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sabato 26 luglio 2014

La "soffiata" su Napolitano: "Così detta gli ordini ai ministri..."

M5s, Gianrusso: "Napolitano chiama i ministri e detta gli ordini"



Tra il Colle e i grillini è guerra aperta. Dopo le porte sbattute in faccia ai grillini da parte di Re Giorgio dopo il sit in contro l'uso della ghigliottina per il voto sulle riforme, adesso i cinque stelle puntano il dito contro Napolitano e lo accusano di fare troppe pressioni sul governo e sul premier e sul governo. Che Napolitano abbia un peso sulle scelte del governo sia in politica interna che in quella estera non è storia nuova. Ma che il Quirinale chiamasse direttamente i ministri per dare degli "ordini", questa è comunque una novità. 

Il retroscena - A svelare un clamoroso retroscena è il senatore grillino Michele Giarrusso che ad Affaritaliani rivela: "Un tecnico molto qualificato di un ministero importante, non da poco insomma, mi ha confidato sgomento che il suo ministro del governo Letta prendeva direttamente le disposizioni dal Quirinale prima di entrare in Consiglio dei Ministri. Non ho avuto modo di parlare ultimamento con questa persona, ma immagino che certe abitudini siano proseguite anche con Renzi a Palazzo Chigi. Ecco probabilmente spiegate le frizioni tra il premier e il Capo dello Stato". 

"Napolitano villano" - Il parlamentare del M5S attacca poi Napolitano per quello che è successo sulle riforme: "Basta vedere come ha trattato Grasso, imponendo di fatto la ghigliottina. Non ha voluto nemmeno incontrare le opposizioni che protestavano per quello che è accaduto in Senato sulle riforme, un atto di villaneria che avrebbe dovuto comportare le immediate dimissioni e lo sdegno su tutti i giornali. Ha detto che doveva partire per le vacanze. Bene, ci vadi e ci resti".

Rapporto Renzi-Re Giorgio - Quanto al rapporto Palazzo Chigi-Quirinale Giarrusso afferma: "Napolitano è dentro il governo Renzi. Se non è il capo sono almeno alla pari, anche se è un osso duro il segretario del Pd ed è più difficile fare quello che faceva con Letta e Monti. Entrambi, Renzi e Napolitano, sono pericolosissimi per la democrazia".

La svolta grillina di Lerner Ecco chi è il nuovo "guru" di Gad...

M5s, Gad Lerner e la lettera a Davide Casaleggio



"Figliolo, se non la cambi tu l'Italia chi deve cambiarla?". Gad Lerner e la svolta grillina. L'ex conduttore di Zeta ha preso una vera e propria sbandata per il figlio di Gianroberto Casaleggio, Davide. Con una lettera pubblicata sul suo blog, Lerner difende Davide Casaleggio dagli attacchi della stampa e intona un "peana", una sorta di canto trionfale per il grillino di nuova generazione.

La lettera a Casaleggio - "Onori e oneri. Fatta la scelta di lavorare con papà, Davide Casaleggio sa benissimo che sarà oggetto di attenzioni speciali e malignità, come preannuncia il soprannome di “Trota grillino” evocato sui giornali. Non basterà lavorare il doppio per smentirlo. Cooptato nella cabina di comando del movimento in una fase di ormai consolidata influenza, oltre il 20% dell’elettorato attivo (ma non dimentichiamoci l’altra metà che non vota!) il giovane Casaleggio è perfettamente in grado di fare un bilancio: abbiamo migliorato l’Italia, per la nostra parte? Se non altro, abbiamo reso più civili i rapporti politici ora che ci siamo imposti come componente imprescindibile di una nuova classe dirigente? Davide Casaleggio darà risposte senz’altro diverse da quelle che darei io, ma non importa. L’augurio che gli faccio è di rappresentare senza timidezze una generazione che non si accontenta dei risultati conseguiti dal padre". Poi una profezia sul ragazzo: " I suoi meriti emergeranno rispetto alle accuse di familismo se saprà essere propulsore di un vero cambiamento dei M5S". 

L'appello - Insomma Gad a quanto pare punta tutto su Davide Casaleggio. Secondo il giornalista, il figlio del guru può risollevare le sorti Movimento troppo appiattite sulla linea di Beppe e di "papà" Casaleggio. Così il Lerner-grillino dà un consiglio a Davide: "Magari potresti suggerire al nipote di Beppe Grillo che fa l’avvocato e che ha firmato insieme allo zio il non-statuto vigente dei M5S che questo assetto “proprietario” è un’indecenza da superare in fretta. Se non ci pensate voi, figlioli…". 

venerdì 25 luglio 2014

RIBALTONE DELLA GHISLERI Il sondaggio che fa godere Silvio

Sondaggio Euromedia Research, i numeri della Ghisleri: Forza Italia sale al 17,5%, Pd, M5S e Lega Nord in calo



C'è un sondaggio che dà forza a Silvio Berlusconi. E' quello di Euromedia research, firmato dalla solitamente infallibile Alessandra Ghisleri: a differenza delle altre rilevazioni, segnala Forza Italia come unico partito in crescita. E che crescita: +1,7% rispetto all'11 luglio, dal 15,8 al 17,5 per cento. E tutti gli altri calano.

I numeri dei rivali - Il verdetto, pubblicato sul Giornale, è chiaro: gli azzurri sono ancora lontani dal 21,6% delle Politiche del 2013, ma perlomeno tornano a guadagnare punti significativi anche perché l'ultimo sondaggio di due settimane fa era il più deludente. A rincuorare il Cavaliere c'è anche il calo, lieve dei diretti avversari. Il Pd passa dal 39,6 al 39,3%, per la seconda rilevazione consecutiva sotto il livello psicologico del 40%, muro sfondato in occasione delle Europee di maggio. Giù anche il Movimento 5 Stelle, secondo partito in Italia a quota 22,5%, -0,5% rispetto all'11 luglio. 

Gli altri staccati - Lontani tutti gli altri attori politici. La Lega Nord secondo la Ghisleri è tutto sommato stabile al 5,5%, -0,2 rispetto a due settimane fa. Nell'orbita del centrodestra eventuale e futuribile (al netto cioè di incompatibilità programmatiche o personali) scendono lievemente anche Fratelli d'Italia (da 3,7 a 3,5%) e Nuovo Centrodestra di Alfano (da 3,1 a 2,8%). Anche le altre forze, un po' a bagnomaria, non possono festeggiare: Sel di Vendola, divisa tra l'opposizione dell'Aventino e la tentazione di confluire nel Pd di Renzi, passa dal 3,9 al 3,8% (comunque meglio del minimo registrato il 4 luglio, il 2%), mentre l'Udc di Casini, o perlomeno quel che ne resta dopo screzi vari, viaggia intorno al l'1%: due settimane fa era 1,5, oggi 1,3 per cento. Numeri che non regalano grandi spiragli di protagonismo.

Dissidenti zittiti: scatta la marcia delle opposizioni verso il Colle

Ddl riforme, la marcia delle opposizioni verso il Colle dopo l'ok alla "ghigliottina"



La maggioranza e il governo salvano riforme e vacanze: la tagliola per dribblare gli emendamenti e approvare il ddl riforme calerà l'8 agosto, termine massimo per l'ok alla riforma del Senato, osteggiata da M5s, Lega Nord, Sel e dissidenti di Pd e Forza Italia. Una scelta clamorosa, che bissa quella dello scorso dicembre per il decreto Imu-Bankitalia. Una scelta che ha letteralmente incendiato l'aula. Prima la bagarre che ha seguito l'annuncio del "voto con contingentamento" (così in gergo tecnico). Quindi la marcia verso il Quirinale, promossa dai grillini. Il primo annuncio è del senatore pentastellato Alberto Airola: "Visto che il Parlamento non conta più nulla, andiamo da Re Giorgio". Poco dopo, dalle parole ai fatti. Patrizia Terzoni, sempre su Twitter, annuncia: "Abbiamo abbandonato l'aula per andare con tutta l'opposizione dal Senato al Quirinale". Insieme ai grillini, nella marcia verso Giorgio Napolitano, anche la Lega Nord, Sel e i dissidenti.

Tensione al Colle - Nella prima avanguardia arrivata al Quirinale c'era un nutrito numero di leghisti, con Divina in prima linea, in mano una copia della Costituzione. La piazza ha iniziato a riempirsi, questa volta non di manifestanti, ma di senatori. Una clamorosa protesta, insomma. I membri delle opposizioni sono stati contenuti da un corposo cordone di sicurezza, alcuni dei parlamentari indossavano la fascia tricolore al braccio, e si sono ammassati via via davanti all'accesso principale del Quirinale mentre le forze dell'ordine suggerivano una collocazione un poco più defilata. Non si escludeva che una piccola delegazione dei parlamentari potesse essere ricevuta, magari dal segretario generale di Napolitano. Poi però Beppe Grillo - dopo aver scritto su Twitter che "la democrazia è stata uccisa. Noi non molliamo" - ha fatto sapere che "Napolitano non ha incontrato i capigruppo delle opposizioni perché era leggermente indisposto...".

Ghigliottina: Boschi salva le vacanze. Teste tagliate l'otto agosto

Ddl riforme, il governo usa la ghigliottina: l'approvazione entro l'8 agosto



Dopo la promessa - "Lavoreremo tutta estate, anche di notte" - la maggioranza sceglia la strada più drastica per chiudere sulle riforme il prima possibile: il contingentamento dei tempi del dibattito in aula, ossia la famigerata "tagliola", già adottata alla Camera da Laura Boldrini per l'approvazione del decreto Imu-Bankitalia, lo scorso dicembre. Il governo di Matteo Renzi, dunque, stabilisce che entro l'8 agosto ci sarà il voto sul ddl riforme: di fatto, la Casta - dopo i proclama - si salva le vacanze. Dopo l'8 agosto i lavori saranno finiti, tutti liberi di andare in villeggatura. Questa la "dura" risposta dell'esecutivo e della maggioranza alle opposizioni che avevano aperto alla riduzione degli emendamenti in cambio di alcune garanzie sul Senato elettivo - il punto più contestato -, il riequilibrio tra le due Camere e referendum.

Una giornata tesissima - Questo, dunque, l'epilogo dell'ennesima giornata di tensione a Palazzo Madama, giornata dedicata interamente al disegno di legge Boschi di riforma costituzionale, quella che il premier definisce "la madre di tutte le riforme", riforma che però era ostaggio degli emendamenti, oltre 7.800, con cui le opposizioni avevano architettato l'ostruzione al provvedimento (su 900 di questi emendamenti, inoltre, era stata avanzata la richiesta di voto segreto). In Senato la seduta è stata convulsa sin dal principio, con un'immediata sospensione di 20 minuti. Quindi, a rilento, un paio di voti su emendamenti bocciati. Poi il presidente Pietro Grasso, intorno alle 11, ha nuovamente bloccato i lavori dell'aula per convocare la capigruppo e trovare una soluzione. Il clima, riferiscono, nella capigruppo era tesissimo: i grillini si sono piazzati davanti alla stanza dove si svolgevano i lavori "per fare pressione - spiegava il loro ufficio stampa - in modo che non approvino contingentamenti dei tempi o altri strumenti per zittire l'opposizione".

Il blitz e la tagliola - Dopo due ori di lavoro, la sospensione della capigruppo. La Boschi, uscendo dalla riunione, ha rivolto un aut-auto al M5s, Sel e dissidenti: "O si ritirano in maniera sostanziosa gli emendamenti oppure si va avanti senza mediazioni per approvare il ddl entro agosto, perché così non si può discutere, è un ricatto". L'ipotesi della tagliola, dunque, cominciava a farsi concreta. Immediata la risposta di Nichi Vendola: "E' inimmaginabile. Spero che si tratti di uno scherzo, spero che non provino neanche a pensarla una cosa del genere, perché veramente questo ha una puzza insopportabile". Mentre le opposizioni si riorganizzavano - grillini, Sel, Pd, Lega Nord, frondisti di Pd e Forza Italia - nei fatti è stata confermata la tagliola, il cosiddetto contingentamento. E' stata infatti fissata la data di chiusura del ddl all'8 agosto. Il calendario è stato approvato alla capigruppo a maggioranza e ora dovrà essere sottoposto al voto dell'aula.

Le proteste - Come prevedibile, la decisione di ricorrere alla "tagliola" ha fatto esplodere l'aula. Le opposizioni in ebollizione. Duro l'intervento del capogruppo della Lega Nord, Gian Marco Centinaia, che annuncia il ricorso al Quirinale: "Dopo il voto sul calendario andremo dal presidente della Repubblica perché il presidente del Consiglio non rappresenta più nessuno". Durante il suo intervento le grida del collega Sergio Divina, che ha iniziato ad agitare la Costituzione urlando: "Ne fate carta straccia, ne fate carta straccia". Divina è stato richiamato all'ordine dal presidente Grasso, ma subito dopo si sono uniti alle proteste anche i grillini Moronesi e Santangelo.

Povero Emilio Fede: dopo le intercettazioni abusive viene cacciato da "casa": "Qui non ti vogliamo più..."

Emilio Fede viene allontanato da "Uniti si vince"



"Uniti si vince". Con gli indebitati, con gli esclusi, con i più poveri, con chi non ha lavoro... Il movimento referendario lanciato nel maggio scorso dall'ex direttore del Tg4 Emilio Fede (Uniti si vince, appunto) perde pezzi. Anzi, perde "il pezzo". Infatti non si tratta di un "pezzo" qualsiasi del puzzle "moderato", ma del suo pezzo più prestigioso. Lo stesso Emilio Fede, tessera numero uno di un movimento mai nato, viene gentilmente invitato a lasciare. Cacciato dalla sua casa, insomma. Ma da chi se è stato lui a lanciarlo?

Tu quoque Biagio - A farlo fuori sono Biagio Maimone e Andrea Monteforte, rispettivamente fondatore e segretario del futuribile movimento, che hanno deciso di comune iniziativa di fare a meno dell'appoggio dell'ex direttore del Tg4 dopo le intercettazioni di questi giorni che lo hanno visto protagonista. Insomma, lo stesso movimento che Emilio ha creato con l'aiuto dei soci di qui sopra, dichiara di voler prendere le distanze dallo storico direttore, il primo sponsor del movimento e volto noto che aveva contribuito al lancio del movimento stesso. Dietro la "cacciata" c'è un motivo. Tecnicamente, riferiscono Maimone e Manteforte, Emilio Fede non ha mai fatto parte del movimento, né appoggiava solo le iniziative. "Partecipava in qualità di ospite, non ha mai fatto parte come membro attivo del movimento" fanno sapere i due, che - beffa delle beffe - gli ritirano pure la tessera numero uno.

CHI VOLA GRATIS CON ALITALIA La compagnia-colabrodo licenzia, ma (molti) viaggiano senza pagare

Alitalia, ecco chi vola gratis con la compagnia di bandiera


di Antonio Castro 



Cassintegrati sì, ma di lusso. E con il diritto di volare - ovviamente accompagnati - gratis, o quasi. Secondo il “Regolamento concessioni di viaggio titolari non dipendenti del Gruppo Alitalia” il personale in Cassintegrazione o mobilità - così come quelli in pensione - ha il beneficio (dal 2008 e fino al 31 dicembre 2014) di poter viaggiare (quasi gratis) anche sugli aerei Cai.

Un po’ generoso come benefit considerando che Alitalia perde più milioni di quanti ne riesca ad incassare (come ben sintetizzato dal famoso consulente per le ristrutturazioni Roland Berger), o meglio: più vola, più perde.

Domani in mattinata il paziente amministratore delegato dell’ex compagnia di bandiera, Gabriele del Torchio, dovrà portare in consiglio di amministrazione un ennesimo e sofferto aumento di capitale (altri 200 milioni). Per evitare di far saltare non solo la partita con gli emiri di Abu Dhabi, ma l’intero baraccone. Cda che dovrebbe segnare l’avvio delle intese formali con Etihad. Ma il problemino delle Concessioni di viaggio ai “titolari non dipendenti” preoccupa non poco i manager del gruppo e dei sindacati.

I mal di pancia sindacali sul taglio degli stipendi (da 100 a 1.300 euro/mese), per raggranellare 31 milioni, rappresentano solo un aspetto dei problemi in gestazione che deve affrontare del Torchio. Tra i nodi da risolvere ci sono proprio i passaggi aerei (voli nazionali, internazionali e intercontinentali), gentilmente offerti dalla compagnia, che è indebitata per oltre 2 miliardi. E che presto dovrà licenziare almeno 1.400 addetti e ricollocarne almeno 600, stando alle tecniche sperimentali (contratto di ricollocamento mai sperimentato prima) annunciate dal ministro del Welfare Giuliano Poletti.

Nel bel mezzo della trattattiva con Etihad (unico pretendente disposto a investire 560 milioni), salta fuori che ai dorati cassintegrati Alitalia (a spanne circa 4mila persone), è stato garantito di poter continuare ad usufruire dei passaggi. Unica condizione: pagare a inizio anno 40 euro di iscrizione al programma (ma si può anche pagare poco prima di partire). E poi c’è un modesto contributo - introdotto forse per aiutare la Cai con il caro carburanti - da far invidia ad una compagnia low cost: per prendere un volo nazionale (magari un bel Milano-Catania che ieri il sito della compagnia offriva in promozione a 129,88 euro per i comuni mortali, normalmente da listino 425,88 euro), bisognerà contribuire per persona e per tratta con 20 euro. Se poi il cassintegrato decidesse di svagarsi a Barcellona (internazionali) il contributo richiesto lievita a 40 (sempre a persona). Per arrivare a 60 euro di “surcharge tariffaria”, solo nel caso di voli intercontinentali.

Ma non viaggiano solo gli espulsi dalla vecchia Alitalia. I lavoratori in Cigs (o mobilità) hanno infatti la facoltà di far decollare a prezzi da traghetto anche «coniuge/convivente (**), figli, fratelli e sorelle, genitori, vedovi». I due asterischi che richiamano il coniuge/convivente precisano che per la compagnia valgono i conviventi «senza distinzione di sesso».

Raccontano nei corridoi della Magliana - facendosi giurare l’anonimato - che a James Hogan, ceo di Etihad, sia scappata una irrefrenabile risata quando i consulenti - scandagliando tutte le carte e gli accordi in essere - hanno tirato fuori il papiello di 7 pagine che consente di far volare sugli aerei Cai gli ex dipendenti Alitalia.

Per garantire un paracadute ai dipendenti in esubero dell’ex compagnia di bandiera, è stato stimato, che siano stati spesi almeno 4 miliardi in generosi ammortizzatori sociali (dal 2008 ad oggi anche tramite il Fondo volo). Tradotto: ad ogni ex dipendente è stato garantito l’80% dello stipendio (tramite l’Inps), per 7 anni, salvo allungamenti ulteriori.

Fin qui tutto legale e previsto dai generosi accordi. Poi ci sono i “furbetti alati”. Lo scorso 22 agosto la Guardia di Finanza di Verona ha scoperto una quindicina di piloti che oltre ad incassare 7mila euro al mese di Cigs (mobilità e Fondo volo), perpepivano da compagnie dei «Paesi del Medio e dell’Estremo Oriente, retribuzioni mensili pari mediamente a circa 8mila euro al mese». E senza neppure pagare i 40 euro di contributo spese...