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giovedì 5 febbraio 2015

Mentana vs Sardoni, show dalla Bignardi Carrambate e imbarazzi: "Quella volta..."

Le Invasioni barbariche, Daria Bignardi ospita Enrico Mentana, Alessandra Sardoni e Paolo Celata: battute e imbarazzi...

di Claudio Brigliadori 



Quando dopo qualche minuto Daria Bignardi fa la carrambata e chiama in studio Enrico Mentana, a Le invasioni barbariche cala il gelo per un secondo. Il direttorissimo del TgLa7 prende la sedia e si piazza proprio in mezzo ai protagonisti fino a quel momento, i due suoi inviati Alessandra Sardoni e Paolo Celata: "E' l'ultimo loro giorno di lavoro a La7". La Bignardi aveva appena finito di rimbrottare la Sardoni: "E' vero che la prima regola per lavorare con Mentana è non offendersi mai?". Mentre Celata risponde secco "sì", la brava Alessandra tace, un po' imbarazzata. "Ma sai che sei un po' paracula?", scherza la Bignardi, prima di far venire un coccolone ai suoi ospiti mettendoli faccia a faccia con l'incontentabile Mentana. 

Filippo Lupi @F_Lupi

Mentana non puoi mettere baby Sardoni in un angolo... #leinvasioni
21:50 - 4 Feb 2015

Il direttore e gli inviati - Per molti, su Twitter e Facebook, la partecipazione dei due giornalisti del TgLa7 alle Invasioni era l'evento televisivo della settimana (o forse più). L'ebrezza di vedere la stakanovista Sardoni fuori da dirette e conduzioni stile 30 ore per la vita era pari solo alla malinconia di saperla "ostaggio" di La7 anche nella sua forse unica serata libera. Entrambi, sono stati grandissimi protagonisti delle dirette quirinalizie per l'elezione del presidente Mattarella. La Sardoni (diventata grazie ai suoi guanti una icona lesbo) stasera è malata, ha 38 di febbre: "Malata, mah...", si mostra scettico Mentana. Poi via a qualche indiscrezione succulenta: "Avevo visto Berlusconi scherzare ma non me la sono sentita di rincorrerlo per intervistarlo, i Corazzieri potevano abbattermi", ricorda Celata. "Dovevi farlo, ti liberavamo noi", è stata la risposta del suo direttore, che poi si lascia scappare: "Avevamo Maurizio Gasparri in diretta, lui si dilungava e gli ho detto: Ci dobbiamo lasciare, c'è la pubblicità. Non era vero". 

La sfuriata di Mentana - Quando parla Mentana, la Sardoni lo guarda rapita: "E' innamorata", la stuzzica la Bignardi. "No, è ambigua - puntualizza un po' velenoso Enrico Mitraglietta -. Lei dice: Cosa mi giova?". Un rapporto spiazzante a cui i telespettatori sono abituati: Mentana chiede l'impossibile e la Sardoni, che su Facebook si è addirittura guadagnata una pagina dedicata, infaticabile, intervista, insegue, carpisce, aggiorna. "Solo una volta mi sono arrabbiato furiosamente con lei - la pungola -: avevamo rifatto tutta la scenografia nuova e lei l'ha usata come fosse ancora quella vecchia".

Quella strana frase nel cuore della notte: così "Repubblica" umilia la Finocchiaro...

Anna Finocchiaro umiliata da "Repubblica": quello strano tweet nel cuore della notte





Accade tutto a notte (quasi) fonda. Siamo intorno alla mezzanotte. E l'account Twitter (ufficiale, eh) di Repubblica ritwitta un cinguettio di Sebastiano Messina, firma del quotidiano debenedettino. Nella foto potete leggere il tweet, piuttosto esplicito, in cui viene ripresa una frase di Silvio Berlusconi, che al Quirinale, nel giorno dell'insediamento di Sergio Mattarella, rivolgendosi ad Anna Finocchiaro avrebbe detto: "Noi abbiamo sempre tifato per lei". E dunque il commento di Messina: "Parole che ci fanno apprezzare ancor di più Mattarella". Come dire che la Finocchiaro è poco di buono, reso ancor peggio dall'apprezzamento di Berlusconi. Niente di male, per carità, nel pensiero di Messina: ognuno dice ciò che vuole, soprattutto su Twitter. Ciò che fa specie, al contrario, è il fatto che il pensiero venga ritwittato - e dunque "sposato" - dall'account ufficiale di Repubblica, che si diverte ad "umiliare" la Finocchiaro sui social. Sì, proprio la Finocchiaro del Pd...

Silvio dice addio al patto del Nazareno: "Rotta l'intesa con Renzi, ci ha tradito"

Forza Italia, la svolta: "Il Patto del Nazareno è rotto"





Fine dei giochi: il patto del Nazareno è rotto. L'intesa siglata tra Silvio Berlusconi e Matteo Renzi è giunta al capolinea. Il Patto è finito sul banco degli imputati nel corso del tesissimo ufficio di presidenza "ristretto" che si è tenuto a Palazzo Grazioli. I vertici di Forza Italia hanno duramente criticato le posizioni assunte da Renzi nel corso della corsa quirinalizia che ha portato all'elezione di Sergio Mattarella. Posizioni, quelle del premier, che hanno portato alla rottura: "E' stato Renzi a disattendere la parola data, ad assumere un metodo non corretto e a non rispettare il Patto".

L'annuncio - Dunque, nel corso della riunione, è stato Giovanni Toti ad annunciare che "il Patto del Nazareno così come lo avevamo interpretato fino ad oggi noi lo riteniamo rotto". Una posizione che l'europarlamentare aveva già anticipato in un'intervista di poche ore prima a Maurizio Belpietro. "Il governo - ha aggiunto - ha già detto con grande chiarezza che proseguirà sul cammino delle riforme, ma noi non ci sentiamo legati a condividere la strada perché prevedeva un presupposto fondamentale, che era: sulle istituzioni si sceglie insieme e dunque anche sul capo dello Stato".

"Meglio così" - La prima replica da parte del Pd è arrivata dalla vicesegretaria Debora Serracchiani, che in una nota ha scritto: "Se il patto del Nazareno è finito, meglio così". Nel vertice a Palazzo Grazioli, però, non si è parlato soltanto del Patto, ma anche - e soprattutto - del partito. Nel corso del tesissimo summit, Renato Brunetta e Paolo Romani hanno presentato le loro dimissioni, ma Silvio Berlusconi le ha respinte, riconfermando i vertici del partito (nonostante i durissimi attacchi di Raffaele Fitto).

"Stima per Mattarella, ma..." - Nel dettaglio, un comunicato diffuso da Forza Italia al termine della riunione, spiega: "Denunciamo il metodo scelto dal Partito democratico per arrivare alla designazione del candidato Presidente". E ancora: "La stima e il rispetto, umano e politico, per la persona designata, non possono farci velo nel giudicare inaccettabili le modalità adottate nella trattativa tra le forze politiche dal partito di maggioranza relativa. Modalità che hanno sconfessato quel principio di condivisione delle scelte istituzionali, elemento fondante del patto sulle riforme da noi sempre onorato".

Passo indietro - "La decisione di procedere unilateralmente - si legge ancora nel comunicato - all’indicazione della più alta carica dello Stato in un momento tanto delicato per le nostre istituzioni, interessate dal più vasto cambiamento dall’approvazione della Costituzione Repubblicana, costringe il nostro movimento politico a denunciare lo spirito e i presupposti degli accordi che hanno fin qui guidato il cammino delle  riforme approvate insieme al Partito Democratico e alle altre forze di maggioranza".

Quella gola profonda del Pd che sbugiarda Renzi Il colpo gobbo, si va subito al voto: lo scenario

Matteo Renzi, la mossa per andare a votare: colpo gobbo sull'Italicum

di Franco Bechis 



Era da poco passato il mezzogiorno, e mentre Matteo Renzi e Sergio Mattarella terminavano il giro nel centro di Roma a bordo della Flaminia presidenziale senza capote con grande soddisfazione del nuovo capo dello Stato (lui è molto freddoloso), nel cortile di Montecitorio è iniziata una lunga discussione fra due senatori. Uno dei due è ben noto a chi frequenta il palazzo: Donato Bruno, avvocato di Forza Italia ed esperto di riforme istituzionali. Negli ultimi mesi insieme ad Anna Finocchiaro a palazzo Madama ha officiato il patto del Nazareno guidando l’approvazione sia della riforma costituzionale che della legge elettorale, l’Italicum.

L’altro senatore è meno noto alle cronache: si chiama Mauro Del Barba, è un bancario della provincia di Sondrio, oggi è segretario della commissione Bilancio di palazzo Madama ed è anche tesoriere del gruppo parlamentare del Pd guidato da Luigi Zanda. Del Barba è un renziano della prima ora, che nonostante la giovane età ha condiviso lo stesso cursus politico dell’attuale premier: animatore dei gruppi per l’Ulivo, dirigente locale del partito popolare e della Margherità, poi il Pd. Ha appoggiato Renzi alle primarie del 2012, che ha stravinto nel suo territorio, e per questo si è conquistato un posto in Senato. Proprio Del Barba ha acceso la miccia di quella discussione: «Se si dovesse andare a votare», ha spiegato a Bruno, «possiamo subito utilizzare l’Italicum, che ormai è quasi approvata. Basta inserire quel testo in un decreto legge che estenda il meccanismo maggioritario con ballotaggio anche all’elezione per il Senato».

SENZA PRECEDENTI
Tralasciamo qui le lunghe, animate e dotte risposte di Bruno, che invano ha tentato di spiegare al suo interlocutore come quella idea fosse tecnicamente irrealizzabile: non ci sono precedenti di una legge elettorale introdotta per decreto legge. E in ogni caso l’Italicum non potrebbe essere la soluzione per il Senato, dove servirebbe un premio di maggioranza su base regionale, come più volte hanno sottolineato i presidenti della Repubblica (perfino il Porcellum fu modificato così, causando tutti i pasticci ben conosciuti, dall’intervento dell’allora presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi). Non sbagliava il senatore Bruno a profetizzare che mai il nuovo Capo dello Stato avrebbe messo la sua firma sotto un decreto legge di questa natura. Quel che conta è proprio l’idea stessa lanciata da Del Barba, e il suo cocciuto insistere sulla fattibilità. Perché è un segnale politico, non proprio secondario. Viene da un renziano doc, e segnala quel che si sussurra a palazzo da qualche giorno: chiusa con successo l'elezione del nuovo presidente della Repubblica, Renzi sta nuovamente pensando ad elezioni che gli consentano di risolvere una volta per tutte la sua personale partita con la minoranza del Pd (solo addormentata dalla battaglia per il Quirinale in cui si sono serrate le fila) e allo stesso modo pure il potere di interdizione degli alleati minori della maggioranza, Ncd in testa.

MAGGIORANZA FRAGILE
Per altro proprio le ferite che nel partito di Angelino Alfano si sono aperte in questi giorni riportano fra i temi di attualità la possibilità di una fine anticipata del governo e di conseguenza anche della legislatura. Il tema politico indubbiamente c’è, e il fatto che nelle fila dei fedelissimi del capo del governo ci si ponga con urgenza il tema di una legge elettorale in grado di offrire una maggioranza certa alle urne, indica come il quadro istituzionale sia davvero a rischio frana. Anche se non tutti ne sono convinti.

«A me sembra che il tema politico di una rottura della maggioranza di governo in questo momento non sia attuale. Anche i malumori passeranno», sostiene Emanuele Fiano, altro renziano del Pd che alla Camera ha seguito come relatore i percorsi delle riforme istituzionali. Della stessa opinione è anche la figura più rappresentativa della minoranza Pd, Pierluigi Bersani, che sminuisce i rischi che possano venire da Ncd sulla stabilità di governo: «Sono arrabbiati? Sì, ma alla fine anche la rabbia sbollirà», dice lui. Qualche segnale in questo senso è sembrato arrivare ieri da sguardi e sorrisi a favore di telecamere di Renzi e Alfano durante il discorso di insediamento di Mattarella.

L’INCOGNITA NCD
Non è molto, anche perché nel partito i maldipancia non sono pochi, e il clima sembra aggressivo nei confronti del premier. Non è sfuggita l’assenza di Maurizio Lupi nei banchi dell’esecutivo. Sono state ribadite le dimissioni della portavoce del partito, Barbara Saltamartini che in una intervista a Libero tv (questa mattina su www.liberoquotidiano.it) ha spiegato: «mi è ormai impossibile portare una voce che non condivido».

Si è dimesso da capogruppo in Senato Maurizio Sacconi. E traballa la sua collega alla Camera, Nunzia De Girolamo. Il cronista di Libero ieri le ha rivolto una domanda iniziando con un «voi del Ncd...», e lei con ampio sorriso ha replicato : «Noi? Vorrai dire loro...».

Anche Fabrizio Cicchitto fa presagire aria di tempesta: «da quel che mi risulta il premier non ha ancora sciolto e annullato il Parlamento. Che quindi ha ancora la sua libertà di decidere. E anche di votare contro a provvedimenti che non condivide...». Il clima dunque è questo. E la forzatura sulla legge elettorale è davvero gran tentazione di Renzi e del suo gruppo. Più che appellarsi a San arbitro Sergio Mattarella non si può...

mercoledì 4 febbraio 2015

MALPENSA, COMI: No a ipotesi Malpensa solo come aeroporto cargo

MALPENSA, COMI: No a ipotesi Malpensa solo come  aeroporto cargo 


di Gaetano Daniele



On. Lara Comi
Europarlamentare Forza Italia (Vicepresidente Gruppo Ppe)

"Sono lieta che a Malpensa si inauguri il nuovo Hub internazionale DHL Express. Non vorrei però che ci si rassegnasse a considerare lo scalo varesino come dedicato perlopiù al settore cargo. Sarebbe un danno enorme per l'occupazione e per lo sviluppo dell'economia lombarda e di tutto il Nord. DHL Express rafforzerà pure il suo business, ed è una buona notizia. L'importante però è che si rilanci Malpensa non solo nel traffico merci, ma come hub internazionale e intercontinentale, in linea con la sua vocazione originaria poi tradita prima con il dehubbing che ha privilegiato Roma e adesso con il piano Alitalia Etihad del ministro Lupi. Così l'On. Lara Comi al nostro blog, il Notiziario sul web, e nota: L'entusiasmo di Raffaele Cattaneo, che cantando le lodi dello sviluppo di DHL Express afferma di essere in prima linea nel sostenere l'hub, dovrebbe accompagnarsi ad azioni concrete in questo senso. Ripeto: è ottimo che una grande azienda investa su Malpensa considerandola strategica e con enormi potenzialità di sviluppo. Lo stesso Presidente di Sea, Pietro Modiano, - conclude Comi - ha spiegato come l'aeroporto nel 2014 abbia registrato la più rapida crescita in Europa con un aumento del traffico merci del 9,1% rispetto all'anno precedente. Non dimentichiamoci però che non può essere questo l'unico sbocco possibile per Malpensa."

TERREMOTO IN FORZA ITALIA Raffica di dimissioni, Silvio dice no

Forza Italia, Renato Brunetta si dimette: Silvio Berlusconi respinge il passo indietro





Terremoto totale. Guerra atomica. Conflitto nucleare. Resa dei conti. Fate voi, scegliete la definizione che più vi aggrada per definire ciò che sta accadendo in Forza Italia, il partito "terremotato" dall'elezione di Sergio Mattarella al Colle. L'indiscrezione dell'ultimissima ora, non ancora confermata dal diretto interessato ma rilanciata da fonti azzurre, è relativa alle dimissioni di Renato Brunetta. L'Adnkronos, citando fonti presenti all'ufficio di presidenza a Palazzo Grazioli, dà notizia del passo indietro del capogruppo dalla sua carica: Brunetta avrebbe messo le dimissioni sul piatto. Inoltre avrebbe chiesto la possibilità di votare di nuovo a scrutinio segreto le cariche di capogruppo alla Camera e al Senato, "perché così funziona un sistema democratico". Le dimissioni, però, sarebbero state respinte da Silvio Berlusconi, che avrebbe confermato la piena fiducia ai vertici del partito. La notizia del passo indietro di Brunetta arriva poco dopo l'affondo di Raffale Fitto, che in una contro-conferenza stampa alla Camera ha affermato di "non riconoscere il valore politico" dell'ufficio di presidenza ristertto a Palazzo Grazioli, dove Silvio Berlusconi si confronta con i suoi fedelissimi (tra i quali, appunto, Brunetta). Al pari di Brunetta, anche l'omologo al Senato, Paolo Romani, avrebbe messo sul piatto la sua poltrona: anche queste dimissioni sarebbero state respinte.

Angelino Alfano, il diktat dei frondisti di Ncd: "O ministro, o leader"

Angelino Alfano, il diktat dei frondisti di Ncd: "O ministro, o leader"





"Deve decidere cosa fare da grande", continuano a ripetere i dissidenti di Ncd riferendosi ad Angelino Alfano. "Se vuole fare il leader del partito deve mollare la poltrona da ministro", ragionavano nella riunione semicarbonara organizzata l'altra notte dalla fronda malpancista. "Se vuole continuare a fare il ministro, lasci la guida di Ncd ad altri". Per ora nessuno è uscito allo scoperto, ma i malumori crescono. Barbara Saltamartini se ne è andata con la Lega di Matteo Salvini e Maurizio Sacconi si è dimesso da capogruppo.

Le rassicurazioni di Lupi - Per sapere cosa ne sarà di Ncd bisognerà attendere che i congiurati si rivedino e che Alfano incontri Matteo Renzi. Nel frattempo il ministro Lupi cerca di smorzare le polemiche: "Ncd rilancerà la propria azione e non si sfascerà". E ancora: "Alfano non rischia assolutamente e non c'è alcun impeachement in corso da parte di altri". "Angelino", puntualizza il ministro per le infrastrutture, "è il leader che ci ha permesso di costruire quest'area".