, nell' ambito delle celebrazioni per la Giornata Internazionale dell' Onu Petruccioli decise di regalare al presidente della Repubblica Giorgio Napolitano "Il Quirinale sotto la neve", un dipinto del pittore russo P.J Potchek del 1907. Lo avevano scovato dall'antiquario romano Carlo Eleuteri. La Rai pagòdipinto diciassettemila euro. La tela rappresenta una inconsueta immagine della cosiddetta "Manica Lunga" del Quirinale sotto la neve, e proviene dalla collezione di Maria Beatrice di Savoia e reca il timbro dell'archivio Savoia.

"SCHETTINO SUBITO IN GALERA" Verso la cella: merito de "Le Iene"

Francesco Schettino, la richiesta della procura: "Dovete arrestarlo". Colpa dello scherzo de "Le Iene"





Francesco Schettino deve andare in carcere. Tutta "colpa" de Le Iene. Ma procediamo con ordine: la Procura di Grosseto ha chiesto al Tribunale del Riesame di Firenze l'arresto del comandante della Costa Concordia, condannato in primo grado a 16 anni e un mese per il naufragio avvenuto nel gennaio del 2012. La ragione è il pericolo di fuga, che è stato ravvisato a seguito dello scherzo de Le Iene: un emissario intitolava una (finta) trattativa per una partecipazione di Schettino all'Isola dei famosi, e l'intermediario del capitano chiedeva 2,5 milioni di euro, de depositare su un conto in Brasile. Ed è proprio il fatto che Schettino possa disporre di un conto in Brasile ad aver fatto scattare la procura per la possibile fuga del comandante. Una nuova bufera giudiziaria, dunque, per Schettino. Il sospetto dei pm è che il capitano volesse raccogliere la fuga per poi darsi alla macchia. Ne segue la richiesta d'arresto, già depositata al Tribunale del Riesame (in sede processuale non era stato ravvisato il pericolo di fuga e dunque Schettino non era finito in cella).

Paoli: soldi in nero alle feste dell'Unità Quell'auto carica alla frontiera svizzera

Gino Paoli, i soldi in nero per la Festa dell'Unità (e quel fermo in frontiera in Svizzera)





Ombre (nere) su Gino Paoli, sospetto "furbetto" fiscale, accusato di evasione per aver trasferito un vero e proprio tesoretto in Svizzera. E nel day-after dello scandalo, ecco arrivare altri particolari succulenti sulla vicenda. Tra questi, uno forse lo è più degli altri: il cantautore avrebbe intascato soldi (in nero) per partecipare alle feste dell'Unità, quelle della sinistra per intendersi. E non solo: alla frontiera svizzera è stato fermato mentre cercava di rientrare in Italia con una eccessiva (e sospetta) quantità di contanti, e per questo è stato multato dai doganieri.

"Sono tutte balle" - Gino Paoli, 81 anni, è finito nell'occhio di ciclone. Lui tenta la difesa tramite il suo avvocato, Daria Pesce, che spiega: "E' assurdo che questa vicenda sia finita in pasto al pubblico, e comunque sono tutte balle e lo dimostrerò". Ma tant'è. L'attuale presidente della Siae nonché ex deputato del Partito comunista italiano, secondo la procura di Genova, in Svizzera avrebbe un conto da circa 2 milioni di euro. Mica bruscolini. Come detto, una parte consistente di questo denaro deriverebbe dai compensi ricevuti in nero per concerti svolti in tutta Italia e alle feste dell'Unità.

"Ero costretto..." - Ma sui pagamenti in nero dei "compagni" non ci sono soltanto i sospetti. Già, perché ci sono quelle che assomigliano a granitiche certezze. Lo stesso Paoli, infatti, ha spiegato che all'epoca - tra il 2000 e il 2010 - era stato "costretto" ad accettare dei pagamenti in nero "alle feste dell'Unità, e adesso - aggiunge - quei soldi vorrei riportarli indietro". Parole e musica che emergono da una telefonata intercettata nei primi mesi del 2004. All'epoca il cantautore non era intercettato, ma lo era invece Andrea Vallebuona, commercialista di cui Paoli era cliente, finito in manette a maggio per truffa e riciclaggio di soldi proprio in Svizzera.

Guai alla frontiera - La vicenda-Paoli si arricchisce poi con l'episodio dello scorso dicembre: il cantautore è stato fermato dai finanzieri a uno dei valichi di confine con la Svizzera. Stava tornando in Italia, ed è stato perquisito. Il risultato? Sono state trovate parecchie banconote. Troppe banconote, troppe almeno rispetto a quanto è consentito dalla legge: secondo le indiscrezioni si trattava di diverse migliaia di euro. Così è scattata una segnalazione fiscale e una sanzione pecuniaria.

L'olgettina Marysthell Polanco scrive alla Bocassini Sarà un altro trappolone per fregare il Cavaliere?

Processo Ruby, il sospetto trappolone alle olgettine dei giudici: informazioni in cambio di sconti di pena





C'è un sospetto che sta crescendo da giorni tra gli osservatori dei processi a Silvio Berlusconi, alle prese con una nuova offensiva giudiziaria vista l'accelerazione dei processi Ruby 1, Ruby ter, il Tarantini a Bari e quello con De Gregorio a Napoli. In particolare per la Procura di Milano, il soccorso potrebbe arrivare da una delle "olgettine", così come riportato alcuni giorni fa da un articolo su Diva e Donna. Secondo corriere.it da Marysthell Polanco sarebbe partita una lettera, partita dall'indirizzo di casa di un'altra olgettina Aris Espinosa, indirizzata a Ilda Bocassini. Il magistrato, accusa nei processi "Ruby" e "Ruby bis", ha girato la lettera ai pm che si occupano del "Ruby ter", Pietro Forno, Luca Gaglio e Tiziana Siciliano. 

Pressione - Sul settimanale si racconta che: "C'è chi ha preso carta e penna per scrivere a Ilda Bocassini, magistrato simbolo del caso Ruby, per chiedere di essere ascoltata". Un bel trappolone ancora tutto da decifrare che apre due ipotetici scenari. La stretta degli inquirenti sulle ragazze che frequentavano Arcore si è fatta sempre più pressante. Nei giorni scorsi la polizia giudiziaria ha spulciato casa per casa mettendo sotto sequestro denaro e gioielli, ipotetici regali del Cavaliere alle sue ospiti. Clamoroso è il caso di Francesca Cipriani che ha raccontato alla Zanzara la perquisizione in casa e il sequestro di 45 mila euro dal conto in banca, in realtà rivelatisi i risparmi di una vita dei suoi genitori.

Ricatto - La voce sul possibile contatto aperto tra qualcuna delle indagate e la Bocassini potrebbe essere un tentativo di qualche ragazza per spillare altri quattrini a Berlusconi. Il Cavaliere non ha mai fatto segreto di aver riconosciuto 2500 euro al mese alle ragazze ospiti di casa sua, un aiuto a chi per l'improvvisa notorietà negativa dovuta agli scandali aveva perso lavoro e visto allontanarsi gli affetti. PEr i giudici quelle "paghette", proseguite dopo l'inizio del processo, dimostrano che Berlusconi voleva addomesticare la loro testimonianza. Uno scenario poco verosimile e che certamente i legali del Cavaliere non si sognerebbero mai di approvare.

La prova - L'ipotesi più probabile, invece, è che la Procura abbia spolverato vecchi metodi già visti durante Mani Pulite per scucire facili confessioni in cambio di sconti di pena. Come scrive l'Huffingtonpost, ai magistrati manca "il nesso tra pagamento e falsa testimonianza - perché - non basta la traccia dei soldi". Se una o più ragazze arrivasse al punto di confermare le accuse sulle quali da tempo i pm insistono, per l'accusa sarebbe "La prova". Le perquisizioni sono servite per sequestrare anche computer e smartphone e la speranza dei pm è di trovare foto e video. Non ci sarebbe da sorprendersi se presto questi file sbucassero su siti e quotidiani fiancheggiatori, così da aumentare la pressione su chi, soprattutto dopo una perquisizione in casa, esasperata potrebbe assecondare le accuse, nella speranza di liberarsi dalla pressione delle indagini. 

La tremenda vendetta di Veronica: fa pignorare la casa di Berlusconi

Veronica Lario fa pignorare la villa al lago Maggiore di Silvio Berlusconi

di Franco Bechis 



Il 2 febbraio scorso Miriam Bartolini, più nota come Veronica Lario, ha mandato il pubblico ufficiale a iscrivere ipoteca giudiziale sulla villa che Silvio Berlusconi ha sul lago Maggiore, a Lesa, provincia di Novara, a due passi dalla casa sul lago di Mario Monti. L’ipoteca è stata iscritta per un controvalore di 20 milioni di euro ed è basata su una decisione della Corte di appello di Milano del 18 gennaio del 2014. È l’ultima tappa di carta bollata all’interno del divorzio più noto di Italia, e indica come certamente le possibilità di composizione extragiudiziale fra i due coniugi sia ormai ridotta al lumicino.

Quel divorzio è pieno di colpi di scena, e ha ormai tutte le caratteristiche di una guerra dei Roses fra i genitori di Barbara, Eleonora e Luigi Berlusconi. D’altra parte tutte le cause intentate l’uno contro l’altra sono ancora aperte. Il filone più noto è quello della contesa sull’assegno di mantenimento di Veronica, che in un primo tempo era stato fissato in 3 milioni di euro al mese, e cioè 36 milioni di euro l’anno. Con una serie di corsi e controricorsi che hanno visti protagonisti sia la Corte di Appello di Milano che il tribunale di Monza dove sono state incardinate prima la separazione e poi la causa di divorzio, l’estate scorsa Berlusconi ha ottenuto il dimezzamento dell’assegno, portato a 1 milione e 400 mila euro al mese, che fanno comunque 16 milioni e 800 mila euro l’anno (la tredicesima non viene erogata in questi casi).

Veronica ha dovuto restituire all’ex marito anche i soldi presi in più fino a quel momento. Secondo il giudice che ha deciso per ultimo durante il lungo matrimonio il marito aveva intestato alla moglie alcune società e immobili che le hanno consentito di fare l’imprenditrice come prima non accadeva. Veronica può quindi mantenere lo stile di vita cui era abituata da legittima consorte dell’imprenditore milionario, in parte attingendo ai proventi della propria attività imprenditoriale, in parte compensando con quel milione e 400 mila euro al mese che consentono una buona capacità di spesa.

Ma c’è anche un’altra causa, ben più sostanziosa, che divide Veronica e Silvio, e probabilmente l’ipoteca giudiziale messa sulla villa di Lesa è legata a questo filone giudiziario: si tratta della divisione del patrimonio di Berlusconi con la consorte. Secondo indiscrezioni più volte pubblicate la richiesta della signora era stata di 540 milioni di euro, e dalla controparte era arrivata una offerta complessiva di 200 milioni di euro, composti da un mix di liquidità e di proprietà immobiliari. Veronica non ha mai fatto mistero di volere ottenere la villa di Macherio dove ha sempre abitato anche quando era regolarmente sposata. Silvio si è impuntato nelle prime fasi della causa, e si è messo pure a ristrutturare Macherio. Ma ha continuato a dimorare come sempre nella villa di Arcore. Curiosamente Veronica ha stabilito il proprio domicilio ipotecario proprio a Macherio.

La villa su cui è stata posta ipoteca giudiziale è di 11 vani ed è solo parte della vasta proprietà di Berlusconi sulla riva del Lago Maggiore. È uno dei pochi cespiti immobiliari intestato proprio alla sua persona fisica (gli altri sono le case ereditate da madre e sorella a Milano, la villa acquistata da Marcello Dell'Utri sul lago di Como e quella comprata a Lampedusa che fino ad ora non risulta avere mai abitato). Naturalmente l’ipoteca di Veronica poteva essere messa solo su uno di questi immobili, e all’inizio della causa era stata scelta la villa sul lago di Como. Poi l’idea è stata cambiata, anche perché quell’acquisto di Berlusconi da Dell’Utri è finito al centro di inchieste dei pubblici ministeri di Milano, e il bene poteva essere più rischioso.

Tutte le altre proprietà immobiliari di Berlusconi sono invece possedute da due società: la Idra Immobiliare e la Immobiliare Dueville. La prima è quella che ha la proprietà delle ville di Arcore, Macherio e Olbia (villa Certosa), oltre che di immobili minori. La seconda ha per lo più appartamenti. Qualcosa negli ultimi tempi è cambiato nel portafoglio della Idra. C’è stata una piccola operazione di permuta di terreni e manufatti fra Villa Certosa e i vicini di casa con cui da tempo esisteva qualche litigio condominiale. Ma soprattutto per la prima volta dopo tanti anni Berlusconi ha venduto una proprietà immobiliare. Non chissà che: un appartamento a Roma in via Filippo Nicolai, nel quartiere di Balduina.

L’appartamento era piuttosto grande: 12,5 vani divisi su due piani (attico e superattico) ed è stato venduto il 23 dicembre scorso con atto firmato davanti al notaio romano Giorgio Rizzo. Ad acquistare in regime di separazione di beni, una milanese da tempo residente a Milano: Barbara Raffaella Tonon. È una piccola imprenditrice che ha avuto cariche e partecipazioni sia nel settore immobiliare che nel settore delle confezioni per abbigliamento. Poi si è data alla consulenza professionale e alla organizzazione di corsi di formazione e aggiornamento professionale. È un pizzico più noto di lei il marito: si chiama Ernesto Ciorra, è romano, ma per anni ha vissuto a Milano, in Ripa di Porta Ticinese, con la poetessa (assai più anziana di lui), Alda Merini, di cui è stato amante. Tre mesi prima dell’acquisto di quella casa Ciorra è stato chiamato in Enel dall’amministratore Francesco Starace che lo ha nominato responsabile innovazione e sostenibilità del gruppo elettrico pubblico.