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lunedì 7 luglio 2014

Governo deporta gli immigrati nei centri delle città di mezza Italia

Immigrazione, il governo Renzi deporta migliaia di profughi al..


di Michela Ravalico 



Milano dormitorio all’aperto. Milano Lampedusa d’Italia. Milano casa dei profughi. Lo si può declinare in tanti modi, ma la sostanza è sempre la stessa: da ottobre a oggi nel capoluogo lombardo sono arrivati almeno 12mila rifugiati. Siriani ed eritrei prevalentemente. Qualche somalo, libici. La maggior parte di essi, in fuga dalla guerra e da situazioni interne ormai insostenibili, vuole raggiungere il nord Europa. Svezia e Germania sono i paesi dove spesso hanno parenti, amici, ai quali appoggiarsi. Non si può escludere che alcuni, anche “solo” qualche migliaio, resteranno in Italia. Magari a Milano. Presumibilmente da clandestini.

La colpa è del governo, che rivendica la sacralità della norma Mare nostrum, senza preoccuparsi delle conseguenze. E non è solo Milano ad essere oppressa dal peso dei clandestini. Anche Piemonte e Veneto hanno alcune situazioni critiche. Comunque l’allarme si concentra tutto nelle regioni del Nord, senza che il premier Matteo Renzi si sia ancora preoccupato di dire e fare qualcosa per porre rimedio.

A Milano, che tra meno di un anno dovrà ospitare Expo e un turismo di prima classe, sembra di essere in un dormitorio a cielo aperto. I profughi arrivano a frotte in stazione centrale, che si è trasformato in un hub di smistamento stranieri. Solo ieri ne sono arrivati una cinquantina, ma la media ormai da mesi è di 400 al giorno. «I maggiori arrivi sono due o tre giorni dopo gli sbarchi, lì si toccano i picchi», spiega l’assessore al Welfare del Pd, Pierfrancesco Majorino. La situazione, però sta sfuggendo di mano. I profughi, alcuni richiedenti asilo e la maggior parte, invece, in attesa di “scappare” all’estero (dove chiederanno asilo solo una volta giunti a destinazione), sono talmente tanti da aver riempito praticamente tutti i centri di accoglienza disponibili. Per non parlare di quelli che preferiscono arrangiarsi da soli, e scelgono le strade come casa temporanea. Con il risultato che in una zona non lontana dalla stazione, corso Buenos Aires e le piccole vie nei dintorni, è frequente ormai incontrare gruppi di stranieri seduti per terra a mangiare, a dormire, o intenti a giocare a carte o al pallone. 

Da venerdì il Comune di Milano, non sapendo più dove sistemare tutti questi disperati (e per evitare che bivacchino in stazione per troppi giorni) ha deciso di aprire persino le palestre delle scuole. L’assessore alla Sicurezza, Marco Granelli, ha fatto appello a tutti i privati che abbiano spazi non utilizzati. «Anche solo per un paio di mesi - ha detto - finché dura l’emergenza». Alcuni eritrei giunti negli ultimi giorni hanno trovato ospitalità presso due moschee.

La tensione tra istituzioni è alta. Come dimostra il duro botta e risposta con la Curia, dopo che il Comune l’ha invitata, goffamente, ad aprire le chiese. «Come Caritas e chiesa siamo attivi per un’infinità di soluzioni - hanno replicato dalla Caritas - Evitiamo polemiche sterili. La soluzione non può essere aprire le chiese». Il sindaco di Milano, Giuliano Pisapia, rinvendica da mesi l’orgoglio di assistere tante persone in difficoltà, ma punta il dito contro il governo e la Regione. «Milano da ottobre a oggi ha soccorso oltre 12 mila persone. Il ministero dell’Interno latita, la Regione attende il governo». Ma il governatore Roberto Maroni non si lascia criticare gratuitamente. «Lo ho detto chiaramente al prefetto e al governo. Se il governo ci chiama e concorda con le Regioni un piano complessivo per la gestione noi non ci tiriamo indietro, ma se chiede di intervenire sulla base di invii di persone che arrivano e di cui non sappiamo nulla, io non sono disponibile». Critico anche il governatore del Veneto, Luca Zaia, dove nei prossimi giorni sono attesi 700 stranieri. «Alla fine i disagi dei continui sbarchi sulle nostre coste sono messi in conto, come sempre, ai nostri territori. Dopo le dichiarazioni da copione di Bruxelles che ci rassicurano, l’emergenza dovrà essere risolta dai sindaci. È una situazione ormai insostenibile e che rischia di creare dei pericolosi risvolti sociali».

Sondaggi, godono solo Salvini e... La ricerca che terrorizza tutti i partiti

Sondaggio Swg: volano Lega e Grillo, giù Pd e Forza Italia



Va male per tutti, tranne che per Matteo Salvini e Beppe Grillo. L'uiltimo sondaggio Swg (pubblicato dal sito Affari italiani)  sulle intenzioni di voto degli italiani restituisce una fotografia molto cambiata rispetto solo a sette giorni fa e anche rispetto alle rilevazioni che furono fatte alla vigilia delle Europee. Il dato più sorprendente è che il Partito Democratico che perde quasi un punto in una settimana, (è al 41,8% rispetto al 42,6 di sette giorni fa),  va anche peggio a Forza Italia che passa a un 16,6% rispetto al 18,1%. Come dicevamo sopra, risale il Movimento 5 Stelle che dal 19% passa al 19,7%. Anche la Lega Nord di Salvini guadagna passando da 6,6% a 7%.  Perdono anche il Nuovo Cendrodestra di Alfano (meno tre punti percentuali da 4,4 a 4,1) e Fratelli d'Italia di Giorgia Meloni. 

Riforme, Senato, Titolo V e legge elettorale: ecco i numeri che spaventano Renzi e Boschi

Riforme, Senato e legge elettorale: i numeri che spaventano Matteo Renzi e Maria Elena Boschi


di Tommaso Montesano 


Il conto alla rovescia verso la prova dell’Aula è cominciato: a metà settimana il disegno di legge sulla riforma del Senato e del titolo V della Costituzione potrebbe lasciare la commissione Affari costituzionali e approdare in assemblea. «La riforma è alla portata, ci sono le condizioni per farla», professa ottimismo Debora Serracchiani, vicesegretario del Pd. In realtà la fronda in Pd e Forza Italia sul Senato elettivo mette a rischio l’approvazione della riforma. Almeno per centrare l’obiettivo dei due terzi di voti favorevoli, che consentirebbe di evitare il referendum confermativo. Ancora maggiori i rischi sull’Italicum, dove i dissidenti su liste bloccate e soglie di sbarramento sono di più (in primis in Pd, FI e Ncd). «Matteo Renzi rischia di più sulla riforma del Senato. Perché è quella su cui si vota per prima. E se non dovesse passare, anche l’Italicum andrebbe in archivio», osserva un senatore che sta seguendo da vicino la gestazione delle due riforme. A Palazzo Chigi è già tempo di pallottoliere. Sulla fine del bicameralismo perfetto, sono due le soglie da tenere in considerazione: quella sulla maggioranza assoluta dell’Aula di Palazzo Madama (161 voti) e quella dei due terzi per scongiurare il referendum (214).

Il governo è sicuro di avere dalla sua parte almeno 151 voti: i 24 lealisti di Forza Italia, sempre che la fronda guidata da Augusto Minzolini sia effettivamente in grado di calamitare il dissenso dei restanti 35; i 15 senatori della Lega, i 7 di Scelta civica, i 93 democratici fedeli all’esecutivo e i 12 autonomisti. Giocoforza più sfumata, dopo le fibrillazioni delle ultime ore sull’Italicum, la posizione dei 33 senatori del Ncd, mentre sugli 11 senatori del Gal, gli autonomisti di centrodestra, pochi si sentono di fare previsioni. E se a Renzi basterà riassorbire il malumore degli alfaniani per blindare la riforma del Senato, è destinato a rimanere in salita il cammino per raggiungere la soglia dei due terzi. Un obiettivo che potrà essere centrato solo ancorando alla maggioranza non solo i senatori del Gal, ma anche i Popolari (ultimamente in fibrillazione) oppure riducendo il dissenso di Forza Italia.

Più complicato il quadro sull’Italicum, il cui esame da parte di Palazzo Madama, nonostante le promesse del governo, è destinato a slittare a dopo l’estate. Molto dipenderà da cosa accadrà sul voto per la riforma del Senato, ma alcuni punti fermi ci sono già. A partire dalla dichiarata ostilità al provvedimento da parte di quaranta dissidenti Pd, nonché di Lega, M5s, Popolari e Sel, cui da poco si sono aggiunti i 33 senatori del Ncd. Sull’Italicum, Renzi può contare sul consenso sicuro di 69 Pd, 12 autonomisti e 7 montiani. A loro, è lecito aggiungere almeno 35 senatori dei gruppi FI-Gal. Il totale fa 123: 38 voti in meno della maggioranza assoluta. Per Renzi, la strada più agevole per tagliare il traguardo passa per il recupero di Ncd e ribelli di FI. Ma il probabile utilizzo del voto segreto promette di complicare i piani.

VALZER DELLE TELE-POLTRONE Floris da Cairo apre le danze Rebus-Ballarò, e in casa Cairo...

Raitre, tutti i nomi per Ballarò. Giovanni Floris a La7 apre la gara coi big di Cairo



Sale Vianello, scendono Santoro e Berlinguer. Il borsino per il dopo-Floris a Ballarò è in continua evoluzione. Di sicuro, resta l'addio poco amichevole tra Giovanni Floris, storico conduttore del talk show di Raitre, e viale Mazzini. Giova per spiegare l'addio alla terza rete e l'approdo (milionario) da Urbano Cairo a La7 ha tirato in ballo problemi di "linea editoriale" non più condivisa con la rete, scarsa considerazione e "appoggio". "La Rai non sposava le mie idee", ha spiegato il conduttore, a cui però è arrivata la replica a stretto giro di posta: "Nessun problema editoriale. L'azienda è pronta a rinnovare il contratto alle condizioni economiche che conosce". La verità, dunque, sembra un'altra e sarebbe da ricercare nell'ambiziosissimo progetto televisivo del patron del Torino. 

Tutti i galli di Cairo - Floris, infatti, è l'ultimo tassello di un parterre di prime donne dell'informazione: Corrado Formigli e Piazzapulita lunedì, Floris appunto il martedì (oltre a una striscia quotidiana da definire), Gianluigi Paragone con la Gabbia mercoledì, Michele Santoro e Servizio Pubblico il giovedì, Maurizio Crozza con il suo show al venerdì. Pausa il sabato e la domenica, anche se sono sempre da piazzare Daria Bignardi, Salvo Sottile e la lanciatissima Myrta Merlino, signora della mattina e, da quest'estate, anche del lunedì sera. E poi c'è lui, il dominus Enrico Mentana, direttorissimo del TgLa7 e sempre pronto a intervenire con il suo talk Bersaglio mobile. Un palinsesto pienissimo, dunque, che in combinata con Omnibus alla mattina rendono La7 non solo l'erede naturale di Raitre, ma pure di fatto l'unica all news delle reti in chiaro.

Chi dopo Floris - In Rai, invece, qualche problema c'è. Restano il nome e il format Ballarò, ma il programma sarà totalmente rinnovato perché seguiranno Floris il comico-editorialista Crozza, il sondaggista Nando Pagnoncelli e mezza redazione. Per ora, però, l'interrogativo principale riguarda il nuovo conduttore del talk di Raitre: il direttore di rete Andrea Vianello, secondo il gossip del mercato giornalistico, sarebbe pronto a rinunciare alla poltrona per tornare a condurre. Il suo nome sarebbe in pole davanti a quello di Gerardo Greco (Agorà), in crescita rispetto a Bianca Berlinguer (che ha smentito il passaggio a Ballarò), Massimo Giletti e Nicola Porro. In ribasso verticale il nome di Michele Santoro, altrettanto complicate le strade che portano agli "esterni" Gianluca Semprini (Sky) e Luca Telese (Mediaset).

domenica 6 luglio 2014

Chiacchiere di Renzi: "Dobbiamo difendere la Ue dalla burocrazia"

Renzi: "No all'Europa delle banche e della burocrazia. Sì a identità e bellezza"



«L’Europa non può diventare la patria delle burocrazie e delle banche», la dobbiamo «difendere dall’assalto della tecnocrazia per farne la casa della politica, dei valori e dei cittadini». Lo ha detto Matteo Renzi parlando ad un convegno a Castel Presule, a Bolzano, sul ruolo delle Regioni in Europa, Europa delle Regioni» con il cancelliere austriaco Werner Faymann. Per il premier, «l’Europa ha un futuro se mette insieme la capacità di coinvolgere i cittadini. Non serve avere una moneta comune se non hai in comune un destino». Renzi ha spiegato: «L’Italia sa che c’è un valore più grande di quello economico, c’è una storia comune, valori educativi e culturali e anche di scommessa sul bello». «C’è un libro di Chesterton, ’Il Napoleone di Notting Hill’, che racconta la storia di un sindaco pazzo di Notting Hill, che non esiste come comune perchè è un quartiere di Londra -ha raccontato Renzi-. Lui definisce una terra spritualmente viva anche se non ha confini spirituali, una comunità fatta di donne e uomini che quindi ha un’anima. Arrivando al paradosso di dire che anche un luogo insignificante è poetico se riflette l’identità che tiene insieme un popolo».

Identità - «Dobbiamo dire che questa parte di Europa è un modello per tutta l’Europa, perchè tiene insieme identità e integrazione. Questa è un’area in cui vogliamo affrotare i problemi dell’Europa vivendoli come opportunità e non come ostacolo», ha puntualizzato Renzi. «Paradossalmente nel momento in cui l’Europa si sta allargando, perchè abbiamo accolto la domanda di adesione dell’Albania, si rafforza in alcune zone il bisogno di indipendenza e autonomia -ha spiegato il premier-. Oggi un’Europa degna di questo nome non può non fare i conti con questo strano rapporto tra il bisogno di un governo continentale e quello di riaffermare l’autonomia». Il premier ha quindi sottolineato: «Ma l’essere appartenente alla mia terra non è in contraddizione con l’essere cittadino del mondo. Dobbiamo vincere, anche nella nostra parte politica, la persistenza a pensare che identità sia una parolaccia, il contrario di integrazione. Non è così, solo chi ha una forte identità è in grado di farsi integrare o integrare: il contrario di integrazione è disintegrazione.È un atteggiamento vetero legista quello che dice affermo la mia identità quindi mando via gli altri».

Bellezza - «Noi vogliamo essere costruttori di bellezza in un’Europa che non può inaridire l’anima e perdere la  ragione del suo esistere», ha aggiunto Renzi a Bolzano. «È molto bello che nel momento in cui tante istituzioni e associazioni stanno ricordando il centenario dello scoppio della guerra mondiale, in questo territorio un pezzo fondamentale di Europa, l’Austria, l’Italia, il Tirolo, l’Alto Adige, le province autonome, insieme riflettano su cosa ci unisce e anche simbolicamente sulle infrastutture che ci collegano», ha detto Renzi, che ha in programma anche un visita alla galleria del Brennero. Nel ricordo «c’è un valore di condivisione ma nel progetto c’è un valore del futuro. Noi abbiamo voglia di ricordare ma anche di costruire pace, prosperità e bellezza».

Il presidio No Tav - Circa cinquanta manifestanti No Tav si trovano sul piazzale antistante la stazione ferroviaria di Fortezza per manifestare contro il tunnel di base del Brennero (Bbt) in occasione della visita odierna in Alto Adige del premier Matteo Renzi. Gli esponenti No Tav che sono giunti in particolare dal Trentino, hanno esposto le loro bandiere tra esse uno striscione ’dal Trentino alla Val Susa contro i Tav azione diretta Chiara Nicco, Claudio, Mattia liberi'. In un altro striscione anche la scritta ’rottamiamo il Tav e il sistema che lo impone'. Nel primo pomeriggio, il premier visiterà il cantiere del tunnel di base del Brennero.

Berlusconi in ansia per Piersilvio: "Rischia grosso".

Processo Mediatrade, Silvio Berlusconi in ansia per Piersilvio: "Rischia la condanna da innocente"


di Salvatore Dama 



Nono appuntamento a Cesano Boscone presso la comunità Sacra Famiglia. Prestare assistenza agli anziani ammalati è «una cosa meravigliosa», ha confessato Silvio Berlusconi. E non si dica che il Cavaliere non sappia trovare aspetti positivi anche nelle situazioni più complicate. L’affidamento ai servizi sociali in effetti è la parte meno amara della sua vicenda giudiziaria. Che nei prossimi giorni rischia di arricchirsi di nuove e ingenerose pagine. 

Lunedì tocca a Pier Silvio. Imputato nel processo Mediatrade insieme al presidente di Mediaset Fedele Confalonieri. Berlusconi junior è accusato di frode fiscale aggravata dalla transnazionalità per 8 milioni di euro. I giudici sono in camera di consiglio da giovedì e Silvio è molto preoccupato. L’ha confessato ai parlamentari di Forza Italia durante il vertice dell’altro giorno. «Mio figlio è assolutamente estraneo alle accuse, ma...». Poi si è autocensurato, perché l’argomento toghe per lui è assolutamente tabù. Però è chiaro che, agli occhi del Cav, il caso Mediatrade è molto simile a quello dei diritti Mediaset: una farsa. Per la quale Berlusconi senior è stato condannato a 4 anni di carcere, tre dei quali annullati per effetto dell’indulto.

RUBY E LA GRAZIA
Ma i conti aperti con la giustizia, per Silvio, non finiscono qui. L’11 luglio, presso la Corte d’Appello di Milano, è prevista la requisitoria del procuratore generale Pietro De Petris sul caso Ruby. In primo grado Berlusconi è stato condannato a 7 anni per concussione e prostituzione minorile. Un anno in più rispetto alla richiesta dell’accusa. A seguire ci saranno le arrighe difensive. La nuova strategia inaugurata dal professor Franco Coppi è quella di smontare la tesi dell’accusa, invece di gridare al pregiudizio antiberlusconiano delle toghe. Il giudizio d’appello potrebbe arrivare già il 18 luglio. Tempi rapidi. Che fanno temere al Cavaliere l’arrivo di una nuova condanna definitiva entro la fine dell’anno. Sarebbe un colpo durissimo alla sua immagine. Ma anche al suo percorso di riabilitazione. In presenza di un nuova sentenza, addio ai servizi sociali. Il destino del Cavaliere sarebbero gli arresti. Nel suo domicilio, si spera. 

Ma Berlusconi, raccontano, ancora spera di riabilitare se stesso e la sua storia con una soluzione politica. Ed è questo il motivo per cui vuole tenere a tutti i costi aperto il canale del dialogo con Palazzo Chigi. Mettere la sua firma, accanto a quella di Matteo Renzi, sotto le riforme costituzionali. Sperare in un nuovo presidente della Repubblica più sensibile al suo dramma umano. E, magari, in un provvedimento di clemenza. La grazia. 
Tuttavia sia Renzi sia il suo predecessore negano che, all’interno del colloquio di giovedì mattina, sia stato intavolato l’argomento salvacondotto. In un primo momento Berlusconi aveva accennato a un’intesa sulla riforma della giustizia («Matteo ha promesso che la faremo insieme»), salvo poi ritrattare con il comunicato di ieri: «Nessuna collaborazione su economia e giustizia». E comunque Silvio si è indignato molto quando ha saputo che alcuni dei suoi andavano a dire in giro questo: che il leader azzurro avrebbe offerto i voti di Forza Italia a Renzi in cambio di un salvacondotto per sé e per le sue aziende. 

È vero, invece, che un provvedimento di clemenza non risolverebbe tutti i problemi giudiziari di Berlusconi. Nei prossimi mesi arriveranno al dunque anche gli altri processi in cui l’ex presidente del Consiglio è imputato. A Milano c’è l’inchiesta Ruby ter, che discende dal Ruby bis. Silvio è accusato di aver inquinato le prove corrompendo i testimoni. E inducendoli a descrivere le cene di Arcore come appuntamenti conviali ed eleganti.

BARI E NAPOLI
C’è poi il caso Tarantini a Bari. Il Cavaliere, secondo i pm, avrebbe indotto Giampi a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, pagandolo per non rivelare che le ragazze invitate alle sue feste erano escort. A Napoli c’è il caso De Gregorio. Lì il presidente di Forza Italia è al centro delle indagini per una presunta compravendita di senatori finalizzata a far mancare i numeri del governo di Romano Prodi. Finita? Non ancora. In sede civile c’è ancora la coda del Lodo Mondadori. Con la famiglia De Benedetti che chiede altri 90 milioni di euro, oltre ai 494 già incassati da Fininvest, per i danni non patrimoniali. L’altro procedimento civile è quello che vede Silvio in causa con la signora Veronica. I due hanno ufficialmente divorziato, ma è ancora in ballo la vicenda del mantenimento della Lario.




Per il dopo Floris spunta Santoro

Per il dopo Floris spunta il nome di Santoro


di Giampiero De Chiara 




C’è un trio di nomi per il Ballarò del dopo Floris: Gerardo Greco, Bianca Berlinguer e Andrea Vianello. Ma circola anche una quarta ipotesi: il clamoroso ritorno di Michele Santoro in Rai. Una sorta di scambio (conveniente non si sa per chi) tra La7 e l’azienda di Stato. 

Di certo c’è che il talk show politico di RaiTre andrà in onda da settembre, il martedì. I dirigenti Rai una decisione sulla conduzione la prenderanno a breve. Decideranno il direttore generale Luigi Gubitosi, colto alla sprovvista dalla decisione di Floris, e il direttore di rete Andrea Vianello. Insieme con quest’ultimo, la Rai sta pensando ad altri due «big» dell’informazione di Stato: Gerardo Greco (il vero favorito) e Bianca Berlinguer (ora sulla tolda di comando del Tg3). 

Si tratta di tre profili simili, cresciuti professionalmente nelle redazioni dei telegiornali di Saxa Rubra. La Berlinguer, dicono i soliti informati, aspirerebbe a condurre il programma. La direzione del Tg della terza rete le è sempre stata un po’ stretta. Sono note le polemiche con i vertici di viale Mazzini sulla sua ritrosia a fare a meno dei «doppi incarichi». La conduzione di «Linea notte» e anche quella dell’ultimo speciale sulle elezioni europee, sono lì a confermare la «voglia» di video della figlia di Enrico Berlinguer. Proprio la questione del«doppio incarico» (una deroga su cui Gubitosi e compagni non vogliono transigere) potrebbe tarpare le ali anche alla candidatura del direttore di Rai Tre, Andrea Vianello. Aver lasciato la conduzione di «Agorà», tenuta fino all’anno scorso (abbandonata proprio perché nominato responsabile di rete) non è mai stata digerita del tutto. Qualcuno racconta che Vianello abbia voglia di rimettersi in gioco davanti alle telecamere. Quale occasione migliore la casella libera di Ballarò? E poi c’è Gerardo Greco che al mattino, proprio con «Agorà», (presa dopo l’addio di Vianello) fa ottimi ascolti. È cresciuto in azienda e, caso curioso, ha molte similitudini con Floris. Anche lui corrispondente in Usa durante l’attacco dell’11 settembre 2001 è tornato poi in Italia, alternando la conduzione di «Unomattina Estate» con la corrispondenza Rai della sede di New York. Tornato dagli Usa ha puntato sui programmi di rete, lasciando il lavoro giornalistico dei tg. Con «Agorà» ha affinato la sua conduzione e sembra, a detta di molti, che sia proprio lui ad avere maggiori chance per Ballarò. 

Tra l’altro il prossimo autunno, con l’avvio dei palinsesti delle principali reti nazionali, si rischia di assistere ad un derby speciale il martedì sera. La Rai, infatti, non ha nessuna intenzione di spostare Ballarò che, a meno di clamorosi colpi di scena, rimarrà al martedì. E Giovanni Floris appena sbarcato a La7, pensate che rinuncerà al martedì per condurre il suo nuovo programma di informazione? Anche perché proprio martedì è l’unico disponibile per l’ex conduttore Rai. Il lunedì c’è Piazzapulita di Corrado Formigli. Il mercoledì la Bignardi con Le invasioni barbariche, il giovedì è il «regno» di Michele Santoro, mentre il venerdì è preda di Gianluigi Paragone con La Gabbia. Si attende comunque il palinsesto di La7 che ancora non c’è. L’arrivo di Floris («la Rai non sposava le mie idee», ha detto ieri all’Ansa) è certamente un potenziamento per l’azienda di Urbano Cairo. Ma se l’amato martedì è l’unico giorno libero perché dovervi rinunciare, rischiando anche di dare fastidio agli altri «colleghi» di rete?

A meno che una di quelle serate già occupate si liberi. E quale? Forse, ma è solo una ipotesi, il giovedì di Santoro. Infatti secondo Lettera43.it l’ideatore e conduttore di Servizio pubblico sarebbe stato visto, il giorno prima dell’addio di Floris, al settimo piano di Viale Mazzini nell’ufficio del direttore generale Gubitosi. E se fosse proprio lui a prendere il posto dell’ex conduttore di Ballarò?